LA VILLA SUBURBANA
La Casa della Farnesina è una Domus romana, anzi una villa, sita nella zona Transtiberim, cioè in Trastevere, in parte sotto i giardini di villa Farnesina per cui ne ha tratto il nome. La casa fu rinvenuta casualmente durante gli scavi per la costruzione degli argini del Tevere, nel 1880. A Roma si scava in genere per ritrovamenti casuali e raramente purtroppo, per programmazione. Finora è stato possibile scavare solo una metà posta sotto i giardini, mentre è sconosciuta la parte sotto le costruzioni di via della Lungara. Naturalmente si potrebbe scavare anche lì ma a costi molto più elevati.
PIANTA DELLA VILLA |
Al centro di queste ville campeggiano sempre grandi esedre bordate da loggiati colonnati. Tali strutture si trovano spesso in numerosissime rappresentazioni dipinte nei "quadretti di paesaggio" di Pompei.
Non ci sono elementi che facciano risalire al nome del proprietario ma la somiglianza delle pitture, di cui la Villa è particolarmente ricca, con quelle della Casa di Livia e della Casa di Augusto ne fanno attribuire la costruzione per le nozze tra Giulia Maggiore, la figlia di Augusto, e il generale Agrippa. Inoltre lo stile classico delle pitture ha fatto datare le pitture al 30-20 a.c., il che confermerebbe l'attribuzione.
DESCRIZIONE
La villa è posta sull'asse nordest-sudovest sulle coste fiume e si diramava da una grandiosa esedra che fronteggiava il fiume con una grande scenografia prospettica.
La costruzione, circondata da giardini lussureggianti, sorgeva in una zona in cui proliferavano le attività artigianali, ospitando interiormente sale con preziosi mosaici pavimentali e volte stuccate in modo raffinato e impreziosite con l’oro.
Sulle pareti colorate emergono squisite pitture che raffigurano momenti di vita quotidiana oppure temi che vanno dalla mitologia al teatro e pure all'erotismo, con gusto e fantasia. Nella parte centrale della casa una piccola corte; nel lato sinistro altre sale più modeste ed alcune corti scoperte.
La villa era sorretta da tre muri concentrici, con un prospetto esterno a speroni che proseguiva anche oltre il porticato.
Questo era rivolto al fiume verso il quale tendevano gli avancorpi laterali. Il lato verso Trastevere era invece percorso da un lungo criptoportico con volte su pilastri.
Oltre esso, sulla strada, si trovava un lunga fila di ambienti con cellette per botteghe e magazzini. Insomma un centro commerciale e una zona movimentata verso la strada e una villa imperscrutabile e silenziosa dalla parte del fiume.
La parte centrale della casa presentava una piccola corte, dove si aprivano due cubicoli e un oecus. Sull'esedra si apriva un altro cubicolo estivo. Il resto dell'avancorpo sinistro era occupato da sale di minor pregio e da alcune corti scoperte.
La Sala nera
SALA NERA |
In basso lo zoccolo è ornato con motivi a meandro. Particolarmente interessante è il fregio con scene egiziane, che sembrano illustrare un testo letterario che non ci è noto, e che verte su una controversia ed il relativo giudizio, forse un popolare romanzo alessandrino.
In generale le scene sono composte da una prima parte, dove si vede l'insorgere della controversia, e una seconda dove si vede un giudizio vero e proprio con un saggio giudice.
Il fondo monocromatico e la funzione decorativa dell'esile intelaiatura architettonica colloca queste pitture nel cosiddetto "III stile pompeiano", anti-barocco, con le pareti concepite unitariamente invece che come pretesto per i giochi prospettici. La stesura poi "a macchie", molto ricercata, deve i suoi modelli all'ambiente egiziano del I sec. a.c.
Il cubicolo "B"
Il cubicolo "B" ha una parete di fondo con pitture ben conservate. Una firma sulla parete reca il nome di uno dei pittori che realizzarono la decorazione, Seleukos, nome di origine siriaca. La parete è tripartita verticalmente, come si usava nel periodo, priva però della prospettiva illusionistica tipica del II stile.
CUBICOLO "D" |
In basso è dipinto uno zoccolo e i pannelli sono a sfondo rosso; in lato la parte centrale è decorata da timpano, mentre quelle laterali sporgono con due corpi dove si aprono nicchie e edicolette.
Al centro presenta uno sfondo scuro sul quale si stagliano esili vittorie alate e un colonnato prospettico appena accennato.
La scena nel quadro centrale è un episodio dell'infanzia di Dioniso, tratto da un originale greco del IV sec. a.c., mentre due quadretti laterali, sorretti da genietti femminili alati, hanno sfondo bianco e scene di gineceo disegnate in uno stile arcaizzante, ripreso da originali del V sec. a.c.
Colpisce l'uso eclettico della decorazioni: grandi superfici di colore e intelaiatura architettonica esile tipica del III stile, decorazioni accessorie neoattiche (genietti, vittorie, acroterii, racemi...) e quadri classici riprodotti in grande dimensione.
La scena del quadro centrale riguarda Ino-Leucotea, approdata a Roma dopo il suicidio e la sua trasformazione in Dea marina. Ino, figlia di Cadmo, era la seconda moglie di Atamante, col quale aveva avuto due figli, Learco e Melicerte.
CUBICOLO "D" |
Atamante uccise Learco con uno spiedo, scambiandolo per un cervo, e Ino gettò in un paiolo d'acqua bollente Melicerte e poi si gettò in mare con il cadavere del bambino.
Le divinità marine ebbero pietà di lei e la trasformarono in una Nereide col nome di Leucotea ("la Dea Bianca") mentre il figlio diventava il piccolo dio Palemone. Infatti il corpo del bambino era stato trasportato da un delfino fin sull'Istmo di Corinto e qui veniva raccolto da Sisifo, fratello di suo padre Atamante, il quale lo seppellì, gli innalzò un altare vicino ad un pino e gli tributò onori divini sotto il nome di Palemone, facendone il nume tutelare dei giochi Istmici, protettore dei naviganti.
Quanto ad Ino-Leucotea, che diverrà poi Mater Matuta, Ovidio racconta che al suo arrivo a Roma aveva incontrato le Baccanti che celebravano i riti dionisiaci, le quali, istigate da Era, che ancora non aveva perdonato ad Ino di aver fatto da nutrice a Dioniso fanciullo, si erano scagliate su di lei e stavano per straziarla. Alle sue grida era accorso Ercole, che l'aveva liberata e poi affidata a Carmenta, madre di Evandro, la quale le annunciò che a Roma le sarebbe stato tributato un culto insieme al figlio, che sarebbe stato onorato col nome di Portunno.
I Cubicoli B D E
PITTURE DI GIARDINO |
I riquadri minori presentano motivi di amorini, grifi, Arimaspi (popolo leggendario citato da autori greci e latini, tra i quali Plinio il vecchio, abitanti in un territorio posto a nord-est della Grecia), candelabri, girali; mentre i riquadri maggiori sono decorati con paesaggi idilliaci.
Le pitture di giardino
Dalla casa della Farnesina provengono anche due frammenti di pitture di giardino, di poco posteriori agli affreschi del ninfeo sotterraneo della villa di Livia (40-20 a.c.).
Si tratta di due fontane marmoree a forma di vaso, poste su un letto verde e circondate da rientranze di una staccionata di canne. Ricordano molto le pitture della casa di Livia, probabilmente effettuate dalla scuola della stessa taberna artistica, se non dallo stesso autore.
Stucchi
STUCCO DELL'INIZIAZIONE DIONISIACA DI CESARIONE |
I riquadri minori presentano motivi di carattere arcaicista o grottesco (Vittorie, amorini, grifi, Arimaspi, candelabri, girali). I riquadri maggiori sono invece decorati da paesaggi idilliaci (cubicoli "B", "D" e angoli dell'"E"), cicli di scene dionisiache (angoli dei cubicoli "B" e "D") e scene del mito di Fetonte (centro del cubicolo "E").
CUBICOLO "A" |
Lo sfondo è essenziale, con un platano (albero dionisiaco), un pilastro (a sinistra) e una quinta con tendaggi (a destra). Si assiste in queste scene a tendenze in atto anche in pittura quali l'assottigliamento degli elementi e la rarefazione della composizione.
Particolarmente curata è la disposizione simmetrica e la resa dei dettaggli nonostante il bassissimo rilievo, che testimonia il livello raggiunto nell'età augustea in questo tipo di decorazione.
Qualcuno sostiene trattarsi dell'iniziazione di Cesarione, figlio di Cesare e Cleopatra, che però era morto da parecchi anni, per giunta fatto uccidere dallo stesso Ottaviano. Difficile pensare che qualcuno volesse rinverdirne il ricordo, specie se la casa sia appartenuta effettivamente ad Agrippa.
OGGI
Il percorso archeologico odierno inizia varcando una porta che si apre su di un lungo Cripotoportico coperto, ai cui lati si possono vedere frammenti di affreschi che danno l’idea di come lo stesso fosse un tempo, nel 20 a.c. Le volte del criptoportico poggiano su pilastri; al termine del corridoio, dalla parte della strada, si presentano vari piccoli ambienti che erano destinati a botteghe o magazzini.
Oltrepassato il corridoio si entra nelle stanze da letto, i cubicula, sulle cui pareti emergono affreschi che richiamano il mondo femminile in cui domina il rosso, tanto caro all'istinto e allo stile pompeiano, mentre sui pavimenti spiccano grossi frammenti di mosaici policromi di epoca repubblicana e imperiale.
Il fasto degli affreschi viene messo in risalto dall’illuminazione, che con un sistema biodinamico riproduce gli effetti del colore e della temperatura che durante la giornata ha la luce solare. Si ha in questo modo la sensazione di vivere, anche se solo visivamente, come gli abitanti della casa.
Le pitture e gli stucchi della casa sono state staccate nel corso degli scavi e si trovano oggi nel Museo Nazionale Romano, sezione di Palazzo Massimo, anche se spesso vengono spostate per partecipare a mostre in tutto il mondo.
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