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SOTTO LE CHIESE DI ROMA - II

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SANTA MARIA IN ANTIQUA

1)  BIBLIOTECA DI AUGUSTO - OGGI SANTA MARIA ANTIQUA

Sotto la Chiesa di Santa Maria Antiqua giace la Biblioteca di Augusto (63 a.c. - 14 d.c.). La chiesa è situata nel Foro Romano, ai piedi del Palatino, sotto cui, all' incrociamento della Nova Via e del Vicus Tuscus, sorgevano delle case private.

Tiberio (42 a.c. - 37 d.c.) consacrò ivi, dietro il tempio dei Castori nel Vicus Tuscus, un tempio in onore di suo padre divinizzato, il "Templum divi Augusti".

L' imperatore Caligola (12 - 41 d.c.), sulle cui monete il tempio appare effigiato con sei colonne corinzie sulla fronte e riccamente ornato di statue, se ne servì per appoggiarvi uno dei piloni del famoso ponte costruito per congiungere il palazzo imperiale col tempio di Giove Capitolino. 

Egli stesso poi allorchè ingrandì il palazzo di Tiberio fino al Foro, fece del tempio dei Castori il vestibolo del palazzo.

MONETA DI CALIGOLA COL TEMPIO DI AUGUSTO
Nell'incendio neroniano il tempio di Augusto fu distrutto; Domiziano lo restaurò costruendovi dietro un santuario in onore di Minerva, Dea per la quale egli aveva un culto speciale. 

"Presso Minerva, dietro il tempio del Divo Augusto" ogni anno, come attestano numerose iscrizioni, erano affisse le grandi tavole di bronzo con i nomi di quei soldati delle coorti ausiliarie, delle armate ecc., i quali, dopo aver compiuti gli anni prescritti di servizio, ottenevano il loro congedo ed erano ricompensati col diritto di cittadinanza, del connubio, delle terre ecc.

Domiziano (51 - 96 d.c.) poi vi costruì accanto un ingresso e raccordo tra i palazzi imperiali sul Palatino e il Foro sottostante, dove probabilmente stazionava la guardia di pretoriani.

E non soltanto questo "archivio della cancelleria militare" stava sotto la protezione di Minerva, ma anche una biblioteca, dedicata ad Augusto, aperta da Tiberio e rinnovata dopo l' incendio da Domiziano. Il tempio stesso fu restaurato da Antonino Pio, come attestano le monete di quest'imperatore; quando sia stato distrutto, non si sa esattamente.

L'effigie di fianco è una moneta di Antonino Pio dell'anno 159, in cui è scritto: 
"Templum Divi Aug(usti) rest(itutum)" che riguarda i lavori di risanamento e conservazione del tempio del suo padre adottante Augusto.



2)  SACELLO DI ERCOLE CON ARA MAXIMA - OGGI S. MARIA IN COSMEDEN 

Dalle fonti antiche e da alcune iscrizioni rinvenute nei pressi di S. Maria in Cosmedin, è possibile identificare questo altare con la massiccia struttura situata nella parte posteriore della chiesa, all’interno della quale è stata ricavata la cripta. Si tratta di un monumento di grandi dimensioni in tufo dell’Aniene, con un centro di culto sorto prima della fondazione di Roma stessa nell'VIII secolo a.c.

ARA MAXIMA NEL TEMPIO DI ERCOLE INVITTO
Venne ricostruito nel II secolo a.c. quando fu rialzato il livello di tutta la zona. Il monumento era
l'Ara Maxima, edificata con i blocchi di tufo che ora formano la cripta della chiesa.

All'interno infatti si osserva una serie di colonne corinzie incastonate nelle pareti ovest e nord. Questi originariamente formavano parte di una galleria costruita nel IV secolo d.c. e collegata all'Ara Maxima.

Una volta si credeva che la galleria fosse una sorta di centro amministrativo ma è più probabile che fosse semplicemente parte del santuario. Dal VII secolo la struttura era diventata una chiesa cristiana  e nell'VIII secolo i blocchi di tufo che formano le fondamenta dell'altare furono scavati per creare la cripta della chiesa.

Il secondo complesso antico, conservato ancora in parte, era costituito da una loggia porticata con colonne e pilastri angolari, costruita in età flavia contro un lato dell’Ara Maxima, le cui strutture sono attualmente inglobate nei muri perimetrali della chiesa.

Il singolare edificio, già identificato con la Statio Annonae o sede del Prefetto, è da interpretare invece come un sacello connesso con l’Ara stessa, all’interno del quale erano conservate delle reliquie di Ercole, divinità molto seguita e adorata dai fedeli.

DIETRO AL TEMPIO DI MARTE ULTORE

3) TEMPIO DI MARTE ULTORE - CON SOPRA CHIESA Di S. BASILIO

La chiesa di San Basilio al Foro di Augusto è un luogo di culto cattolico scomparso di Roma, nel rione Monti, in via Tor de' Conti. 

La chiesa, con annesso monastero, vennero fondati sul podio del tempio di Marte Ultore nel Foro di Augusto, a coprire e cancellare il tempio pagano, come menzionato in una bolla di papa Agapito II del 955. 

CHIESA DI SAN BASILIO CON RISPETTIVO CAMPANILE
Il nome della chiesa era di "San Basilio in scala mortuorum", dalla scaletta che portava ad un cimitero sotterraneo, nome che ricompare poi in un documento del 1088 nel Regestum Farfense. 

Il complesso era addossato all'alto muro di recinzione del foro.

Sotto Pio V, nel XVI secolo, il monastero venne concesso alle suore domenicane neofite, le quali ricostruirono la chiesa, aprendo delle finestre e un portale nel muro di recinzione del foro verso la via retrostante, e ne cambiarono il nome in quello della Santissima Annunziata, nome col quale era conosciuta prima della sua demolizione.

Marte Ultore era il Dio Marte vendicatore, detto "COLUI CHE DALLA SCONFITTA RISOLLEVA"
e il suo tempio chiudeva il lato di fondo del foro di Augusto a Roma.

Detto in latino "Mars Ultor", al quale Augusto aveva promesso in voto un tempio prima della vittoria nella battaglia di Filippi, onde vendicare l'assassinio del suo padre adottivo Gaio Giulio Cesare.

Uccisi gli assassini di Cesare, Augusto adempì al suo voto facendo erigere uno dei più bei templi mai visti.
Chiesa e monastero furono distrutti nel 1924 in seguito agli scavi archeologici della zona atti a riportare all'origine i Fori romani. 

Della chiesa rimane solo il portale d'ingresso, murato, come si vede nella figura, ma lasciato nella sua posizione originaria sul lato esterno del muro di recinzione del foro su via Tor de' Conti.

CURIA HOSTILIA

4)  CURIA HOSTILIA - CON SOPRA CHIESE DI S. MARTINA E S. LUCA

"Nella Curia Hostilia vennero edificate due chiese; una nel sotterraneo al presente, prima al piano antico, dedicata a s. Martina, martirizzata nell'Anfiteatro Flavio; fu fondata nel VII secolo, presumibilmente da Onorio I, al quale si attribuisce anche la fondazione della vicina chiesa di sant'Adriano nella sede della Curia Senatus".

Decaduta, restaurata e nuovamente consacrata da Alessandro IV nel 1256, come ricorda la lapide murata nella cappella di destra, la chiesa è attestata nel Catalogo di Cencio Camerario, anche se Martina non è citata tra i santi di cui vi si custodivano le reliquieLa chiesa superiore, ancora più rialzata nel ricostruirla, venne dedicata a s. Luca Evangelista.

CHIESA DI SAN LUCA E MARTINA
La gloriosa Curia Hostilia divenne così la chiesa dei Ss. Luca e Martina.

La chiesa venne infatti situata sul luogo dove un tempo sorgeva l'antica "Curia Hostilia" (così denominata perché fondata, secondo la tradizione, dal re Tullio Ostilio) ed ai margini del "Comitium".

Si proseguì così l'opera di cancellazione e seppellimento di ogni glorioso resto dell'impero romano e di ogni sua vestigia, pagana e non. Da non confondere la Curia Hostilia con la Curia Iulia.

Il grande edificio in mattoni che occupa l'angolo tra l'Argiletum, l'antica via romana che usciva dal Foro Romano costeggiando il fianco sinistro della Curia per dirigersi verso la Subura ed il Comizio è infatti la "Curia Iulia", la sede del Senato, iniziata da Gaio Giulio Cesare per sostituire la precedente "Curia Hostilia", incendiata nel 52 a.c., e terminata da Augusto che la inaugurò il 28 agosto del 29 a.c."



5) ERARIO DI SATURNO - ORA CHIESA DI S. SALVATORE IN ERARIO

L'Erario di Saturno, Pomponio Leto, Pirro Ligorio, il Nadini, l'Olstenio, e tanti altri, lo riportavano sotto il Campidoglio, ove era anticamente una chiesetta di s. Salvatore in Aerario, sopra l'ospedale di s. Maria in Portico.

Tutti gli autori antichi Varrone, Livio, Svetonio, Solino, Servio, Macrobio, Asconio, riportati dallo stesso Nardini, quì lo pongono in faccia, e presso il Clivo, la Concordia, il Milliare aureo, ed il Carcere: gli ecclesiastici vi surrogano la chiesa di s. Adriano martire.

Incontro sul Clivo era il tempio di Giunone Moneta, ossia la zecca e depositaria, messe vicine sotto la protezione della divinità, per assicurarle maggiormente.

Era diviso in due corpi: interiormente vi era l'Erario sanziore, dove era custodito l'oro, detto vicesimario, riservato secondo Livio per gli estremi bisogni. In questo tempio si conservavano gli atti relativi al "tesoro publico;" e vi si registravano tutte le nascite di bambini in Roma, e suburbi, secondo Servio.

È molto incerto chi ne sia stato il fondatore: dovrebbe rimontare alla più alta antichità, mentre la porta della città, che era da quella parte verso il Campo Marzo, fu detta di Saturno dalla vicinanza. In chiesa fu convertita, secondo Anastasio, da Onorio I nel 630. dedicata a s. Adriano martire (ma questa notizia sembra falsa).


FABIANO NARDINI

"E perchè l' Erario, crescendo sempre più il Romano Imperio, dovette andar richiedendo fabbrica capace tanto per la moneta, per le Tavole gli atti pubblici, i quali vi si conservavano: pare me giusto doversi supporre, che di tempo in tempo in tempo la fabbrica dell'Erario si ampliasse. 

Quindi vi fu poi aggiunta parte che Sanctius mrarium si diceva, di cui Cicerone nella terza Verrina, e nella seconda Epistola del settimo ad Attico fa espressa menzione; il quale perciò essere Stato nella parte più intima ragionevolmente conchiude il Dempstcro ne' Paralipomeni alle antichità del Rosino. 

Nell' Erario detto più Santo essere stato quell' oro, che Vicesimario dicevasi, mostra Livio nel settimo della terza c. 13.: "Cetera expedientibus, quae ad bellum Opus erant, Consulibus, aurum vicesimarium, quod in sanctiore aerario ad ultimo casus servaretur promi placuit."

Quindi Cesare nel libro I De Bello Civili, cap 14, "Quibus rebus Romam nunciatis tantus repenre terror invasit, ut cquum Lentulus consul ad aperiendum aerarium venisset ad pecuniam Pompeio ex S.C. proferendam, protinus aperto sanctiore aerario ex Urbe profugeret"

A chi poi fisso nelle denominazioni dei luoghi moderni non piace credere che S. Salvatore sia detto In Statera, et in Aerario vanamente, si può col Donati soggiungere, che non un solo Erario Pubblico fu sempre in Roma, perchè Augusto avervi introdotto il militare, per cui si servì forse il nuovo Tempio di saturno, che del medesimo Svetonio nel 29 di Augusto fabbricato si dice da Munazio Planco, e non è inverosimile fosse S. Salvatore in Erario."

Sembra dunque che la Chiesa di S. Salvatore in Lauro si trovasse nei pressi della odierna Chiesa di S. Maria in Portici, in piazza Campitelli, e che lì sotto pertanto si trovasse l'Erario Saturni che venne pertanto distrutto.

CHIESA DI S. ADRIANO - ACHILLE PINELLI 1834


6)  CHIESA DI S. ADRIANO - SOPRA CURIA IULIA

Gli scrittori ecclesiastici, parlando di questa chiesa, come di quella di s. Martina, e de' ss. Cosma, e Damiano, le dicono poste IN TRIBVS FORIS, vale a dire, in mezzo ai tre Fori, Romano, di Cesare, e di Augusto. Perciò è stata la chiesa di s. Adriano chiamata anche volgarmente in Triforio, e Treforo.

Sull'altare maggiore vi sono due belle colonne di porfido rosso: dell'antico tempio nulla vi è restato visibile; e può dubitarsi anche del muro della facciata, almeno molto variato. La porta antica di bronzo, che Alessandro VII., facendo restaurare questa chiesa, trasportò alla Lateranense, è opera d'Adriano I.

La chiesa di S. Adriano fu edificata sopra la Curia Iulia nel Foro Romano da papa Onorio I (che tanti monumenti romani distrusse) nel 630, come ricorda Anastasio bibliotecario: "Fecit ecclesiam beato Hadriano martyri in Tribus Fatis, quam et dedicavit et dona multa obtulit"; e papa Adriano I la intitolò al santo suo protettore, la dotò di molti benefici e la elevò al rango di diaconia (seconda metà dell'VIII secolo).

FOTOGRAFIA DEL 1864, LA CHIESA PERSISTE
Dai cataloghi antichi la chiesa era chiamata in tribus foris, perché al crocevia dei fori romani, o in tribus fatis, nome che deriva dal gruppo delle tre Parche le cui statue ornavano il foro.

E' un edificio ben conservato, perché nel 630, durante il pontificato di papa Onorio I, l'edificio anzichè venire abbattuto come tanti edifici romani, venne trasformato in chiesa, assumendo il nome di Sant'Adriano al Foro.

La chiesa subì importanti restauri nel 1228 sotto Gregorio IX: il piano di calpestio dell'antico senato romano fu rialzato di tre metri; l'aula, finora a navata unica, fu trasformata in chiesa a tre navate con antiche colonne di spoglio; l'abside era rialzato, per l'edificazione, sotto l'altare maggiore, di una cripta a pianta semicircolare. In seguito l'edificio cadde in disuso.

LA CURIA IULIA OGGI
La Curia e il secretarium erano anticamente uniti: fino al principio del secolo XIV fra le due chiese, di S. Adriano e S. Martina, si trovavano i resti di un cortile con colonne romane, e dietro S. Adriano stanze e sale antiche. La Chiesa fu ristrutturata nel 1653 rivestendo le tre navate medioevali con stucchi e rilievi barocchi, di stile seicentesco. Successivamente la struttura medievale e barocca venne smantellata nel vasto piano di recupero delle opere classiche romane, e ripristinata nell'originale negli anni '20 del XX sec..

L’attuale grande edificio in laterizio, ampiamente restaurato negli anni 1930-1936, dopo la demolizione della chiesa di S. Adriano, conserva l’aspetto della Curia, sede del Senato, nella ricostruzione voluta da Adriano, ed è attualmente visitabile.

COSIDDETTO TEMPIO DI ROMOLO XVIII SEC.

7)  TEMPIO DI ROMOLO, E FICO RUMINALE - ORA CHIESA DI S. TEODORO

Fu costruita nel VI secolo e dedicata a san Teodoro di Amasea, sulle rovine degli Horrea Agrippiana, probabilmente riutilizzando un tempio circolare preesistente. La tradizione voleva che il tempio fosse dedicato a Romolo, e che qui fosse conservata la Lupa capitolina fino al 1471, prima di essere spostata al Laterano; un'ara antica è conservata e visibile nel cortile della chiesa.

Così la descrive Ridolfino Venuti, in "Accurata e succinta descrizione topografica delle antichità di Roma" (Volume 1, Roma 1763, p. 2)
"Vedesi da questa parte alle radici del Palatino un Tempietto dedicato a S. Teodoro dal volgo detto Santo Toto, di dove principieremo il nostro giro, che credo fosse prima dedicato a Romolo, dove forse furono esposti i due Fratelli [cioè, Romolo e Remo, abbandonati al Tevere, si credeva, lì presso], fabbricato fino dagli antichissimi tempi, e conservato sempre nel suo piccolo, e povero stato. 

Gli Antiquarj non fanno menzione di questo Tempietto, non l'avendo riguardato come antico: ma se avessero letto Vittore, e Rufo, averebbero veduto segnati da questi autori due Tempi, uno situato nella IV Regione detta Via Sacra dedicato ai due Fratelli, l'altro nell'VIII detta del Foro Romano dedicato a Romolo. 

La tradizione, l'antichità, l'esser nominato col nome di un Santo Soldato, l'uso di portarvi i bambini infermi, come anticamente, sono congetture, che fanno indubitabilmente credere essere stato il Tempio antico. 

Il Torrigio nella Istoria di questa Chiesa rapporta le varie opinioni intorno a chi dedicato fosse questo Tempio, risolvendo che la più approvata si è che fosse dedicato a Romolo da Tazio Re de' Sabini. Il Mosaico Cristiano pare molto antico, e del tempo di Felice IV. Stefano Infessura nel suo Diario dice, che essendo caduto da' fondamenti, Nicolò V lo risarcì, dopo d'avere acconciato il più antico, e soggiunge che lo rifece un poco più in là, ed un poco minor che non era [...]. 

In prova del Tempio Gentilesco non è lieve congettura la bella Ara che già era dentro il Tempio, e che da Clemente XI nell'ultimo risarcimento della Chiesa nel 1703 fu posta alla Porta: inoltre in questa Chiesa fino al Secolo XVI vi era la Lupa di bronzo con i gemelli che ai tempi del Pancirolo, o poco prima era in Campidoglio stata portata."

SAN TEODORO AL PALATINO

CARLO FEA

"Se in questo luogo furono esposti i due gemelli Remolo e Remo come ripa, dove arrivava il Tevere nelle sue ordinarie piene, avremo naturalmente quì il lato occidentale del Foro Romano per il Velabro; quale dovendo anche esser fatto più indietro, se tra di esso, e del fiume vi erano fabriche; avremo anche il Foro più angusto per questo verso.

Ivi era il Fico detto ruminale da ruma, ossia mamma; e il Lupercale detto dalla lupa, che ivi allattò i bambini; lupa, o donna, che fosse. Vi fu eretto per memoria un tempio, e istituiti dei sagrifizi, e dei giuochi, detti lupercali dalla Dea Luperca, secondo Varrone presso Arnobio.

Il Fulvio scrive, che quì fosse trovata la lupa di bronzo, ora in Campidoglio; e Flaminio Vacca in generale nel Foro Romano. Non si sa quando fu convertito in chiesa, che Adriano I. nel 774. riparò, e che secondo il Platina per l'anno santo del 1450.

Niccolò V. rifabricò di pianta, ma al piano antico: il card. Barberino vi rinnovò il tetto, restaurò i muri, e il mosaico della tribuna; altre riparazioni vi fece Clemente XI. nel 1706. Fu dedicata a s. Teodoro martire, volgarmente santo Toto."

(Carlo Fea 1819)

CHIESA DI SANTA MARIA LIBERATRICE

8) TEMPIO DI VESTA, ORA S. MARIA LIBERATRICE

Giuseppe Vasi scelse di includere S. Maria Liberatrice, un edificio minore del XVII secolo, nel suo libro del 1753 che copriva le più antiche chiese di Roma partendo dal presupposto che sorgesse sul luogo di una chiesa molto antica, sebbene a suo tempo questa convinzione non fosse supportato da prove chiare. La scelta permise a Vasi di rappresentare il Foro Romano, o Campo Vaccino (Campo delle Mucche) come veniva chiamato all'epoca, che aveva già mostrato nelle tavole 31 e 32 da un altro punto di vista.

Nella descrizione che segue la targa Vasi faceva riferimento a:  1) Tempio di Giove Statore (ora noto come Tempio di Castore e Polluce);  2) Mura di Curia Ostilia e Basilica Porzia;  3) S. Teodoro;  4) Orti Farnesiani.  5) S. Maria Liberatrice;  6) sito approssimativo di Casa delle Vestali.

Alla fine del XIX secolo l'area fu scavata per una ventina di metri per portare alla luce i resti degli antichi monumenti che si trovavano sottoterra e alla fine nel 1900 fu abbattuta S. Maria Liberatrice. 

Se non fosse per le tre colonne di Tempio di Castore e Polluce e per le imponenti pareti sullo sfondo sarebbe difficile credere che la stampa e la foto mostrino la stessa posizione.

OGGI

CARLO FEA

"Merita una particolar attenzione la località di questo tempio, benchè più non esista. Era quì veramente fondato da Numa accanto alla sua abitazione, con un collegio di 4., che in seguito crebbero a 6. Vergini, che vi custodivano il fuoco sacro a Vesta, e il Palladio, come cose fatali, in pegno della sicurezza dell'impero.

Da Flavio Biondo in poi si era voluto trasferirne il titolo al tempio rotondo sul Tevere vicino al ponte senatorio; ma oramai questa opinione è smentita. Tutti gli scrittori antichi quì lo designano: si è detto, che Orazio vi trapassò davanti, per andare al Foro dalla Via Sacra; e che il Colosso di Domiziano lo riguardava: e sul fìne del secolo XV. vi furono trovate accanto le 12. iscrizioni, non sepolcrali, ma onorarie, di altrettante Vergini Vestali Massime, che ora diremmo abbadesse, riportate dal Grutero, e da tanti altri.

Era rotondo, perché Vesta figurava la terra. Arse nell'incendio Neroniano; lo ristaurò Vespasiano: arse nuovamente nell'anno 191, sotto Commodo,  col tempio della Pace, e lo ristaurò Giulia Pia, come di femmine; quando il marito Settimio Severo riparava le altre fabriche.

Hanno esistito le Vestali, ed è stato aperto il loro tempio sino a Teodosio il grande, il quale sull'ultimo della vita sua, che fu l'anno 395., proibì darsi loro i soliti alimenti, e fece chiudere tutti in generale i tempi gentileschi, secondo Zosimo.

Quando ivi fosse eretta una chiesa cristiana, non è facile il provarlo. Il Martinelli, ed altri senza dato alcuno scrivono, che s. Silvestro lo dedicasse alla B. Vergine; e che poi da lui prese il nome di s. Silvestro in lacu, per il vicino fonte, e laghetto di Giuturna.

Fu detta la chiesa anche dell'inferno, forse prendendo origine dal fuoco delle Vestali. Dopo riparazioni di Gregorio XIII., e di Sisto V., il card. Marcello Lante nel 1617. la rifece dai fondamenti, rialzandola per salvarla dall'umidità. Il bassorilievo di Mezio Curzio Sabino, che a cavallo s'ingolfa nella palude, ora alla scala del palazzo dei Conservatori, quì fu trovato."

(Carlo Fea 1819)

TEMPIO DI ANTONINO E FAUSTINA

9) CHIESA DI S. LORENZO IN MIRANDA - TEMPIO D'ANTONINO E FAUSTINA

"La iscrizione, che ancora si legge sulla fronte di questo tempio, lo dice eretto dal Senato all'imperatore Antonino Pio, e alla di lui consorte Faustina, come a deità. Le mura della cella ai due lati, che ancora si vedono, erano di peperini, coperti di marmo.

Il portico esiste con 10 colonne di marmo caristio, detto ora cipollino, alte 43. piedi, e 3. quarti, quanto quelle del Panteon; ma sfregiate in alto per appoggio di tetti in tempi barbarici. Il fregio con bassirilievi di grifi, candelabri, e vasi, è il più conservato, e il più bello, che esista in quel genere.

Nel 1807 e 1810 fu scavato tutto intorno il portico; e fu trovata la scala sulla Via Sacra, selciata, di 21. gradino, alta 15 piedi, in parte conservata, col sotto scala, e sua porta di marmo; in seguito tutto esattamente publicato inciso dal Feoli.

COME ERA NEL 1606

Non si sa quando sia stato convertito in chiesa. Martino V. nel 1430, essendo Collegiata, la concesse alla università degli Aromatarj, ossia Speziali. Dessi vi fabricarono da principio alcune cappelle fra le 10 colonne del portico, ed un ospedale per i poveri della loro professione; ma in occasione, che nel 1536 venne a Roma Carlo V., il Senato Romano fece sbarazzare il portico.

Nel 1607 gli Speziali aprirono la chiesa attuale nell'antica cella, con facciata barrocca dentro al portico, ingombrato fino a un terzo delle colonne, e con cancellate: architettura del Torriani."

Le colonne hanno scanalature orizzontali in alto, per tenere le corde con le quali si tentò di far crollare l'edificio per recuperarne i materiali.

La Roma papalina ebbe questa mania di distruzione dell'antico perchè pagano e pertanto demoniaco. Essendo però monolitiche, un vero gioiello d'architettura, le colonne dovettero fortunatamente avere più resistenza del previsto.

Nell’XI secolo, il Tempio di Antonino e Faustina fu trasformato nella chiesa di San Lorenzo di Miranda poichè si riteneva che in quella zona San Lorenzo fosse stato condannato a morte; il nome Miranda, invece, potrebbe forse derivare dalle bellezze del luogo, secondo altri dal nome della istitutrice di un monastero vicino o di una benefattrice.

Durante il 1536, nella venuta a Roma di Carlo V, la chiesa fu rasa al suolo in modo che il portico del Tempio fosse nuovamente visibile. La chiesa fu ricostruita nel 1602 in stile barocco occupando la cella del Tempio e il pronao, a causa dell'interramento venne innalzata di sei m.

CHIESA DI SAN LORENZO IN MIRANDA
Sono stati rinvenuti pezzi di due statue a grandezza maggiore del naturale di Antoninus Pius e Faustina, sicuramente le statue di culto del tempio, ridotti in frantumi quando il cristianesimo proibì il paganesimo.

Con il Rinascimento si diffuse poi l'uso di collezionare pezzi antichi. Talvolta le parti decorate venivano asportate e ridotte in lastre, più maneggevoli.

Per spezzare i blocchi si inserivano  cunei di legno bagnati che dilatandosi spaccavano la pietra, ma se non si teneva conto delle venature naturali la frattura danneggiava il marmo che veniva abbandonato. Oppure si macinavano i marmi e le statue per farne calce. Il tempio suddetto non fece eccezione, depredato vandalicamente come tanti monumenti dai papi romani.

Nel 1430 il papa Martino V concesse la chiesa al Collegio degli Speziali, oggi Collegio Chimico Farmaceutico, che ne ha ancora la giurisdizione, anche se ormai non ha alcun utilizzo, per cui, come al solito, il monumento appartiene alla Chiesa, la manutenzione invece è a carico del comune di Roma ma l'interno non è mai visitabile.

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