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VIA LATINA

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PARCO ARCHEOLOGICO DELLE TOMBE DI VIA LATINA

La via Latina risale addirittura alla preistoria; il tracciato originario partiva grosso modo dall'isola Tiberina, (unico guado nel basso corso del Tevere), lasciato il Circo Massimo e superate le mura a porta Latina, la strada correva nella zona dove ora si trova il Parco delle Tombe della via Latina, che conserva diversi sepolcri,
Questa via naturale tra la valle del Tevere e la Campania era già in uso in età neolitica (circa 2500-1700 a.c.), e proprio perchè così antica non porta il nome del costruttore, con un tracciato definitivo tra il IV e il III sec. a.c. ma già percorsa dagli etruschi per colonizzare la Campania tra i secoli VIII e VI a.c.

Nel V sec. a.c. la potenza etrusca era però in declino, e così le popolazioni sannitiche si impadronirono della zona impedendone il transito; ma un secolo più tardi i Romani, che percorrevano quel tracciato sin dai primissimi tempi per commerciare con i popoli che abitavano a Sud, riuscirono a sottomettere Volsci, Ernici ed Equi, a garantirsi l'alleanza con Capua (340 a.c.) e a sciogliere la Lega Latina (338 a.c.), divenendo i padroni del Lazio meridionale. La regione così conquistata venne chiamata "Latium Novum" o "Adiectum", a differenza del "Latium Vetus", che era la regione della valle del Tevere fino a Segni.
Subito dopo Roma diresse le proprie mire espansionistiche più a Sud, affrontando le guerre sannitiche per la conquista della Campania e della Lucania; per questo motivo tra il 328 ed il 312 a.c. l'antica strada fu potenziata; la tecnica del basolato non era però ancora diffusa, per cui venne realizzata in ghiaia e terra battuta.

TRATTO PRIMA DI PORTA LATINA
A questa via, nel 312 a.c., se ne aggiunse una nuova, che attraversava la pianura pontina; la strada nuova prese il nome di via Appia dal costruttore Appio Claudio poi detto Cieco, mentre la vecchia (che esisteva prima della fondazione di Roma) fu chiamata semplicemente via Latina perché attraversava il territorio abitato dai popoli latini.

La Via Latina usciva da Roma appunto da Porta Capena, assieme alla Via Appia, vicino al Circo Massimo, in direzione sud-est per circa 200 km. Le due vie si separavano molto presto tanto che nelle Mura Aureliane ebbero ognuna una porta propria, Porta Latina e Porta Appia (poi Porta San Sebastiano).

Comunque deve aver preceduto la Via Appia come itinerario verso la Campania, poiché la colonia latina di Cales è stata fondata nel 334 a.c. e doveva essere accessibile da Roma per una strada, mentre la Via Appia è stata realizzata solo ventidue anni più tardi. Inoltre aveva un tracciato più semplice da costruire di quanto non sia occorso ingegneristicamente sia occorso per la via Appia. Nella parte iniziale ha senza dubbio preceduto la Via Labicana, anche se questa fu preferita in seguito.

PORTA LATINA
La via, larga quasi 4 m, portava quindi al passo dell'Algido (altezza 560m), che delimitava i Pratoni del Vivaro, dove Algido fu un avamposto degli Equi, alleati dei Volsci contro Roma, sin dal V sec. a.c. Saliva quindi verso Grottaferrata mantenedosi lievemente sulla destra dell'odierna Anagnina; qui se ne può individuare il percorso grazie ai ruderi dei sepolcri, tra cui quello nei pressi di Villa Senni al X miglio e quello di Metilio Regolo presso il ponte del bosco di Grottaferrata; sempre al X miglio si trovano gli interessanti resti archeologici della località Vicus Angusculanus, che poi venne chiamata ad decimum per via della presenza della pietra miliare relativa al decimo miglio della via Latina.

Successivamente la strada coincide con l'attuale Anagnina che dopo l'incrocio per Frascati, Grottaferrata e Rocca Priora cambia nome in Tuscolana; l'antica via Latina passa quindi sotto al Tuscolo; in località Molara nei pressi di Rocca Priora è stato portato alla luce un tratto dell'antica via visibile in uno slargo al centro della moderna via Tuscolana.

TORRE DELL'ANGELO
Poi oltrepassava i Colli Albani e riscendeva lungo le valli del Sacco e del Liri, nello stesso percorso della ferrovia che va a Napoli via Cassino, e rasentava in pianura le città collinari degli Ernici: Anagnia, Ferentinum, Frusino, etc.

A Fregellae scavalcava il Liris e poi attraversava Aquinum,di cui costituiva il Decumanum maximum, dalla Porta Romana e ne usciva dalla Porta Capuana, poi detta anche di San Lorenzo per la presenza nei pressi di una piccola chiesa dedicata al Santo, e proseguiva per Casinum e appunto per Capua. Oggi tracce della via Latina ad Aquino sono evidenti nelle tante basole disperse per ogni dove; nelle pareti dei vecchi casolari, nei muri a secco che costeggiano tante strade delle città, lungo viottoli e nei campi. La traccia principale però è un lungo tratto molto ben conservato che va dalla Porta Capuana al ponticello "sui laghi". 

Recentemente riportata alla luce dopo che nei primi anni ’50 vi furono scaricati centinaia di mc di terra di riporto, per la costruzione della via asfaltata che ora le corre accanto, costituisce chiara e suggestiva testimonianza di cosa fossero le vie consolari. Il tratto in questione è lungo circa 300 m ed è affiancato dai ruderi della chiesetta di San Tommaso, senza più tetto e con la parete di fondo crollata. Anche qui sono incorporati tra le mura notevoli frammenti di templi romani. 

DIMENSIONI DEGLI ACQUEDOTTI
Proprio di fronte, nel giardino di una casa privata, è posto il miliario LXXIX (79 da Roma). Su un lato vi è l’iscrizione 
"C(aius) Calvisius C(ai) f(ilius) Sabinus"
il console che probabilmente restaurò la via Latina nel 39 a.c.. Sul lato opposto c’è il nome Vespasiano e l’anno 77, forse quando ci fu un altro restauro della strada. Sempre di fronte ai ruderi della chiesetta di San Tommaso, c’è oggi una strada da poco realizzata che ricalca il tracciato di una piccola via che la tradizione afferma chiamarsi "degli orefici" forse per la presenza di botteghe. Durante la sua costruzione sono venute alla luce numerosissimi reperti di vario genere che sono stati riutilizzati per creare un suggestivo muro "archeologico" lungo la stessa via. All’inizio di questa strada, si notano le tracce di una stanza d’abitazione quasi sicuramente d’epoca romana.



LE VARIANTI

Pressoché parallela all’Appia che costeggiava il Tirreno, la Via Latina vi si riuniva appunto a Capua, dopo aver attraversato la Valle del Liri. Uscendo da Porta Capuana, scendeva in maniera alquanto ripida verso i cosiddetti Laghi attraversando un ponte e poi risaliva lungo un ripido pendio.

Quindi passava nel varco fra gli Appennini ed il gruppo vulcanico di Rocca Monfina ma la strada originale, invece di attraversarlo, girava bruscamente all'altezza di San Pietro Infine verso nord-est sopra le montagne verso Venafrum, mettendo così in comunicazione diretta con l'interno del Sannio e, tramite altre strade, con Aesernia, Cubulteria, Alifae e Telesia.

In seguito, tuttavia, ci fu con ogni probabilità la creazione di una variante, tra Rufrae (l'attuale Presenzano) e l'attuale San Pietro Infine, che abbreviava il percorso e che seguiva l'attuale percorso dell'autostrada e della ferrovia Napoli-Roma. I due tracciati si ricongiungevano vicino alla attuale stazione ferroviaria di Caianello e la strada portava a Teanum, Cales ed a Casilinum, la moderna Capua, dove attraversava il Volturno e si immetteva nella Via Appia.

ACQUEDOTTO CLAUDIO
La distanza fra Roma e Casilinum era di 129 miglia con la Via Appia, 135 con la vecchia Via Latina passando per Venafro, e di 126 passando per la variante di Rufrae. Resti considerevoli della strada esistono nelle vicinanze di Roma; per le prime 40 miglia, fino a Compitum Anagninum, non è seguita da alcuna strada moderna, mentre in seguito il percorso è sostanzialmente lo stesso dell'autostrada.

Il tracciato della via subì, durante tutto il III sec. a.c., uno straordinario lavoro di rettificazione, lavoro reso ancor più complesso dalle notevoli asperità del terreno; basti pensare che il tratto da piazza Galeria fino a Grottaferrata è un unico rettifilo di ben 15 km, comprendente persino un viadotto alto 7 metri dove la strada incontrava il fosso dei Cessati Spiriti.
Gli ingegneri romani anticiparono di fatto il criterio delle moderne autostrade: arrivare il più rapidamente possibile alla meta finale (Capua), tralasciando le città che erano lungo il percorso.
Anagni, Frosinone, Cassino ecc. erano collegate alla via Latina attraverso diramazioni, così come avviene oggi con l'autostrada del Sole.
Il percorso complessivo della via Latina, da Roma a Capua, era lungo in origine 147 miglia (15 in più rispetto alla via Appia costruita da Appio Claudio), ma fu progressivamente rettificata fino a misurare 129 miglia (circa 191 km), addirittura tre miglia in meno rispetto alla via Appia; il cammino poteva essere effettuato da un viaggiatore comune, a piedi, in cinque giorni.

ACQUEDOTTO FELICE

Il percorso della via Latina, nonostante non abbia conservato lo stesso nome, oggi è ripercorso pari pari dalla Statale Casilina, e più recentemente dall’Autostrada del Sole. Dal punto terminale del percorso, Casilinum, nasce il nome medioevale della strada, Via Casilina. Alcuni tratti dell'antico tracciato sono ancora visibili nel parco degli acquedotti a Roma, all'altezza degli studi di Cinecittà e vicino all'Acquedotto Claudio.




I RITROVAMENTI


PARCO ARCHEOLOGICO DELLE TOMBE DI VIA LATINA

E' uno dei complessi archeologici di maggior rilievo dei sobborghi di Roma che conserva ancora intatto l’aspetto tradizionale dell’antica campagna romana, situato poco oltre l’incrocio tra Via Appia Nuova e Via dell’Arco di Travertino. Vi si conservano un tratto di circa 450 m dell’antica Via Latina, ancora pavimentata per un lungo tratto dell'antico basolato in selce, e su entrambi i lati numerosi monumenti funebri. La scoperta e gli scavi dell’area sono stati eseguiti tra il 1857 ed il 1858 da Lorenzo Fortunati, un insegnante appassionato d’archeologia. 


TOMBA DEI  VALERI
- Subito dopo l’ingresso, sulla destra della strada, si trova un sepolcro a dado di cui rimane il nucleo in calcestruzzo e tufo,

completamente spogliato dei suo originario rivestimento in marmo o travertino, con la targa
della scoperta del sito ad opera di Fortunati e dei successivi scavi intrapresi per volere di papa Pio IX.Sulla targa è inciso:

PIO IX PONTIFICI MAXIMO
XII KAL(endae) MAI(ae) AN(nus) CHR(isti) MDCCCLVIII...

Pio IX Pontefice Massimo
il 20 aprile dell'anno del Signore 1858.
Lo scopritore Lorenzo Fortunati,
devoto alla Sua Divinità e Maestà,
abile ricercatore,
la Basilica di Stefano Protomartire
di cui nei secoli sopravvisse il solo nome,
la via latina, sepolcri, colombari, cimiteri
e il resto di monumenti mozzati
tutti preservati dalla terra e portati alla luce del sole.

L’interesse del Papa fu conseguenza del rinvenimento della Basilica, il ché portò inevitabilmente all’estromissione del Fortunati dagli scavi nella zona dopo una breve disputa legale tra questi ed il papato, in quanto Fortunati cercò di far valere le leggi dell'epoca che gli davano tutti i diritti sui ritrovamenti; l’apposizione della lapide "a memoria" dei suoi primi scavi già l'anno successivo alla scoperta resero chiaro che i ritrovamenti dell'archeologo erano "storia" ma nulla di più avrebbe ottenuto.

- Il secondo monumento sulla destra della via è il Sepolcro dei Corneli o Barberini, così chiamato per la famiglia aristocratica ultima proprietaria dell’area, anche chiamato Sepolcro dei Corneli da una epigrafe oggi scomparsa ma riportata in un disegno del 1600 di Pirro Ligorio e riportante il nome L. Cornelius. I Barberini furono una ricca e potente famiglia originaria della Toscana che raggiunse l’apice del potere con Maffeo Barberini che dal 1623 al 1644 fu Papa Urbano VIII; furono fra i principali finanziatori delle splendide opere della Roma Barocca; purtroppo per i loro scopi saccheggiarono le opere dell’antichità, da cui il detto "ciò che non fu fatto dai Barbari fu fatto dai Barberini".  
Databile intorno al 160 d.c. presenta due piani sopraterra e una camera sepolcrale sotterranea, circondata da un corridoio, utilizzato anch’esso per sepolture e pavimentato a mosaico. All’esterno si conservano decorazioni architettoniche fittili in origine dipinte. L’interno era coperto da volte affrescate e stuccate. Si tratta di un sepolcro a Tempietto in laterizi policromi della seconda metà del II sec. d.c., con la virtuosa tecnica raggiunta nell’utilizzo del mattone, con mattoni rossi utilizzati per realizzare le mura e le semicolonne e mattoni gialli utilizzati per realizzare i capitelli corinzi le architravature che avvolgono l’edificio e le cornici delle finestre e della porta.
La camera sotterranea seminterrata è accessibile dall’esterno dell’edificio e prende aria dalle strette feritoie poste alla base del monumento; in questa camera venne rinvenuto il sarcofago "Barberini" raffigurante il mito di Protesilào e Laodamìa conservato ai Musei Vaticani; il piano terra ha l’ingresso sul lato dell’edificio opposto alla strada e dal piano terra si accedeva al primo piano tramite delle scalette interne di cui restano tracce sulla parete cui erano addossate; restano tracce del pavimento a mosaico del piano terra mentre il solaio del primo piano fu abbattuto nell’ottocento per utilizzare la struttura come fienile; restano tracce degli intonaci che ricoprivano le pareti interne e la volta a crociera del secondo piano.

- Poco dopo il sepolcro Barberini, sul lato sinistro della via si trova il sepolcro Fortunati, con una struttura a pianta quadrata e camera sepolcrale sotterranea, a cui si accedeva dalla via Latina tramite una scala a due rampe di gradini che conservano ancora tracce del rivestimento in lastre di marmo. Il sepolcro presenta una camera funeraria, coperta da volta a crociera, con nicchie per le olle cinerarie nelle pareti che presentano tracce di pitture con elementi vegetali e animali.

TOMBA DEI CORNELI
- Sepolcro a pilastro
Più avanti sulla strada si trovano altri resti minori di sepolcri tra cui sulla sinistra il nucleo in opera cementizia di un sepolcro a pilastro spogliato del suo rivestimento.

- Proseguendo sul tracciato della via Latina, che conserva in alcuni punti la pavimentazione basolata, sul lato destro si trova il Sepolcro dei Valeri, la cui struttura in elevato attualmente visibile fu costruita alla fine dell’800 impostandosi sulla muratura originaria al fine di salvaguardare gli intonaci e gli stucchi della camera sotterranea. L’edificio, in laterizio e databile all’inizio del regno di Marco Aurelio (160-170 d.c.), era preceduto da un ingresso monumentale. 
La parte superiore del sepolcro, destinata alle cerimonie e ai banchetti funebri, è stata completamente ricostruita tra il 1859 e il 1861. L’ingresso, anch’esso ricostruito, presenta due colonne di cui quella originale in marmo cipollino; accanto due scale conducono alla camera funeraria, formata da un atrio e da due camere opposte, entrambe coperte da volta a botte riccamente decorata con stucchi raffiguranti menadi, satiri, nereidi, animali marini fantastici, figure danzanti e una figura femminile velata, trasportata da un grifone, che simboleggia l’anima del defunto. 
Attorno al sepolcro sono i resti di una stazione di posta (mansio); si intuisce quale fosse lo spazio destinato al marciapiedi; si noti il passo carrabile realizzato all'ingresso della stazione di posta tra le due basi delle colonne, alla sinistra dell'ingresso alla tomba. All’ingresso dalla strada si notano le basi di due colonne che probabilmente sorregevano due statue e il selciato della strada che entra nell’area della stazione a realizzare una sorta di passo carrabile. Sul fianco e sul retro del sepolcro sono state rinvenute due cisterne per l’acqua ed una piscina con pavimento in mosaico; Il fatto che la stazione di sosta sorgesse a fianco al monumento funebre non deve apparire strano; probabilmente gli stessi proprietari della stazione di sosta avevano dato in concessione l’uso del loro terreno per costruire il sepolcro e si occupavano della manutenzione dello stesso.

- Sul lato destro della via poco prima della fine del Parco, si staglia la facciata del cosiddetto sepolcro Baccelli, tutto ciò che rimane di una tomba che era rimasta integra nell’alzato fino al 1959, quando crollò gran parte dell’edificio.
La struttura a tempietto del II secolo d.c., ha due piani in laterizio con cornici, mensole ed architrave decorati, il piano terra per i riti funebri e una parte sopraelevata, e due camere funerarie sotterranee, attualmente non accessibili. Il sepolcro fu utilizzato nel XVI sec. come chiesa; di questo si conserva ora solo la facciata, essendo il resto crollato nel 1959.

INTERNO DELLA TOMBA
- Di fronte al Sepolcro dei Valeri si trova il Sepolcro dei Pancrazi, tomba in opera reticolata con ricorsi in laterizio, del tipo a tempietto, collocabile in età adrianea (117-138 d.c.) così chiamato per il riferimento all’iscrizione che cita il collegio funerario dei “Pancratii”, posta sulla fronte di un sarcofago di coniugi all’interno della prima sala ipogea. L’ambiente all’altezza del piano di calpestio, diviso in due camere, presenta dei pavimenti a mosaici in bianco e nero con scene marine, di epoca più tarda.
Di questo si conserva la sola camera sotterranea; venne scoperta dal Fortunati e per questo è arrivata a noi ancora integra; ma l’accesso creato dal Fortunati a provocò anche l’ingresso dell’acqua che aveva cominciato a distruggere i fregi della camera; per questo è stato costruito nell’ottocento l’edificio che ora portegge il sito. 
All’interno della camera vennero rinvenuti svariati sarcofagi (otto?); uno di questi riporta la scritta Pancratii, che ha dato il nome al sepolcro; questo sarcofago, del tipo strigilato e databile al III-IV secolo d.c., è ancora nel sito in quanto venne posto lì prima di costruire il sepolcro, ed è troppo grande per poter passare attraverso i varchi della camera, tanto che gli stessi ingegneri vaticani rinunciarono a portarlo via; gli altri sarcofagi si trovano ai Musei Vaticani.
Il pavimento della camera sepolcrale è in mosaico bianco e nero; lo stesso pavimento fu posto in opera con il sarcofago "inamovibile" già presente come si deduce da alcuni difetti nella messa in opera; i reperti più interessanti del sito riguardano gli stupendi stucchi ed affreschi della volta a crociera e della parte superiore delle pareti della camera.

La volta a crociera della camera è decorata con pitture e stucchi policromi, in buono stato di conservazione, raffiguranti diversi episodi mitologici. Completano la decorazione moltissime figurine di animali, satiri, menadi, amorini ed elementi vegetali. La ricchezza della decorazione e dei sarcofagi presenti nel sepolcro ha fatto ipotizzare che questo fosse di proprietà di personaggi di alto rango.

- Sulla sinistra accanto al sepolcro dei Pancrazi si trova il sepolcro Circolare di cui si conserva la sola parte sotterranea.
- Ultimo sepolcro visibile al lato sinistro della strada è quello dei Calpurni: racchiuso entro un recinto, è composto da un’unica camera sotterranea, coperta da una volta a crociera, che conserva tracce dell’originario rivestimento in intonaco e stucco; sul muro si aprono arcosoli per ospitare i sarcofagi.

- Villa di Demetriade e Basilica di Santo Stefano Protomartire
Nell’area alle spalle del sepolcro dei Pancrazi emergono i resti di una grande villa realizzata alla fine del I secolo d.c. e abitata sino agli inizi del VI sec. quando Demetriade, discendente della famiglia degli Anicii, fece erigere in un settore della villa una basilica dedicata a S. Stefano Protomartire, meta di pellegrinaggi ancora sino al XIII secolo, i cui resti sono tuttora parzialmente visibili.

La villa, scavata dal Fortunati e poi reinterrata; venne parzialmente distrutta dalla costruzione di un campo di calcio nel 1964; era disposta su terrazzamenti successivi del terreno e se ne conservano pochi resti quali le murature di un’ampia cisterna; moltissimi reperti quali pezzi di stucchi e statue sono stati portati ai Musei Vaticani. La villa risale al I - II secolo d.C. con successive ristrutturazioni; intorno alla metà del V secolo la proprietaria del complesso Demetriade, in accordo con il papa Urbano IV, vi costruì la Basilicadedicata a Santo Stefano Protomartire e dedicò quindi la villa a luogo di culto cristiano.Della Basilica posta al centro della villa si conservano discreti resti: il battistero, l’abside dietro l’altare, la camera al di sotto dell’altare e resti delle colonne a capitelli corinzi delle tre navate; al momento è possibile vedere il sito da via di Demetriade, dall'esterno del parco.



TRA VICOLO MANDRIONE E TUSCOLANA

Nei disterri occorsi per la costruzione della ferrovia de' Castelli romani, fra il vicolo del Mandrione e la Tusculana, attraverso il giruppo dei grandi acquedotti, sono avvenuti ritrovamenti di importanza non comune.

VIA DEL MANDRIONE
Scendendo da ponente verso oriente, ossia in direzione della città, s'incontrano da prima i piloni della Claudia e dell'Amene Nuovo, dei quali sono state ritrovate le fondamenta in opera quadra di sperone, con sustrato di opera a sacco. Queste fondamenta, sfiorate di sbieco dal taglio per la ferrovia, rimarranno visibili sull'una e sull'altra scarpata. 
Segue, a contatto delle arenazioni, ma dalla parte di oriente, un'antica strada, ben selciata a pentagoni basaltini, e profonda m. 1,30 sotto l'odierno piano di campagna. La strada è larga m. 3,80, corrispondenti a  13 piedi, e segna la zona di servitù dell'acquedotto. Nell'intervallo fra la strada e le arcuazioni della Marcia, Tepula e Giulia, che è largo m. 26,40, furono dissepolte sei tombe a cassettone, coperte alla cappuccina con tegoli battentati, marcati quasi tutti col noto bollo: 
OP DOL EX PRAED LVCILL VERI ■/////// (I),
salvo uno che porta l'impronta rotonda :
EX PRAED AVGVSTOR OPVS DOL
sic EX FIO OCFANIS HERMETIANI
sic ET VRIBCI
Gli scheletri uon avevano distintivo di sorta, né lucerna né ampolla, né moneta.

Segueno i piloni della Marcia, Tepula e Giulia, uno dei quali, non era altrimenti visibile prima di questi lavori ferroviari. Sarà mantenuto nella scarpata a destra. Consta di soli tre ordini di pietre poggiate sul suolo vergine. Alla distanza di 200 m, sempre verso levante, si è scoperta nel fondo della trincea la sommità di uno speco ampio e ben costruito. Può essere quello dell'Auiene vetere, ma non è possibile riconoscere il vero senza un saggio di esplorazione fatto espressamente.



PRESSO CROCEVIA CON L'ACQUASANTA

Nel taglio presso la via Latina sarebbero state ritrovati a fior di terra due mezzani bronzi di Antonino Pio e di Severo Alessandro.

Presso il crocevia dell'Acquasanta sono state scoperte:
- sei anfore, ridotte in frantumi
- due tubi di terracotta, saldati a stucco, del diam. di m. 0,16;
- quattro lucerne lisce ed una col rilievo di un eaue in corsa;
- due frammenti di puilvini a foglie di lauro.



PORTAFURBA

La ferrovia direttissima Roma Napoli, tronco Roma Segni, lascia la sede attuale (Roma-Ciampiuo) poco oltre il casello di Porta Furba, e piegando verso ponente, attraversa diagonalmente l'acquedotto Felice (Marcia Tepula Giulia), la via Latina coi suoi sepolcri, la marrana mariana, e finalmente l'acquedotto della Claudia ed Anione nuovo. Proseguendo quindi il corso rettilineo attraverso le tenute di Roma vecchia, Capannello, Posticciola e Frattoccliie, cade nella vecchia linea alla stazione di Ciampino.
Nei lavori intrapresi da poco, sul tratto che va dalla Porta Furba al gruppo degli aquedotti, sono avvenute le seguenti scoperte.

PORTA FURBA
A m. 15.5 prima di giungere all'acquedotto Felice sono apparse costruzioni, o meglio fondamenta di costruzioni, conosciute nelle mappe del suburbio sotto il nomo di Ruderi delle Vinacce. Tutti i muri sono rasi al piano del suolo, di maniera che non è possibile giudicare a quale edifizio appartengano: probabilmente a case coloniche, dipendenti dalla villa nobilissima delle vinaccie. Vi sono traccio di pavimenti a spica, di signino: come pure di pareti e di piani costruiti per intero con pezzi di concrezioni calcari alabastrine distaccate dall'alveo dei vicini acquedotti. Non vi ho trovato bolli ili mattone o altra memoria scritta o graffita. 

I soli oggetti ricuperati sono:
- un orologio solare marmoreo ben conservato;
- un pilastro scanalato coi canaletti pieni e vuoti;
- un rocchio di colonna,
- un torso di statuetta virile ignuda ad un terzo del vero.
Le fondamenta dei furnici della Miirria seno tuttavia nascoste dal terrapieno.

Sempre nel sito di via Latina furono ricuperati:

- uua fìgura acefala di fanciullo con la bulla appesa ad una larga fettuccia;
- un frammento di lastra marmorea con  incavo,  come di suola di sandalo, e che in origine doveva essere riempito con mosaico ;
- una nuca di busto muliebre con istrana acconciatura;
- un pezzo di cornice finamente intagliata.
- Nel taglio attraverso la linea della Claudia sono tornate in luce le fondamenta di tre piloni, con un solo ordine di pietre per ciascimo. Il suolo circostante è composto in gran parte di tartari alabastrini, prodotti dalle infiltrazioni dell'Anione nuovo.

FONTANA A CLEMENTE XII
- Il selciato della via Latina è tornato in luce a metà di distanza fra le arcuazioni della Marcia e della Claudia : è largo m. 3,8 : limitato da crepidine ed angusto marciapiede di terriccio battuto, al di là del quale sorgono i piantati dei sepolcri.

- Si è scoperta, sul lato sinistro, una fossa murata con muri a strati alterni di tufo e mattoni; lunga m. 2,20 larga m. 0,50 profonda m. 1,80. Vi erano stati gettati alla rinfusa circa 40 pezzi di un sarcofago marmoreo, che credo potrà ricomporsi per intero. Il sarcofago, di eccellente fattura, ha le testate rotonde, il corpo baccellato; e mostra nella fronte un clipeo di m. 0,40 di diametro con busto muliebre di tipo mammeiano.
- Segue un secondo cassettone di muro, alle due testate del quale stavano posti verticalmente due pezzi di travertino intagliati a guisa di pulvini.
- A m. 4,40 verso nord si è scoperto nel proprio luogo un cippo di travertino, terminato a semicerchio, alto m. U,7(), lungo m. 0,25 e contenente questa memoria:
dIs MANIBVS CLAVDIAE DONATAE V-AXXXVIII

- inoltre, fra la terra di scarico, è apparso uu frammento di sarcofago baccellato, con cartello scorniciato. Dalla parte opposta della strada sono stati scoperti ruderi forse di un sepolcro, forse di un tempietto, o di edicola, con basi attiche di marmo senza plinto, tegole e canali pure di marmo con antefisse ornate dì nascimenti e fave di fine intaglio, capitelli ionici, lastroni di bianco e di giallo ecc.


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