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GUERRA ROMANO-SIRIACA ( 192 - 188 A.C.)

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PARTI
«Non vi fu altra guerra più temibile per la sua fama, poiché i Romani pensavano ai Persiani ed all'Oriente, a Serse ed a Dario, ai giorni in cui si diceva che monti inaccessibili erano stati scavati e che il mare era stato coperto di vele
(Floro, Epitoma di storia romana, I, 24.2.)
La guerra romano-siriaca, chiamata anche guerra romano-seleucide o guerra contro Antioco III e lega etolica, fu uno scontro bellico che vide contrapposti i romani e i loro alleati contro l'impero seleucide e la Lega etolica, tra il 192 e il 188 a.c.

La vittoria arrise nettamente a Roma, che divenne sempre più padrona dell'Asia Minore. Ma la più notevole di questa guerra fu la battaglia delle Termopili che ebbe luogo nell'aprile del 191 a.c. tra l'esercito seleucide di Antioco III il Grande e quello romano comandato da Manio Acilio Glabrione.



LA SITUAZIONE

Le tre dinastie dei diadochi, i generali macedoni che alla morte di Alessandro Magno (323 a.c.) si erano contesi il controllo del suo impero nelle sei guerre dei diadochi. Nel 218 a.c. cinque grandi potenze si contendevano tra precari equilibri il primato dei commerci sul Mediterraneo:

TERRITORI ROMANI E SELEUCIDI NEL 200 A.C. (INGRANDIBILE)
- Quella seleucide (padrona dei territori che dall'Asia minore si estendevano fino alla Siria, Mesopotamia e Persia),
- quella tolemaica (sull'Egitto),
- quella antigonide (su Grecia e Macedonia),
- quella della città stato di Cartagine.
- quella della città stato di Roma.

Le cose però cambiarono con la II guerra punica tra Cartagine e Roma (218-201 a.c.), per la netta supremazia in Occidente dell'Urbe, mentre Cartagine passò a un ruolo marginale. Roma peraltro dovette combattere sul fronte orientale contro Filippo V, che aveva concluso un'alleanza con Cartagine nella I guerra macedonica (215-205 a.c.).



L'EGITTO SI ALLEA CON ROMA

Rodi intanto si era alleata con Attalo I (290 - 197 a.c.) di Pergamo, riuscendo a respingere gli attacchi macedoni, ma con gravissime perdite, per cui sia Attalo che i rodiesi si rivolgono a Roma, che, sebbene stremata dalla guerra contro Cartagine, decide di intervenire, in parte temendo l'alleanza seleucide-macedone (201 a.c.), in parte perchè non intervenendo teme che i suoi stati sudditi possano ribellarsi.

ATTALO I
Nel 203 a.c., quando Filippo stringe alleanza con Antioco III, ed insieme muovono guerra ai possedimenti Tolemaici del mar Egeo, per cui i Seleucidi ottengono tutti i possedimenti tolemaici in Asia minore (come la Caria, la Licia, o le città di Efeso in Lidia e Abido in Misia) e costringono l'Egitto ad allearsi con Roma per evitare il peggio.

Dopo la morte di Alessandro, tre dei suoi generali (Tolomeo, Seleuco e Antigono) si erano divisi l'impero: Rodi aveva stretto legami culturali e commerciali con i Tolomei di Alessandria formando la lega rodo-egiziana che controllò i traffici commerciali nell'Egeo per tutto il III secolo a.c..

Così nel 200 a.c. Roma invia a Filippo un ultimatum che cade nel vuoto. Allora la repubblica Romana si allea con i Rodiesi ed Attalo, dal 199 a.c. contro Etoli e dal 198 a.c. anche contro la Lega achea (280 a.c. - 146 a.c.) 

Rodi si impadronì della costa caria, con la quale costituì la Perea Rodia, territorio che raggiunse la massima estensione dopo il trattato di Apamea del 188 a.c., inglobando anche le città della Licia.



LA GUERRA MACEDONICA

Ne nasce la II guerra macedonica  (200 a.c.-197 a.c.che culminò nella battaglia di Cinocefale (Tessaglia) dove Filippo fu sconfitto pesantemente dai Romani del console Flaminino. A Filippo venne lasciata solo la Macedonia, ma nel 196 a.c. Flaminino proclamò la libertà della Grecia tra l'acclamazione generale.

Frattanto Antioco III passava in Europa ed occupava parte della Tracia, mettendovi al suo governo il figlio minore, Seleuco IV. Strinse poi relazioni amichevoli con Rodi, Bisanzio e con i Galati, e promise in moglie sua figlia Cleopatra a Tolomeo V d'Egitto.

ANTIOCO III

ANTIOCO CONTRO ROMA

Alla fine erano rimaste solo due grandi potenze: l'Impero seleucide in Oriente e Roma in Occidente. Così quando nel 196 a.c. Lampsaco, città della Troade, chiese aiuto a Roma, spaventata dall'avvento di Antioco I, Roma inviò il console Tito Quinzio Flaminino dal re seleucide perchè abbandonasse tutti i territori dell'Asia minore appartenuti in precedenza all'Egitto, lasciando libere le città di Lampsaco, Smirne e Alessandria Troade.

Antioco propose l'arbitrato di Rodi, ma la falsa notizia della morte di Tolomeo V, sospese i negoziati, e se ne tornò in Siria. I negoziati ripresero tre anni più tardi nel 193 a.c., ancora una volta infruttiferi: Antioco offriva la sua alleanza a Roma in cambio del riconoscimento delle sue conquiste, comprese
quelle in Tracia e nell'Ellesponto, ma la sua proposta fu ritenuta dai Romani una sfida.

«Se Antioco lascerà liberi ed indipendenti i Greci dell'Asia minore, e si manterrà fuori dai territori dell'Europa, egli potrà essere considerato un amico ed alleato del popolo romano, se lo desidera
(Appiano, Guerra siriaca, 6.)
Dalla parte dei Romani c'era poi il re di Pergamo, Eumene II, il cui fratello, Attalo II, si trovava a Roma in quel periodo. I nuovi negoziati che seguirono si svolsero ad Efeso, ma furono interrotti dalla morte del figlio di Antioco, che era stato associato dal padre, al trono fin dal 209 a.c.


CASUS BELLI

Alla Lega etolica non piacquero le pesanti concessioni territoriali che avevano dovuto fare ai romani, come contributo per il loro aiuto in guerra, per cui chiesero aiuto ad Antioco III il Grande a capo dell'impero seleucide per liberare la Grecia dall'oppressione romana, anche se il re seleucide all'inizio tentennò, ma poteva ora avvalersi dell'esperienza di Annibale, suo consigliere militare nel 196-195 a.c.

Nella primavera del 192 a.c., gli Etoli provarono a sovvertire i governi locali di quattro grandi città greche: Demetriade, Calcide, Corinto e Sparta. Narra Livio che Demetriade fu convinta a rimanere fedele alleata di Roma dall'intervento dello stesso Tito Quinzio Flaminino. Gli Etoli, sebbene avessero fallito nel loro tentativo di sedizione, erano ormai decisi a scatenare una guerra contro Roma, a fianco di Antioco del quale dicevano che:
« ...stava arrivando con un ingente esercito di fanti e cavalieri, dall'India erano stati fatti arrivare degli elefanti e soprattutto tanto oro da poter comprare gli stessi Romani.»

(Tito Livio, Ab urbe condita libri, XXXV, 32, 4.)
Demetriade cadde in mano agli Etoli. Poi Sparta, il cui tiranno, Nabide, fu ucciso con l'inganno; ma gli Spartani, si ribellarono e uccisero gli etoli vendendone molti come schiavi. Gli abitanti di Calcide invece si barricarono tra le mura cittadine prima dell'attacco e gli etoli desistettero.



ANTIOCO E IL SUO ESERCITO

Verso la fine del 192 a.c. Antioco attaccò la Grecia con circa 10.000 fanti, 500 cavalieri, sei elefanti ed una flotta composta da 100 navi da guerra e 200 da carico. Non era un grande esercito.

I TERRITORI NEL 192 A.C.
I Romani, che avevano reclutato ben 20.000 legionari romani e 40.000 tra gli alleati Italici, con la primavera riuscirono ad inviare ad Apollonia in Illiria, un esercito di 20.000 fanti e 2.000 cavalieri avendo, inoltre, predisposto una flotta a Brundisium. Per prima cosa Roma inviò come ambasciatore agli Etoli, un certo Publio Villio Tappulo, che minacciasse un intervento romano in zona.

Antioco intanto aveva iniziato a invadere la Grecia, grazie anche ai consigli di Annibale, che avrebbe suggerito di attaccare Roma su due fronti, sul mar Egeo, e in Italia, con una flotta seleucide e 10.000 armati, per riconquistare il potere a Cartagine, ed invadere nuovamente l'Italia dall'Epiro (auspicando in un'alleanza con Filippo V di Macedonia), occupandone i punti strategici principali.

Annibale fu autorizzato dal re selucide ad inviare un messaggero a Cartagine per sobillarli, ma il messaggio fu scoperto e distrutto da chi temeva un nuovo scontro "suicida" di Cartagine contro Roma. Sembra che nel 192 a.c. Annibale e Scipione l'Africano, si incontrarono per la seconda ed ultima volta nella loro vita per trovare un accordo tra le parti. 

In verità si era creato ormai un forte legame tra il cartaginese ed il romano, l'unico ritenuto da Annibale alla sua altezza. Sembra che i due si stimassero molto per l'intelligenza nell'arte del comando e per l'onestà dell'animo dimostrate da entrambe le parti.



TEMPIO DI LAODICEA

Nel 1943 gli archeologi hanno scoperto un'antica iscrizione in greco che menzionava un tempio di Laodicea, costruito da Antioco III il Grande (223-187 a.c.), re seleucide che governava l'Asia minore, per sua moglie Laodicea.

I culti cittadini in onore di Antioco III e di Laodice riflettevano il prestigio personale della regina per la quale nel 213 a.c. la città di Sardi aveva decretato la costruzione di un recinto sacro, un altare, feste in suo onore con processione e sacrificio. Durante le festività in onore della regina, la popolazione era esentata dal pagamento delle tasse.

Il documento è un editto del 193 a.c. con il quale Antioco III introdusse nell'impero il culto ufficiale della regina Laodice, affiancandolo al culto degli antenati e al suo stesso culto.
L'editto dispone che in ogni satrapia, accanto ai gran sacerdoti degli antenati e di Antioco, siano istituite le grandi sacerdotesse della regina Laodice, che avrebbero portato una corona d'oro sacerdotale con l'immagine della sovrana, con cui dovevano avere un rapporto di parentela.



IL VALORE DI ANTIOCO

Antioco III fu il più illustre esponente della dinastia seleucide, conquistò la nazione dei Parti, nell'Iran nord-orientale, e la Battriana, nell'Asia centrale, combatté contro il faraone Tolomeo V e nel 198 a.c. conquistò la Palestina e il Libano. Più tardi si scontrò con i Romani, che però lo sconfissero alle Termopili nel 191 a.c. ed a Magnesia (oggi Manisa, in Turchia), nel 190 a.c.. La pace costò ad Antioco la cessione di tutti i suoi domini ad ovest del massiccio del Tauro.


- 192 a.c. - Antioco III, prima tentare di stipulare inutilmente accordi con i Romani (offrendo loro di lasciare liberi i Rodii, gli abitanti di Bisanzio e di Cizico, tutti i Greci anche dell'Asia Minore, a parte gli Etoli, gli Ionii ed i re barbari dell'Asia), sbarcò in Eubea con 10.000 armati, e proclamarsi protettore della libertà dei Greci. Il re seleucide confidava, inoltre, che alla sua alleanza si sarebbero uniti sia i Lacedemoni di Sparta che i Macedoni di Filippo V.

Antioco dapprima sbarcò ad Imbro, da lì passò a Sciato, a Pteleo, a Demetriade, e a Falara nel golfo Maliaco in Tessaglia, poi a Lamia, dove si concretizzava l'alleanza tra Seleucidi ed Etoli e si conferiva al sovrano seleucide il ruolo di sua guida.

CAVALLERIA SELEUCIDA


L'ECCIDIO DEI LEGIONARI

La Calcide però non volle allearsi, ma nemmeno i Beoti, e gli Achei ed il re Athamania di Amynandro. Anzi gli Achei si accordarono con i Romani. Antioco fece porre sotto assedio la città di Calcide, ma 500 legionari Romani furono inviati verso la città per difenderla. 

I Romani vennero intercettati lungo strada, uccisi e fatti prigionieri. I pochi Romani sopravvissuti allo scontro, si erano ritirati sull'Euripo. Roma è allibita, la sete di vendetta era alta, ma anche se in questa circostanza il re aveva ottenuto due nuovi relativi successi, la maggior parte delle città-stato della Grecia, non si allearono a lui.

- 191 a.c. - L'alleanza seleucide-etolica cominciò ad incrinarsi nell'inverno del 192/191 a.c., quando l'invasione della Tessaglia fece chiedere a Filippo V l'alleanza coi Romani, anche perchè gli Etoli ricordavano che dovevano la loro indipendenza a Roma. Antioco, con l'avvicinarsi dell'inverno, decise di far ritorno a Calcide, fece inviare la flotta in Asia Minore per recuperare approvvigionamenti per la campagna militare dell'anno successivo.



LE TERMOPILI

In primavera l'esercito consolare di Acilio Glabrione formato da: 
- due legioni romane 
- due di alleati italici, 
per un totale di 20.000 fanti, 2.000 cavalieri ed alcuni elefanti, 
sbarcato ad Apollonia in Illiria, si unì all'alleato macedone e, convergendo su Pelinna, l'espugnarono facendo fuggire re Amynandro ad Ambracia. 

Allora Acilio Glabrione assunse, col consenso del re macedone, il comando di tutto l'esercito e marciò verso il sud della Tessaglia, dove cacciò tutte le guarnigioni nemiche che presidiavano le città dell'Athamania, facendo 3.000 prigionieri tra le forze dei Seleucidi.

Antioco allora inviò messaggeri in Asia per sollecitare l'arrivo di Polissenida, mentre egli si attestava con:
LEGIONARI ROMANI EPOCA REPUBBLICANA
- 10.000 fanti, 
- 500 cavalieri, 
oltre agli alleati a guardia del passo delle Termopili, il luogo della famosa battaglia tra Greci e Persiani, per impedire al nemico di penetrare più a sud, e qui attendere l'arrivo dei rinforzi.
Inoltre fece costruire un doppio vallo su cui egli pose le macchine d'assedio, e ordinò a 1.000 Etoli di presidiare la cima delle montagne vicine e ad ad Eraclea Trachinia, per impedire possibili attacchi romani alle spalle.

Il Comandante romano Acilio Glabrione, che conosceva la storia greca, si ricordò dell'esistenza di un percorso diverso per superare il passo delle Termopili già utilizzato secoli prima dai Persiani per sorprendere i Greci.

Casualmente, un reparto romano condotto da Marco Porcio Catone (234 a.c. - 149 a.c.) incappò in un avamposto che Antioco aveva disposto per custodire il percorso. 

Riuscì a catturare uno dei greci e a scoprire la posizione della forza principale di Antioco e che la guarnigione posta a difesa del percorso ammontava a 600 armati Etoli che i Romani attaccarono e dispersero immediatamente. 

Intanto il grosso dell'esercito romano attaccò l'esercito principale di Antioco e, durante la battaglia, si videro gli Etoli in fuga da Catone e poi Catone stesso, così l'esercito di Antioco si intimorì, avendo sentito parlare del micidiale metodo di combattimento dei romani e, preso tra due fronti, subì una totale sconfitta mentre cercava di raggiungere il proprio accampamento, che venne invaso dai romani. 

Le perdite romane risultarono assai irrilevanti (circa 200 armati), mentre la maggior parte dell'esercito di Antioco fu annientato o ridotto in schiavitù, tanto che il re seleucide si imbarcò a Calcide e fuggì in Asia, ad Efeso, con soli 500 armati (maggio-giugno). Si racconta, infine, che Antioco stesso fu colpito alla bocca da una pietra e perse alcuni denti.

SOLDATI SELEUCIDI

LA RESA

Contemporaneamente a Roma la vittoria fu celebrata con grandi sacrifici e Filippo V di Macedonia fu ricompensato della sua alleanza, lasciando libero il figlio Demetrio, il quale era stato ostaggio della Repubblica romana.

A questo punto i romani ricevettero le suppliche dei Focesi e dei Calcidiesi, precedentemente alleati di Antioco. Allora Acilio Glabrione e Filippo V invasero l'Etolia, ponendo molte città sotto assedio e catturando Democrito, il generale degli Etoli. 

Questi inviarono al console romano ambasciatori per chiedere una tregua, che Acilio Glabrione alla fine accordò. I Romani avevano ormai conquistato Lamia ed Eraclea Trachinia, e Filippo V l'intera Tessaglia, mentre gli Achei si erano ripresi l'intero Peloponneso.

Intanto Antioco III, tornato in Asia Minore e venuto a conoscenza di questi accadimenti, rimase terrorizzato e comprese ciò che Annibale gli aveva predetto. Decise così di inviare messaggeri in Asia per sollecitare l'arrivo di Polissenida, mentre egli si attestava con 10.000 fanti, 500 cavalieri oltre agli alleati a guardia del passo delle Termopili (già noto per la famosa battaglia tra Greci e Persiani), per impedire al nemico di penetrare più a sud, e qui attendere l'arrivo dei rinforzi.un esule di Rodi.

Traversò di nuovo l'Ellesponto e riprese a fortificare le coste del Chersoneso tracico con Sestus e Abydus sulla sponda asiatica, dove sarebbero dovute passare le legioni romane per invadere l'Asia Minore.

LEGIONARI ROMANI

GAIO LIVIO SALINATORE

Alla fine dell'estate la flotta romana, sotto il comando di Gaio Livio Salinatore, di: 
- 81 quinqueremi e 24 di piccole dimensioni, 
con la flotta dell'alleato di Pergamo, Eumene II di: 
- 44 grandi navi e 26 di piccole dimensioni, 
vinse i seleucidi di Polissenida al comando di: 
- 200 navi, 70 delle quali di grosse dimensioni, 
presso capo Corycus. 

Allora Rodi decise di allearsi con Roma, partecipando con: 27 imbarcazioni,
mentre la flotta romana svernava presso il golfo di Smirne (Turchia). 
Intanto Antioco diede ordine ad Annibale di raccogliere una nuova flotta in Cilicia e Fenicia.



I FRATELLI SCIPIONI

Con i nuovi consoli Lucio Cornelio Scipione (238 a.c. – dopo 184 a.c.), successore di Acilio Glabrione, ottenne il nuovo comando, però affiancato dal fratello, Scipione l'Africano (236 a.c. - 183 a.c.), il vincitore di Annibale a Zama, e quindi il vero comandante in capo delle armate romane.

- 190 a.c. - L'anno successivo, la flotta di Rodi di: 
- 27 imbarcazioni, alleata dei Romani, 
sconfisse una flotta di navi seleucidi, condotta dallo stesso Annibale, non molto lontano da Side, presso le foci del fiume dell'Eurimedonte e fu l'ultima battaglia combattuta dal grande generale cartaginese.

Intanto il console Lucio Cornelio Scipione arrivò in Etolia, col fratello Scipione l'Africano, e sostituì nel comando il consolare Acilio Glabrione. Assediò con successo alcune città degli Etoli e proseguirono attraverso Macedonia e Tracia, fino all'Ellesponto, congiungendosi con Gaio Livio Salinatore, ancora comandante della flotta, il quale, dopo aver lasciato il navarco Pausimaco, a capo delle navi dei Rodii e di parte delle sue nell'Eolide, corse in aiuto dell'esercito romano di terra. Sestus, Rhoeteum e molte altre località si arresero a lui, meno Abydus che fu posta sotto assedio.
Alla fine l'esercito di terra riuscì ad attraversare lo stretto di mare nei pressi di Sestus e Abydus, entrambe già fortificate da Antioco III. Intanto i Romani strinsero alleanza con il re di Bitinia, Prusia I, promettendogli nuovi territori in caso di vittoria contro il re seleucide. 


LA VITTORIA SELEUCIDE SUI RODI
Poco dopo però, il navarco rodio Pausimaco, alleato dei romani, fu battuto abilmente dal navarco Polissenida in Eolide. Sette delle sue navi furono distrutte, venti catturate e trasferite ad Efeso.



LUCIO EMILIO REGILLO

Dopo la vittoria seleucide, i Focesi passarono di nuovo dalla parte di Antioco, mentre Livio Salinatore, tornato in Eolide, si univa ad Eumene con nuove venti navi inviategli dai Rodii. Il figlio di Antioco, Seleuco IV Filopatore (218 a.c. – 175 a.c.), assediò Pergamo, capitale del Regno di Eumene II che mosse con la flotta, insieme al nuovo comandante navale della Classis romana, Lucio Emilio Regillo, verso Elaea, il porto di Pergamo.
EUMENE SOTERE
Gli Achei avevano inviato all'alleato Eumene 1.000 fanti e 100 cavalieri, i quali durante l'assedio, notando che gli assedianti seleucidi bevevano oltre modo, compirono con successo una sortita fuori dalle mura.

I Romani ottennero una nuova vittoria navale nella battaglia di Myonessus dove la flotta romana e rodese, sotto Emilio Regillo, sconfissero i seleucidi, ottenendo così il controllo del mare evitando altre invasioni in Grecia.
- 190-189 - Lo scontro decisivo si svolse nei pressi della città di Magnesia ricordata infatti come la battaglia di Magnesia, dove l'esercito romano con:
- poco più di 60.000 soldati romani,
sconfisse l'esercito di Antioco III:
- di 70.000 effettivi (300.000 secondo Floro).

Antioco III, che aveva preso parte attivamente alla battaglia con la sua cavalleria, riuscì a ritirarsi con i superstiti, riparando a Sardi.

- 189 a.c. - Antioco chiese ai Romani una tregua, che gli fu concessa a fronte del pagamento di 500 talenti d'argento e 20 ostaggi. La guerra si era conclusa con la sconfitta di Magnesia ma ci volle più di un anno di negoziati, prima che venisse siglato un trattato di pace tra le parti.

I Romani combatterono ad occidente del mar Egeo contro gli Etoli, che, dopo la tregua concessa, tornarono a combattere, ma furono sottomessi; e in Asia Minore, dove i Galati furono battuti più volte dal console in carica, dietro istigazione dell'alleato di Pergamo, Eumene II (221 a.c. – 160 a.c.).



MARCO FULVIO NOBILIORE

Gli Etoli erano riusciti a respingere le armate macedoni di Filippo V, e a rimettere sul trono di Athamania, Amynandro, ma i Romani gli inviarono di 35.000 armati, sotto il comando di Marco Fulvio Nobiliore che assediò la capitale, Ambracia, e ottenne la resa definitiva degli Etoli.

Appoggiavano le richieste imploranti degli sconfitti Etoli, Attici e Rodii, che vennero perdonati dal console romano. Tuttavia la guerra continuò con le popolazioni vicine fino a quando Nobiliore non occupò con la flotta l'isola di Cefalonia e di Zacinto. Al ritorno a Roma gli fu concesso, ma non facilmente, il trionfo (187 a.c.), che egli celebrò con grande sfarzo, come narra Tito Livio.

MARCO FULVIO NOBILIORE

GNEO MANLIO VULSONE

In Asia minore, dopo l'arrivo del nuovo console, Gneo Manlio Vulsone, a Sardi dove risiedeva quartier generale romano, in sostituzione del comandante precedente, Scipione Asiatico, l'armata romana si trovò a combattere per conto dell'alleato Eumene II di Pergamo contro le popolazioni celtiche dei Galati.

Questi vennero sconfitti in due principali battaglie:
- la prima presso l'Olimpo (oggi Aladag) contro i Tolostobogi; la seconda contro i Volgi Tectosagi presso il monte Magaba. Il trionfo, però, fu negato al vincitore poiché non era stata approvata la causa scatenante della guerra (Iustum Bellum).



TRATTATO DI APAMEA (188 A.C.) 

- 189 a.c. - erano riprese le trattative di pace tra Roma ed Antioco, secondo quanto già discusso con Scipione l'Africano dopo la battaglia di Magnesia. Il re non prese parte alla conferenza di pace, inviando l'ex-viceré dell'Asia Minore a rappresentarlo. Presero invece parte Eumene II di Pergamo, gli ambasciatori di Rodi e delle città minori alleate dei Romani. Nella primavera del 188 a.c. si raggiunse infine un accordo che siglava la definitiva pace tra la Repubblica romana ed il regno seleucide.

Antioco dovette:
- rinunciare alla Tracia ed all'Asia Minore fino ai monti del Tauro, rimanendogli solo parte della Cilicia, estromettendolo così definitivamente dall'area egea;
- dovette cedere la sua flotta (a parte 10 navi) e tutti gli elefanti da guerra;
- pagare un'indennità di 15.000 talenti d'argento in 12 anni (1.000 annuali), avendone anticipati 3.000; - gli fu vietato l'utilizzo di mercenari Galati;
- fu obbligato ad inviare a Roma come ostaggio principale il figlio, il futuro Antioco IV;
- dovette estradare Annibale, che di lì a poco però fuggi in Bitinia;
- riaprì i mercati del regno di Siria a Rodi ed ai suoi alleati;

Roma invece acquisì, tramite gli stati "clienti" alleati:
- tutti i territori ad ovest del fiume Tauro: Misia, Lidia, Frigia, Pisidia, il nord della Caria,
- la città di Lysimachea ed il Chersoneso tracico furono affidate al regno ellenistico degli Attalidi di Pergamo;
- mentre Rodi acquisì la Caria a sud del Meandro e la Licia.

La guerra tra la Repubblica romana ed Antioco III portò a Roma la sottomissione delle grandi potenze del Mediterraneo: da Cartagine, al regno di Macedonia, e a quello dei Seleucidi.
Roma era inoltre riuscita ad ottenere l'alleanza greca senza doverla sottomettere, e altrettanto ottenne con altri stati, che tennero Roma in qualità di "arbitro", scoraggiando altri interventi nell'area egea, soprattutto del vicino regno di Macedonia. 


BIBLIO

- Appiano di Alessandria - Guerra siriaca -
- Aurelio Vittore - De Viris Illustribus - Roma -
- Rachel Feig Vishnia - State, Society and Popular Leaders in Mid-Republican Rome 241-167 b.c. - Routledge - 2012 -
- Francisco Pina Polo - The Consul at Rome: The Civil Functions of the Consuls in the Roman Republic - Cambridge University Press - 2011 -

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