PANORAMICA DELLE ROVINE |
COME DOVEVA APPARIRE (INGRANDIBILE) (Ricostruzione di https://jeanclaudegolvin.com/en/ ) |
Timgad sorgeva a più di 1300 metri su un altopiano arido, sulle ultime propaggini dei Monti Aures. Anche in piena estate la temperatura è mite.
Venne progettata nel 110 da Lucio Munazio Gallo, un legato imperiale di Traiano: una città militare aveva per base un quadrato perfetto di 370 metri circa di lato.Le sue notevolissime rovine sono un esempio della griglia con cui venivano costruite le città romane. La città nacque come un castro quadrato, cinto da un muro di m. 3,50 di spessore.
Quando nell'800 la città viene dissepolta dalla sabbia del deserto viene chiamata "la Pompei africana". Situata sulle montagne dell'Aures in un sito montuoso di grande bellezza, a 480 km a sud-est di Algeri e 110 km a sud di Costantino, Timgad è un esempio accertato di una colonia militare romana creata ex nihilo.
La Colonia Marciana Traiana di Thamugadi fu fondata dalla III legione Augusta e dal suo legato Munazio Gallo, con lo scopo di creare un centro di romanizzazione e insieme di difesa alla base dell'Aurès. Essa funzionò all'inizio come accampamento per la III Legione di Augusto che, successivamente, fu spostata a Lambaesis.
L'abbandono dell'antico sito, in un periodo successivo, e la conduzione di scavi archeologici quasi ininterrottamente dal 1881 al 1960 ha permesso alla città di Thamugadi di evitare la costruzione di edifici nuovi sugli edifici antichi, soffocandone i resti.
Le rovine della città si trovano a 35 km da Batna, in Algeria. La città venne fondata dal nulla come colonia militare, venne costruito il forte dagli stessi legionari, con le camerate, le cucine, la sala d'armi, il cortile, e poi le terme, e i bagni, le latrine, le meridiane, la palestra, le stalle, e il macellum, i templi, la basilica, e il teatro.
Venne poi il quartiere commerciale di Sertius dal nome del personaggio che ha donato alla città un mercato con interessanti resti, originariamente coperto, a semiarco di banchi e capitelli che riproducevano gli alimenti venduti, il perimetro con i negozi e, al centro una piazzetta. Sulla via sacra le pietre cambiano di colore per distinguere i diversi luoghi, e poi il foro (su cui si affacciano la basilica, la curia, l’erario), e la necropoli, insomma pian piano si formò una città.
MERIDIANA |
I veterani accettavano volentieri questo tipo di ricompensa, anche se le terre erano molto lontane da Roma, anzitutto perchè provenivano da varie terre, e poi perchè amavano circondarsi dei commilitoni (cum milites), come li definì Giulio Cesare, visto che in guerra, dovendo difendere la vita propria e degli altri, si formavano fortissimi legami di fratellanza tra i legionari.
Inoltre, in terre non proprio tranquille, dove ogni tanto era necessario difendersi, rinnovavano l'eccitazione di sentirsi ancora legionari e legati gli uni agli altri, non dovendo più affrontare guerre per difendere l'impero, ma dovendo ogni tanto difendere le proprie terre da eventuali attaccanti nomadi. Era un modo per non sentirsi la vecchiaia addosso.
La città, cinta di mura, aveva quattro porte, una per ogni punto cardinale. Sul lato occidentale della città vecchia, la porta fu sostituita da un arco di trionfo, l’Arco di Traiano, quando l’area urbana si estese oltre i suoi limiti originari.
Collocata lungo la strada fra Thevaste e Lambesi (sede della Legio III Augusta), la città fu infatti cinta di mura ma non fortificata. Essa venne praticamente edificata dalla III Augusta, una legione che subì nell'anno 18 d.c. la rara punizione della decimazione (l'uccisione di un soldato su dieci scelti casualmente ed esecutati dagli stessi compagni), per aver consentito, con la sua mancanza di coraggio, che una sua sottounità cadesse in un'imboscata e venisse annientata senza ricevere aiuto.
Progettata per una popolazione di 15.000 abitanti, ben presto la città crebbe al di fuori di ogni controllo e si sviluppò senza più rispettare la planimetria ortogonale della fondazione originale romana, arrivando a coprire ben 50 ettari, contro i 12 iniziali.
Progettata per una popolazione di 15.000 abitanti, ben presto la città crebbe al di fuori di ogni controllo e si sviluppò senza più rispettare la planimetria ortogonale della fondazione originale romana, arrivando a coprire ben 50 ettari, contro i 12 iniziali.
Con tutto ciò tra le rovine di Timgad sono ancora perfettamente visibili il decumano e il cardo, affiancati da un colonnato corinzio parzialmente restaurato. Il cardo non attraversa l'intera città, bensì termina in un foro all'incrocio col decumano.
PLANIMETRIA DELLA CITTA' (INGRANDIBILE) |
Nell'interno le strade lastricate in pietra locale, incrociandosi ad angolo retto, delimitavano le singole insulae di circa 20 m. di lato. All'incrocio del cardine e del decumano maggiori si apriva il Foro, piazza porticata di circa m. 100 per 60, sui cui lati sorgevano la curia, la basilica, i rostri, le latrine pubbliche, il macellum, le terme e così via; non lontano sono la biblioteca e un mercato.
Dietro al Foro, poggiato a una collinetta, si apriva il teatro. Fuori del recinto primitivo, verso ponente, su un'altra elevazione del terreno, che in tutta l'area della città era leggermente ondulato, e digradante verso nord, svettava il Campidoglio, un tempio esastilo su podio, cui si accedeva per mezzo di trentotto scalini, e chiuso entro un recinto quadrangolare porticato.
Fuori dal recinto si situavano due edifici termali, uno, il maggiore, aldifuori della porta settentrionale, o di Cirta, l'altro sul lato opposto. Oltre l'arco di Traiano erano il mercato detto di Serzio, dal nome del costruttore, un munifico cittadino di Thamugadi, e il tempio ritenuto del Genio della colonia.
CIPPI FUNERARI |
Così l'insieme delle vestigia e dei manufatti scavati testimoniano l'eccezionale valore universale che ha permesso l'iscrizione della proprietà all'Unesco. Nella forte e prospera colonia, Timgad deve essere servito come immagine convincente della grandiosità di Roma sul suolo numidico.
La pianificazione urbana romana raggiunse poi il suo culmine. Entro la metà del II secolo, la rapida crescita della città aveva gli stretti confini della sua fondazione originale.
Il Timgad si estendeva oltre i perimetri dei suoi bastioni e di diversi edifici importanti: il capitolium, i templi, i mercati, una basilica, una biblioteca, ben quattordici terme e quattro bagni pubblici, nonchè un vasto teatro.
LA BIBLIOTECA (Ricostruzione di https://jeanclaudegolvin.com/en/ ) |
La città prosperò ancora sotto Adriano (76-138) e sotto gli Antonini, ma la maggior parte di questi edifici risalgono al periodo di Settimio Severo (146-211), quando la città godeva della sua età dell'oro, arricchita ormai anche di enormi e fastose residenze private. La città prosperò fino alla metà del sec. III d.c. quando divenne sede episcopale, e sede di lotte per le conquiste del potere religioso.
Nel IV sec. divenne infatti teatro di discordie sanguinose fra cattolici e donatisti (nativo di Thamugadi fu il famoso vescovo donatista Ottato), e si è ipotizzato, ma con prove insufficienti, che le due chiese, databili fra il sec. IV e il V, appartenessero alle due parti in lotta. Tutto ciò, unitamente alla accresciuta bellicosità delle popolazioni meridionali, determinarono la decadenza di Thamugadi che si accrebbe durante il periodo vandalico.
Dopo l'invasione vandalica del 430, Timgad infatti venne distrutta alla fine del V secolo dagli Auricani. La riconquista bizantina fece rivivere alcune attività nella città, difese da una fortezza costruita a sud, nel 539, riutilizzando i blocchi rimossi dai monumenti romani, ma «i Bizantini fecero più danni nel Nord Africa dei Barberini a Roma».
Ma l'invasione araba determinò l'ultima rovina di Thamugadi, fortunatamente la città non fu usata come cava di pietra dagli Arabi (come quasi tutte le altre del Nord Africa) e cessò di essere abitata dopo l'VIII secolo, senza mai essere ricostruita dagli indigeni.
Nel museo sono conservati molti oggetti del quotidiano, quali gioielli, strumenti geometrici e chirurgici, monete, serrature e chiavi, spille e fibbie in osso e uno stupefacente mucchio di monete d'oro difficilmente riconoscibili perchè fuse e ridotte in un unico blocco in seguito a un incendio.
Il teatro di Timgad non era particolarmente grande, perchè prevedeva solo 3.500 posti a sedere, e venne costruito dai romani nel 160 d.c., e venne edificato tagliando un lato di una collina, all'uso greco. Il teatro romano infatti non scavava le colline ma aveva una struttura totalmente autonoma e autoportante, fondata su una fitta rete di murature radiali e concentriche che si levavano dal terreno.
Il teatro dispone di tre gradini dell'orchestra dove sedevano i personaggi più importanti come i senatori, un muretto alle spalle li separa dal passaggio per gli spettatori e dalla cavea con otto ordini di gradini dove sedevano cavalieri e militari, e un successivo muretto sempre per il passaggio degli spettatori li separava dall'ordine di undici gradini dove sedevano le donne e tutti gli altri.
Non mancavano il pulpito e la scena ornata di colonne, pilastri e architravi. Il teatro è ancora oggi in ottime condizioni di conservazione, tanto che ancor oggi viene utilizzato per rappresentazioni teatrali.
Una solenne scritta all'entrata spiega che il teatro fu costruito con i soldi della comunità.
ARCO DETTO DI TRAIANO PRIMA E DOPO IL RESTAURO |
IL COSIDDETTO ARCO DI TRAIANO
Nella parte terminale ovest del decumano sorge il cosiddetto arco di Traiano, della seconda metà del II secolo o degli inizi del III, parzialmente restaurato nel 1900. L'arco, costruito principalmente in arenaria, è corinzio con 3 fornici, di cui quello centrale è largo più di 3 metri. L'iscrizione ricorda la fondazione della colonia da parte di Traiano, ma dovette essere in origine una semplice porta cittadina, monumentalizzata in epoca successiva.
L'arco romano di Timgad (detto impropriamente arco di Traiano) è un arco romano costruito tra la seconda metà del II secolo e gli inizi del III, situato nella colonia romana di Timgad (antica Thamugadi), presso la città di Batna in Algeria.
L'arco, a tre fornici, fungeva da porta occidentale della città, all'inizio del decumano massimo, che proseguiva la via proveniente da Lambaesis, l'antica fortezza legionaria della provincia romana dell'Africa proconsolare, che corrisponde all'odierna città algerina di Tazoult. Era posizionata in Numidia a nord dei monti dell'Aurès, di fronte alle tribù berbere dei Getuli.
L'iscrizione sull'attico ricorda la fondazione della colonia da parte di Traiano nell'anno 100, ma la struttura decorativa del monumento e inoltre la ricca ornamentazione degli elementi architettonici hanno fatto supporre una sua datazione più tarda: ai lati dei fornici laterali sono presenti colonne distaccate da parete, collegate da un frontone curvilineo, che creano due edicole laterali sporgenti e fortemente chiaroscurate, quasi indipendenti.
L'iscrizione:
«L'IMPERATORE TRAIANO AUGUSTO GERMANICO, FIGLIO DEL DIVINO NERVA,
SOMMO PONTEFICE, PADRE DELLA PATRIA, PER LA TERZA VOLTA CONSOLE
E RIVESTITO PER LA IV VOLTA DEL POTERE TRIBUNIZIO, FONDO' CON L'AIUTO
DELLA III LEGIONE AUGUSTA LA COLONIA DI TAMUGADI, ESSENDO LEGATO
IMPERIALE E PROPRETORE L. MUNAZIO GALLO»
L'arco, insieme all'intero sito archeologico di Timgad, è stato inserito dal 1982 nella lista dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. L'arco raggiunge un'altezza di 12 m, con il fornice centrale alto 6 m che permetteva il passaggio dei veicoli, le cui ruote hanno lasciato profondi solchi sul basolato della via. I fornici laterali, alti 3,75 m, erano riservati ai pedoni.
Sulle due facciate sopra i fornici laterali sono presenti profonde nicchie rettangolari, inquadrate da edicole con colonnine corinzie con fusti lisci in marmo colorato, sorrette da mensole. Le nicchie erano destinate ad ospitare statue oggi scomparse. L'insieme di ciascun fornice laterale e della nicchia soprastante era inquadrato da due colonne corinzie rudentate, distaccate da parete e innalzate su piedistalli.
La trabeazione che corre sulla parete sopra i fornici laterali, sporge sopra le colonne e su di essa poggia a sua volta un frontone curvilineo. L'attico doveva essere sormontato da un gruppo statuario monumentale.
L'ampio viale che passa davanti al Campidoglio termina a nord con l'arco trionfale eretto all'ingresso occidentale del decumanus maximus. Poco prima della fine del II secolo, la porta di passaggio fu sostituita da un arco trionfale impropriamente chiamato "Arco di Traiano" che, con un minimo di restauro, è sopravvissuto quasi intatto.
L'ampio fornice centrale, alto sei metri, permetteva il passaggio di veicoli che lasciavano solchi profondi sulle lastre della pista. Ai pedoni erano riservati i due fornici laterali, alti tre metri e settantacinque. Sopra questi, su entrambi i lati sono scolpite nicchie rettangolari decorate con colonne per ricevere statue, dominate da archi ad arco su colonne corinzie distaccate. Quattro colonne di piedistallo per ogni faccia principale.
Il tutto aveva un attico sopra cui si ergeva una biga di quattro cavalli tenuti da una divinità o da un imperatore. Altri rilievi sono stati aggiunti successivamente alla base della parete è: le statue di Marte e la Dea della Concordia, eretto durante il regno di Settimio Severo (193-211) da un certo L. Licinio in riconoscimento Optaziano la sua elezione al flammato perpetuo della colonia.
Altre sculture furono aggiunte all'arco successivamente: tra queste una statua di Marte e una della Concordia furono erette sotto l'imperatore Settimio Severo da Lucio Licinio Optaziano, in occasione della sua elezione a flamine perpetuo della colonia.
LE TERME
Le terme era uno dei più grandi relax e divertimenti di Timgad, per averne un'idea bisogna pensare a una SPA dove ci siano le piscine calde e fredde, una palestra, una biblioteca con sale da lettura, una sala per piccoli spettacoli, un punto di ristoro e il salotto delle notizie e del pettegolezzo. Divertimento assicurato tutti i giorni e a prezzi molto contenuti. A Timgad sono sopravvissuti i resti di ben 4 terme. Una di queste si trova all’estremità settentrionale del cardo della città. Queste terme si trovavano sul lato sinistro del cardo mentre si entrava nelle porte della città, e sarebbero state usate dai viaggiatori stanchi che entravano nella città da quella direzione.
L'arco, insieme all'intero sito archeologico di Timgad, è stato inserito dal 1982 nella lista dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. L'arco raggiunge un'altezza di 12 m, con il fornice centrale alto 6 m che permetteva il passaggio dei veicoli, le cui ruote hanno lasciato profondi solchi sul basolato della via. I fornici laterali, alti 3,75 m, erano riservati ai pedoni.
Sulle due facciate sopra i fornici laterali sono presenti profonde nicchie rettangolari, inquadrate da edicole con colonnine corinzie con fusti lisci in marmo colorato, sorrette da mensole. Le nicchie erano destinate ad ospitare statue oggi scomparse. L'insieme di ciascun fornice laterale e della nicchia soprastante era inquadrato da due colonne corinzie rudentate, distaccate da parete e innalzate su piedistalli.
La trabeazione che corre sulla parete sopra i fornici laterali, sporge sopra le colonne e su di essa poggia a sua volta un frontone curvilineo. L'attico doveva essere sormontato da un gruppo statuario monumentale.
L'ampio viale che passa davanti al Campidoglio termina a nord con l'arco trionfale eretto all'ingresso occidentale del decumanus maximus. Poco prima della fine del II secolo, la porta di passaggio fu sostituita da un arco trionfale impropriamente chiamato "Arco di Traiano" che, con un minimo di restauro, è sopravvissuto quasi intatto.
L'ampio fornice centrale, alto sei metri, permetteva il passaggio di veicoli che lasciavano solchi profondi sulle lastre della pista. Ai pedoni erano riservati i due fornici laterali, alti tre metri e settantacinque. Sopra questi, su entrambi i lati sono scolpite nicchie rettangolari decorate con colonne per ricevere statue, dominate da archi ad arco su colonne corinzie distaccate. Quattro colonne di piedistallo per ogni faccia principale.
Il tutto aveva un attico sopra cui si ergeva una biga di quattro cavalli tenuti da una divinità o da un imperatore. Altri rilievi sono stati aggiunti successivamente alla base della parete è: le statue di Marte e la Dea della Concordia, eretto durante il regno di Settimio Severo (193-211) da un certo L. Licinio in riconoscimento Optaziano la sua elezione al flammato perpetuo della colonia.
Altre sculture furono aggiunte all'arco successivamente: tra queste una statua di Marte e una della Concordia furono erette sotto l'imperatore Settimio Severo da Lucio Licinio Optaziano, in occasione della sua elezione a flamine perpetuo della colonia.
TERME MERIDIONALI |
LE TERME
Le terme di Timgad romanizzarono gli africani meglio di qualsiasi forma di propaganda. Lo stile di vita confortevole e ludico della città iniziò presto a esercitare il proprio fascino sulle persone del posto che vi si recavano per vendere i propri prodotti.
Esse erano provviste di tiepidarium, frigidarium, calidariume sale per i massaggi con l'olio di oliva. Al di fuori dei limiti della città ci sono le Grandi Terme Settentrionali, un complesso di 80 m per 66 m che aveva più di 30 camere.
Esse erano provviste di tiepidarium, frigidarium, calidariume sale per i massaggi con l'olio di oliva. Al di fuori dei limiti della città ci sono le Grandi Terme Settentrionali, un complesso di 80 m per 66 m che aveva più di 30 camere.
Per essere accettati a Timgad, dove solo cittadini romani potevano risiedere, molti nativi si arruolarono volontariamente nella legione romana per un periodo prestabilito di 25 anni in modo da ottenere la cittadinanza romana per se stessi e per i propri figli maschi.
Non accontentandosi di essere semplici cittadini romani, alcuni africani arrivarono anche a raggiungere posizioni preminenti a Timgad o in altre città coloniali. La strategia dei romani di integrare i locali fu vincente tanto che, a cinquant'anni dalla sua fondazione, Timgad era abitata perlopiù da nordafricani.
LE TERME SETTENTRIONALI |
A Timgad si trovano inoltre un tempio dedicato a Giove Capitolino (grande quasi come il Pantheon di Roma), una chiesa quadrata con abside circolare risalente al VII secolo, e una cittadella bizantina costruita negli ultimi giorni della città. Le strade sono state pavimentate con grandi lastre rettangolari di pietra calcarea e comprendeva ben quattordici terme, oggi ancora visibili. Durante il periodo cristiano, Timgad era un vescovato di fama.
LA BIBLIOTECA
La Biblioteca di Timgad, l'antica Thamugadi, venne edificata, nel III secolo d.c., grazie alla donazione di un cittadino di nome Marcio Giulio Quinziano Flavio Rogaziano. L'edificio, che nella pianta della città occupa un isolato quadrato con ciascun lato di m 23,50, è costituito da un atrio rettangolare delimitato su tre lati da un colonnato, oltre alla sala della biblioteca vera e propria, e da sei ambienti secondari più piccoli, due per ciascun lato dell'atrio e uno per ogni lato della sala della biblioteca.
Quest'ultima consiste in un ambiente semicircolare con otto nicchie a parete che fungevano da armadi con ante, dove si conservavano documenti e libri, e non mancava un'edicola centrale che di solito accoglieva una statua di divinità o dell'imperatore, spesso di entrambi.
Dinanzi a queste nicchie c'era un podio a cui si accedeva mediante una gradinata. Dato le dimensioni relativamente piccole dell'edificio, si deduce che il colonnato posto di fronte al podio fosse di un unico piano.
La stanza era coperta, nella parte anteriore, da una volta a botte, invece in quella posteriore era coperta da una semicupola, e prendeva la luce esterna, come si vede in figura, da una ampia finestra, leggermente arcuata sopra, ricavata nella facciata sotto la volta a botte.
Non sapremmo dire se la forma di questa sala avesse funzioni estetiche o solamente funzionali, magari favorendo un'illuminazione uniforme ottenuta mediante la finestra sulla facciata. L'esistenza della biblioteca è testimoniata sia da fonti letterarie ed epigrafiche, sia dai suoi resti archeologici.
Come altri edifici pubblici di Timgad, la biblioteca venne finanziata, almeno in parte, per quel fenomeno tutto romano dell'evergetismo, dove i notabili che volevano fare carriera politica, come pubblicità principale regalavano alla città un edificio pubblico a proprie spese. Sappiamo infatti che per la biblioteca vennero spesi da un privato ben 400000 sesterzi.
LE VILLE PRIVATE
Con l'arricchirsi della città in agi e monumenti, molti possidenti edificarono splendide dimore di varie dimensioni, con i loro sontuosi mosaici, che dovevano tra l'altro compensare l'assenza di marmi preziosi. Le case infatti erano costruite esclusivamente in pietra, arenaria o calcare, e pure in mattoni; anche gli elementi architettonici, colonne, capitelli, fregi sono ricavati dalla pietra calcarea bianca, bella ma meno pregevole del marmo, il quale si limitava alla decorazione di pavimenti e di pareti.
Frequenti sono invece i mosaici, alcuni a figure, ma i più geometrici o floreali, con ampia policromia; rari i bronzi e anche, relativamente, i marmi scolpiti, che, tranne qualche eccezione, forse importati, sono di esecuzione non molto fine. Le case, tranne qualcuna più grande che più si accosta al tipo della casa pompeiana, sono comprese ognuna nell'ambito di un'insula: hanno un piccolo cortile scoperto, intorno a cui si aprono, ma irregolarmente, i vari ambienti, in genere piuttosto angusti.
LE CHIESE
La diffusione del cristianesimo portò alla costruzione di chiese, sia all'interno della città, in qualche casa trasformata a questo scopo, sia fuori: una, a tre navate, di 36 m. di lunghezza per circa 15 di larghezza, attorniata da cortili a colonne e da altri annessi, sorgeva al di là dell'angolo nord-occidentale del recinto primitivo.
Più ampia e più importante era quella ad occidente del Campidoglio, lunga m. 63 e larga 22, pure a tre navate: una seconda sala di preghiera era disposta perpendicolarmente alla prima, e tutto all'intorno dell'una e dell'altra si stendevano numerosi ambienti, uno dei quali, con una bella vasca adorna di mosaici, serviva da battistero; gli altri dovevano far parte probabilmente di un monastero.
Procedendo per 300 m verso sud lungo una strada dissestata si arriva a un grande forte bizantino costruito durante il regno di Giustiniano. Le pareti sono spesse più di due metri e mezzo e racchiudono una superficie lunga 110 m per 70 m. All'interno le stanze e le altre strutture sono ancora ben conservate. A destra, dopo l'ingresso, ci sono una piscina e una terrazza che conservano ancora la pavimentazione originaria in piastrelle.
PPMUSARESTI DELLA BIBLIOTECA |
LA BIBLIOTECA
La Biblioteca di Timgad, l'antica Thamugadi, venne edificata, nel III secolo d.c., grazie alla donazione di un cittadino di nome Marcio Giulio Quinziano Flavio Rogaziano. L'edificio, che nella pianta della città occupa un isolato quadrato con ciascun lato di m 23,50, è costituito da un atrio rettangolare delimitato su tre lati da un colonnato, oltre alla sala della biblioteca vera e propria, e da sei ambienti secondari più piccoli, due per ciascun lato dell'atrio e uno per ogni lato della sala della biblioteca.
Quest'ultima consiste in un ambiente semicircolare con otto nicchie a parete che fungevano da armadi con ante, dove si conservavano documenti e libri, e non mancava un'edicola centrale che di solito accoglieva una statua di divinità o dell'imperatore, spesso di entrambi.
RICOSTRUZIONE 3D DELLA BIBLIOTECA |
Dinanzi a queste nicchie c'era un podio a cui si accedeva mediante una gradinata. Dato le dimensioni relativamente piccole dell'edificio, si deduce che il colonnato posto di fronte al podio fosse di un unico piano.
La stanza era coperta, nella parte anteriore, da una volta a botte, invece in quella posteriore era coperta da una semicupola, e prendeva la luce esterna, come si vede in figura, da una ampia finestra, leggermente arcuata sopra, ricavata nella facciata sotto la volta a botte.
COME DOVEVA APPARIRE (PROSPETTO E SEZIONE) |
Non sapremmo dire se la forma di questa sala avesse funzioni estetiche o solamente funzionali, magari favorendo un'illuminazione uniforme ottenuta mediante la finestra sulla facciata. L'esistenza della biblioteca è testimoniata sia da fonti letterarie ed epigrafiche, sia dai suoi resti archeologici.
Come altri edifici pubblici di Timgad, la biblioteca venne finanziata, almeno in parte, per quel fenomeno tutto romano dell'evergetismo, dove i notabili che volevano fare carriera politica, come pubblicità principale regalavano alla città un edificio pubblico a proprie spese. Sappiamo infatti che per la biblioteca vennero spesi da un privato ben 400000 sesterzi.
LE VILLE PRIVATE
Con l'arricchirsi della città in agi e monumenti, molti possidenti edificarono splendide dimore di varie dimensioni, con i loro sontuosi mosaici, che dovevano tra l'altro compensare l'assenza di marmi preziosi. Le case infatti erano costruite esclusivamente in pietra, arenaria o calcare, e pure in mattoni; anche gli elementi architettonici, colonne, capitelli, fregi sono ricavati dalla pietra calcarea bianca, bella ma meno pregevole del marmo, il quale si limitava alla decorazione di pavimenti e di pareti.
Frequenti sono invece i mosaici, alcuni a figure, ma i più geometrici o floreali, con ampia policromia; rari i bronzi e anche, relativamente, i marmi scolpiti, che, tranne qualche eccezione, forse importati, sono di esecuzione non molto fine. Le case, tranne qualcuna più grande che più si accosta al tipo della casa pompeiana, sono comprese ognuna nell'ambito di un'insula: hanno un piccolo cortile scoperto, intorno a cui si aprono, ma irregolarmente, i vari ambienti, in genere piuttosto angusti.
LE CHIESE
La diffusione del cristianesimo portò alla costruzione di chiese, sia all'interno della città, in qualche casa trasformata a questo scopo, sia fuori: una, a tre navate, di 36 m. di lunghezza per circa 15 di larghezza, attorniata da cortili a colonne e da altri annessi, sorgeva al di là dell'angolo nord-occidentale del recinto primitivo.
Più ampia e più importante era quella ad occidente del Campidoglio, lunga m. 63 e larga 22, pure a tre navate: una seconda sala di preghiera era disposta perpendicolarmente alla prima, e tutto all'intorno dell'una e dell'altra si stendevano numerosi ambienti, uno dei quali, con una bella vasca adorna di mosaici, serviva da battistero; gli altri dovevano far parte probabilmente di un monastero.
Procedendo per 300 m verso sud lungo una strada dissestata si arriva a un grande forte bizantino costruito durante il regno di Giustiniano. Le pareti sono spesse più di due metri e mezzo e racchiudono una superficie lunga 110 m per 70 m. All'interno le stanze e le altre strutture sono ancora ben conservate. A destra, dopo l'ingresso, ci sono una piscina e una terrazza che conservano ancora la pavimentazione originaria in piastrelle.
DEPOSITO DI COLONNE MAI RISOLLEVATE |
Il piano di protezione e presentazione (PPMVSA), uno strumento legale e tecnico che stabilisce azioni di conservazione e gestione nella proprietà. L'ente che gestisce la proprietà è l'Office of Cultural Properties Management and Operations (OGEBC).
Esegue tutte le attività riguardanti la protezione, la manutenzione, la documentazione e lo sviluppo di programmi di presentazione e promozione. L'OGEBC implementa il suo programma di protezione e gestione per il sito in collaborazione con la Direzione culturale della Wilaya (provincia) che ha un servizio responsabile per il patrimonio culturale.
Il quadro legale e gestionale comprendeva le leggi 90-30 (legge regionale), 98-04 (relative alla protezione del patrimonio culturale), 90-29 (relative all'urbanistica e allo sviluppo) e il Piano generale per lo sviluppo e la città Pianificazione (PDAU) della comunità di Timgad, 1998.
Tuttavia, lo Stato ritiene che sia necessario rivedere le disposizioni legali e amministrative riguardanti la proprietà per assicurarne meglio la conservazione e la presentazione. È necessario esaminare l'impatto dei gruppi di visitatori e di veicoli sulle fragili strutture dei siti e dei loro dintorni. -
Viene da chiedersi dove siano queste fragili strutture visto che si tratta di pietre e nemmeno di marmi. Se l'Algeria pensa di avere troppo turismo c'è qualcosa che impensierisce. Vero è che deve badare ai suoi affari interni visti i molti disagi e rovesciamenti politici, ma dire che deve limitare il turismo per proteggere i suoi monumenti sembra poco realistico, a meno che non temano che il contatto con gli occidentali possa mutare la mentalità del popolo.
A Timgad c'è ancora molto da fare per riassestare le vestigia della città romana, basta guardare questo mastodontico deposito di colonne lasciato al suolo e mai ricollocato. Sono colonne di diversi tipi, diversi per altezza, spessore e forma, lisce, scanalate, tortili, parte lisce e parte scanalate, sottili ed enormi. Molto è ancora da ricostruire e poi molto è ancora da scavare. Con sicurezza c'erano ad esempio il circo per le corse dei cavalli e l'anfiteatro per i gladiatori.