IL BOSCO SACRO |
I NUMI DEL LUCUS
Gli antichi romani, ritenevano che i boschi fossero abitati soprattutto da ninfe e satiri. Le ninfe erano fanciulle giovani e belle che vivevano in mezzo alla natura, simboli della forza vitale della natura nelle sue manifestazioni più piacevoli e amichevoli verso l’uomo; alcune ninfe erano immortali, altre mortali ma dotate di una vita molto lunga. Eleganti, flessuose, vestite di lunghe tuniche a velo, oppure nude, spesso si divertivano improvvisando danze e giochi, o intrecciando storie d’amore con Dei, satiri e pure uomini.
Furono adorate moltissimo dalla popolazione, ma non in pubblico; si facevano alle ninfe offerte in privato (latte, miele, olio, ghirlande di fiori) per ottenere la loro benevolenza. Si ponevano le offerte su una pietra o dentro un circolo di pietre raccolte nel bosco. Le ninfe avevano il potere di indovinare il futuro, erano ispiratrici, guaritrici, e offrivano protezione alle donne durante il parto. Anche quando i boschi vennero dedicati alle divinità il culto continuò, ma sempre privatamente.
DETTO ANCHE LUCUS FURINAE
Fu un bosco sacro posto in Trastevere. La Dea Furina (o Furrina), fu una delle più antiche divinità romane, come si comprende da Varrone che menziona il flamine della Dea Furina insieme ad altri flamini antichissimi, quali il Palatualis ed il Vulturnalis.
Il Lucus Furrinae, detto anche Lucis Furrinae, era collocato sulle pendici del Gianicolo in corrispondenza dell'attuale parco di Villa Sciarra, dove si trovava anche una fonte a lei dedicata.
La Dea Furrina venne associata:
- Ai crocevia, essendo le sacerdotesse deputate alle direzioni e ai punti cardinali da loro creati e scoperti onde favorire i viaggi ma soprattutto la navigazione.
- Ai portali di ingresso, alle case, alle strade agli edifici, perchè la Dea presiedeva ai passaggi, soprattutto quelli della vita e della morte.
- Al fuoco, per il focolare familiare, per le torce che illuminano la notte e per il fuoco sacro trasformatore. Ma soprattutto fu la Dea delle due torce, quella in alto accesa che annuncia la vita, e quella in basso spenta che annuncia la morte.
- Alla magia, consumata nell'ombre dei boschi o nella notte rischiarata dalla luna.
- Alle pozioni curative, estratte dalle erbe e dai minerali, poichè nelle campagne erano le donne a conoscere e utilizzare le erbe medicinali.
- All'interrogazione dei morti per ottenere responsi.
INSULA BOLANIANA
1122-J123 - Scavi sotto Callisto II per la costruzione della chiesa dei ss. Quaranta (s. Pasquale Baylon) che occupa il sito dell' insula Bolaniana, CIL. VI, 67.
INSULA |
Durante questi scavi sarebbe stata scoperta l'ara n. 422 indicante il sito del Lucus Furinae.
Marcus Vettius Bolanus, che fu console nel 66 e proconsole della Britannia dal 69, prima di partire per la Britannia fece restaurare un'ara della Bona Dea posta nell'insula Bolani (cioè la sua) e successivamente un'immagine religiosa venne allestita per vegliare sull'Insula Bolani (o Bolaniana) da un certo Cladus. Sembra che l'ara della Boana Dea fosse inserita nel Lucus Furrinae.
Il LUCUS VIOLATO
"Del lucus Furinae si sa che Caio Gracco, fuggendo dai suoi avversari che, dopo aver occupato l'Aventino, lo inseguivano, cercò di riparare in Trastevere, traversando il ponte Sublicio; del quale intanto i pochi rimasti fedeli al tribuno tentarono impedire l'accesso ai partigiani del console Opimio, fino a che, sopraffatti dal numero, caddero uccisi.
In questo bosco sacro, Gaio Gracco rifugiato per fuggire ai suoi assassini, visto che lì era assicurata l'immunità in nome della Dea, si dovette far uccidere dal suo schiavo Filocrate nel 121 a.c. per sfuggire ai suoi implacabili e irreligiosi nemici. Da questo racconto si deduce che il lucus Furinae era situato in Trastevere, non lontano dal ponte Sublicio, dietro l'odierno ospedale di san Gallicano."
Una violazione del genere era un delitto quasi insanabile, molto più grave che non staccare un ramo o uccidere un animale del bosco sacro. Si era versato sangue umano e il senato, formato in maggioranza da patrizi e quindi avverso A Caio Gracco dovette sentirsi piuttosto in imbarazzo, tra la necessità di procedere all'espiazione della violazione del bosco sacro e il desiderio di troncare una volta per tutte le pretese dei plebei.
Procedere all'espiazione era ammettere il delitto che si volle invece passare sotto silenzio facendo tacere i rivoltosi. Non procedere all'espiazione significava invece la possibile vendetta della Dea e comunque l'impossibilità di operare cerimonie sacre in un territorio violato e dissacrato.
Dobbiamo pensare che il senato optasse per la seconda possibilità, visto che non si hanno più notizie del Lucus Furrinae tanto che i romani si erano addirittura dimenticati della sua esistenza. Pertanto la festa dei Ferrinalia cadde in disuso.