PARTICOLARE DIVINITA' BIFRONTALE |
La città di Falerone risulta esistente già nel sec. VI a.c. e le attuali Piane di Falerone, nacquero nel 29 a.c. con il nome di “Falerio Picenus” quando Ottaviano decise di costruire una piccola città capoluogo della centuriazione della media Valtenna, dove stabilire una colonia di suoi soldati veterani.
La scelta venne fatta su canoni precisi: le terre erano fertilissime, acqua ve ne era in abbondanza; il fiume Tenna era una discreta via di navigazione; Falerio nasceva dall'incrocio di strade strategiche ed importanti.
La colonia divenne un importante centro, dotato di teatro e anfiteatro, di numerose ville patrizie, di terme, di monumenti sepolcrali e di notevoli impianti idrici.
Il Falerio Picenus è documentato nel codice Acernario del sec.VI, con le due porte, a nord verso Urbs Salvia, e a sud verso Novana e Ausculum, il che ci conferma l'importanza del castrum.
RESTI ROMANI IN ROSSO |
Si possono visitare il Parco Archeologico (unico nella provincia di Fermo) e il Museo Civico Archeologico sito nel paese alto, in collina, esattamente in piazza della Libertà.
Il mosaico policromo con erma bifronte, illustrata a lato, è pertinente una domus romana rinvenuta sotto il Palazzo di Giustizia.
I MOSAICI |
Nel IV e V sec. la sede del vescovo di Falerio passa a Fermo, segno evidente dello stato di decadenza della città romana già preda di orde barbariche e del conseguente spopolamento e perdita di prestigio di centri romani a vantaggio di città più grandi.
Nel 90 a.c. ai piedi del Mons Falarinus (poi Falerone medievale), è ricordata la sconfitta dei Romani guidati da Gneo Pompeo Strabone (padre di Pompeo Magno), da parte dei socii piceni comandati da Gaio Vidacilio, Publio Ventidio e Tito Lafrenio, nel percorso delle legioni romane verso Fermo.
IL MOSAICO DI FALERIO OGGI AI MUSEI VATICANI |
IL PARCO ARCHEOLOGICO
Il parco archeologico è formato anzitutto dall’area urbana dell’antica città di Falerio Picenus, con le vicine aree cimiteriali e le ville suburbane. L’intera area, di circa 30 ettari, è suddivisa in due parti: la prima, centrale, purtroppo inquinata dalla edificazione avvenuta dagli anni settanta in poi; la seconda, verso est e verso settentrione, quasi totalmente coltivata, con possibilità infinite di ricerca e valorizzazione.
La zona, piuttosto pianeggiante, si estende lungo la Strada Statale 210, con la superficie principale del lato nord sullo stesso asse viario. L’area è tagliata da via del Pozzo, che segue indicativamente la direzione dell’antico cardine; la strada che conduce al teatro ripercorre invece il decumano.
Gli scavi archeologici condotti sull'area dell'impianto urbano hanno reso attualmente visibili il teatro, che è ottimamente conservato, resti dell'anfiteatro e di una cisterna romana con relativo impianto idrico.
IL TEATRO
Gli scavi archeologici condotti sull'area dell'impianto urbano hanno reso attualmente visibili il teatro, che è ottimamente conservato, resti dell'anfiteatro e di una cisterna romana con relativo impianto idrico.
IL TEATRO |
IL TEATRO
Il teatro, situato all'estremità orientale dell'antico impianto urbano, è uno degli edifici teatrali romani meglio conservati delle Marche, seppure saccheggiato nella sua decorazione, con una capienza stimata di circa 1600 posti a sedere, collocati su tre ordini. Strano a dirsi ma ora sono rimasti solo i primi due, il terzo è venuto a mancare una volta terminati gli scavi.
Ad oggi i posti a sedere sono 530, incluse le poltroncine della platea e le gradinate restaurate. Della monumentale costruzione, databile all'età augustea, possono essere tuttora ammirati solo i primi due ordini della cavea, oltre all'orchestra, ai due ingressi laterali, il proscenio e quello che rimane dell'apparato scenico. Ci devono spiegare come fa a sparire con gli scavi un ordine di sedili di pietra, e magari ci dovrebbero spiegare a cosa e a chi siano serviti.
Il teatro, esplorato come gli altri monumenti a partire dagli scavi pontifici del 1777, è in ottimo stato di conservazione e viene ancora utilizzato per rappresentazioni teatrali. Sorge nella zona settentrionale della città romana, in corrispondenza dell'inizio dell'attuale abitato di Piane di Falerone.
L'edificio, di cui rimane la struttura in laterizi con la scena e la cavea e quattro vomitatori, è datato all'inizio del I sec. d.c., probabilmente nel 43 d.c. dedicato all'imperatore Tiberio Claudio e con restauri di età antonina. Le mura sono in laterizio; le volte a sostegno delle gradinate, invece, sono state realizzate con pietre e sassi.
La cavea ha un diametro di m 50, ed è costruita su sostruzioni a volta; all'esterno la struttura mostra un prospetto ad archi dei quali restano numerose basi con semicolonne rivestite un tempo di marmo. Conservato è pure il proscenio che delimita l'orchestra, con struttura a nicchie semicircolari decorate anch'esse con marmo.
Dal teatro vengono due statue di Cerere e altre due al Louvre. L'area è dotata di un ampio parcheggio, ed è collegata con il Museo Civico Archeologico. Da essa le altre aree del parco sono raggiungibili a piedi.
L'ANFITEATRO
Dal teatro vengono due statue di Cerere e altre due al Louvre. L'area è dotata di un ampio parcheggio, ed è collegata con il Museo Civico Archeologico. Da essa le altre aree del parco sono raggiungibili a piedi.
L'ANFITEATRO |
L'ANFITEATRO
Dell'anfiteatro, situato nella zona occidentale dell'antica città, sono visibili solo alcuni settori del muro perimetrale, sufficienti tuttavia alla comprensione della poderosa struttura, che poteva contenere fino a circa 5000 spettatori.
Nell'antichità a falerio Picenus i cittadini godevano delle rappresentazioni teatrali, mentre quelle di tipo ludico, come la lotta fra gladiatori, avvenivano all'interno dell'Anfiteatro Romano. Costruito intorno al I secolo d.c. e originariamente della capienza di 5.000 posti, risulta logorato dagli anni, avendo subito diversi crolli per l'abbandono a cui il cristianesimo condannò prima i teatri e poi gli anfiteatri. Ne rimangono solo alcune porzioni di muro.
I vari monumenti furono in parte spogliati per costruire nuovi edifici, e in parte vandalizzati. Basta vedere la statua sottostante per capire che come quasi tutte le statue pagane, soprattutto religiose, siano state prese a mazzate per sfigurargli il volto. Il tempo e i terremoti al massimo spezzano le statue, ma non le sfigurano.
Attualmente parecchi reperti sono esposti nella sezione archeologica di musei come il Louvre di Parigi che conserva un Perseo e una Nike, i Musei Vaticani che custodiscono un pregevole pavimento musivo, il Museo archeologico nazionale delle Marche che tutela un mosaico e Fermo che invece possiede una testa dell'imperatore Augusto e una stadera in bronzo.
IL MUSEO ARCHEOLOGICO
Molta della ricca documentazione archeologica recuperata dagli scavi di Falerio è confluita nelle collezioni civiche del Museo Archeologico “Pompilio Bonvicini”, la cui visita consente una più approfondita comprensione dell'importanza storica e culturale dell'antica città. Il Museo, allestito nel 2006, accoglie al suo interno:
RESTI DELLA DOMUS |
- il mosaico della divinità bifrontale, un'immagine molto particolare in quanto visibile in modo diverso dai due lati,
- il mosaico raffigurante il Picchio simbolo dei Piceni,
- la statua della Dea Cerere,
- statuette rinvenute durante gli scavi del teatro fra le quali: il suonatore di cetra, la divinità maschile, il busto imperatore Tiberio,
- la Tomba Cappuccina e altri reperti funebri,
- il Dolio ovvero l'anfora a misura d'uomo piena d'iscrizioni sulla superficie esterna.
- tuculi ovvero tubazioni in terra cotta che servivano tutta la città,
- manubriati (tombini),
Spesso gli agricoltori della zona si imbattono in vari reperti, il che fa pensare che nel sottosuolo siano ancora presenti altri resti interessanti, purtroppo da lasciare dove sono, non avendo a disposizione fondi per ulteriori scavi. Nel nostro paese troppo spesso non si trovano i soldi per le meraviglie del nostro sottosuolo, che da un lato attivano la cultura dei giovani, e dall'altro sarebbero un investimento per un ulteriore turismo.
- tuculi ovvero tubazioni in terra cotta che servivano tutta la città,
- manubriati (tombini),
Spesso gli agricoltori della zona si imbattono in vari reperti, il che fa pensare che nel sottosuolo siano ancora presenti altri resti interessanti, purtroppo da lasciare dove sono, non avendo a disposizione fondi per ulteriori scavi. Nel nostro paese troppo spesso non si trovano i soldi per le meraviglie del nostro sottosuolo, che da un lato attivano la cultura dei giovani, e dall'altro sarebbero un investimento per un ulteriore turismo.