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LA LEGGENDA DI CESARE

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NENNIO

Nennio è un mitico principe della Britannia ai tempi delle invasioni della Britannia di Giulio Cesare (55-54 a.c.). La sua storia appare nella Storia dei re di Gran Bretagna di Geoffrey of Monmouth (1136), un'opera i cui contenuti sono ormai considerati in gran parte fittizi. Geoffrey fu un chierico britannico che molto scrisse sulla storia di re Artù propagandone il mito. Nelle versioni medio-gallesi di Geoffrey's Historia Nennio veniva chiamato Nynniaw.

Nella storia di Geoffrey, si dice che Nennio abbia combattuto Cesare in un combattimento personale e abbia preso la sua spada, che usava per uccidere molti romani. Nelle ere Tudor e giacobini divenne un emblema del patriottismo britannico.



HISTORIA REGUM BRITANNIAE

Historia regum Britanniae (La storia dei re di Gran Bretagna ), originariamente chiamata "De gestis Britonum", è un racconto pseudo-storico della storia britannica, scritto intorno al 1136 da Geoffrey di Monmouth. Descrive le vite dei re dei britannici nel corso di duemila anni, a cominciare dai Troiani che fondarono la nazione britannica (una storia che abbiamo già sentita per Roma) e continuarono fino a quando gli anglo-sassoni assunsero il controllo di gran parte della Gran Bretagna intorno al VII secolo.

È uno dei pezzi centrali della leggenda della Britannia. Sebbene sia stato preso come bene storico nel XVI secolo, ora è considerato poco attendibile negli avvenimenti, compreso le invasioni della Britannia di Giulio Cesare, che peccano di inesattezza.

Historia regum Britanniae di Geoffrey Monmouth (1095- 1155) fu un chierico britannico e una delle maggiori figure nello sviluppo della storiografia britannica e della popolarità di storie di re Artù. Conosciuto per la sua cronaca "La storia dei re di Gran Bretagna" (De gestis Britonum o Historia Regum Britanniae) scritto in latino del 1136, molto popolare ai suoi tempi, essendo tradotta in altre lingue dal suo latino originale, ha ricevuto credito storico nel XVI secolo, ma ora è considerato storicamente poco affidabile.

La "Storia" fornisce il seguente resoconto della vita di Nennio.




HELI

Nennio era il terzo figlio di Heli, re d'Inghilterra, che nella Historia Regum Britanniae (1130) compare come il figlio di Digueillus, sovrano saggio e modesto, e padre di Lud, di Cassivellaunus e di Nennio, (e secondo fonti gallesi, di Llefelys). Si dice che Heli abbia regnato sul trono per 40 anni, dopo di che gli successe il figlio Lud (Llud). Nelle traduzioni in lingua gallese del lavoro di Geoffrey, noto collettivamente come Brut y Brenhinedd, il nome di Heli fu restituito a Beli e suo padre cambiò nome in Manogan.


LUD

Lud fu re di Britannia in epoca pre-romana che salì al trono nel 73 a.c., fondò Londra ("città di Lud", trasformata in Londinum dai romani) e fu sepolto a Ludgate, "Porta di Lud". Era il primogenito del re Heli e succedette al trono al padre. Lud, forse collegato con la figura mitologica gallese Lludd Llaw Eraint, chiamò il suo fratello minore Llefelys per liberare la Gran Bretagna dalle piaghe che affliggono il regno. 
La prima piaga fu quella dei Coraniani, una razza di nani "asiatici" che potrebbero rappresentare i Romani. Hanno un senso dell'udito così acuto da poter sentire ogni parola che il vento tocca, rendendo impossibile l'azione contro di loro.
- La seconda piaga fu quella dei draghi bianchi e rossi. I draghi rappresentavano i Brythons (Britanni), mentre i draghi rossi rappresentavano gli invasori anglosassoni (di origine germanica) della Britannia.
DAL FILM L'ULTIMA LEGIONE

L'ULTIMA LEGIONE
Il film è basato su un romanzo dedicato agli avvenimenti che accompagnarono la fine dell'Impero romano d'Occidente e la nascita della leggenda di Re Artù. 

Il film viene narrato da Ambrosinus, ovvero Aureliano Caio Antonio, un druido britanno che conosce la leggenda della spada di Giulio Cesare, passata di mano in mano tra gli imperatori romani fino a Tiberio, alla cui morte venne nascosta per evitare che uomini malvagi se ne impossessassero. 

Il film inizia poco prima dell'incoronazione di Romolo Augusto come imperatore nel 460. Ambrosius ha viaggiato in quasi tutto il mondo in cerca della spada di Cesare, diventa il tutore di Romolo. 

Alla fine Romolo uccide Wulfila con la spada di Cesare, vendicando i suoi genitori, ma non vuole più guerre e getta via la spada, che va a incastonarsi in una solida roccia.

Molti anni dopo, Ambrosinus, che ha ripreso il suo vecchio nome celtico di Merlino è con un giovane Artù al quale rivela di essere figlio di Romolo (che ha preso il nome di Pendragon) che era stato allevato da Aurelio e Mira. Re Artù è dunque romano.



AMBROSIO AURELIANO VENTIDIO
E' di quest'epoca la figura di Ambrosio Aureliano che sconfisse gli invasori anglo-sassoni, e che probabilmente fu il mitico Re Artù, in quanto ritenuto il capo dei britannici romanizzati nella battaglia del Monte Badon, una battaglia combattuta tra i romano-britannici e i celti da un lato e un esercito di invasori anglo-sassoni dall'altra negli anni 490, che risultò una pesante sconfitta di quest'ultimi.

AMBROSIO AURELIANO
Dopo il distruttivo assalto dei sassoni, i sopravvissuti si riunirono sotto la leadership di Ambrosio, che viene così descritto:

«Era un uomo modesto, l'unico della razza romana che era casualmente sopravvissuto nel frastuono della tempesta (i suoi genitori, che avevano sempre indossato la porpora, erano morti con questa) che si è scatenata ai nostri giorni e che ci ha condotti assai lontano dalla virtù degli avi... a questi uomini, con il consenso di Dio, arrise la vittoria

Secondo Gildas, Ambrosio organizzò i superstiti in un esercito e ottenne la prima vittoria militare contro gli invasori sassoni. Tuttavia, questo successo non fu decisivo: "A volte i sassoni e a volte i cittadini (romano-britanni) furono vittoriosi". Il fatto che Gildas dica che i parenti di Ambrosio "portarono la porpora" indicherebbe che egli era collegato con uno degli imperatori romani, forse con la casata di Teodosio o con un usurpatore, come Costantino III, ma secondo altri suo padre era un console romano. Anche qui ricorda il mitico Re Artù.


CASSIVELLAUNUS
A Lud successe, a sua volta, suo fratello Cassivellaunus, uno storico capo tribale britannico che guidò la difesa contro la seconda spedizione di Giulio Cesare in Gran Bretagna nel 54 a,c. Condusse un'alleanza di tribù contro le forze romane, ma alla fine si arrese dopo che la sua posizione fu rivelata a Giulio Cesare dai britannici sconfitti.
Nennio combatté al fianco di Cassivellaunus quando Cesare invase la Britannia. Mandubracio era figlio di un re trinoviano, di nome Imanuentius in alcuni manoscritti del De Bello Gallico di Giulio Cesare, che fu rovesciato e ucciso dal signore della guerra Cassivellaunus qualche tempo prima della II spedizione di Cesare in Gran Bretagna nel 54 a.c.
Mandubracio, figlio del re dei Trinovanti, fuggì allora per farsi proteggere da Cesare in Gallia. Cassivellaunus quindi guidò la difesa britannica contro i Romani, ma i Trinovanti tradirono la posizione della sua fortezza a Cesare, che procedette ad assediarlo. Come parte dei termini della resa di Cassivellauno, Mandubracius fu installato come re dei Trinovantes, e Cassivellaunus si impegnò a non fare guerra contro di lui.

NENNIO
Nennio e suo nipote Androgeo, il figlio maggiore del re Lud, guidarono le truppe di Trinovantum (Londra) e Canterbury, e incontrarono le truppe di Cesare e Nennio affrontò Cesare in un combattimento. Caesar colpì Nennio con un colpo alla testa, ma la sua spada rimase bloccata nello scudo di Nennio. 
Dopo essersi separati nella mischia, Nennio gettò la propria spada e attaccò i romani con la spada di Cesare, uccidendo molti, incluso il tribuno Labieno. Secondo Geoffrey, "tutti quelli che Nennio aveva colpito con la spada avevano la testa tagliata oppure erano rimasti feriti così gravemente da non avere alcuna speranza di poter mai guarire". 
La mitica spada è dunque Escalibur che uccide con un solo tocco, e da sola può sterminare un gruppo. Chi ne è ferito, anche lievemente, alla fine muore. Ed ecco l'invincibilità di Cesare, aveva una spada magica, il che spiega da un lato quanto fosse temuto e mitizzato Cesare, dall'altro canto il merito non era suo ma della sua magica spada.

QUINTO LABERIO DURUS
Quinto Laberio Durus (morto il 54 agosto a.c.) era un tribuno militare romano morto durante la II spedizione di Giulio Cesare in Gran Bretagna. Cesare descrive come subito dopo l'arrivo nel Kent, i Romani furono attaccati mentre costruivano un campo dai nativi britannici. Prima che i rinforzi potessero arrivare, Laberio fu ucciso. Il suo luogo di sepoltura è tradizionalmente il terrapieno della Tombadi Julliberrie vicino a Chilham (che è in realtà un lungo tumulo neolitico).

Orosio, nei suoi Sette libri di storia contro i pagani, lo chiama Labieno, confondendolo con il legato di Cesare Tito Labieno, che visse per combattere contro Cesare durante la guerra civile. L'errore fu perpetuato da Bede e Geoffrey of Monmouth, i quali si riferiscono a un tribuno chiamato Labieno ucciso in Gran Bretagna. Quest'ultimo dice di essere stato ucciso da Nennio. A noi sembra si sia confusa la I con la II spedizione di Cesare.




GIULIO CESARE

Nel corso delle sue Guerre Galliche, effettivamente Giulio Cesare invase il Regno Unito due volte: nel 55 e nel 54 a.c.. Nella prima occasione Cesare portò con sé solo due legioni, e riuscì poco oltre uno sbarco sulla costa del Kent. La seconda invasione consisteva in 628 navi, cinque legioni e 2.000 cavalieri. La forza era così imponente che i britannici non osarono contestare lo sbarco di Cesare nel Kent, in attesa invece di iniziare a muoversi nell'entroterra. 

Cesare penetrò nel Middlesex, un'antica contea nel sud-est dell'Inghilterra, e attraversò il Tamigi, costringendo il generale britannico Cassivellaunus ad arrendersi come referente di Roma e ad insediare Mandubracio dei Trinovanti come re cliente. Quindici giorni dopo la battaglia Nennio morì per la ferita alla testa inflittagli da Cesare con la sua straordinaria spada, e fu sepolto a Londra (la "Città dei Trinovantes"), vicino alla Porta Nord. 

La spada di Cesare, chiamata Crocea Mors (Morte gialla), fu sepolta con Nennio. Nelle versioni medio-gallesi, si chiama Angau Coch (Morte rossa) o Angau Glas (Morte grigia).


Versioni successive

Lo scrittore anglo-normanno R. Wace elabora la storia del combattimento nel suo libro Roman de Brut, dove Cesare sconfigge Nennio, ma la sua spada è bloccata nello scudo di Nennio ed è costretto a ritirarsi quando gli amici di Nennio vengono in suo aiuto. In questa versione, la perdita della sua spada è un'umiliazione che porta al ritiro di Cesare e ispira la ribellione nelle Gallie. E qui Cesare senza la sua magica spada non vale nulla. Ovviamente Cesare non ha mai combattuto personalmente da generale, limitandosi al massimo di recarsi nelle prime fila a incitare i suoi uomini.

Comunque nel periodo Tudor Nennio divenne un simbolo patriottico dell'indipendenza britannica. Avere abquisito la magica spada era come avere il potere di Cesare, o almeno chi la trovava lo erdeitava.

In The Mirror for Magistrates è interpretato come una "lezione ispiratrice per il futuro popolo britannico per difendere il proprio paese dall'invasione straniera". In questa versione Caesar sconfigge Nennio ma attraverso un imbroglio, perchè avvelena la punta della sua spada. Qui Cesare è il cattivo ingannatore che può uccidere il grande britanno solo con l'astuzia e l'inganno. Così Nennio diventa la vittima e Cesare il sordido carnefice, e qui ricorda un po' l'Amleto che muore a causa dell'avvelenamento della spada nemica ad opera del perfido padrigno.




LA REGINA BOUDICA

Nennio appare anche nelle commedie in epoca giacobiana, in particolare Fuimus Troes di Jasper Fisher e Bonduca di John Fletcher. Nel primo incarna lo spirito combattivo dei britannici e viene dato il discorso patriottico di apertura che esorta il popolo a resistere all'invasione. I suoi giochi funebri dopo il suo combattimento con Cesare formano il punto culminante del gioco. In quest'ultimo è anacronisticamente ritratto come un contemporaneo di Boudica (60 o 61 d.c.), agendo come uno dei suoi generali.
Boudica è un'eroina e i romani sono stati bugiardi, crudeli e barbari. Comunque neanche Boudica è una santa perchè si diverte a torturare i romani. Circa 70.000-80.000 tra romani e inglesi vennero uccisi dagli eserciti di Boudica, molti dalle torture. 
Svetonio, nel frattempo, raggruppò le sue forze, e nonostante fosse pesantemente in inferiorità numerica, sconfisse decisamente i britannici. Boudica si uccise per evitare la cattura (Tacito), o morì di malattia (Cassius Dio).

CONCLUSIONE
Le invasioni britanniche di Giulio Cesare misero a contatto le tribù locali con la grande capacità organizzativa, combattiva dei romani, ma pure della loro civiltà molto più avanti del livello britannico che era pressoché all'età del bronzo. 
EXCALIBUR
Tale salto qualitativo per essere assorbito aveva bisogno di sforare in una dimensione diversa che superasse l'ansia del quotidiano, e come sempre dette luogo a leggende e miti, in una dimensione al disopra dell'umano.
Così Cesare diventa un uomo eccezionalmente potente, ma essendo nemico non è per suo merito ma perchè possiede una spada magica, superlativa, che uccide chiunque la tocchi. E' la spada Escalibur, la spada su cui nasce il mito di Re Artù, l'essere eccezionale che può, unico fra tutti, impugnare la spada del grande Cesare. 
Il mito però viene volto al positivo, risentendo già della morale apportata dal cattolicesimo: mentre Cesare vince perchè è un eccezionale stratega, Artù vince perchè è puro di sangue reale, un sangue che assicura un'audacia e un coraggio sconosciuti al volgo.
La spada in un certo senso sceglie il suo padrone, per virtù e per nascita, e ricompone l'audacia dei Britanni con la capacità dei romani, fondendo nella figura del re la grandezza dell'animo e la capacità di battersi. 
E' la figura del re che attrae fatalmente il mago Merlino, erede della arcaica magia britannica, e contemporaneamente è Merlino che opera quasi suo malgrado perchè la terra abbia il Re Degno di governare in giustizia il suo popolo. 
Il tutto poi mescolato col Santo Graal che riunisce in sè magia e religione, prima che la mentalissima Chiesa Cattolica non perseguitasse la magia come opera diabolica. Il tempo dei miti è il tempo del grande cambiamento che può effettuarsi a favore del mondo dell'anima con la poesia, il sogno e i miti, o a favore della mente, con l'intransigenza, le regole drastiche e la richiesta di obbedienza supina. 
Unico vincitore resta Gaio Giulio Cesare che, per quanto assassinato a tradimento, resta il più grande eroe dell'antica Roma, a cui, dopo 2000 anni, persone di ogni paese gli pongono fiori sulla tomba.


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