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COLONNE ROMANE DI BRINDISI

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COME APPARIVANO
"Non è possibile, oggi, essere europei senza avere un dialogo con l’Antichità, senza sentire il suo richiamo"
( Jacques Le Goff )

Le Colonne romane di Brindisi sono situate presso il porto della città, due colonne gemelle, e come tali furono raffigurate già dal XIV secolo come emblema della città. A seguito del crollo di una delle due colonne nel 1528, il monumento si è ridotto a una sola colonna, l'altra, non si sa perchè, non venne mai restaurata e rimase in terra per secoli, per l'ignoranza dei governanti.

La colonna superstite venne smontata durante la II guerra mondiale per evitare crolli o danni causati dai furiosi bombardamenti subiti dalla città e quindi rimontata. Tuttavia tra il 1996 e il 2002 la colonna è stata nuovamente smontata nelle sue componenti e questa volta interamente restaurata, mentre nel piazzale circostante sono state svolte indagini archeologiche.


LE DUE COLONNE OGGI AL PORTO
Finalmente si è eseguita una copia del capitello da esporre senza timore sul piazzale, mentre l'originale è stato esposto in una sala del Palazzo Granafei-Nervegna. Peccato che il palazzo sia privato e solo in caso di mostre espone i suoi preziosi contenuti, sia pure in modo gratuito.

Quanto all'epoca della costruzione, gli storici locali si sono sbizzarriti, attribuendone l'erezione a Ercole (genitore di Brento, mitico fondatore della città); a Silla, che avrebbe anche concesso ai brindisini molti benefici, e all'imperatore Traiano, per celebrare la costruzione del tratto finale (da Benevento a Brindisi) della Via Traiana.

Secondo Eugen Von Mercklin, il capitello appartiene allo stile degli Antonini o dei Severi (II -  III secolo). Tuttavia la diversità dei marmi impiegati, l'evidente uso del reimpiego in diverse parti, la particolare decorazione con i busti di divinità pagane come telamoni e i risultati degli scavi archeologici effettuati nei dintorni, fanno propendere per una datazione posteriore, in parte anche bizantina.

IL CAPITELLO

I TERMINALI DELLA VIA APPIA

Per lungo tempo le colonne sono state ritenute terminali della Via Appia, ma l'ipotesi settecentesca non sembra valida agli odierni studiosi. 

L'ipotesi che abbiano funzionato da faro non è attendibile, mancando qualsiasi esempio di fanale romano sorretto da una traversa bronzea sorretta da due colonne.

La collocazione delle colonne all'imbocco del porto di Brindisi e in posizione levata confermano invece l'intento celebrativo, allusivo soprattutto alle due statue bronzee. 

Si suppone che le due colonne (col Leone di san Marco e la statua di San Teodoro) che i veneziani innalzarono in piazza San Marco, proprio in fronte alla banchina più importante della città lagunare, siano una replica medievale di quelle di Brindisi.

IL CAPITELLO
La colonna rimasta sul porto di Brindisi è di marmo proconnesio, quindi bianco, alta 18,74 metri con una base di 4,44 m, un totale degli otto rocchi di 11,45 m, e un capitello di 1,85 m e, infine, il metro del cosiddetto pulvino (tra il capitello e l'imposta dell'arco). 

Il capitello raffigura quattro divinità e otto tritoni tra foglie di acanto; l'elemento sovrastante presenta tre ordini di fregi rispondenti alla tripartizione dell'architrave

Sul piedistallo della colonna un'iscrizione che ricorda una ricostruzione della città del IX secolo, in seguito alla distruzione da parte dei Saraceni) ad opera del protospatario Lupo:

«ILLUSTRIS PIVS ACTIB. ATQ: REFVLGENS - PTOSPATHA LVPVS VRBEM HANC STRVXIT AB IMO - QVAM IMPERATORES MAGNIFICIQ: BENIGNI...»

«Lupo Protospata, illustre pio e splendido per le azioni benefiche, ricostruì dalle fondamenta questa città, che gli Imperatori magnifici e benigni...»



IL DONO DELLA COLONNA A LECCE

SANT'ORONZO
Il 20 novembre 1528 una delle colonne crollò per un terremoto e i suoi pezzi di marmo rimasero a terra per oltre un secolo. Nel 1657 la peste riprese a seminare morte nel regno di Napoli, ma non toccò la Puglia. 

A Lecce, dove si fece credere all'intercessione di Sant'Oronzo, il popolo volle ringraziare il santo patrono e l'allora sindaco di Brindisi decise di offrire i pezzi della colonna caduta, danneggiati e in stato di abbandono, così non doveva spendere per raccoglierli.

Il sindaco che gli succedette invece rifiutò di consegnare la colonna, ma nel 1659 il Viceré di Napoli, conte di Castrillo, ordinò l'invio a Lecce dei pezzi della colonna e nel 1666 l'architetto Giuseppe Zimbalo innalzò nella piazza principale la statua di Sant'Oronzo su una colonna marmorea che riutilizzava, benché rastremati e rilavorati, i rocchi e il capitello della colonna brindisina.

Così la colonna romana perse le sue caratteristiche di colonna romana e a Brindisi restò un'unica colonna romana, probabilmente con la sua gemella segnava, a nostro avviso, proprio il termine della Regina Viarum: la Via Appia.


BIBLIO

- Francesco Maria Pratilli - Della Via Appia riconosciuta e descritta da Roma a Brindisi - Libri IV - Napoli - 1745 -
- Susanna Le Pera Buranelli e Rita Turchetti (a cura di) - Sulla Via Appia da Roma a Brindisi - Le fotografia di Thomas Ashby 1891 - 1925 - Roma - L'Erma di Bretschneider - 2003 -
- Rodolfo Lanciani - La distruzione dell'antica Roma - Roma - A. Curcio - 1986 -
AA. VV. - La Puglia fra Bisanzio ed Occidente, in Civiltà e culture in Puglia - vol. 2 - Milano - 


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