GLI SCAVI DI HERDONIA |
La Daunia, posta nella parte settentrionale della Puglia, insieme alla Peucezia (da cui è separata dalla valle dell'Ofanto) e alla Messapia (Murgia meridionale e Salento), costituiva la Japigia o Apulia. Essa comprende il Tavoliere delle Puglie, il Gargano e i Monti Dauni.
Gli storici greci, identificavano spesso la Japigia con la sola Messapia, sia perché gli Japigi parlavano il messapico, sia perché rimandavano l'origine di questo popolo al figlio di Dedalo, Iapige, che guidò i cretesi fino a stabilirsi nei pressi di Taranto.
Con l'occupazione romana fu istituita la Regio II Apulia et Calabria, che includeva un territorio appena più esteso dell'attuale regione: solo in seguito il toponimo Apulia sarebbe stato adottato per designare anche la penisola salentina.
LA DAUNIA
La Daunia subì diverse dominazioni tra cui i Greci, da cui presero parte della loro mitologia e da cui deriverebbe il suo nome. Infatti fu l’eroe Dauno, figlio del re dell’Arcadia Licaone, che sarebbe giunto in Puglia dando origine alla stirpe che da lui prende il nome, i Dauni.
Dall'VIII secolo a.c. la Daunia ebbe scambi commerciali e culturali con l'area campana, ma subì gli influssi della civiltà greca e della Magna Grecia solo dalla fine del V e inizio IV secolo a.c.
TRAPEZOPHORO - ASCOLI SATRIANO (FOGGIA) |
LA DAUNIA
La Daunia subì diverse dominazioni tra cui i Greci, da cui presero parte della loro mitologia e da cui deriverebbe il suo nome. Infatti fu l’eroe Dauno, figlio del re dell’Arcadia Licaone, che sarebbe giunto in Puglia dando origine alla stirpe che da lui prende il nome, i Dauni.
VASO DAUNIO |
L'ellenizzazione della Daunia fu accentuata da Alessandro I re dell'Epiro durante la sua campagna militare in Italia nel 333-334 a.c. ma poi la Daunia subì l'influenza oscia ad opera dei Sanniti che scendevano dall'Appennino.
Infine ebbe nuovi influssi dalla Campania dopo la penetrazione romana nella regione a partire dal 327 e a causa de molteplici culture con cui fu in contatto, la Daunia riuscì a sviluppare una sua ricca e particolare cultura.
Durante le Guerre puniche i Dauni e altri popoli italici si schierarono con i Romani, ma passarono dalla parte dei Cartaginesi dopo la sconfitta alla battaglia di Canne nel 216 a.c., tradimento che pagarono col dominio assoluto di Roma.
Di questa fantastica civiltà di cui conserviamo splendidi resti, a cominciare dal Trapezophoro in marmo policromo, rinvenuto ad Ascoli Satriano (FG), o dal marmoreo ed elegantissimo vaso Daunio qua sopra, ha misteriosi risvolti non ancora del tutto spiegati, specie se andiamo a vedere i famosi vasi di Canosa, reperiti appunto nella necropoli della Canosa Daunia, in cui Bachofen riscontrò un gradi di evoluzione spirituale difficilmente riscontrata altrove.
HERDONIA
Già centro Daunio e greco e poi romano nel I secolo a.c., divenne municipio romano e si sviluppò soprattutto tra il I e il III sec. d.c. in seguito alla costruzione della via Traiana.
Questo importante centro dauno e successivamente città romana, è stata oggetto di numerose campagne di scavo da parte dell'équipe belga diretta dal Prof. J. Mertens dal 1962, ma vi è una dolorosa quanto necessaria premessa da fare:
Di questa fantastica civiltà di cui conserviamo splendidi resti, a cominciare dal Trapezophoro in marmo policromo, rinvenuto ad Ascoli Satriano (FG), o dal marmoreo ed elegantissimo vaso Daunio qua sopra, ha misteriosi risvolti non ancora del tutto spiegati, specie se andiamo a vedere i famosi vasi di Canosa, reperiti appunto nella necropoli della Canosa Daunia, in cui Bachofen riscontrò un gradi di evoluzione spirituale difficilmente riscontrata altrove.
RICOSTRUZIONE DI HERDONIA ( Autore: www.archeologiadigitale.it ) |
HERDONIA
Già centro Daunio e greco e poi romano nel I secolo a.c., divenne municipio romano e si sviluppò soprattutto tra il I e il III sec. d.c. in seguito alla costruzione della via Traiana.
Questo importante centro dauno e successivamente città romana, è stata oggetto di numerose campagne di scavo da parte dell'équipe belga diretta dal Prof. J. Mertens dal 1962, ma vi è una dolorosa quanto necessaria premessa da fare:
"L’antica città romana di Herdonia (Ordona, provincia di Foggia, in Puglia), situata nella periferia di Ordona, è stata ormai abbandonata dalle istituzioni. Infatti, l’ultimo studio attuato sul sito risale al 2000.
L’area archeologica di Herdonia vanta più di cinquant’anni di studi e scavi: i primi ad arrivare sul sito furono ricercatori belgi diretti dal professore Joseph Mertens, poi si aggiunsero le Università di Bari e di Foggia, condotti dal professore Giuliano Volpe.
Scoperta negli anni sessanta, dopo cinquant’anni di scavi sistematici, la ricerca ha raggiunto e consolidato le linee di conoscenza del sito antico ed è matura, oggi, per essere proposta ad un pubblico più vasto.
Tale risultato è stato raggiunto attraverso le ricerche del cantiere-scuola messo in atto dalle Università di Bari e Foggia, Leuven (Belgio) e il comune di Ordona, mettendo a disposizione delle università una sede con alloggi, mense, laboratori e facendo del cantiere-scuola uno specifico luogo per la didattica archeologica sul campo affiancata da progetti di ricerca scientifica.
Il progetto ha permesso di effettuare sia gli scavi sull’antica città che, su scala estensiva, sull’intero territorio herdoniate: interventi sia conservativi per la valorizzazione dell’intero comprensorio, sia divulgativi con la realizzazione di itinerari e l’apposita comunicazione visiva a tema nella città antica.
(Da Domenico Margiotta -13 Gen 2016)
TEMPIO A |
Scoperta negli anni sessanta, dopo cinquant’anni di scavi sistematici, la ricerca ha raggiunto e consolidato le linee di conoscenza del sito antico ed è matura, oggi, per essere proposta ad un pubblico più vasto.
Il territorio sembra allargarsi di anno in anno, tanto da non riuscire a quantificare gli effettivi ettari che custodiscono, di fatto, l’antico patrimonio.
La maggior parte dei terreni è stata espropriata, ma resta ancora ricoperta di terra, erbacce e rifiuti. La zona visibile è di proprietà privata, appartenente alla famiglia Cacciaguerra ma nonostante ciò, non tutti i resti rinvenuti possono essere ritenuti di dominio della famiglia.
La maggior parte dei terreni è stata espropriata, ma resta ancora ricoperta di terra, erbacce e rifiuti. La zona visibile è di proprietà privata, appartenente alla famiglia Cacciaguerra ma nonostante ciò, non tutti i resti rinvenuti possono essere ritenuti di dominio della famiglia.
In effetti, i resti scoperti dai ricercatori sono di proprietà del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, anche se, come lamentano in molti, sono ormai più di dieci anni che il MiBAC non mostra più interesse per l’intera area, lasciando al degrado tutti i preziosi beni scoperti, dalle terme al mercato ittico, fino all’importante via Traiana.
Oggi è possibile ammirare i resti del foro e di importanti edifici come la Basilica, le Terme, il Macellum e alcuni tratti dell'antica strada romana: la Via Traiana, realizzata dall'Imperatore Traiano nel 109 d.c. per collegare Benevento a Brindisi, in alternativa alla Via Appia, divenne rapidamente la più importante strada per l'attraversamento della Puglia.
Oggi è possibile ammirare i resti del foro e di importanti edifici come la Basilica, le Terme, il Macellum e alcuni tratti dell'antica strada romana: la Via Traiana, realizzata dall'Imperatore Traiano nel 109 d.c. per collegare Benevento a Brindisi, in alternativa alla Via Appia, divenne rapidamente la più importante strada per l'attraversamento della Puglia.
IL MACELLO |
Il progetto ha permesso di effettuare sia gli scavi sull’antica città che, su scala estensiva, sull’intero territorio herdoniate: interventi sia conservativi per la valorizzazione dell’intero comprensorio, sia divulgativi con la realizzazione di itinerari e l’apposita comunicazione visiva a tema nella città antica.
A prendersi cura di tutto questo è la signora Ambretta Cacciaguerra che svolge il ruolo di custode, guida e promotore del sito archeologico, allestendo perfino stand alle fiere dedicate all’archeologia: “Il sito, da quando non hanno più rilasciato la concessione di scavo, è abbastanza abbandonato.
Viene pulito a spese nostre con la collaborazione di volontari del Movimento Cittadino di Ordona e altri, però si vede che manca la parte dell’archeologo. Spero soprattutto che se si dovesse fare un esproprio ci sia un progetto valido non solo di restauro ma anche di fruizione, che è la cosa più importante”.
Viene pulito a spese nostre con la collaborazione di volontari del Movimento Cittadino di Ordona e altri, però si vede che manca la parte dell’archeologo. Spero soprattutto che se si dovesse fare un esproprio ci sia un progetto valido non solo di restauro ma anche di fruizione, che è la cosa più importante”.
STELE DAUNIA |
LA STELE DAUNIA
La stele daunia risale al VII – VI secolo a.c., recentemente riportata a casa grazie ad una raccolta fondi coordinata dalla Fondazione Apulia Felix e dal suo Presidente Giuliano Volpe, che ha permesso di acquistare il prezioso reperto al’asta della casa Bertolami. Il museo che ospita la stele Daunia sorge a pochi metri dall’area archeologica di Herdonia che comprende gran parte dell’antica città.
Queste stele, che possono raggiungere l’altezza di oltre un metro, hanno sembianze antropomorfe e sono costituite da un “corpo”, ricavato da una lastra di pietra, e da una “testa”, la cui forma stilizzata cuneiforme contribuisce all’originalità di questa espressione artistica. La testa è in alcuni casi parte integrante del medesimo blocco litico, mentre in altri veniva costruita separatamente e quindi applicata sul corpo.
La stele daunia risale al VII – VI secolo a.c., recentemente riportata a casa grazie ad una raccolta fondi coordinata dalla Fondazione Apulia Felix e dal suo Presidente Giuliano Volpe, che ha permesso di acquistare il prezioso reperto al’asta della casa Bertolami. Il museo che ospita la stele Daunia sorge a pochi metri dall’area archeologica di Herdonia che comprende gran parte dell’antica città.
Queste stele, che possono raggiungere l’altezza di oltre un metro, hanno sembianze antropomorfe e sono costituite da un “corpo”, ricavato da una lastra di pietra, e da una “testa”, la cui forma stilizzata cuneiforme contribuisce all’originalità di questa espressione artistica. La testa è in alcuni casi parte integrante del medesimo blocco litico, mentre in altri veniva costruita separatamente e quindi applicata sul corpo.
Nessuna di queste stele è finora stata trovata in sito, e molte furono riutilizzate come materiale da costruzione – addirittura già dal VI secolo a.c., pervenute in forme spesso frammentarie. Alcune presentano ancora traccia di colore, poichè oltre ad essere scolpite, venivano dipinte.
« - Primo: nessuno dei monumenti è stato trovato in un contesto comprovante la funzione sepolcrale originaria (tranne due rari casi di successivo riutilizzo).
- Secondo: soltanto due zone hanno restituito un numero significativo di stele, mentre se fossero state effigi di morti importanti le avremmo trovate in tutte le necropoli daunie. Ogni città Daunia avrebbe dedicato sculture funerarie ai suoi prestigiosi cittadini.
- Terzo: tutte le stele riproducono solo due entità specialissime, una maschile e l’altra femminile, piuttosto da collegare al pantheon daunio.
- Quarto: le sculture maschili sono numericamente molto inferiori rispetto a quelle femminili; e questo è strano, dal momento che i guerrieri sono più esposti alla morte.
- Quinto ed ultimo punto importante è che nessuno si è mai chiesto: “Dove hanno raffigurato, i Dauni, le loro divinità?” Ancora oggi, e non senza pigrizia intellettuale, molti continuano ad insistere sulla teoria funeraria e a riproporre acriticamente gli assiomi del Ferri privi di fondamento contestuale.»
(Maria Laura Leone, in «Oppio. “Papaver Somniferum”, la pianta sacra ai Dauni delle stele»)
L’archeologa pugliese Laura Leone (1995-96) vede il grafema sferoidale come un simbolo grafico del papavero da oppio, e nelle scene delle stele sarebbero raffigurati emblemi, mitologie e momenti di un culto magico-terapeutico incentrato sull’utilizzo di questa pianta dalle proprietà antidolorifiche, narcotiche e visionarie.
La traduzione del grafema circolare col papavero da oppio ha dato una rilettura alle scene delle stele. I bastoni-scettro agitati nelle scene rituali-terapeutiche, le olle sacrificali portate sulla testa delle donne in processione, le figure femminili con la testa a forma di “capsula” e ben radicate nel terreno – che la Leone vede come divinità del papavero da oppio – nonchè i guaritori e più spesso guaritrici che offrono un vaso medicinale a individui dolenti e ammalati, trovano qui una giustificazione , tenendo conto delle proprietà medicinali del papavero da oppio, soprattutto per lenire il dolore fisico.
SCENE COL PAPAVERO DA OPPIO |
La traduzione del grafema circolare col papavero da oppio ha dato una rilettura alle scene delle stele. I bastoni-scettro agitati nelle scene rituali-terapeutiche, le olle sacrificali portate sulla testa delle donne in processione, le figure femminili con la testa a forma di “capsula” e ben radicate nel terreno – che la Leone vede come divinità del papavero da oppio – nonchè i guaritori e più spesso guaritrici che offrono un vaso medicinale a individui dolenti e ammalati, trovano qui una giustificazione , tenendo conto delle proprietà medicinali del papavero da oppio, soprattutto per lenire il dolore fisico.
IL SITO ARCHEOLOGICO
Herdonia è anche nota come “la Pompei della Puglia”. Infatti le prime tracce di vita nel territorio risalgono all’epoca neolitica, mentre si datano all’età del Bronzo alcuni resti di capanne. Sono stati rinvenuti vari nuclei abitativi sparsi nel territorio, con case e tombe, a testimonianza della più ampia occupazione del territorio tra la prima età del Ferro e l’età Arcaica.
Herdonia è anche nota come “la Pompei della Puglia”. Infatti le prime tracce di vita nel territorio risalgono all’epoca neolitica, mentre si datano all’età del Bronzo alcuni resti di capanne. Sono stati rinvenuti vari nuclei abitativi sparsi nel territorio, con case e tombe, a testimonianza della più ampia occupazione del territorio tra la prima età del Ferro e l’età Arcaica.
LE TERME |
È chiaramente visibile la piazza del foro circondata dalle botteghe su tre lati. Del foro fanno parte anche i resti di due templi del macellum, di una Basilica, del Capitolium e di una villa rustica, scoperta di recente.
Sono visibili le mura perimetrali e sul lato ovest i resti della porta principale fiancheggiata da torri quadrate, con rivestimenti in opus reticulatum. Nella zona centrale si trovano un complesso di costruzioni in laterizio e opus reticolatum,
A nord est troviamo i resti di un piccolo anfiteatro.
L’anfiteatro venne smantellato in età tardoantica (IV-VI d.c.), quando il cristianesimo proibì la maggior parte degli spettacoli, per cui gli ingressi furono trasformati in abitazioni. Tra le sue rovine fu sepolto negli anni 1020-1030 un tesoretto di 148 monete d’oro di tipo musulmano e una bizantina contenute in una brocchetta.
Venne costruita alla fine del I a.c. - inizio I secolo d.c.; fu abbandonata, forse in seguito ad un terremoto, nel IV secolo. Successivamente (IV-VI d.c.) furono ricavate alcune case-botteghe e un vano absidato. Ancor più tardi (VI-VII d.c.) lo spazio fu occupato da tombe e poi in età medievale (XII-XIV) da alcune abitazioni.
Sono visibili le mura perimetrali e sul lato ovest i resti della porta principale fiancheggiata da torri quadrate, con rivestimenti in opus reticulatum. Nella zona centrale si trovano un complesso di costruzioni in laterizio e opus reticolatum,
A nord est troviamo i resti di un piccolo anfiteatro.
ANFITEATRO |
L'ANFITEATRO
L’anfiteatro è oggi documentato solo da un'ampia cavità, notata già dai viaggiatori del XVIII secolo e solo in parte oggetto di scavo archeologico. Posto nei pressi delle mura della città romana, fu realizzato sfruttando il fossato esterno alla cinta muraria. Ha forma di ellissi (m 74 x 59 circa) ed è delimitato da un muro esterno, lungo m 215, in opera reticolata, in parte ancora visibile.
L’anfiteatro è oggi documentato solo da un'ampia cavità, notata già dai viaggiatori del XVIII secolo e solo in parte oggetto di scavo archeologico. Posto nei pressi delle mura della città romana, fu realizzato sfruttando il fossato esterno alla cinta muraria. Ha forma di ellissi (m 74 x 59 circa) ed è delimitato da un muro esterno, lungo m 215, in opera reticolata, in parte ancora visibile.
Venne realizzato nel I secolo d.c., ma nel II d.c. venne restaurato, ingrandito e abbellito. L'edificio aveva due ingressi posti sull'asse principale, che consentivano l'accesso alle gradinate, di cui non restano tracce e che molto probabilmente vennero utilizzate per altri edifici. È difficile ricostruire l'altezza originaria del muro di cinta e il numero di gradinate, e quindi anche la presumibile capienza. Agli spettacoli (giochi gladiatorii, lotte con animali, ecc.) prendevano parte spettatori provenienti non solo dalla città ma anche dalle campagne circostanti.
L’anfiteatro venne smantellato in età tardoantica (IV-VI d.c.), quando il cristianesimo proibì la maggior parte degli spettacoli, per cui gli ingressi furono trasformati in abitazioni. Tra le sue rovine fu sepolto negli anni 1020-1030 un tesoretto di 148 monete d’oro di tipo musulmano e una bizantina contenute in una brocchetta.
LA BASILICA
La basilica si apriva sulla piazza del foro, ed era uno dei più importanti luoghi per la vita cittadina: si amministrava la giustizia, si tenevano riunioni e si svolgevano gli affari. È costituito da una grande aula rettangolare (m 42 x 26 circa) divisa all’interno da venti colonne che delimitano un ampio spazio centrale; restano le basi e i bei capitelli di stile ionizzante in pietra calcarea.
Le colonne, alte originariamente circa 7 m e realizzate in mattoni con rivestimento di stucco, non si sono conservate. I muri, in “opera incerta quasi reticolata”, con filari di tegole e pilastri di mattoni, erano rivestiti da intonaco dipinto, di cui restano alcuni lembi. Sul lato opposto al foro si apre una sala rettangolare, sul cui fondo è una base per una statua: in un primo momento in un ambiente sotterraneo era forse conservata la cassa cittadina.
All’esterno delle mura si estende una vasta necropoli in cui sono stati rinvenuti diversi esempi di ceramica daunia conservati nei musei di Foggia, Bari e Taranto.
È stato inoltre riportato in luce un vasto complesso termale articolato in ambienti caldi e freddi, riccamente decorati. All’estremità settentrionale si conservano le tracce di una chiesa altomedievale poi trasformata, in epoca svevo-angioina, in castello circondato da un fossato.
Sappiamo che l’insediamento daunio che si estendeva su di una superficie di 600 ettari, mentre l’insediamento risalente ad epoca romana è molto più circoscritto rispetto al precedente, ma molto più ricco di vestigia, quali il Foro, la Basilica, il Macello, la Via Traiana.
È stato inoltre riportato in luce un vasto complesso termale articolato in ambienti caldi e freddi, riccamente decorati. All’estremità settentrionale si conservano le tracce di una chiesa altomedievale poi trasformata, in epoca svevo-angioina, in castello circondato da un fossato.
Sappiamo che l’insediamento daunio che si estendeva su di una superficie di 600 ettari, mentre l’insediamento risalente ad epoca romana è molto più circoscritto rispetto al precedente, ma molto più ricco di vestigia, quali il Foro, la Basilica, il Macello, la Via Traiana.
Tutt'intorno si individuano tratti delle mura e del piccolo anfiteatro; verso la ferrovia si nota l'acropoli, da dove si scorgono i ruderi del ponte romano sull'antico alveo del Carapelle. Colpiscono i capitelli privi di colonne, perché erano fatte con mattoni, che non furono pertanto difficili da abbattere per la sorgente iconoclastia cristiana.
IL RICAMO PIU' ANTICO D'ITALIAE' stato rinvenuto a Herdania ovvero “I ricami del guerriero“. Un’operazione condotta in sinergia con la Soprintendenza Archeologia della Puglia.
Nel 2012, nella necropoli daunia in contrada Cavallerizza, emergono due tombe a fossa d’inizio IV secolo a.c. La prima è di una donna ed è quasi spoglia ma la seconda, pur già depredata conserva i resti di un uomo tra i 30 e i 35 anni, un guerriero di alto rango con una schiera di ceramiche a geometrie colorate tipicamente daunie, una panoplia e diverse armi.
Ma l’elenco dei reperti dei reperti è lungo: 70 frammenti di tessuto, 29 lignei, 250 di lamine bronzee, 4 manufatti torniti. E’ servito un anno di lavoro, ma infine dal drappo in lana si è manifestata una panoplia da parata con il bordo ricamato con fili di lino. I ricami del guerriero di Herdonia sono i più antichi mai recuperati in Italia”.
Comunque nel 2000 gli scavi sono stati improvvisamente interrotti: stato e proprietari dell’area non hanno ancora trovato un accordo sul prezzo di esproprio dell’area. In tutta fretta, molti monumenti sono stati nuovamente sepolti non potendone garantire il restauro e la conservazione, altri, privi di recinzione, versano in stato di totale abbandono.
Si tratta di 147 monete tarì d’oro e di un solido bizantino, riportati in superficie durante uno scavo archeologico nel 1965 e attualmente conservati presso i depositi del Museo tarantino senza mai essere stati esposti. Il tesoretto sarà esposto prima in via temporanea in un percorso relativo all’epoca tardo-antica, poi troverà una degna collocazione permanente nel museo.
Comunque nel 2000 gli scavi sono stati improvvisamente interrotti: stato e proprietari dell’area non hanno ancora trovato un accordo sul prezzo di esproprio dell’area. In tutta fretta, molti monumenti sono stati nuovamente sepolti non potendone garantire il restauro e la conservazione, altri, privi di recinzione, versano in stato di totale abbandono.
IL TESORETTO |
IL TESORETTO DI HERDONIA
Si tratta di 147 monete tarì d’oro e di un solido bizantino, riportati in superficie durante uno scavo archeologico nel 1965 e attualmente conservati presso i depositi del Museo tarantino senza mai essere stati esposti. Il tesoretto sarà esposto prima in via temporanea in un percorso relativo all’epoca tardo-antica, poi troverà una degna collocazione permanente nel museo.
Per ora, quindi, non arriverà all’HERMA (Museo archeologico comunale di Herdonia) di recente apertura, a pochi passi da dove sono emerse queste ricchezze, ma comunque si tratta di un discreto traguardo. C'è però da tener conto che spesso le mostre italiane all'estero vi permangono per anni e anni, perchè si guadagna di più a portarle negli altri musei che tenerli nei nostri musei.