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PHOINIKE - FENICE (Albania)

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Fenice ovvero Phoinike in greco, è un sito archeologico dell'Albania meridionale che giace sulla sommità di una collina che si eleva di 283 metri s.l.m., al centro di un'ampia pianura solcata dai fiumi Caliassa e Bistrizamentre, confluendo nel lago di Vivari, sulle cui rive si trova Butrinto.

Alla base della collina sorge il moderno villaggio di Finiq, che ne ha attinto il nome e tutto intorno è circondata da un arco montuoso impervio, della catena montuosa degli Acrocerauni. Polibio, che descrive Phoinike come il centro meglio fortificato e più potente dell'antico Epiro, di cui fu per un certo periodo la capitale, con un abitato più antico, greco ed ellenistico, posto sulla sommità di una collina, circondata da forti mura, ancor oggi ammirevoli per la loro monumentalità.

La città si estende anche sulle pendici meridionali della collina, attraverso una serie regolare e scenografica di splendidi terrazzamenti, sistema caratteristico dell'urbanistica ellenica. Polibio narra la storia che portò alla presa della città da parte degli Illiri, e le continue incursioni dei pirati nei confronti dei mercanti italioti che frequentavano la zona.


Racconta inoltre che, all'inizio della guerra contro Filippo V di Macedonia (238 a.c. – 179 a.c.), alcuni ambasciatori romani contattarono gli abitanti di Phoinike e che la pace tra Filippo V di Macedonia e i romani al termine della I guerra macedonica venne firmata proprio a Fenice nel 205 a.c.. 

Sempre Polibio riferisce di Carope, uno dei re della Tracia che vessava i cittadini, e di un'ambasceria condotta a Roma nel 154 a.c. dai suoi cittadini per una richiesta di aiuto e sappiamo poi da Strabone, Livio e Tolomeo che Phoinike, sorgeva a poca distanza dal mare, a nord di Butrinto.

Procopio di Cesarea invece narra un episodio avvenuto al tempo di Giustiniano (482 - 565), quando l'imperatore avrebbe trasferito la città dai piedi alla sommità della collina. La città sorgeva prima in pianura, circondata da acque che rendevano paludoso il terreno dove dovevano sorgere le nuove mura, per cui l'imperatore decise di trasferire i centro sulla sommità della collina, doppiamente protetta dalle mura.



GIUSTINIANO

La città fiorì anche anche nell'età tardo antica, tra V e VI secolo, quando ottenne la sede vescovile bizantina, e quando l'imperatore Giustiniano fece spostare in alto la città a causa dei problemi di impaludamento della città bassa. Fenice venne citata nei due maggiori itinerari dell'antichità: l'Itinerarium Antonini e la Tabula Peutingeriana, dove la città è collocata sulla strada per Nikopoli.

L'area su cui era sorta la città non ha restituito resti di età arcaica, pur essendo nella zona di influenza influenza di Corinto e Corcira, come dimostra il vicino emporion di Butrinto. Al contrario l'abitato di età romana, invece, pur continuando ad occupare diverse aree dell'acropoli, si sviluppò soprattutto nella parte bassa della collina, come era d'uso tra i romani conquistatori. Alla base del versante Sud è emersa una vasta area di necropoli, sfruttata sia in età ellenistica che in età romana.

LE MURA CICLOPICHE

LE MURA

Sul colle sono ancora visibili le mura, appartenenti a tre cinte: quelle dell'acropoli, quelle dell'ampliamento dell'acropoli, e infine quelle della città fortificata. Sono costruite con grossi blocchi parallelepipedi, talora enormi o con blocchi quasi cubici o trapezoidali. Le mura si possono datare alla fine del IV e al principio del III sec. a.c. Nell'interno dell'acropoli si osservano resti di muri, sia greci che romani.

Nel villaggio sono pochi resti di muri greci. Numerosi, invece, i muri romani, incorporati nelle case moderne. Alcuni di essi sono in opus reticulatum e mattoni, altri in opus incertum: discendono fino all'età tardoromana.

PERISTILIO MAGGIORE

GLI SCAVI

Il sito archeologico di Phoinike era già noto ai viaggiatori dell'Ottocento, ad esempio a William Martin Leake, quando Luigi Maria Ugolini, instancabile perlustratore delle antichità dell'Albania, visita per la prima volta l'area: siamo nella primavera del 1924 e lo studioso italiano resta impressionato soprattutto dalla maestosità della cinta muraria, ancora conservata per ampi tratti a conferma delle parole di Polibio.

Gli scavi vennero ridotti a due sole campagne, tra estate e autunno degli anni 1926 e 1927, condotte dalla Missione Archeologica Italiana d'Albania, diretta da L. M. Ugolini. I lavori, produssero una preziosa documentazione grazie all'ingegnere bolognese Dario Roversi Monaco, con una sensibilità stratigrafica non comune nel suo tempo.
 
Le sue ricerche si svolsero principalmente  sulla sommità dell'acropoli dove scavò:
- tre cisterne, 
- un tempietto ellenistico (da lui definito thesauròs), 
- una basilica cristiana 
- alla base della collina individuò numerose tombe ellenistiche e romane.

THESAURUS

IL THESAUROS

Il thesauros era una costruzione appoggiata per tre lati a un cocuzzolo del monte, di forma rettangolare (m 4,65 × 3,50), con muri conservati per un'altezza massima di m 1,50. L'ingresso aveva due ante, una delle quali manca, e in età bizantina è stata ricostruita con pietre piccole legate con calce. 
La costruzione dell'edificio è in blocchi regolari, con specchiature, e spesso con bugne di presa; a quanto sembra, era ipetrale (scoperto al centro). Sul pavimento sono tracce di un lastricato, al centro è la colymbethra (fonte battesimale) a forma di croce greca (attualmente distrutta dagli abitanti dei dintorni), per la trasformazione, in età bizantina, dell'edificio in battistero cristiano. 
A destra dell'ingresso è una lunga gradinata, della quale sono conservati tre gradini, il più alto dei quali, fornito di anathyrosis (piano di posa per un blocco superiore), mostra chiaramente di aver servito come base di un muro, quindi la gradinata stessa doveva essere usata come un sedile unito direttamente al tempio. Presso il thesauròs sono tracce di muri. 
IL TEATRO
- 2) Cisterna A; è una costruzione trapezoidale, quasi quadrata (m 17,60 × 18,20 × 18,92), dell'altezza conservata di 4 o 5 metri. La parte settentrionale si addossa al colle, a S il muro è rinforzato da quattro pilastri o lesene. La struttura è in opera a sacco, rivestita in opus incertum, e fasce di mattoni. All'interno i muri sono intonacati in coccio pesto. Età: II-III secolo d.c.

- 3) Cisterna B; costruzione di forma quadrilatera un po' irregolare, ben conservata nella parte inferiore. I muri sono a blocchi trapezoidali o parallelepipedi di dimensioni medie e variabili. Il pavimento è in mattoni, con pilastri, pure in mattoni, che dovevano sostenere una copertura. La costruzione originaria risale alla fine del V sec. a.c.; in età romana fu restaurata, vi furono aggiunti il pavimento, i pilastri e l'intonaco interno in cocciopesto. 

- 4) Cisterna C; posta al disotto di quella A. È costruita con blocchi quadrangolari, o a sei lati. Assai mal conservata: V-IV secolo a.c. 


- 5) Scala; è addossata al muro O della Cisterna C. Sono conservati cinque gradini, dell'altezza di m 0,25 e della profondità di m 0,40, molto rozzi. Il più basso ha una larghezza di m 1,70, l'ultimo è largo m 1,40. Questa scala, probabilmente non è molto posteriore all'età della Cisterna C.

- 6) Edifici minori. È stata scavata parte di un corridoio che immette in alcuni piccoli ambienti; inoltre sono stati rimessi in luce resti di vani in opera a sacco e opus incertum, alcuni muri, un basamento quadrato, e pochi resti di un acquedotto in mattoni. 

- 7) Necropoli. Le tombe sono situate sulle falde meridionali e su quelle settentrionali del colle, in località Scarsela. Le sepolture sono a inumazione e a cremazione. Le prime comprendono tombe a cassa di lastre di forma regolare e levigate, tombe a cassa di rozze lastre, e tombe con protezione di tegoloni (a cappuccina). Quelle a cremazione comprendono tombe a cassa di tegoloni con urna fittile all'interno. Appartengono tutte all'età ellenistica. Le opere d'arte ritrovate a Ph. si riducono a un torsetto virile di tarda derivazione policletea e a una testa, pure maschile, dell'età degli Antonini.

RICOSTRUZIONE DELLA VILLA DEI DUE PERISTILII

Fine degli scavi

Ugolini lasciò presto Phoinike, trasferendo i lavori della Missione Italiana nella vicina città di Butrinto, dove le aspettative erano di certo più attraenti. Ma anche dopo la morte di Ugolini, avvenuta nel 1936, i nuovi direttori della Missione Italiana, Pirro Marconi e Domenico Mustilli, non ritennero di riprendere più le ricerche archeologiche a Phoinike.

Nel secondo dopoguerra, fra gli anni settanta e novanta, alcuni archeologi albanesi (Dhimosten Budina e Astrit Nanaj) hanno effettuato singoli interventi di ricerca nell'area della città, purtroppo sempre limitati anche a causa della presenza di una base militare sulla collina.

Dal 2000 una nuova spedizione archeologica Italiana, finanziata dal Ministero degli Affari Esteri (Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale) e guidata dal Dipartimento di Archeologia dell'Università di Bologna, in collaborazione con l'Istituto Archeologico Albanese, sta operando in sito.

Le attività di ricerca della nuova Missione Archeologica si sono concentrate su cinque distinti settori dell'area archeologica: 
- la cosiddetta "Casa dei due peristili", 
- l'area del thesauròs-basilica, 
- il teatro, 
- la necropoli e i siti del territorio.


BIBLIO

- Procopio, De Aedificiis -
- Itinerarium Antonini, 324, 4 - Tabula Peutingeriana VI, 3 -
- Luigi Maria Ugolini - L'acropoli di Fenice (Albania antica) - Roma-Milano - 1932 -
- Sandro De Maria - Phoinike. La città e il suo territorio. (Percorsi di archeologia. 1), Bologna, 2001 -
- L. M. Ugolini, Albania antica, II, L'acropoli di Fenice, Roma 1932 - 
- F. Ch. Pouqueville - Voyage de la Grèce - II - Parigi - 1920 -
- Sandro De Maria, Shpresa Gjongecaj - Phoinike V. - Rapporto preliminare sulle campagne di scavi e ricerche 2007-2010 - Bologna, 2011 -


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