Dea dell'Iniziativa, dell'Intraprendenza e dell'Industria, era annoverata tra gli Dei indigetis, cioè originari del suolo italico. Era venerata dai romani anche col nome di Strenua (la forte) e aveva un tempio sull'Aventino, zona per eccellenza industriosa e plebea. Agenoria è infatti una Dea romana dell'attività (actus), il cui nome deriverebbe dal verbo latino, agere, egi, actum, "fare, guidare, andare".
È nominata solo da Sant'Agostino, che la colloca tra le divinità che si occupano dell'infanzia. È quindi una delle Dee che accresce le capacità bambino, facendolo camminare, cantare, ragionare, leggere e contare.
E' lo studioso Wilhelm Heinrich Roscher a includere Agenoria tra gli indigitamenta, la lista delle divinità gestite dai sacerdoti romani per assicurare che la corretta divinità sia stata invocata nei vari rituali. Essendole dedicato un tempio significa che la Dea aveva la sua importanza, sia per le madri che dovevano farle offerte per il bene dei figlioletti, sia per gli artigiani o imprenditori che affollavano la zona.
Allegoria rinascimentale
Allegoria rinascimentale
Pur non essendo così famosa, Agenoria è il personaggio principale del primo dei quattro apologhi latini (storie o favole allegoriche tese ad un fine morale o istruttivo) scritti nel 1497 dall'umanista italiano Pandolfo Collenuccio in onore di Ercole II d'Este, duca di Ferrara.
All'epoca andavano molto di moda le allegorie romane tese all'elogio del Signore delle terre e del suo regno.
All'epoca andavano molto di moda le allegorie romane tese all'elogio del Signore delle terre e del suo regno.
La finzione allegorica Agenoria, ispirata alle allegorie di Luciano di Samosata (125 d.c. - oltre il 180 d.c), inizia con il fidanzamento di Inertia a Labour, i cui doni nuziali di animali da fattoria e attrezzi da lavoro provocano la rottura tra i due.
Allegoria romana
Labour sposa allora Agenoria (attività), e al loro matrimonio partecipano una serie di altre personificazioni, tra cui Ubertas (Abbondanza) e Voluptas (Piacere), la cui presenza suscita la violenza di Inertia e dei suoi seguaci. La società virtuosa di Agenoria e Labour sta per essere irrimediabilmente sconfitta ma l'intervento divino di Giove rimette tutto in ordine.
Uno degli invitati al matrimonio, Politia (cioè la civiltà della polis), fa l'elogio ai contributi alla società umana operati da Labour, Agenoria e dalle altre virtù. Giove asserisce che Agenoria è sotto la sua protezione divina.
L'allegoria era un sistema di racconto molto in voga dai romani, facile da comprendere e da seguire, incoraggiato anche da Augusto che molto teneva ai costumi morali del suo popolo, nonchè ai sani costumi degli avi. Per la stessa ragione, onde cioè far ritrovare ai romani le proprie radici, Augusto restaurò o ripristinò gli antichi templi degli antichi Dei, tra cui quello di Agenoria. La Dea venne poi assimilata alla Dea Strenua che doveva avere un tempio nei pressi.
Si dice che Tito Tazio usasse offrire agli amici un mazzo di rami, che si riferisce fossero di verbena, raccolto nel bosco della Dea Strenua o Strenia, ubicato sul monte Velia. Ma nelle calende di Gennaio le sacerdotesse di Vesta andavano a recidere l'alloro nel bosco sacro dell'Esquilino e dopo una processione cingevano le colonne dell'omonimo tempio con i ramoscelli perchè l'anno a venire fosse propizio.
Ed era di buon auspicio in questa data mangiare fichi secchi, qualche dattero, del miele o un piatto di ghiande. I dolci erano il cibo della festa e le ghiande erano l'antico, povero e rituale cibo delle campagne, infatti quando c'era scarsità si ricorreva a una minestra di farina di ghiande il cui albero, la quercia, fu sacro alla Grande Madre prima di passare a Giove.
Che la mensa provvedesse dolci e frutti costosi anzichè ghiande, dipendeva da quanto la familia romana di quella casa fosse seguace di Agenoria e quindi operosa. Il lavoro perseguito con alacre attività doveva necessariamente, in una città ricca come Roma, procurare cibo e abbondanza.
Ma c'è di più. i romani chiamarono Agenoria la Dea che destava l'eccitazione che portava all' atto lussurioso. San. Agostino Cit. D. 3, 5a. (Il Forcell. per altro dice che AGENORIA è la Dea che spinge gli uomini ad agire; e nondimeno cita S. Agostino che se riteneva Agenoria Dea della Lussuria un motivo lo avrà avuto di certo).
A noi una Dea che insegna l'attività laboriosa a piccoli e grandi non ci sembra abbia a che fare con la lussuria, piuttosto viene da pensare che i santi cattolici non vedessero di buon occhio gli Dei pagani a cui la popolazione era sempre molto attaccata, per cui tendevano a farli apparire malefici o viziosi.
Comunque alla Dea si libava col latte il che conferma il suo lato protettivo e materno con i bambini.