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CULTO DI AEQUITAS

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DEA AEQUITAS

Divinità femminile facente parte degli Dei Indigetes, cioè degli Dei primitivi del suolo italico preromano. Questi Dei non furono aboliti dai romani ma rimasero come divinità con santuari e talvolta templi, in particolar modo ricostruiti sotto Augusto che amava la tradizione religiosa.
Venne spesso accompagnata dalla Dea Veritas.

L'aequitas è l'origine del movimento e del divenire. Tutto si muove per raggiungere l'aequitas per poi squilibrarsi di nuovo e sentire ancora il bisogno dell'aequitas, unica condizione di pace e serenità. A questo principio si ispira il detto romano (secondo alcuni greco): "Si vis pacem para bellum."

SI VIS PACEM PARA BELLUM (ARA PACIS)

AEQUITAS MATERNA

L'uovo fu nell'oriente antico espressione della suprema Aequitas Materna. Sappiamo di un re persiano che avrebbe bevuto in un uovo d'oro acqua e vino, il che può valerci come un riferimento alla origine materna del suo potere, ed altresì alla suprema equità materna con la quale egli amministrava questo potere (Atenagora, 11, 110, Fraq. hist. qraec., 2, 92).

Secondo i principi materni tutti gli uomini sono uguali in quanto partoriti dalla stessa Dea Terra, pertanto ogni omicidio è reato contro la Madre e la terra è di tutti. Poi il patriarcato, conseguente all'allargamento delle tribù fino a formate lo Status, stabilì il diritto paterno ispirato però a una Dea della Giustizia, che in Grecia fu temi, a Roma fu Iustitia (Giustizia) ed Aequitas.



AEQUITAS DELLO STATO

Ad Urbisaglia, nelle terme, un'iscrizione ricorda un certo Rutileius figlio di Caius, magistrato municipale, lasciò in dono 100.000 sesterzi, forse riservato all'area sacra del tempio principale della città, essendo citata la Dea Æquitas Augusta.

Nell'antica Roma con il termine "aequitas" si intendeva il procedimento consuetudinale non scritto che si instaurava tra i giuristi per la soluzione delle controversie; era quindi un concetto in divenire, non statico, che esprimeva la capacità di risolvere un problema relazionandosi alle esigenze economico-sociali e al contesto culturale del luogo.  

D'altronde il giurista romano con i suoi studi e le sue interpretazioni fu quello che fondò la scienza dell'organizzazione della società romana attraverso le istituzioni e le regole operanti nei vari ambiti umani.

La nozione dell’aequitas è tra le più essenziali per la comprensione del diritto romano nel suo sviluppo storico, anche se nell’aequitas nell’antica Roma, l’arte retorica giocò un ruolo fondamentale, come testimonia un passo di Cicerone: “In hoc genere pueri apud magistros exercentur omnes, cum in eius modi causis alios scriptum alios aequitatem defendere docentur”.

Insomma la Dea Equitas era anzitutto l'ispiratrice dell'uguaglianza dei diritti nell'ambito delle relative leggi. l'Aequitas è equanimità, giustizia nel trattamento da parte dell'imperatore (Aequitas Augusti), insomma l'imparzialità, senza preferenze preconcette. Certo, stando alle fonti di cui disponiamo (gli Annali e le Storie di Tacito, le Vite dei Dodici Cesari, la Historia Augusta, ecc.) non sono moltissimi gli imperatori che seguirono la Aequitas Augusti.

Nel 242 a.c. venne istituito il praetor peregrinus, il quale, non vincolato né allo ius civile né alla rigida procedura delle legis actiones, risolveva le controversie mediante un procedimento più rapido e meno formale, quello per formulas, dove un ruolo fondamentale svolsero i nuovi concetti di "aequum bonum" e di "bona fides", secondo il principio dell'"Aequitas".

Così l’evoluzione del diritto romano vide nell’aequitas il proprio principio mediatore, “un unicum nella storia”. Nella numismatica esistono raffigurazioni della Dea Aequitas da Galba a Decenzio.
Aequitas ha come attributi la bilancia nella mano destra e la cornucopia nella mano sinistra. Un po' come il pastorale e il flagello dei faraoni egizi. E' la via di mezzo tra la severità e l'elargizione. Talvolta, ma raramente, è effigiata con la bilancia e la lancia, come la fece raffigurare ad esempio l'imperatore Adriano, che però, ricordiamolo, passò la vita a rimettere l'ordine nell'impero, e sovente con le armi.

ADRIANO E AEQUITAS
Moneta è a volte raffigurata con gli stessi attributi di Aequitas, tanto che su alcune monete non si ha la certezza di quale delle due si tratti.

Moneta, appunto spesso confusa con Aequitas, in realtà era Giunone Moneta (l'avvertitrice, l'ammonitrice, da moneo = ammonisco) e prese questo nome dall'episodio delle oche del Campidoglio, animali a lei sacri, che con le loro grida avvertirono i romani assediati dell'approssimarsi delle truppe di Brenno, che stavano entrando da un passaggio segreto.

L'Aequitas invece è stata abbondantemente battuta sotto Vespasiano (anche per Tito e Domiziano) e più limitatamente sotto Tito. Domiziano in proprio non l'ha mai utilizzata.


L'interpretazione della legge, che nel caso singolo si può rivelare contraria al suo dettato, rimane invece conforme alla mente del legislatore. Il suo concetto è la risultante di tre fattori: 
- l'aequitas romana, intesa come ideale di perfetta giustizia; 
- la misericordia o benignitas cristiana; 
- l'epikeia aristotelica, cioè quello che è conveniente, moderato, equo e di conseguenza la correzione o emendamento del giusto legale: ossia il venir meno dell'obbligatorietà della legge quando, nel caso particolare, la sua applicazione si riveli manifestamente iniqua.
In epoca giustinianea l'imperatore (Giustiniano I - 482 - 565) fece ricorso all'Aequitas per giudicare oltre i limiti della stretta applicazione del diritto.


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