TERME STABIANE |
“Le decorazioni in stucco d'età romana costituiscono un genere di manifestazione d'arte (o Se si vuole, e forse personalmente preferirei, di artigianato) che ha fin qui scarsamente attirato l'interesse degli studiosi: molto il materiale ancora inedito, rari i lavori di sintesi sull'argomento. Tali sono
le giuste considerazioni con le quali il Mielsch inizia, in questo volume, il discorso sui rilievi in stucco romani. Ma se ciò avviene non è senza motivo se si pensi alla stessa fragilità della materia adoperata, nel caso estremamente raro che si conservini soffitti e volte che quegli stucchi decoravano, Del resto, anche una volta recuperati e rimessi in luce con lo scavo archeologico, gli stucchi sono soggetti a deterioramento o addirittura a distruzione (analoghe considerazioni fa A. Allroggen-Bedel nella recensione a questo volume in «Gymnasium' 83, 1976, 372 D'altro canto, l'opera di sintesi e di classificazione urta contro varie difficoltà quando, per esempio, si vogliano fissare ben chiari, determinati e determinanti, i caratteri distintivi dei manufatti nelle varie epoche e nei vari ambienti d'arte, come è invece possibile fare per altre manifestazioni artistiche e artigianali.
TERME DI POMPEI |
ambito però l'ipotesi d'origine alessandrina del rilievo decorativo in stucco non è ancora provata. In Italia poi si registra uno sviluppo con il passaggio al 'secondo stile' mentre in Grecia il 'primo stile' perdura fino agli ultimi decenni del I secolo a.c.
Oltre a ciò i soffitti a travature ed ancor più le volte a botte, tipiche dell'ambiente romano, consentivano particolare varietà di effetti plastici. Il M. poi fa rilevare come vadano di pari passo nello sviluppo stilistico e come si integrino nel sistema decorativo degli ambienti lo stucco e 1a pittura. Esempi per questo periodo sono a Roma la Casa dei grifi, la casa di Augusto sul Palatino, la villa di Livia a Prima Porta, a Pompei la Casa del Criptoportico, la Casa del Menandro.
Nell'età giulio-claudia (25—38) il M. avverte differenze stilistiche rispetto alla prima età augustea; una più regolare partizione dello spazio, il rilievo piuttosto basso, influenzato dal rilievo classico, una preferenza per i quadri mitologici ed idillici, ma la cosa più importante è forse il fatto che si diverse mani di artisti.
Oltre a ciò i soffitti a travature ed ancor più le volte a botte, tipiche dell'ambiente romano, consentivano particolare varietà di effetti plastici. Il M. poi fa rilevare come vadano di pari passo nello sviluppo stilistico e come si integrino nel sistema decorativo degli ambienti lo stucco e 1a pittura. Esempi per questo periodo sono a Roma la Casa dei grifi, la casa di Augusto sul Palatino, la villa di Livia a Prima Porta, a Pompei la Casa del Criptoportico, la Casa del Menandro.
Nell'età giulio-claudia (25—38) il M. avverte differenze stilistiche rispetto alla prima età augustea; una più regolare partizione dello spazio, il rilievo piuttosto basso, influenzato dal rilievo classico, una preferenza per i quadri mitologici ed idillici, ma la cosa più importante è forse il fatto che si diverse mani di artisti.
( Römische Stuckreliefs by Harald Mielsch - Review by: Alfonso de Franciscis Gnomon)
OPUS ALBARIUM
Detto tectorium, o albariam opus, è il tipo di pittura parietale a base di calce e pozzolana, miste a polvere di marmo o gesso che si adoperò per rivestire di uno strato di intonaco una superficie qualsiasi di opera architettonica o statuaria, per una successiva applicazione di colori. Vitruvio (VII, 3) e Plinio (Nat. Hist., XXXVI, 176) suggeriscono le norme per un buon impasto di stucco.
Il gesso più diffuso era quello cotto o per intonacatori, ottenuto cuocendo a una temperatura di circa 160 ° le rocce gessose (come la selenite). È anche documentato l'uso del canarino, costituito da una miscela di intonaci, selenite finemente tritata e colla animale: l'aggiunta di tali additivi era raccomandata non solo per aumentare la plasticità e la presa della velocità e rallentando invece l'indurimento, ma anche per migliorare la resistenza meccanica.
Per i soffitti si ricorreva in genere a matrici di grandi dimensioni simili a timbri pressati sullo stucco ancora fresco, permettendo di modellare elementi complessi in tempi brevissimi e seriale come greci, festoni di foglie o piccoli putti.
Ma lo stucco plastico è applicato sul fondo di pareti o di volte al soffitto, non per uno strato omogeneo, ma per composizioni in rilievo (caelatura tectorii). Già nel palazzo minoico di Cnosso si trovarono decorazioni parietali in stucco gessoso (1600 circa a.c.).La bontà dello stucco per intonaco aumenta con il numero degli strati, nonché della quantità e finezza della polvere di marmo, che conferisce allo stucco uniformità e bianchezza lucente.
Lo stucco plastico applicato a decorazioni parietali si sviluppò soprattutto in zone dove il marmo mancava o scarseggiava.
A Vulci, nell'Etruria, si trova uno dei più antichi esempi di stucco plastico nella decorazione ai lati della porta della Tomba François, celebre per le sue pitture (del 300 circa a.c.), o della Tomba dei Rilievi.
Lo stucco plastico era già conosciuto nel mondo ellenico. Pausania ricorda (VIII, 22, 5) che nel tempio di Artemide a Stinfale (Arcadia) c'erano rilievi che non capiva fossero eseguiti in legno o in stucco gessoso.
Però la grandezza e la versatilità, la molteplicità e l’abbondanza dell'uso, la diffusione e la razionalizzazione dell’arte dello stucco trovano il loro posto insuperato nel mondo romano.
A Pompei e a Roma, dove si hanno finora i massimi esempi di stucco plastico, la tecnica dello stucco deve stata trasmessa dall'Etruria, mentre gli artefici specialisti possono anche essere venuti dall'Oriente ellenistico.
Lo stucco plastico si usava:
a) per decorazione di superficie esterne, o facciate, di edifici e di monumenti, soprattutto sepolcrali;
b) per decorazione di ambienti interni, specialmente soggetti a sbalzi di temperatura, umidità e fumosità (come gli edifici termali);
c) per decorazione di ambienti sotterranei (specialmente ipogei sepolcrali), esposti all'umidità permanente del terreno.
IL MARMORINO
Anche allora si ricorreva allo stucco per gli occhi decorati a rilievo ed anche colorati (es.tombe macedoni); anzi, la copertura a marmorino facilitava la colorazione offrendone la base più idonea.
L'impasto di calce e pozzolana, miste a polvere di marmo, dilagò in epoca romana, soprattutto nelle zone dove non è facile reperire il marmo. E' la moda tutta romana del "marmorino".
STUCCO ROMANO - CHICAGO - I sec. |
A Pompei infatti, in seguito al terremoto del 63 d.c., dovendo ricostruire quasi da zero, si ricorse ampiamente al riutilizzo del materiale suscettibile di reimpiego attraverso le tecniche più raffinate. Il riciclaggio del materiale era razionalizzato al massimo: tutto il marmo, o la pietra calcarea non più integri o reintegrabili vennero macinati per diventare marmorino.
STUCCO ROMANO - CHICAGO - I sec. |
LA LAVORAZIONE
Lo stucco plastico, manipolato come una poltiglia molle, veniva applicato con una spatola alla superficie. Essendo lo stucco di lenta essiccazione, permetteva di modellare la materia con spatole più o meno sottili, o con stecche, arrotondate e non, ma anche con le dita, soprattutto con i pollici.
In molti casi si doveva usare una specie di bulino, perchè il lavoro sembrava fatto a cesello, come fosse un oggetto di oreficeria, spesso per figure esili e minute.
Nel caso di cornici o di motivi ornamentali ricorrenti, si faceva uso di appositi stampi o matrici, in metallo o terracotta. Del resto già gli etruschi usavano delle cornici a rilievo e pure policrome nelle loro tombe.
Gli stili architettonici si arricchiscono nell'elemento decorativo di rivestimento e nello stile delle superfici, poichè ha il vantaggio di essere molto plastico: a lisciatura piana, a rilievo (alto e basso, a tutto tondo), a modanature, a motivi stilistici richiedenti una forte aggettazione.
Alcuni soggetti rappresentati e la qualità della lavorazione, un impasto di calce e polvere di marmo, plasmato in maniera eccellente, avvicinano gli stucchi imperiali di Villa Farnesina a quelli della Basilica Neopitagorica di Porta Maggiore, risalente ai primi decenni del I secolo d.c., suggerendo l’ipotesi di una stessa provenienza delle maestranze impiegate nei due prestigiosi cantieri."
La Villa Farnesina venne poi abbandonata a causa delle continue esondazioni del Tevere che ogni volta costringevano all'abbandono e al restauro della villa e venne riscoperta solo nel 1879, dopo ben 1900 anni di oblio, durante i lavori di sistemazione degli argini del fiume.
Gli stucchi romani ricordano per la loro finezza un'opera di cesello o di oreficeria, arricchito di fine e delicata arte pittorica. Vi è un delicato lavoro a stecca, a spatola e a legni ricurvi. Come si vede dalle parti mancanti lo strato di stucco marmorino è molto leggero, ma di grande efficacia e durata.
Scendendo le scale invece si entrava nella tomba vera e propria, la camera dove venivano depositati i sarcofagi o le giare, a seconda se il morto aveva deciso di farsi cremare oppure no. Nella tomba dei Valeri si possono vedere pochissimi resti dei sontuosi marmi che ricoprivano la stanza, ma sul soffitto ci sono ancora degli stucchi in pasta di marmo molto ben conservati.
Sulla volta sono rappresentate moltissime figure e, a eccezione di tutte le sculture romane che erano coloratissime, qui invece era stato lasciato volutamente tutto in bianco. Dalla parte opposta della camera funeraria principale c'è anche un'altra stanza, le cui decorazioni sono completamente scomparse.
Lo stucco plastico, manipolato come una poltiglia molle, veniva applicato con una spatola alla superficie. Essendo lo stucco di lenta essiccazione, permetteva di modellare la materia con spatole più o meno sottili, o con stecche, arrotondate e non, ma anche con le dita, soprattutto con i pollici.
In molti casi si doveva usare una specie di bulino, perchè il lavoro sembrava fatto a cesello, come fosse un oggetto di oreficeria, spesso per figure esili e minute.
Nel caso di cornici o di motivi ornamentali ricorrenti, si faceva uso di appositi stampi o matrici, in metallo o terracotta. Del resto già gli etruschi usavano delle cornici a rilievo e pure policrome nelle loro tombe.
Il rilievo figurato romano non supera mai i due centimetri. Per finiture particolari, specie per le cornici di un aggetto maggiore (fino a 10 cm. e oltre), si faceva invece uso di perni di ferro sporgenti che fungevano da armatura dello stucco.
Per le grandi pareti o per le vòlte, si eseguiva anzitutto la riquadratura generale. Le immagini erano dapprima un abbozzo a larghi tratti di spatola, sull'intonaco ancora fresco, e ricoperto quindi a poco a poco dal rilievo, ma pure modificandolo durante il lavoro.
A parte i rivestimenti architettonici, lineari (stile "d'incrostazione"), gli stucchi di rivestimento più belli li osserviamo a Pompei dagli edifici termali: Terme Stabiane, del Foro, Centrali.
Nelle Terme Stabiane le volte dell'apodyterium (spogliatoio) e dell'atrio erano ripartite in lacunari o cassettoni, quadrangolari e ottagonali, con clipei e motivi araldici a rilievo in stucco bianco.
Lo stucco veniva anche usato come decorazione parietale a partire da una certa altezza, in modo che nessuno toccandolo lo deteriorasse, soprattutto nel cosiddetto "terzo stile". Per questo si trovano interi colonnati di mattoni rivestiti d’intonaco di cotto e quindi lisciati a marmorino, a perfetta imitazione di quelli di marmo vero. Del marmo, infatti, essi ripetono il candore o il colore, anche con le venature, dato che detto intonaco è già, secondo Vitruvio, la conditio sine qua non per la pittura a fresco.
MUSEO NAZIONALE ROMANO |
Nelle Terme Stabiane le volte dell'apodyterium (spogliatoio) e dell'atrio erano ripartite in lacunari o cassettoni, quadrangolari e ottagonali, con clipei e motivi araldici a rilievo in stucco bianco.
Lo stucco veniva anche usato come decorazione parietale a partire da una certa altezza, in modo che nessuno toccandolo lo deteriorasse, soprattutto nel cosiddetto "terzo stile". Per questo si trovano interi colonnati di mattoni rivestiti d’intonaco di cotto e quindi lisciati a marmorino, a perfetta imitazione di quelli di marmo vero. Del marmo, infatti, essi ripetono il candore o il colore, anche con le venature, dato che detto intonaco è già, secondo Vitruvio, la conditio sine qua non per la pittura a fresco.
L’impiego dello stucco da materiali di recupero o di risulta dalla lavorazione nei cantieri diventa perciò una colossale impresa economica, poichè si raggiungono gli scopi della solidità e della bellezza senza ricorrere a materiali nuovi (marmi e pietra), il cui costo di cava, di trasporto, di modulazione, doveva essere, tanto più allora, molto alto.
Tuttavia, per non ricorrere a materiali di primo impiego, in ogni epoca, s’è perpetrata la demolizione sistematica di splendidi e irripetibili monumenti (primo fra tutti il celeberrimo Mausoleo di Alicarnasso, a Misala, nella capitale degli Ecatomnidi finchè purtroppo non venne demolito per il riutilizzo dei materiali da parte dei poco colti Cavalieri di San Giovanni.
Tuttavia, per non ricorrere a materiali di primo impiego, in ogni epoca, s’è perpetrata la demolizione sistematica di splendidi e irripetibili monumenti (primo fra tutti il celeberrimo Mausoleo di Alicarnasso, a Misala, nella capitale degli Ecatomnidi finchè purtroppo non venne demolito per il riutilizzo dei materiali da parte dei poco colti Cavalieri di San Giovanni.
STUCCO DI EROTE - DA POZZUOLI - BRITISH MUSEUM |
Nella Roma repubblicana ed imperiale, già impregnata di civiltà etrusca, arrivano maestranze dall’Attica, dalla Ionia, dalle famose isole dell’Egeo, che accrescono la loro arte attraverso il marmorino, usato come materiale da modellare, nelle terme, le case, le aule, i mausolei, che si rivestono di motivi vegetali, di festoni, di cornucopie, di personaggi e fatti che allacciano il presente ai miti del passato.
I motivi ripetitivi a stampo, modanature intagliate, fregi decorati, ecc., venivano pure eseguiti a fresco, applicando sull'intonaco le opportune quantità di marmorino corrispondenti alla lunghezza del sigillo; questo veniva debitamente unto; con esso si imprimeva il marmorino, quando cominciava ad indurirsi, rifinendolo, di seguito, con le stecche metalliche.
Il decoro ed il racconto murale a stucco si accompagnano all'affresco e al rilievo marmoreo, come nella Villa dei Misteri di Pompei nel cui grande portico meridionale emergono ancora colonne scanalate e supporti murali rivestiti di stucco-marmorino. Anche il suo affresco è intonaco di marmorino.
Gli stessi palazzi imperiali godettero a Roma la bellezza degli stucchi. Resti di volte stuccate, ripartite in cassettoni con figure ed emblemi vari, ravvivate da colori, da dorature e in origine anche da pietre variegate, si conservano così tra i ruderi grandiosi del Palatino (supposta casa di Tiberio, Criptoportico, case sotto il palazzo dei Flavi).
Ma superbi stucchi decorarono pure gli edifici della Domus Aurea di Nerone, come quelli della villa di Domiziano, a Castel Gandolfo. Anche gli ambulacri dell'anfiteatro Flavio (Colosseo) e le "grandi terme" della villa tiburtina di Adriano conservano tracce di stucchi.
Ma superbi stucchi decorarono pure gli edifici della Domus Aurea di Nerone, come quelli della villa di Domiziano, a Castel Gandolfo. Anche gli ambulacri dell'anfiteatro Flavio (Colosseo) e le "grandi terme" della villa tiburtina di Adriano conservano tracce di stucchi.
STUCCHI DELLA FARNESINA
Uno dei lavori più importanti e significativi venne reperito nel 1879, nella villa di età cesariana-augustea, detta della Farnesina, in Trastevere (Roma), ora conservato nel Museo Nazionale Romano.
Sono ampie superfici di volte, simmetricamente ripartite in specchi quadrangolari di varia grandezza: i riquadri maggiori incorniciano scene mitologiche, soprattutto bacchiche o paesaggistiche; i riquadri minori invece figure allegoriche o motivi floreali.
Queste decorazioni sono conservate oggi al Museo Archeologico Nazionale di Palazzo Massimo a Roma e constavano di stucco e dipinti che decoravano una delle più lussuose residenze suburbane d’età augustea, fatta costruire da Ottaviano forse in occasione delle nozze della figlia Giulia con Marco Vipsanio Agrippa nel 21 a.c..
"La delicatezza e la naturalezza del modellato, reso con uno stile impressionistico e disinvolto, hanno permesso di elaborare complessi schemi ornamentali, con campiture di forme diverse, che inquadrano scene ispirate a riti di iniziazione misterica; paesaggi idillico-sacrali e soggetti dionisiaci, spesso tratti dalla pittura coeva.
FARNESINA |
Purtroppo ad oggi non esiste una pubblicazione esaustiva che spieghi al meglio i soggetti trattati nella decorazione a rilievo dei soffitti e del notevole repertorio iconografico, vario e fantasioso, ma sembra chiaro che questi siano molto interessanti e suggestivi.
Alcuni soggetti rappresentati e la qualità della lavorazione, un impasto di calce e polvere di marmo, plasmato in maniera eccellente, avvicinano gli stucchi imperiali di Villa Farnesina a quelli della Basilica Neopitagorica di Porta Maggiore, risalente ai primi decenni del I secolo d.c., suggerendo l’ipotesi di una stessa provenienza delle maestranze impiegate nei due prestigiosi cantieri."
(Claudia Viggiani)
La Villa Farnesina venne poi abbandonata a causa delle continue esondazioni del Tevere che ogni volta costringevano all'abbandono e al restauro della villa e venne riscoperta solo nel 1879, dopo ben 1900 anni di oblio, durante i lavori di sistemazione degli argini del fiume.
Gli stucchi romani ricordano per la loro finezza un'opera di cesello o di oreficeria, arricchito di fine e delicata arte pittorica. Vi è un delicato lavoro a stecca, a spatola e a legni ricurvi. Come si vede dalle parti mancanti lo strato di stucco marmorino è molto leggero, ma di grande efficacia e durata.
Ma per tutta l'età imperiale il rilievo a stucco riguarda soprattutto la decorazione di sepolcri: dalla via fuori la Porta Ercolanese a Pompei, fra cui quello di Umbricio Scauro, che aveva all'esterno rilievi ispirati agli spettacoli gladiatori, a quelli romani della Farnesina, a quelli basilica sotterranea di Porta Maggiore.
BASILICA DI PORTA MAGGIORE
La decorazione, in stucco bianco a rilievi, occupava al completo, e tuttora si conserva in gran parte, le pareti, le volte e i pilastri, di un'ampia sala rettangolare a tre navate (metri 12 × 9), nonché del vestibolo di accesso.
La consumata maestria con cui sono ripartite in riquadri le varie superficie del sotterraneo, l'eleganza in genere dei numerosissimi motivi figurati, mitologici e vari, è davvero incredibile.
La finezza di esecuzione specialmente dei rilievi della volta principale, valgono a far assegnare senza difficoltà il monumento all'età migliore dell'arte romana, cioè alla prima metà del sec. I dell'impero.
La composizione figurata dell'abside, col suicidio di Saffo che si getta dallo scoglio di Leucade, è la più grandiosa e la più vasta composizione in cui si sia cimentato un maestro dell'arte.
Le lacune del quadro, corrispondenti alle parti di rilievo cadute, hanno rimesso allo scoperto i segni tracciati alla brava sull'intonaco fresco, a titolo di traccia o di abbozzo preparatorio. Tutto è stupendamente drammatico.
La consumata maestria con cui sono ripartite in riquadri le varie superficie del sotterraneo, l'eleganza in genere dei numerosissimi motivi figurati, mitologici e vari, è davvero incredibile.
La finezza di esecuzione specialmente dei rilievi della volta principale, valgono a far assegnare senza difficoltà il monumento all'età migliore dell'arte romana, cioè alla prima metà del sec. I dell'impero.
La composizione figurata dell'abside, col suicidio di Saffo che si getta dallo scoglio di Leucade, è la più grandiosa e la più vasta composizione in cui si sia cimentato un maestro dell'arte.
Le lacune del quadro, corrispondenti alle parti di rilievo cadute, hanno rimesso allo scoperto i segni tracciati alla brava sull'intonaco fresco, a titolo di traccia o di abbozzo preparatorio. Tutto è stupendamente drammatico.
TOMBA DEI PANCRAZI
Al contrario di quella dei Valeri, della tomba dei Pancrazi, della prima metà del II sec., non sono rimaste le strutture superiori se non una parte del mosaico. In ogni caso non doveva essere molto differente. Le camere sepolcrali invece sono una vera e propria opera d'arte.
Nella prima stanza, a terra c'era un mosaico e poi, addossate alle pareti, diverse nicchie in cui venivano riposte le giare con le ceneri dei defunti. Sopra le nicchie invece c'era ancora un sarcofago strigilato con un iscrizione e i volti di due persone.
Volti però rimasti incompiuti, probabilmente perché i defunti dovevano essere morti prima che l'artista avesse il tempo di imprimere i loro lineamenti nel marmo.
Il soffitto, ben affrescato, aveva un'apertura per comunicare con il piano superiore. Questo perché quando i parenti venivano a banchettare, lasciavano delle offerte calandole nella tomba. Offerte che poi col tempo finivano nel tombino in mezzo alla sala.
Passiamo nell'altra sala e lo spettacolo è ancora maggiore: un enormemente sarcofago occupa quasi tutto lo spazio. È stato fatto così proprio per impedirne il furto: in pratica prima hanno fatto la stanza e riposto il sarcofago, poi l'hanno chiusa dall'alto costruendoci sopra la tomba.
Il soffitto è arricchito così tanto da affreschi e stucchi che sembra quasi la tomba di un imperatore. La più bella che abbia mai visto. Non si riesce a staccare gli occhi dal soffitto e quasi non mi accorgo nemmeno dei mosaici che stanno sul pavimento.
Di fattura piuttosto scadente e di età certamente più tarda dei precedenti sono gli stucchi decorativi degli ipogei sepolcrali rinvenuti intorno al 1915 sotto la Basilica di S. Sebastiano ad Catacumbas sulla Via Appia.
Al contrario di quella dei Valeri, della tomba dei Pancrazi, della prima metà del II sec., non sono rimaste le strutture superiori se non una parte del mosaico. In ogni caso non doveva essere molto differente. Le camere sepolcrali invece sono una vera e propria opera d'arte.
Nella prima stanza, a terra c'era un mosaico e poi, addossate alle pareti, diverse nicchie in cui venivano riposte le giare con le ceneri dei defunti. Sopra le nicchie invece c'era ancora un sarcofago strigilato con un iscrizione e i volti di due persone.
Volti però rimasti incompiuti, probabilmente perché i defunti dovevano essere morti prima che l'artista avesse il tempo di imprimere i loro lineamenti nel marmo.
Il soffitto, ben affrescato, aveva un'apertura per comunicare con il piano superiore. Questo perché quando i parenti venivano a banchettare, lasciavano delle offerte calandole nella tomba. Offerte che poi col tempo finivano nel tombino in mezzo alla sala.
Passiamo nell'altra sala e lo spettacolo è ancora maggiore: un enormemente sarcofago occupa quasi tutto lo spazio. È stato fatto così proprio per impedirne il furto: in pratica prima hanno fatto la stanza e riposto il sarcofago, poi l'hanno chiusa dall'alto costruendoci sopra la tomba.
SOFFITTO TOMBA PANCRAZI |
Di fattura piuttosto scadente e di età certamente più tarda dei precedenti sono gli stucchi decorativi degli ipogei sepolcrali rinvenuti intorno al 1915 sotto la Basilica di S. Sebastiano ad Catacumbas sulla Via Appia.
Di questi ipogei uno presenta la volta ripartita in cassettoni esagonali con rosette, sviluppati intorno a un cassettone centrale del pari a motivi ornamentali geometrici; l'altro, con finti pilastrini alle pareti, ha tutta la volta, a crociera, occupata da una fantasiosa decorazione di rami di vite, con pampini e grappoli, partenti da vasi posti agli spigoli della volta.
Decorazioni affini, con lacunari in rilievo e rosette, ricoprono anche le volte di corridoi vicini. D'altronde, come già espresso la nuova religione dette un colpo notevolissimo all'arte romana, in parte perchè i grandi artisti non venivano più richiesti in quanto l'arte, a meno che non fosse a scopi religiosi, era vanità e peccato.
Ma c'era di più: poichè la religione cristiana prevedeva un'abnegazione totale e un'esaltazione mistica, o almeno una forte spiritualità, gli artisti, non provando dentro di sè tale afflato, finirono per creare figure immobili e fisse, prive di sentimenti e fluidità, cosa che si affermerà ancora di più nello stile bizantino.
Decorazioni affini, con lacunari in rilievo e rosette, ricoprono anche le volte di corridoi vicini. D'altronde, come già espresso la nuova religione dette un colpo notevolissimo all'arte romana, in parte perchè i grandi artisti non venivano più richiesti in quanto l'arte, a meno che non fosse a scopi religiosi, era vanità e peccato.
Ma c'era di più: poichè la religione cristiana prevedeva un'abnegazione totale e un'esaltazione mistica, o almeno una forte spiritualità, gli artisti, non provando dentro di sè tale afflato, finirono per creare figure immobili e fisse, prive di sentimenti e fluidità, cosa che si affermerà ancora di più nello stile bizantino.
TOMBA DEI VALERI |
TOMBA DEI VALERI A VIA LATINA
La tomba dei "Valerî" del II sec. d.c., è distinta, nella volta, da una decorazione a grandi cassettoni quadrati, alternati a medaglioni tondi: nell'interno di questi è ripetuto con varianti il motivo, trattato con grande finezza di tocco, della Naiade seduta sul dorso di un Tritone o altro mostro marino. Graziose figure di Ninfe danzanti, inquadrate dentro motivi floreali, occupano le lunette estreme delle opposte pareti.
D'una finezza d'esecuzione minore sembrano gli stucchi dell'altra camera sepolcrale, i quali però risultano tuttora abbelliti dai vivi colori, impiegati sia come fondi delle figure in rilievo, sia per esecuzione di quadretti dipinti veri e propri, su piani lisci, alternati ai cassettoni in rilievo. Interessanti tra questi, quattro originali riquadri di soggetto mitologico. Di una riuscita complessità risulta anche la decorazione policroma delle lunette.
È una ricostruzione dell'ottocento, ma rende perfettamente l'idea di come doveva essere il sepolcro: un recinto circondava la tomba, alta due piani. Al livello del terreno c'era una sala che veniva utilizzata per i banchetti nei giorni in cui la famiglia si riuniva per stare vicina ai defunti.
TOMBA DEI VALERI |
Scendendo le scale invece si entrava nella tomba vera e propria, la camera dove venivano depositati i sarcofagi o le giare, a seconda se il morto aveva deciso di farsi cremare oppure no. Nella tomba dei Valeri si possono vedere pochissimi resti dei sontuosi marmi che ricoprivano la stanza, ma sul soffitto ci sono ancora degli stucchi in pasta di marmo molto ben conservati.
Sulla volta sono rappresentate moltissime figure e, a eccezione di tutte le sculture romane che erano coloratissime, qui invece era stato lasciato volutamente tutto in bianco. Dalla parte opposta della camera funeraria principale c'è anche un'altra stanza, le cui decorazioni sono completamente scomparse.
GLI STUCCHI DI POZZUOLI
Degli ipogei sepolcrali fuori Roma, d'età imperiale, si ricorda l'ipogeo di Pozzuoli, in Via delle Vigne, nel 1926, del I del sec. d.c.. La mancanza assoluta di veri e propri stucchi decorativi nei cimiteri sotterranei cristiani fu dovuta non all'alto costo, come alcuni hanno scritto. perchè esistevano cristiani ricchissimi, ma per la decadenza dell'arte in genere con l'avvento del cristianesimo.
BIBLIO
- G. B., Le vòlte a stucco di ant. edifici romani, in Archit. e arti decorative, 1922-23
- G. Wilpert, Le pitture delle Catacombe, Roma 1903
- E. L. Wadsworth, Stucco reliefs of the first and second centuries still extant in Rome, in Memoirs of the American Academy, IV, Roma 1924
- G. Bendinelli, Il monumento sotterraneo di Porta Maggiore, in Monumenti dei Lincei, XXXI, 1927