In origine il nome del monte Celio, o Caelius, doveva essere "Querquetulanus mons" per la ricchezza di querce, o "lucus querquetulanus", di cui resta ancora la via odierna Querquetulana. Invece l'origine del nome Caelius viene concordemente fatta risalire all'etrusco Celio Vibenna, uno dei due fratelli di Vulci che, secondo quanto tradizionalmente narrato da fonti etrusche, favorì il VI re romano, Servio Tullio, nel corso della conquista del monte Celio e successivamente nell'occupazione di Roma.
In epoca arcaica, i templi urbani avevano in genere un proprio lucus, che poi con l'espansione degli edifici e l'aumentato costo del suolo cittadino, venne gradualmente ridotto ad un piccolo gruppo di alberi che tuttavia venivano curati con molta attenzione; i grandi boschi sacri erano invece più diffusi nei santuari rurali o suburbani.
A Roma i maggiori boschi sacri urbani, sia per estensione che per importanza, si trovavano sull'Esquilino:
- Facutalis,
- Larum Querquetulanum,
- Esquilinus,
- Poetelius,
- Mephitis,
- Junonis Lucinae,
- Libitinae
Secondo quanto riporta Varrone, essi venivano visitati durante la processione che si svolgeva nella festività degli Argei, l'11 gennaio, quando si visitavano 27 sacrari posti attorno alla città offrendo sacrifici. Numerosi erano però i Boschi Sacri della città di Roma, sia dentro che fuori le mura.
LUCUS LARUM QUERQUETULANUM
Tra questi il Lucus Larum Querquetulanum, che, dato il nome, doveva essere caratterizzato dall'abbondanza di querce. Secondo per ampiezza solo al Lucus Fagutalis.
Tra questi il Lucus Larum Querquetulanum, che, dato il nome, doveva essere caratterizzato dall'abbondanza di querce. Secondo per ampiezza solo al Lucus Fagutalis.
FAMIANO NARDINI (Roma Antica - Antonio Nibby)
"Querquetulano era il primo nome del Monte Celio poiché con l'autorità di Tacito disse che Querquetulana aveva anche nome una parte di Roma da un bosco sacro che gli fu aggiunto da Festo. Querquetulanae si chiamavano le Ninfe che presiedevano il querceto che si indica fosse posto presso la Porta Querquetularia.
Doveva anche essere stata chiamata da alcuni il Querquetulano Sacro anch'esso appunto presidiato dalle Ninfe. Si pone da molti presso Santa Maria Maggiore ma senza fonti credibili. Il Donati invece lo pone sul Celio perchè il nome di Querquetulano fu dato a quel monte e le parole di Varrone nel luogo citato:
"Quorum angusti fines non mirum jam di enim late avaritia una est item lucus Larum Querquetulanum Sacellum" (poichè anche il bosco dei Lari che era ai piedi del Palatino e il Sacello Querquetulano che era nel Celio erano restati angusti come gli altri del Colle Esquilno).
In questo senso il Sacello Querquetulano e il bosco de Lari erano nell'Esquilie, ed il nome Querquetulano del Monte Celio non dissuade a credere quel Sacello nella parte dell'Esquilie confinante col Celio, prima che le mura di Tullio Ostilio lo esclusero più dal Celio che non dall'Esquilie.
Così il Bosco Querquetulano è facile che fosse di là da S Giovanni in Laterano ed ivi nel basso che diviso era tra un Monte e l'altro, la porta Querquetulana anch'ella detta appresso gli si può supporre il Sacello ma sulla falda dell'Esquilie verso Santa Croce in Gerusalemme.
Osservo che Varrone volendo parlar solo dei Boschi dell'Esquilie vi annovera non il bosco ma il Sacello Querquetulano. Segno espresso che il Sacello solo era nell'Esquilie standole il bosco a lato sì ma sul Celio."
SATIRI E NINFE
Gli antichi romani, ritenevano che i boschi fossero abitati soprattutto da ninfe e satiri. Le ninfe erano fanciulle giovani e belle che vivevano in mezzo alla natura, simboli della forza vitale della natura nelle sue manifestazioni più piacevoli e amichevoli verso l’uomo; alcune ninfe erano immortali, altre mortali ma dotate di una vita molto lunga. Eleganti, flessuose, vestite di lunghe tuniche a velo, oppure nude, spesso si divertivano improvvisando danze e giochi, o intrecciando storie d’amore con Dei, satiri e pure con uomini.
Furono adorate moltissimo dalla popolazione, ma non in pubblico; si facevano alle ninfe offerte in privato (latte, miele, olio, vino, ghirlande di fiori) per ottenere la loro benevolenza. Si ponevano le offerte su una pietra o dentro un circolo di pietre raccolte nel bosco. Le ninfe avevano il potere di indovinare il futuro, erano ispiratrici, guaritrici, e offrivano protezione alle donne durante il parto. Anche quando i boschi vennero dedicati alle divinità il culto continuò, ma sempre privatamente.
Furono adorate moltissimo dalla popolazione, ma non in pubblico; si facevano alle ninfe offerte in privato (latte, miele, olio, vino, ghirlande di fiori) per ottenere la loro benevolenza. Si ponevano le offerte su una pietra o dentro un circolo di pietre raccolte nel bosco. Le ninfe avevano il potere di indovinare il futuro, erano ispiratrici, guaritrici, e offrivano protezione alle donne durante il parto. Anche quando i boschi vennero dedicati alle divinità il culto continuò, ma sempre privatamente.
Quanto alla Porta Querquetulana, generalmente s'ammette che essa sia una delle porte Serviane e che debba porsi poco più al settentrione della precedente, tra l'Oppius (Esqailino) e il Caelius, a di dipresso ove oggi sta la chiesa dei ss. Pietro e Marcellino.
Soltanto il Gilbert ritiene che essa sia anteriore alla cinta Serviana, e propriamente l'unica porta che metteva alla fortezza del Celio, quando questo formava un comune a sè, separato da quello del Palatino e del Quirinale.
Il Nardini riconosce in zona:
- Sacellum Querquetulanum,
- Lucus Querquetulanus,
- Lares Querquetulani,
Quindi un Sacello dedicato alle Ninfe, un Bosco Sacro alle Ninfe, e i Lares delle Ninfe propiziatorie a chi le pregava e onorava. Come tutti i lucus nel loro interno non si poteva cogliere pianta o ramo o erba o fiore, nè uccidere animali, pena l'ira delle Sacre Ninfe.
Solo nel dì di festa i sacerdoti usavano cogliere le fronde e donarle alla popolazione affinchè, dopo aver cinto il ramo di nastri lo portassero nella propria casa e lo appendessero al trave con intento propiziatorio.
Soltanto il Gilbert ritiene che essa sia anteriore alla cinta Serviana, e propriamente l'unica porta che metteva alla fortezza del Celio, quando questo formava un comune a sè, separato da quello del Palatino e del Quirinale.
Il Nardini riconosce in zona:
- Sacellum Querquetulanum,
- Lucus Querquetulanus,
- Lares Querquetulani,
Quindi un Sacello dedicato alle Ninfe, un Bosco Sacro alle Ninfe, e i Lares delle Ninfe propiziatorie a chi le pregava e onorava. Come tutti i lucus nel loro interno non si poteva cogliere pianta o ramo o erba o fiore, nè uccidere animali, pena l'ira delle Sacre Ninfe.
Solo nel dì di festa i sacerdoti usavano cogliere le fronde e donarle alla popolazione affinchè, dopo aver cinto il ramo di nastri lo portassero nella propria casa e lo appendessero al trave con intento propiziatorio.
I LARI
Ora i Lari erano dei geni benevolenti amati e onorati dai romani che però in questo frangente sono ninfe, le ninfe delle querce che abitavano il bosco sacro. Ciò deriva dalla religione animistica che ampiamente si conservò in era matriarcale e di cui restarono alcune tradizioni anche e in epoca patriarcale e romana.
Secondo la religione animistica ogni pianta o luogo era animata da un'entità semidivina che badava alla purezza e salute del luogo, del fiume, dell'albero e così via. Gli uomini riverivano e rispettavano queste entità in guisa di semidivinità. Riservavano loro sacrifici di erbe, vino, acqua e altro ma mai sacrifici cruenti. Pertanto erano Lari anche le Ninfe che abitavano il Lucus Querquetulanus.
LA PORTA QUERQUETULANA
Fu certamente in ricordo d’un bosco di querce che detta porta venne chiamata Querquetulana, poichè conduceva al posto dove attraversava le vecchie mura serviane nella depressione tra l’Oppio del Esquilino ed il Celio. Qui doveva sorgere un querceto, un tempo sacro ai Lari e alle Ninfe ma probabilmente poi divenne sacro a Giove, in quanto la quercia diventò uno degli attributi sacri di Giove.
A Roma resta una via Querquetulana sul colle Celio che si riversa su via Ambaradam, e un minuscolo sacello che alcuni ritengono di origine romana, poi dedicato a un'incerta Madonna del '600, comunque abbandonato e lasciato sbiadire nella noncuranza, che potrebbe essere stato un tempo un'edicola o un sacello dedicato alle Ninfe Querquetulane.