CLADES VARIANA
Velleio Patercolo, Storia romana:
« un esercito fortissimo, il primo tra le truppe romane per addestramento, valore ed esperienza, fu accerchiato a sorpresa, a causa dell'indolenza del comandante, della falsità del nemico e dell'ingiustizia del destino.. E così l'esercito romano, chiuso tra foreste, paludi e agguati, fu massacrato fino all'ultimo uomo da un nemico che aveva sempre battuto a suo piacimento... »
Strabone, Geographia
« i Cherusci ed i loro alleati, nel cui paese tre legioni romane, insieme al loro comandante Varo, sono state annientate dopo un agguato, in violazione di un patto... »
La battaglia della Foresta di Teutoburgo, detta Clades Variana, ovvero la disfatta di Varo, dagli storici romani, avvenne il 9 d.c. tra l'esercito romano comandato da Publio Quintilio Varo e una coalizione di tribù germaniche comandate da Arminio, capo dei Cherusci, tribù della valle del Reno e delle pianure e foreste della Germania nord-occidentale.
PUBLIO QUINTILIO VARO (47 o 46 a.c. – 9 d.c.)
Fu un politico e generale romano, di nobile gens decaduta, che riuscì a intraprendere la carriera politica grazie al favore di Augusto.
L'imperatore gli aveva consentito di salire i gradini del cursus honorum, dove d'altronde Quintilio aveva espresso grandi capacità e sagacia.
Per giunta lo aveva accolto nella sua famiglia dandogli in sposa la figlia di suo genero, Marco Vipsanio Agrippa.
Nel 22 a.c. Varo accompagnò Augusto nel corso del suo viaggio in Oriente. Console nel 13 a.c., divenne proconsole in Africa e, più tardi, legatus Augusti pro praetore in Siria. Nel 7 d.c. fu inviato come governatore in Germania dove trovò la morte.
La battaglia ebbe luogo nei pressi dell'odierna località di Kalkriese, nella Bassa Sassonia, e si risolse in una delle più gravi disfatte subite dai romani: tre intere legioni (la XVII, la XVIII e la XIX) furono annientate, oltre a 6 coorti di fanteria e 3 ali di cavalleria ausiliaria.
Come tanti figli di capi tribù o regnanti, i vinti venivano portati a Roma, mandati a scuola e ambientati nell'impero dove venivano qualificati nella vita che preferivano.
Da notare che l'intera area archeologica di Haltern, una serie di campi militari romani in località Haltern am See, ha regalato al mondo un patrimonio di reperti archeologici romani:
LA BATTAGLIA
Varo disponeva di tre intere legioni: la XVII, XVIII e XIX, oltre ad alcune unità ausiliarie (3 ali e 6 coorti), pari a circa 15.000 legionari e 5.000 ausiliari (a ranghi completi).
I Germani di Arminio potevano invece contare su circa 20.000/25.000 guerrieri delle tribù dei Cherusci, Bructeri, oltre probabilmente a Sigambri, Usipeti, Marsi, Camavi, Angrivari e Catti.
- I GIORNO- ATTACCO DEI GERMANI NELLA FORESTA
Varo stava percorrendo un terreno, a lui del tutto sconosciuto, con molti ostacoli e poca visibilità con un esercito che per avanzare si dovette allungare per oltre 3 km e mezzo.
Cassio Dione Cocceiano, Storia romana
« ... il terreno era sconnesso ed intervallato da dirupi e con piante molto fitte ed alte... i Romani erano impegnati nell'abbattimento della vegetazione ancor prima che i Germani li attaccassero... portavano con sé molti carri, bestie da soma... non pochi bambini, donne ed un certo numero di schiavi... nel frattempo si abbatteva su di loro una violenta pioggia ed un forte vento che dispersero ancor di più la colonna in marcia... il terreno così diventava ancor più sdrucciolevole... e l'avanzata sempre più difficile...»
Arminio aveva predisposto con estrema cura tutti i dettagli dell'imboscata:
- aveva scelto il luogo dell'agguato, vale a dire il punto in cui la grande palude a nord, si avvicinava di più alla collina calcarea di Kalkriese, e dove il passaggio era ristretto a soli 80-120 m;
- fatto deviare il normale tracciato della strada, con lo scopo di condurre l'esercito romano in un imbuto, senza uscita;
- fatto costruire un terrapieno (lungo circa 500-600 metri e largo 4-5), dietro cui nascondere parte delle sue truppe ( 20/25.000 armati), lungo i fianchi della collina del Kalkriese (alta circa 100 m), da cui potevano attaccare il fianco sinistro delle truppe romane.
Qui vennero attaccati dai Germani, una coalizione di popoli, sotto il comando di Arminio, che conosceva ottimamente le tattiche belliche romane, avendo egli stesso militato nelle Truppe ausiliarie dell'esercito romano durante la rivolta dalmato-pannonica.
Cassio Dione Cocceiano, Storia romana:
« ... i barbari, grazie alla loro ottima conoscenza dei sentieri, d'improvviso circondarono i Romani con un'azione preordinata, muovendosi all'interno della foresta ed in un primo momento li colpirono da lontano (evidentemente con un continuo lancio di giavellotti, aste e frecce) ma successivamente, poiché nessuno si difendeva e molti erano stati feriti, li assalirono. I Romani, infatti, avanzavano in modo disordinato nel loro schieramento, con i carri e soprattutto con gli uomini che non avevano indossato l'armamento necessario, e poiché non potevano raggrupparsi [a causa del terreno sconnesso e degli spazi ridotti del sentiero che seguivano] oltre ad essere numericamente inferiori rispetto ai Germani che si gettavano nella mischia contro di loro, subivano molte perdite senza riuscire ad infliggerne altrettante... »
Alla fine della giornata, dopo le molte perdite subite, Varo cercò di riorganizzare l'esercito, accampandosi in una zona favorevole, per quanto fosse possibile, su un'altura boscosa.
- II GIORNO - LA DIFESA DI VARO
Il secondo giorno, dopo essersi riposati, bruciarono i carri con la maggior parte dei bagagli per non lasciarli al nemico e continuarono la marcia. Sapevano che sarebbero stati di nuovo attaccati e che avrebbero subito molte perdite, ma ancora speravano di potersi salvare, anche se in pochi. Tentavano di avvicinarsi il più possibile all'accampamento di Castra Vetera sul Reno, dove forse il legato, Asprenate, avrebbe potuto raggiungerli e salvarli.
Ma Asprenate riuscì solamente con le due legioni al suo comando a Castra Vetera, a bloccare sul nascere ogni possibile invasione della Gallia da parte dei rivoltosi germanici.
- III GIORNO - MORTE DI VARO E STRAGE DEI ROMANI
Il terzo giorno fu l'ultimo atto della tragedia, i romani già stremati e ridotti dalla guerriglia erano esposti a pioggia e vento battenti, impedendo ai soldati romani di avanzare oltre e di costruire un nuovo accampamento, facendo fatica anche a brandire le armi.
I Germani erano avvantaggiati per armamento più leggero, inoltre attaccavano e fuggivano nella foresta, territorio a loro noto. Inoltre ricevettero aiuti da altre tribù che cominciavano ad avere notizie della battaglia. La fine era ormai scontata.
I germani infatti si lasciarono andare ad atrocità, e le testimonianze dei pochi sopravvissuti riferirono di torture e mutilazioni perpetrate sui legionari catturati.
Cornelio Tacito, Annali« [Germanico vide che] ...nel mezzo del campo biancheggiavano le ossa ammucchiate e disperse... sparsi intorno... sui tronchi degli alberi erano conficcati teschi umani. Nei vicini boschi sacri si vedevano altari su cui i Germani avevano sacrificato i tribuni ed i principali centurioni... »
Quindi a capo di una coalizione formata da Cherusci, Marsi, Catti e Bructeri, il giovanissimo Arminio (aveva 25 anni) aveva annientato l'esercito di Varo di 20.000 unità nella battaglia di Teutoburgo, circa 20 Km a nord-est di Osnabrück.
IL SEGUITO IN GERMANIA
Cassio Dione Cocceiano
« I barbari si impadronirono di tutti i forti [romani] tranne uno, nei pressi del quale furono impegnati, non poterono attraversare il Reno ed invadere la Gallia... la ragione per cui non riuscirono ad occupare il forte romano è da attribuirsi alla loro incapacità nel condurre un assedio, mentre i Romani facevano un grande utilizzo di arcieri, respingendo ed infliggendo numerose perdite ai barbari... e si ritirarono quando vennero a sapere che i Romani avevano posto una nuova guarnigione a guardia del Reno [ Asprenate] e dell'arrivo di Tiberio, che sopraggiungeva con un nuovo esercito... »
E questo fu l'unico forte a scampare il massacro.
IL SEGUITO A ROMA
La notizia, giunta a Roma a soli cinque giorni dal trionfo su Dalmati e Pannoni, come narra Svetonio, sconvolse non solo i romani abituati alle continue vittorie, ma anche Augusto, ormai anziano e debole, che da allora non volle più germani accanto a sé:
Svetonio, Vite dei dodici Cesari
« Quando giunse la notizia... dicono che Augusto si mostrasse così avvilito da lasciarsi crescere la barba ed i capelli, sbattendo, di tanto in tanto, la testa contro le porte e gridando: "Varo rendimi le mie legioni!". Dicono anche che considerò l'anniversario di quella disfatta come un giorno di lutto e tristezza. »
Cassio Dione Cocceiano, Storia Romana
« ...Augusto quando seppe quello che era accaduto a Varo, stando alla testimonianza di alcuni, si strappò la veste e fu colto da grande disperazione non solo per coloro che erano morti, ma anche per il timore che provava per la Gallia e la Germania, ma soprattutto perché credeva che i Germani potessero marciare contro l'Italia e la stessa Roma.»
« ...Augusto poiché a Roma vi era un numero elevato di Galli e Germani... nella Guardia Pretoriana... temendo che potessero insorgere... li mandò in esilio in diverse isole, mentre a coloro che erano privi di armi ordinò di allontanarsi dalla città.... »
Ovidio, Tristia
« [Arminio] tese ai nostri un'imboscata, in modo sleale, coprendosi il volto ispido con i lunghi capelli. Egli fece sacrificare i prigionieri ad un dio che li rifiutava..»
IL TIMORE DELLA VENDETTA
Dopo questa vittoria, Arminio tentò inutilmente di creare un'alleanza permanente dei popoli germanici con cui far fronte all'inevitabile vendetta romana.
Incoraggiato dal grande successo militare, avrebbe voluto incalzare il nemico, alleandosi con l'altro grande
sovrano germano Maroboduo, il re dei Marcomanni, un grande re e condottiero.
Velleio Patercolo, Storia romana:
« In breve Maroboduo condusse ad altissimo prestigio le sue forze militari che difendevano il suo regno, tanto da essere temibile anche al nostro impero, e le abituò, con continui esercizi, ad un tipo di disciplina quasi simile a quella romana. Nei confronti dei Romani egli si comportava in modo da non provocarci a battaglia, ma da mostrare che non gli sarebbe mancata né la forza né la volontà di resistere, qualora fosse stato da noi attaccato... In tutto si comportava come un rivale, pur cercando di non darlo a vedere, esercitando con guerre continue contro i popoli limitrofi, il suo esercito composto da 70.000 fanti e 4.000 cavalieri... »
Tiberio studiava di attaccarlo con ben 8-9 legioni quando scoppiò la rivolta di Pannonia e Dalmazia. Allora concluse in fretta un trattato di alleanza con Maroboduo per dedicarsi alla rivolta.
Arminio tentò di convincerlo ad allearsi con lui per invadere l'impero romano (Arminio dal Reno e Maroboduo dal Danubio), inviandogli la testa del generale Publio Quintilio Varo. Un'invasione su due fronti sarebbe stato difficile da gestire anche per i romani. Ma Maroboduo non raccolse l'invito, tenendo fede ai patti stipulati con Tiberio.
Maroboduo avrà riflettuto che Roma in passato, quando era stata in pocinto di soccombere contro Annibale, era infine riuscita a distruggere completamente Cartagine. Maroboduo sapeva che Roma, se avesse resistito, per ritorsione avrebbe distrutto il suo regno inglobandone i territori. Meglio quindi rimanerne alleato e regnare per altri anni. E così fu.
Velleio Patercolo:
« La crudeltà dei nemici germani aveva fatto a pezzi il cadavere, quasi completamente carbonizzato, di Varo, e la sua testa, una volta tagliata, fu portata a Maroboduo, il quale la inviò a Tiberio Cesare, perché fosse seppellita con onore.... »
DOPO LA SCONFITTA
Per Roma fu una fortuna che Maroboduo mantenne i patti, ma non per lui. Infatti nel 18, Arminio, a capo di una confederazione di genti germane, lo sfidò e lo sconfisse.
Il re ormai solo, fuggì e si rifugiò a Ravenna da dove chiese asilo politico a Tiberio e l'imperatore glielo accordò. (17-18)
Ora però necessitava una reazione militare immediata o la debolezza dell'Impero avrebbe potuto incoraggiare i nemici a invadere i territori della Gallia e magari dell'Italia. Roma stessa era a rischio.
Per reclutare un nuovo esercito Augusto fu costretto anche ad arruolare liberti:
Cassio Dione Cocceiano:
L'Hermannsdenkmal, è la statua in rame di Arminio, divenuto eroe nazionale tedesco, alta 26 metri, situata a Detmold nella regione westfalica. Un eroe che vinse tradendo chi per anni aveva creduto in lui, a cominciare dal suo capitano e a finire con tutti i suoi compagni. Arminio divenne, in qualità di liberatore della Germania, eroe nazionale, ma non vinse in guerra, vinse perchè fu falso e ambizioso.
« un esercito fortissimo, il primo tra le truppe romane per addestramento, valore ed esperienza, fu accerchiato a sorpresa, a causa dell'indolenza del comandante, della falsità del nemico e dell'ingiustizia del destino.. E così l'esercito romano, chiuso tra foreste, paludi e agguati, fu massacrato fino all'ultimo uomo da un nemico che aveva sempre battuto a suo piacimento... »
Strabone, Geographia
« i Cherusci ed i loro alleati, nel cui paese tre legioni romane, insieme al loro comandante Varo, sono state annientate dopo un agguato, in violazione di un patto... »
La battaglia della Foresta di Teutoburgo, detta Clades Variana, ovvero la disfatta di Varo, dagli storici romani, avvenne il 9 d.c. tra l'esercito romano comandato da Publio Quintilio Varo e una coalizione di tribù germaniche comandate da Arminio, capo dei Cherusci, tribù della valle del Reno e delle pianure e foreste della Germania nord-occidentale.
PUBLIO QUINTILIO VARO (47 o 46 a.c. – 9 d.c.)
Fu un politico e generale romano, di nobile gens decaduta, che riuscì a intraprendere la carriera politica grazie al favore di Augusto.
RICOSTRUZIONE DEL VOLTO DI P. QUINTILIO VARO |
Per giunta lo aveva accolto nella sua famiglia dandogli in sposa la figlia di suo genero, Marco Vipsanio Agrippa.
Nel 22 a.c. Varo accompagnò Augusto nel corso del suo viaggio in Oriente. Console nel 13 a.c., divenne proconsole in Africa e, più tardi, legatus Augusti pro praetore in Siria. Nel 7 d.c. fu inviato come governatore in Germania dove trovò la morte.
La battaglia ebbe luogo nei pressi dell'odierna località di Kalkriese, nella Bassa Sassonia, e si risolse in una delle più gravi disfatte subite dai romani: tre intere legioni (la XVII, la XVIII e la XIX) furono annientate, oltre a 6 coorti di fanteria e 3 ali di cavalleria ausiliaria.
XXIII, XVIII e XIX legione
Le legioni XVII, XVIII e XIX furono probabilmente reclutate da Ottaviano nel 41 o 40 a.c., dopo la battaglia di Filippi per combattere contro Sesto Pompeo, figlio di Pompeo Magno.
Le legioni XVII, XVIII e XIX furono probabilmente reclutate da Ottaviano nel 41 o 40 a.c., dopo la battaglia di Filippi per combattere contro Sesto Pompeo, figlio di Pompeo Magno.
La XVIII legione sembra ricevette in cambio, come congedo dei veterani, delle terre in Veneto.
Negli anni successivi la legione XVII fu stanziata forse in Alsazia, spostata poi sul basso corso del Reno insieme alla XVI Gallica e alla XVIII.
Negli anni successivi la legione XVII fu stanziata forse in Alsazia, spostata poi sul basso corso del Reno insieme alla XVI Gallica e alla XVIII.
Dovette partecipare alle campagne germaniche di Druso maggiore (13-9 a.c.) e di Tiberio (8 a.c. e 4-5 d.c.), partecipando anche alla repressione della rivolta in Pannonia.
La XIX partecipò alla conquista della Rezia, territorio alpino a ovest dell'Italia, intorno al 15 a.c., come attestato dai ritrovamenti archeologici a Oberammergau, in Baviera, mentre tra il 15 e il 9 a.c. rimase di stanza a Dangstetten, lungo l'alto corso del Reno.
Nel 9 partecipò alla spedizione di Publio Quintilio Varo e finì distrutta nella battaglia di Teutoburgo insieme alle legioni XVIII e XIX.
ARMINIO
Arminio (17-16 a.c.) era figlio del capo cherusco, pertanto una specie di principe, ovvero un aspirante capo tribù che divenne prefetto di una coorte cherusca dell'esercito romano, e poi condottiero della popolazione dei Germani contro Roma.
La XIX partecipò alla conquista della Rezia, territorio alpino a ovest dell'Italia, intorno al 15 a.c., come attestato dai ritrovamenti archeologici a Oberammergau, in Baviera, mentre tra il 15 e il 9 a.c. rimase di stanza a Dangstetten, lungo l'alto corso del Reno.
Nel 9 partecipò alla spedizione di Publio Quintilio Varo e finì distrutta nella battaglia di Teutoburgo insieme alle legioni XVIII e XIX.
ARMINIO
Arminio (17-16 a.c.) era figlio del capo cherusco, pertanto una specie di principe, ovvero un aspirante capo tribù che divenne prefetto di una coorte cherusca dell'esercito romano, e poi condottiero della popolazione dei Germani contro Roma.
MONUMENTO DI ARMINIO A TEUTOBURGO |
In genere si dedicavano alla guerra seguendo un cursus honorum che permetteva loro una buona collocazione sociale.
Questa strategia in genere faceva si che i figli dei capi stranieri prendessero in simpatia la dolce vita dei romani e non macchinassero più conto Roma ma che anzi ne divenissero difensori e alleati.
Tuttavia per qualche oscura ragione la tattica non funzionò.
Arminio finse di adattarsi ed anzi finse molto bene, tanto da conquistarsi l'amicizia dei suoi compagni, il rispetto dei suoi sottoposti e la stima dei suoi superiori.
Vi riuscì così bene che Quintilio Varo si legò a lui con grande affetto, stimandolo talmente tanto da non sospettare di lui neppure quando altri lo misero in guardia. Viene da chiedersi di che tipo di affettività si trattasse, così forte da bendare gli occhi del non più giovanissimo generale che aveva una trentina d'anni più del suo protetto.
Il fratello di Arminio, Flavo, che come lui militava nell'esercito romano rimase, anche successivamente alla battaglia di Teutoburgo, un leale e fedele ufficiale delle legioni.
Arminio servì nell'esercito romano, prima probabilmente sotto Tiberio in Germania, poi trasferito in Pannonia, come luogotenente di cavalleria, combattè coi Romani, nella rivolta dalmato pannonica, guidando un contingente di truppe ausiliarie cherusce.
ARMINIO E QUINTILIO VARO (7-9)
Ottenuta anche la cittadinanza romana, attorno al 7/8, Arminio tornò nella Germania settentrionale, dove i Romani avevano conquistato i territori compresi tra il fiume Reno ed Elba, governati da Publio Quintilio Varo.
Arminio aveva scaltramente conquistato la fiducia di Varo, che non ascoltò le accuse di tradimento dei romani che sospettavano di lui e lo promosse invece suo consigliere militare.
ARMINIO |
Arminio aveva scaltramente conquistato la fiducia di Varo, che non ascoltò le accuse di tradimento dei romani che sospettavano di lui e lo promosse invece suo consigliere militare.
Anche questo fa sospettare che il sentimento che Varo nutriva verso il giovane non fosse proprio paterno. Varo era un anziano generale, aveva combattuto molto bene e vinto numerose battaglie.
Sembra impossibile che si lasciasse imbottigliare da un giovane straniero ponendosi addirittura nelle sue mani.
Arminio iniziò segretamente a unire sotto la sua guida diverse tribù di Germani, pur mantenendo il suo incarico di ufficiale della Legione e conquistò talmente la fiducia di Varo, che affidò ai suoi suggerimenti la campagna militare.
Arminio iniziò segretamente a unire sotto la sua guida diverse tribù di Germani, pur mantenendo il suo incarico di ufficiale della Legione e conquistò talmente la fiducia di Varo, che affidò ai suoi suggerimenti la campagna militare.
LA ROMANIZZAZIONE
Dopo che Tiberio, figlio adottivo di Augusto, aveva completato la conquista della parte settentrionale della Germania con le campagne del 4-5, e domato la rivolta de Cheruscis, i territori compresi tra i fiumi Reno ed Elba erano ormai una vera e propria provincia. La conquista era durata quasi un ventennio.
Sembrava giunto il momento di introdurre nella provincia il diritto e le istituzioni romane. Augusto decise di affidare questo compito a Publio Quintilio Varo. Forse Augusto si aspettava che Publio così colto e di bei modi sapesse trovare il comportamento giusto per accattivarsi la simpatia dei germani, ma non fu così.
Cassio Dione, Storia romana
« …i soldati romani si trovavano là (in Germania) a svernare, e delle città stavano per essere fondate, mentre i barbari si stavano adattando al nuovo tenore di vita, frequentavano le piazze e si ritrovavano pacificamente... non avevano tuttavia dimenticato i loro antichi costumi … ma perdevano per strada progressivamente le loro tradizioni… ma quando Varo assunse il comando dell'esercito che si trovava in Germania … li forzò ad adeguarsi ad un cambiamento troppo violento, imponendo loro ordini come se si rivolgesse a degli schiavi e costringendoli ad una tassazione esagerata, come accade per gli stati sottomessi. I Germani non tollerarono questa situazione, poiché i loro capi miravano a ripristinare l'antico e tradizionale stato di cose, mentre i loro popoli preferivano i precedenti ordinamenti al dominio di un popolo straniero. Pur tuttavia non si ribellarono apertamente… »
Velleio Patercolo, Storia romana
« …Varo credeva che (i Germani) potessero essere civilizzati con il diritto, questo popolo che non si era potuto domare con le armi. Con questa convinzione egli si inoltrò in Germania come se si trovasse tra uomini che godono della serenità della pace e trascorreva il periodo estivo esercitando la giustizia... davanti al suo tribunale… ma i Germani, molto astuti nella loro estrema ferocia e fingendo [di essersi adeguati alla legge romana]... indussero Varo ad una tale disattenzione ai problemi reali, che Varo si immaginava di amministrare la giustizia quasi fosse un Pretore urbano nel Foro romano, non il comandante di un esercito in Germania...»
IL VIAGGIO
Nel settembre dell'anno 9, Varo, finita la stagione di guerra (da marzo ad ottobre), partì verso i campi invernali, che si trovavano ad Haltern, sulla Lippe (tra il fiume Weser e la parte sud-ovest della Selva di Teutoburgo), a Castra Vetera (Xanten) un accampamento semi-permanente in terra e legno posto lungo il Reno, e a Colonia, sempre sul Reno.
Il percorso abituale sarebbe stato quello di scendere dal fiume Weser, attraversare il passo di Doren, e raggiungere l'alto corso della Lippe presso Anreppen, proseguendo fino ad Haltern (la romana Aliso) e di qui al Reno.
Sembrava giunto il momento di introdurre nella provincia il diritto e le istituzioni romane. Augusto decise di affidare questo compito a Publio Quintilio Varo. Forse Augusto si aspettava che Publio così colto e di bei modi sapesse trovare il comportamento giusto per accattivarsi la simpatia dei germani, ma non fu così.
MASCHERA ROMANA DA PARATA RECUPERATA A TEUTOBURGO |
« …i soldati romani si trovavano là (in Germania) a svernare, e delle città stavano per essere fondate, mentre i barbari si stavano adattando al nuovo tenore di vita, frequentavano le piazze e si ritrovavano pacificamente... non avevano tuttavia dimenticato i loro antichi costumi … ma perdevano per strada progressivamente le loro tradizioni… ma quando Varo assunse il comando dell'esercito che si trovava in Germania … li forzò ad adeguarsi ad un cambiamento troppo violento, imponendo loro ordini come se si rivolgesse a degli schiavi e costringendoli ad una tassazione esagerata, come accade per gli stati sottomessi. I Germani non tollerarono questa situazione, poiché i loro capi miravano a ripristinare l'antico e tradizionale stato di cose, mentre i loro popoli preferivano i precedenti ordinamenti al dominio di un popolo straniero. Pur tuttavia non si ribellarono apertamente… »
Varo non si accorse del rancore che suscitava con i suoi modi rudi nella popolazione. Era già accaduto, anche se non a lui, nella rivolta dalmato-pannonica a causa dei tributi eccessivi e una cattiva amministrazione provinciale.
Fu esplicativa la frase del capo rivolta, Batone il Dalmata che, catturato da Tiberio,spiegò il perché della ribellione:
« Siete voi i responsabili di questa guerra, poiché in difesa delle vostre greggi inviate come custodi dei lupi anziché dei cani e dei pastori. ».
La rivolta terminò solo dopo 4 lunghi anni di guerra sanguinosa.
Fu esplicativa la frase del capo rivolta, Batone il Dalmata che, catturato da Tiberio,spiegò il perché della ribellione:
« Siete voi i responsabili di questa guerra, poiché in difesa delle vostre greggi inviate come custodi dei lupi anziché dei cani e dei pastori. ».
La rivolta terminò solo dopo 4 lunghi anni di guerra sanguinosa.
Velleio Patercolo, Storia romana
« …Varo credeva che (i Germani) potessero essere civilizzati con il diritto, questo popolo che non si era potuto domare con le armi. Con questa convinzione egli si inoltrò in Germania come se si trovasse tra uomini che godono della serenità della pace e trascorreva il periodo estivo esercitando la giustizia... davanti al suo tribunale… ma i Germani, molto astuti nella loro estrema ferocia e fingendo [di essersi adeguati alla legge romana]... indussero Varo ad una tale disattenzione ai problemi reali, che Varo si immaginava di amministrare la giustizia quasi fosse un Pretore urbano nel Foro romano, non il comandante di un esercito in Germania...»
LEGIONI ROMANE IN VIAGGIO |
IL VIAGGIO
Nel settembre dell'anno 9, Varo, finita la stagione di guerra (da marzo ad ottobre), partì verso i campi invernali, che si trovavano ad Haltern, sulla Lippe (tra il fiume Weser e la parte sud-ovest della Selva di Teutoburgo), a Castra Vetera (Xanten) un accampamento semi-permanente in terra e legno posto lungo il Reno, e a Colonia, sempre sul Reno.
Il percorso abituale sarebbe stato quello di scendere dal fiume Weser, attraversare il passo di Doren, e raggiungere l'alto corso della Lippe presso Anreppen, proseguendo fino ad Haltern (la romana Aliso) e di qui al Reno.
Da notare che l'intera area archeologica di Haltern, una serie di campi militari romani in località Haltern am See, ha regalato al mondo un patrimonio di reperti archeologici romani:
- un tesoro di monete (4 d'oro, 309 d'argento e 2561 di bronzo),
- utensileria varia (lampade, candelabri, chiavi, ceramiche pregiate, vetri colorati, pedine da gioco, asce, zappe, tenaglie, falci, uncini da muro, fili a piombo, lingotti di piombo, lingotti di bronzo, incudini, trapano a mano, martelli, seghe)
- armi (pugnali, elmi, umboni degli scudi, foderi di spada, punte di freccia, proiettili per fionda, pilum, frecce per catapulte, tegulae della legio XIX, ecc.),
- oggetti per la cucina (brocche, pentole, ciotole, piatti, tazze, anfore, cucchiaioni, setacci, ecc.),
- oggetti di culto (urne cinerarie, statuette dei Larii, ecc.),
- utensili medici del campo (barattoli per le medicine, pinzette, boccette, bricco, ecc.)
- gioielli (collane, bottoni, anelli, gemme, amuleti, ecc.),
- borchie per i cavalli, campane di bronzo, ecc.
- utensileria varia (lampade, candelabri, chiavi, ceramiche pregiate, vetri colorati, pedine da gioco, asce, zappe, tenaglie, falci, uncini da muro, fili a piombo, lingotti di piombo, lingotti di bronzo, incudini, trapano a mano, martelli, seghe)
- armi (pugnali, elmi, umboni degli scudi, foderi di spada, punte di freccia, proiettili per fionda, pilum, frecce per catapulte, tegulae della legio XIX, ecc.),
- oggetti per la cucina (brocche, pentole, ciotole, piatti, tazze, anfore, cucchiaioni, setacci, ecc.),
- oggetti di culto (urne cinerarie, statuette dei Larii, ecc.),
- utensili medici del campo (barattoli per le medicine, pinzette, boccette, bricco, ecc.)
- gioielli (collane, bottoni, anelli, gemme, amuleti, ecc.),
- borchie per i cavalli, campane di bronzo, ecc.
IL TRADIMENTO
Al comando di tre legioni (la XVII, la XVIII e la XIX), reparti ausiliari (3 ali di cavalleria e 6 coorti di fanteria) e numerosi civili, Varo si spinse verso ovest, affidandosi alle indicazioni degli indigeni poiché non conosceva né il nuovo percorso, né la regione.
Non solo non sospettava che Arminio, ma anzi si riteneva al riparo dai pericoli, ritenendo Arminio di assoluta fedeltà. Tanto che, sia Velleio Patercolo, sia Dione ci raccontano che non prestò fede ad alcuno, incluso Segeste, futuro suocero di Arminio, che lo aveva informato dell'agguato:
Velleio Patercolo, Storia romana:
« …Segeste, un uomo di quel popolo (i Cherusci) rimasto fedele ai Romani, insisteva che i congiurati venissero incatenati. Ma il fato aveva preso il sopravvento ed aveva offuscato l'intelligenza di Varo... egli riteneva che tale manifestazione di fedeltà nei suoi riguardi [da parte di Arminio] fosse una prova delle sue qualità... »
Torna la domanda: perchè Varo era così cieco da non accorgersi di quello di cui tanti altri si accorgevano? Anche se non si fosse lasciato convincere avrebbe preso comunque le sue precauzioni. Solo chi è innamorato rifiuta di credere alle critiche degli altri anche contro l'evidenza.
Cassio Dione Cocceiano, Storia romana:
« ...[Varo] pose la sua fiducia su entrambi [Arminio ed il padre Sigimero], e poiché non si aspettava nessuna aggressione, non solo non credette a tutti quelli che sospettavano del tradimento e che lo invitavano a guardarsi alle spalle, anzi li rimproverò per aver creato un inutile clima di tensione e di aver calunniato i Germani... »
Non solo non sospettava che Arminio, ma anzi si riteneva al riparo dai pericoli, ritenendo Arminio di assoluta fedeltà. Tanto che, sia Velleio Patercolo, sia Dione ci raccontano che non prestò fede ad alcuno, incluso Segeste, futuro suocero di Arminio, che lo aveva informato dell'agguato:
Velleio Patercolo, Storia romana:
« …Segeste, un uomo di quel popolo (i Cherusci) rimasto fedele ai Romani, insisteva che i congiurati venissero incatenati. Ma il fato aveva preso il sopravvento ed aveva offuscato l'intelligenza di Varo... egli riteneva che tale manifestazione di fedeltà nei suoi riguardi [da parte di Arminio] fosse una prova delle sue qualità... »
Torna la domanda: perchè Varo era così cieco da non accorgersi di quello di cui tanti altri si accorgevano? Anche se non si fosse lasciato convincere avrebbe preso comunque le sue precauzioni. Solo chi è innamorato rifiuta di credere alle critiche degli altri anche contro l'evidenza.
Cassio Dione Cocceiano, Storia romana:
« ...[Varo] pose la sua fiducia su entrambi [Arminio ed il padre Sigimero], e poiché non si aspettava nessuna aggressione, non solo non credette a tutti quelli che sospettavano del tradimento e che lo invitavano a guardarsi alle spalle, anzi li rimproverò per aver creato un inutile clima di tensione e di aver calunniato i Germani... »
Arminio aveva fatto arrivare la falsa notizia di una rivolta nei pressi del massiccio calcareo di Kalkriese, nel territorio dei Bructeri, e Varo senza dar credito alle voci sospette di un possibile agguato al suo esercito in marcia, per giunta su un percorso fino ad ora mai esplorato, all'interno di una foresta circondata da acquitrini, non utilizzò nè un piano nè una precauzione.
Velleio Patercolo
« ...Varo, certamente uomo serio e di sani principi morali, rovinò se stesso ed un esercito magnifico per la mancanza di cautela, abilità, astuzia proprie di un generale, che per il valore dei suoi soldati... »
Così Arminio condusse le tre legioni romane dentro la trappola che aveva preparato. Praticamente organizzò entrambi gli eserciti avversari. Infatti i legionari romani non solo non furono schierati in assetto di combattimento ma, contro tutte le regole militari romane, furono fatti addentrare in un territorio ostile in normale assetto di marcia e con gli zaini.
Cassio Dione Cocceiano, Storia romana
Velleio Patercolo
« ...Varo, certamente uomo serio e di sani principi morali, rovinò se stesso ed un esercito magnifico per la mancanza di cautela, abilità, astuzia proprie di un generale, che per il valore dei suoi soldati... »
Così Arminio condusse le tre legioni romane dentro la trappola che aveva preparato. Praticamente organizzò entrambi gli eserciti avversari. Infatti i legionari romani non solo non furono schierati in assetto di combattimento ma, contro tutte le regole militari romane, furono fatti addentrare in un territorio ostile in normale assetto di marcia e con gli zaini.
Cassio Dione Cocceiano, Storia romana
« ...il piano procedeva come stabilito. [Arminio ed i suoi scortarono Varo] ...e dopo aver ottenuto il permesso di fermarsi ad organizzare le forze alleate per poi andargli in aiuto, presero il comando delle truppe [nascoste nella selva di Teutoburgo], già pronte sul luogo stabilito ...dopo di ciò le singole tribù uccisero i soldati che erano stati lasciati a presidio dei loro territori... e poi assalirono Varo che si trovava nel mezzo di una foresta da cui era difficile uscirne... e là... si rivelarono nemici... »
LA BATTAGLIA
Varo disponeva di tre intere legioni: la XVII, XVIII e XIX, oltre ad alcune unità ausiliarie (3 ali e 6 coorti), pari a circa 15.000 legionari e 5.000 ausiliari (a ranghi completi).
I Germani di Arminio potevano invece contare su circa 20.000/25.000 guerrieri delle tribù dei Cherusci, Bructeri, oltre probabilmente a Sigambri, Usipeti, Marsi, Camavi, Angrivari e Catti.
L'IMBOSCATA |
- I GIORNO- ATTACCO DEI GERMANI NELLA FORESTA
Varo stava percorrendo un terreno, a lui del tutto sconosciuto, con molti ostacoli e poca visibilità con un esercito che per avanzare si dovette allungare per oltre 3 km e mezzo.
Cassio Dione Cocceiano, Storia romana
« ... il terreno era sconnesso ed intervallato da dirupi e con piante molto fitte ed alte... i Romani erano impegnati nell'abbattimento della vegetazione ancor prima che i Germani li attaccassero... portavano con sé molti carri, bestie da soma... non pochi bambini, donne ed un certo numero di schiavi... nel frattempo si abbatteva su di loro una violenta pioggia ed un forte vento che dispersero ancor di più la colonna in marcia... il terreno così diventava ancor più sdrucciolevole... e l'avanzata sempre più difficile...»
Arminio aveva predisposto con estrema cura tutti i dettagli dell'imboscata:
- aveva scelto il luogo dell'agguato, vale a dire il punto in cui la grande palude a nord, si avvicinava di più alla collina calcarea di Kalkriese, e dove il passaggio era ristretto a soli 80-120 m;
- fatto deviare il normale tracciato della strada, con lo scopo di condurre l'esercito romano in un imbuto, senza uscita;
- fatto costruire un terrapieno (lungo circa 500-600 metri e largo 4-5), dietro cui nascondere parte delle sue truppe ( 20/25.000 armati), lungo i fianchi della collina del Kalkriese (alta circa 100 m), da cui potevano attaccare il fianco sinistro delle truppe romane.
Qui vennero attaccati dai Germani, una coalizione di popoli, sotto il comando di Arminio, che conosceva ottimamente le tattiche belliche romane, avendo egli stesso militato nelle Truppe ausiliarie dell'esercito romano durante la rivolta dalmato-pannonica.
Cassio Dione Cocceiano, Storia romana:
« ... i barbari, grazie alla loro ottima conoscenza dei sentieri, d'improvviso circondarono i Romani con un'azione preordinata, muovendosi all'interno della foresta ed in un primo momento li colpirono da lontano (evidentemente con un continuo lancio di giavellotti, aste e frecce) ma successivamente, poiché nessuno si difendeva e molti erano stati feriti, li assalirono. I Romani, infatti, avanzavano in modo disordinato nel loro schieramento, con i carri e soprattutto con gli uomini che non avevano indossato l'armamento necessario, e poiché non potevano raggrupparsi [a causa del terreno sconnesso e degli spazi ridotti del sentiero che seguivano] oltre ad essere numericamente inferiori rispetto ai Germani che si gettavano nella mischia contro di loro, subivano molte perdite senza riuscire ad infliggerne altrettante... »
Alla fine della giornata, dopo le molte perdite subite, Varo cercò di riorganizzare l'esercito, accampandosi in una zona favorevole, per quanto fosse possibile, su un'altura boscosa.
- II GIORNO - LA DIFESA DI VARO
Il secondo giorno, dopo essersi riposati, bruciarono i carri con la maggior parte dei bagagli per non lasciarli al nemico e continuarono la marcia. Sapevano che sarebbero stati di nuovo attaccati e che avrebbero subito molte perdite, ma ancora speravano di potersi salvare, anche se in pochi. Tentavano di avvicinarsi il più possibile all'accampamento di Castra Vetera sul Reno, dove forse il legato, Asprenate, avrebbe potuto raggiungerli e salvarli.
Ma Asprenate riuscì solamente con le due legioni al suo comando a Castra Vetera, a bloccare sul nascere ogni possibile invasione della Gallia da parte dei rivoltosi germanici.
I Romani avanzarono disposti in schieramenti più ordinati cercando di raggiungere una località in campo aperto, ma sempre combattendo e sempre subendo perdite.
Arminio sapeva di non dover permettere ai Romani di organizzarsi e schierarsi, perchè avrebbero vinto. Invece nella foresta per quanto cercassero di serrare i ranghi, lo spazio era troppo limitato.
Cassio Dione Cocceiano, Storia romana:
Cassio Dione Cocceiano, Storia romana:
« ...i Romani avevano serrato i ranghi in uno spazio assai stretto, in modo tale che sia i cavalieri sia i fanti attaccassero i nemici con uno schieramento compatto, ma in parte si scontravano tra loro ed in parte andavano ad urtare gli alberi... »
- III GIORNO - MORTE DI VARO E STRAGE DEI ROMANI
Il terzo giorno fu l'ultimo atto della tragedia, i romani già stremati e ridotti dalla guerriglia erano esposti a pioggia e vento battenti, impedendo ai soldati romani di avanzare oltre e di costruire un nuovo accampamento, facendo fatica anche a brandire le armi.
I Germani erano avvantaggiati per armamento più leggero, inoltre attaccavano e fuggivano nella foresta, territorio a loro noto. Inoltre ricevettero aiuti da altre tribù che cominciavano ad avere notizie della battaglia. La fine era ormai scontata.
Cassio Dione Cocceiano, Storia romana:
« ...per questi motivi Varo, e gli altri ufficiali di alto rango, nel timore di essere catturati vivi o di morire per mano dei Germani... compirono un suicidio collettivo ... »
Velleio Patercolo, Storia Romana:
« ...(Quintilio Varo) si mostrò più coraggioso nell'uccidersi che nel combattere... e si trafisse con la spada... »
Non appena si diffuse la notizia, molti soldati romani smisero di combattere preferendo uccidersi o fuggire per non venire catturati. La maggior parte dei romani fu uccisa senza potersi difendere.
I BARBARI E LA BARBARIE
Velleio Patercolo, Storia Romana:
Velleio Patercolo, Storia Romana:
« ...(Quintilio Varo) si mostrò più coraggioso nell'uccidersi che nel combattere... e si trafisse con la spada... »
Non appena si diffuse la notizia, molti soldati romani smisero di combattere preferendo uccidersi o fuggire per non venire catturati. La maggior parte dei romani fu uccisa senza potersi difendere.
I BARBARI E LA BARBARIE
Velleio Patercolo, Storia Romana:
« ...Lucio Eggio diede un esempio di valore al contrario di Ceionio che... propose la resa e preferì morire torturato piuttosto che in battaglia... Vala Numonio, legato di Varo, responsabile di un fatto crudele, abbandonando la fanteria senza l'appoggio della cavalleria, poiché provò a fuggire con le ali di cavalleria verso il Reno, ma il destino vendicò questo suo gesto vigliacco... e morì da traditore... »
« ...Poiché i Germani sfogavano la loro crudeltà sui prigionieri romani, Caldo Celio (caduto prigioniero), un giovane degno della nobiltà della sua famiglia, compì un gesto straordinario. Afferrate le catene che lo tenevano legato, se le diede sulla testa con tale violenza da morire velocemente per la fuoriuscita di copioso sangue e delle cervella... »
I germani infatti si lasciarono andare ad atrocità, e le testimonianze dei pochi sopravvissuti riferirono di torture e mutilazioni perpetrate sui legionari catturati.
Floro, Epitome de T. Livio Bellorum omnium annorum
« ...nulla di più cruento di quel massacro fra le paludi e nelle foreste... ad alcuni soldati romani strapparono gli occhi, ad altri tagliarono le mani, di uno fu cucita la bocca dopo avergli tagliato la lingua... »
Gran parte dei superstiti vennero sacrificati alle divinità germaniche o scambiati con prigionieri germanici o riscattati, visto che durante la spedizione del 15, sei anni dopo, Germanico si fece ricondurre sul campo di Kalkriese valendosi dei pochissimi superstiti della battaglia per riconoscere il luogo, onde dare degna sepoltura ai soldati morti sei anni prima. E qui vide lo scempio crudele e il massacro.« ...nulla di più cruento di quel massacro fra le paludi e nelle foreste... ad alcuni soldati romani strapparono gli occhi, ad altri tagliarono le mani, di uno fu cucita la bocca dopo avergli tagliato la lingua... »
Cornelio Tacito, Annali
Quindi a capo di una coalizione formata da Cherusci, Marsi, Catti e Bructeri, il giovanissimo Arminio (aveva 25 anni) aveva annientato l'esercito di Varo di 20.000 unità nella battaglia di Teutoburgo, circa 20 Km a nord-est di Osnabrück.
IL SEGUITO IN GERMANIA
Cassio Dione Cocceiano
« I barbari si impadronirono di tutti i forti [romani] tranne uno, nei pressi del quale furono impegnati, non poterono attraversare il Reno ed invadere la Gallia... la ragione per cui non riuscirono ad occupare il forte romano è da attribuirsi alla loro incapacità nel condurre un assedio, mentre i Romani facevano un grande utilizzo di arcieri, respingendo ed infliggendo numerose perdite ai barbari... e si ritirarono quando vennero a sapere che i Romani avevano posto una nuova guarnigione a guardia del Reno [ Asprenate] e dell'arrivo di Tiberio, che sopraggiungeva con un nuovo esercito... »
Velleio Patercolo
« ...Meritevole di lode è anche il valore di un certo Lucio Cedicio, prefetto del campo di Aliso e dei soldati con lui rinchiusi, i quali furono assediati da soverchianti forze germaniche, ma superate tutte le difficoltà, che parevano insuperabili per la forza del nemico germanico... colto il momento favorevole, si conquistarono con le armi la possibilità di ritornare tra i loro... [Castra Vetera] »E questo fu l'unico forte a scampare il massacro.
La notizia, giunta a Roma a soli cinque giorni dal trionfo su Dalmati e Pannoni, come narra Svetonio, sconvolse non solo i romani abituati alle continue vittorie, ma anche Augusto, ormai anziano e debole, che da allora non volle più germani accanto a sé:
Svetonio, Vite dei dodici Cesari
« Quando giunse la notizia... dicono che Augusto si mostrasse così avvilito da lasciarsi crescere la barba ed i capelli, sbattendo, di tanto in tanto, la testa contro le porte e gridando: "Varo rendimi le mie legioni!". Dicono anche che considerò l'anniversario di quella disfatta come un giorno di lutto e tristezza. »
« ...Augusto quando seppe quello che era accaduto a Varo, stando alla testimonianza di alcuni, si strappò la veste e fu colto da grande disperazione non solo per coloro che erano morti, ma anche per il timore che provava per la Gallia e la Germania, ma soprattutto perché credeva che i Germani potessero marciare contro l'Italia e la stessa Roma.»
« ...Augusto poiché a Roma vi era un numero elevato di Galli e Germani... nella Guardia Pretoriana... temendo che potessero insorgere... li mandò in esilio in diverse isole, mentre a coloro che erano privi di armi ordinò di allontanarsi dalla città.... »
Ovidio, Tristia
« [Arminio] tese ai nostri un'imboscata, in modo sleale, coprendosi il volto ispido con i lunghi capelli. Egli fece sacrificare i prigionieri ad un dio che li rifiutava..»
IL TIMORE DELLA VENDETTA
Dopo questa vittoria, Arminio tentò inutilmente di creare un'alleanza permanente dei popoli germanici con cui far fronte all'inevitabile vendetta romana.
Incoraggiato dal grande successo militare, avrebbe voluto incalzare il nemico, alleandosi con l'altro grande
sovrano germano Maroboduo, il re dei Marcomanni, un grande re e condottiero.
DINAMICHE DELLA BATTAGLIA (cartina zommabile) |
« In breve Maroboduo condusse ad altissimo prestigio le sue forze militari che difendevano il suo regno, tanto da essere temibile anche al nostro impero, e le abituò, con continui esercizi, ad un tipo di disciplina quasi simile a quella romana. Nei confronti dei Romani egli si comportava in modo da non provocarci a battaglia, ma da mostrare che non gli sarebbe mancata né la forza né la volontà di resistere, qualora fosse stato da noi attaccato... In tutto si comportava come un rivale, pur cercando di non darlo a vedere, esercitando con guerre continue contro i popoli limitrofi, il suo esercito composto da 70.000 fanti e 4.000 cavalieri... »
Tiberio studiava di attaccarlo con ben 8-9 legioni quando scoppiò la rivolta di Pannonia e Dalmazia. Allora concluse in fretta un trattato di alleanza con Maroboduo per dedicarsi alla rivolta.
Arminio tentò di convincerlo ad allearsi con lui per invadere l'impero romano (Arminio dal Reno e Maroboduo dal Danubio), inviandogli la testa del generale Publio Quintilio Varo. Un'invasione su due fronti sarebbe stato difficile da gestire anche per i romani. Ma Maroboduo non raccolse l'invito, tenendo fede ai patti stipulati con Tiberio.
Maroboduo avrà riflettuto che Roma in passato, quando era stata in pocinto di soccombere contro Annibale, era infine riuscita a distruggere completamente Cartagine. Maroboduo sapeva che Roma, se avesse resistito, per ritorsione avrebbe distrutto il suo regno inglobandone i territori. Meglio quindi rimanerne alleato e regnare per altri anni. E così fu.
Velleio Patercolo:
« La crudeltà dei nemici germani aveva fatto a pezzi il cadavere, quasi completamente carbonizzato, di Varo, e la sua testa, una volta tagliata, fu portata a Maroboduo, il quale la inviò a Tiberio Cesare, perché fosse seppellita con onore.... »
DOPO LA SCONFITTA
Per Roma fu una fortuna che Maroboduo mantenne i patti, ma non per lui. Infatti nel 18, Arminio, a capo di una confederazione di genti germane, lo sfidò e lo sconfisse.
Il re ormai solo, fuggì e si rifugiò a Ravenna da dove chiese asilo politico a Tiberio e l'imperatore glielo accordò. (17-18)
Ora però necessitava una reazione militare immediata o la debolezza dell'Impero avrebbe potuto incoraggiare i nemici a invadere i territori della Gallia e magari dell'Italia. Roma stessa era a rischio.
Per reclutare un nuovo esercito Augusto fu costretto anche ad arruolare liberti:
Cassio Dione Cocceiano:
« ...Augusto organizzò comunque le rimanenti forze con ciò che aveva a disposizione... arruolò nuovi uomini... tra veterani e liberti e poi li inviò con la massima urgenza, insieme a Tiberio, nella provincia di Germania.... »
Svetonio, Augustus
« ..due volte soltanto arruolò i liberti come soldati: la prima volta fu per proteggere le colonie vicine dell'Illirico, la seconda per sorvegliare la riva del Reno. Erano schiavi che provenivano da uomini e donne facoltosi, ma egli preferì affrancarli subito e li collocò in prima linea, senza mescolarli ai soldati di origine libera (peregrini) e senza dar loro le stesse armi.»
TIBERIO
Il figlio adottivo di Augusto, Tiberio non si dimostrò poi un valente imperatore, però prima di diventarlo si dimostrò un valentissimo generale che non conobbe sconfitte.
Velleio Patercolo
« ... (Tiberio) viene inviato in Germania, e qui rafforza le Gallie, prepara e riorganizza gli eserciti, fortifica i presidi e avendo coscienza dei propri mezzi, non timoroso di un nemico che minacciava l'Italia con un'invasione simile a quella dei Cimbri e dei Teutoni, attraversava il Reno con l'esercito e passava al contrattacco, mentre al padre Augusto ed alla patria sarebbe bastato di tenersi sulla difensiva. Tiberio avanza così in territorio germano, si apre nuove strade, devasta campi, brucia case, manda in fuga quanti lo affrontano e con grandissima gloria torna ai quartieri d'inverno senza perdere nessuno di quanti aveva condotto al di là del Reno.... »
Non solo, negli anni successivi, dal 10 al 12, guidò gli eserciti ancora al di là del Reno:
Velleio Patercolo
« ...abbatté le forze nemiche in Germania, con spedizioni navali e terrestri, e placate più con la fermezza che con i castighi la pericolosissima situazione nella Gallia e la ribellione sorta tra la popolazione degli Allobrogi... »
Siamo nell'11 d.c., i germani vengono attaccati di nuovo, ma senza grande successo. Le campagne che seguirono, sotto il comando di Tiberio a cui partecipò anche Germanico, figlio adottivo di Tiberio, volute da Augusto, dovevano scoraggiare sia l'invasione germanica, sia sommosse in Gallia, profittando della momentanea debolezza dell'impero.
Cassio Dione Cocceiano
« ...Tiberio e Germanico, quest'ultimo in veste di proconsole, invasero la Germania e ne devastarono alcuni territori, tuttavia non riportarono alcuna vittoria, poiché nessuno gli si era opposto, né soggiogarono alcuna tribù... nel timore di cadere vittime di un nuovo disastro non avanzarono molto oltre il fiume Reno. »
L'ONORE DI ROMA
ARMINIO E GERMANICO (14-16)
Negli anni 14-16 le armate romane, guidate da Germanico, degno figlio del valoroso padre, si recarono in Germania, con vittorie e devastazioni, ma soprattutto sconfiggendo Arminio e le sue tribù alleate.
Nel 16 Germanico sconfisse nfatti Arminio in due battaglie presso il fiume Weser: prima nella piana di Idistaviso e subito dopo di fronte al Vallo degli Angrivari.
Arminio sembrava ormai totalmente sconfitto quando Germanico venne richiamato a Roma dall'imperatore Tiberio. Qualcuno pensò per invidia altri per rispetto dei consigli di Augusto, ma soprattutto perchè la Germania era povera, i bottini scarsi e la sua gente troppo bellicosa. Non ne valeva la pena.
L'anno successivo, nel 19, Arminio fu assassinato dai suoi sudditi, che temevano il suo crescente potere:
« Apprendo dagli storici e dai senatori contemporanei agli eventi che in Senato fu letta una lettera di Adgandestrio, capo dei Catti, con la quale prometteva la morte di Arminio se gli fosse stato inviato un veleno adatto all'assassinio. Gli fu risposto che il popolo romano si vendicava dei suoi nemici non con la frode o con trame occulte, ma apertamente e con le armi [...] del resto Arminio, aspirando al regno mentre i Romani si stavano ritirando a seguito della cacciata di Maroboduo, ebbe a suo sfavore l'amore per la libertà del suo popolo, e assalito con le armi mentre combatteva con esito incerto, cadde tradito dai suoi collaboratori. Indubbiamente fu il liberatore della Germania, uno che ingaggiò guerra non al popolo romano ai suoi inizi, come altri re e comandanti, ma ad un Impero nel suo massimo splendore. Ebbe fortuna alterna in battaglia, ma non fu vinto in guerra. Visse trentasette anni e per dodici fu potente. Anche ora è cantato nelle saghe dei barbari, ignorato nelle storie dei Greci che ammirano solo le proprie imprese, da noi Romani non è celebrato ancora come si dovrebbe, noi che mentre esaltiamo l'antichità non badiamo ai fatti recenti. »
LA RINUNCIA AL SUOLO GERMANICO
La clades variana, considerata una delle più grandi disfatte subite dall'Impero romano anche se non ai livelli della battaglia di Canne, dove il nemico aveva invaso il suolo italico, probabilmente fece rinunciare ad Augusto e ai suoi successori, la conquista dei territori germani compresi tra il Reno ed il fiume Elba.
Svetonio, Augustus
« ..due volte soltanto arruolò i liberti come soldati: la prima volta fu per proteggere le colonie vicine dell'Illirico, la seconda per sorvegliare la riva del Reno. Erano schiavi che provenivano da uomini e donne facoltosi, ma egli preferì affrancarli subito e li collocò in prima linea, senza mescolarli ai soldati di origine libera (peregrini) e senza dar loro le stesse armi.»
TIBERIO
Il figlio adottivo di Augusto, Tiberio non si dimostrò poi un valente imperatore, però prima di diventarlo si dimostrò un valentissimo generale che non conobbe sconfitte.
TIBERIO |
« ... (Tiberio) viene inviato in Germania, e qui rafforza le Gallie, prepara e riorganizza gli eserciti, fortifica i presidi e avendo coscienza dei propri mezzi, non timoroso di un nemico che minacciava l'Italia con un'invasione simile a quella dei Cimbri e dei Teutoni, attraversava il Reno con l'esercito e passava al contrattacco, mentre al padre Augusto ed alla patria sarebbe bastato di tenersi sulla difensiva. Tiberio avanza così in territorio germano, si apre nuove strade, devasta campi, brucia case, manda in fuga quanti lo affrontano e con grandissima gloria torna ai quartieri d'inverno senza perdere nessuno di quanti aveva condotto al di là del Reno.... »
Non solo, negli anni successivi, dal 10 al 12, guidò gli eserciti ancora al di là del Reno:
Velleio Patercolo
« ...abbatté le forze nemiche in Germania, con spedizioni navali e terrestri, e placate più con la fermezza che con i castighi la pericolosissima situazione nella Gallia e la ribellione sorta tra la popolazione degli Allobrogi... »
Siamo nell'11 d.c., i germani vengono attaccati di nuovo, ma senza grande successo. Le campagne che seguirono, sotto il comando di Tiberio a cui partecipò anche Germanico, figlio adottivo di Tiberio, volute da Augusto, dovevano scoraggiare sia l'invasione germanica, sia sommosse in Gallia, profittando della momentanea debolezza dell'impero.
« ...Tiberio e Germanico, quest'ultimo in veste di proconsole, invasero la Germania e ne devastarono alcuni territori, tuttavia non riportarono alcuna vittoria, poiché nessuno gli si era opposto, né soggiogarono alcuna tribù... nel timore di cadere vittime di un nuovo disastro non avanzarono molto oltre il fiume Reno. »
VESSILLO DELLE LEGIONI ROMANE |
L'ONORE DI ROMA
Nel 14 muore Augusto e gli succede Tiberio che consentì a Germanico, figlio del fratello scomparso Druso, di compiere tre nuove campagne nel territorio dei Germani, dal 14 al 16.
Gli affidò pertanto ben 8 legioni oltre alle truppe ausiliarie, per togliere l'onta delle tre aquile legionarie sottratte nella battaglia di Teutoburgo.
Gli affidò pertanto ben 8 legioni oltre alle truppe ausiliarie, per togliere l'onta delle tre aquile legionarie sottratte nella battaglia di Teutoburgo.
Di queste una fu trovata da un soldato di Germanico, che ritrovò l'aquila della Legio XIX recuperandola dai Bructeri nel 15; la seconda aquila Germanico la ritrovò interrogando il capo dei Marsi fatto prigioniero dopo la battaglia di Idistaviso nel 16.
Non ritrovò invece la terza insegna, che venne recuparata solo nel 41 da Publio Gabinio presso i Cauci, secondo Dione Cassio Cocceiano nella sua storia romana e secondoTacito, negli Annales, al tempo dell'imperatore Claudio, fratello di Germanico.
Può apparire strano che si muova un esercito solo per recuperare i vessilli delle legioni, ma questi, cioè le aquile erano il simbolo di Roma e nessuno poteva vantarsi di averle strappate a una legione romana. Ovvero poteva ma l'avrebbe pagato caro.
L'onore di Roma era legato anche a queste insegne e nessun romano si sarebbe sentito tranquillo finchè quelle insegne non fossero tornate in patria.
Si può pensare che le aquile potessero essere semplicemente scomparse, magari sotterrate da pioggia e polvere, ma tutti gli stranieri sapevano il valore di quelle aquile e averle era un grande segno di potere, perchè significava aver sconfitto Roma.
Per questo quelle aquile dovevano tornare all'esercito romano.
Non ritrovò invece la terza insegna, che venne recuparata solo nel 41 da Publio Gabinio presso i Cauci, secondo Dione Cassio Cocceiano nella sua storia romana e secondoTacito, negli Annales, al tempo dell'imperatore Claudio, fratello di Germanico.
Può apparire strano che si muova un esercito solo per recuperare i vessilli delle legioni, ma questi, cioè le aquile erano il simbolo di Roma e nessuno poteva vantarsi di averle strappate a una legione romana. Ovvero poteva ma l'avrebbe pagato caro.
L'onore di Roma era legato anche a queste insegne e nessun romano si sarebbe sentito tranquillo finchè quelle insegne non fossero tornate in patria.
Si può pensare che le aquile potessero essere semplicemente scomparse, magari sotterrate da pioggia e polvere, ma tutti gli stranieri sapevano il valore di quelle aquile e averle era un grande segno di potere, perchè significava aver sconfitto Roma.
Per questo quelle aquile dovevano tornare all'esercito romano.
ARMINIO E GERMANICO (14-16)
Negli anni 14-16 le armate romane, guidate da Germanico, degno figlio del valoroso padre, si recarono in Germania, con vittorie e devastazioni, ma soprattutto sconfiggendo Arminio e le sue tribù alleate.
Nel 16 Germanico sconfisse nfatti Arminio in due battaglie presso il fiume Weser: prima nella piana di Idistaviso e subito dopo di fronte al Vallo degli Angrivari.
GERMANICO |
L'anno successivo, nel 19, Arminio fu assassinato dai suoi sudditi, che temevano il suo crescente potere:
« Apprendo dagli storici e dai senatori contemporanei agli eventi che in Senato fu letta una lettera di Adgandestrio, capo dei Catti, con la quale prometteva la morte di Arminio se gli fosse stato inviato un veleno adatto all'assassinio. Gli fu risposto che il popolo romano si vendicava dei suoi nemici non con la frode o con trame occulte, ma apertamente e con le armi [...] del resto Arminio, aspirando al regno mentre i Romani si stavano ritirando a seguito della cacciata di Maroboduo, ebbe a suo sfavore l'amore per la libertà del suo popolo, e assalito con le armi mentre combatteva con esito incerto, cadde tradito dai suoi collaboratori. Indubbiamente fu il liberatore della Germania, uno che ingaggiò guerra non al popolo romano ai suoi inizi, come altri re e comandanti, ma ad un Impero nel suo massimo splendore. Ebbe fortuna alterna in battaglia, ma non fu vinto in guerra. Visse trentasette anni e per dodici fu potente. Anche ora è cantato nelle saghe dei barbari, ignorato nelle storie dei Greci che ammirano solo le proprie imprese, da noi Romani non è celebrato ancora come si dovrebbe, noi che mentre esaltiamo l'antichità non badiamo ai fatti recenti. »
LA RINUNCIA AL SUOLO GERMANICO
La clades variana, considerata una delle più grandi disfatte subite dall'Impero romano anche se non ai livelli della battaglia di Canne, dove il nemico aveva invaso il suolo italico, probabilmente fece rinunciare ad Augusto e ai suoi successori, la conquista dei territori germani compresi tra il Reno ed il fiume Elba.
Forse perchè Augusto aveva ormai 72 anni, si che consigliò nelle Res Gestae Divi Augusti a Tiberio, di non ritentare conquiste oltre il Reno e il Danubio). Ma pure perchè il territorio germanico, ricoperto da foreste ed acquitrini, e con poche materie prime, non valeva la candela.
C'era stata poi la rivolta dalmato-pannonica, soli 5 giorni prima della clades variana, costata l'intervento di ben 10 legioni e 4 anni di guerra, oltre alla nuova rivolta in Gallia tra gli Allobrogi, con il rischio che si estendesse all'intera provincia; in più l'urgenza di conquistare la Boemia, per portare i confini sull'Elba.
Le ragioni che portarono a questa decisione furono in primo luogo il consilium coercendi intra terminos imperii di Augusto, ovvero alla decisione di mantenere i confini dell'impero invariati, cercando di salvaguardare i territori interni e di assicurarne la PAX ROMANA.
I Romani non tentarono più di conquistare le terre al di là del Reno, che segnò per secoli il confine tra l'Impero e il mondo barbarico. I romani stupirono che si potesse scegliere di restare presso un popolo barbaro e sanguinario piuttosto che diventare agiato in un contesto civile come quello di Roma.
Gli imperatori romani che si susseguirono nei secoli decisero di non battezzare più altre legioni con il nome delle tre sfortunate legioni annientate a Teutoburgo (XVII, XVIII e XIX).
A MEMORIA DELLA BATTAGLIA
Il materiale archeologico trovato sull'area della battaglia, in una superficie complessiva di 5 per 6 km, fu di oltre 4.000 oggetti di epoca romana:
- 3.100 pezzi militari come parti di spade, pugnali, punte di lance e frecce, proiettili utilizzati dalle fionde delle truppe ausiliarie romane, dardi per catapulte, parti di elmi, parti di scudi, una maschera da parata in ferro ricoperta d'argento, chiodi di ferro delle calzature dei legionari, piccozze, falcetti, vestiario, bardature di cavalli e muli, strumenti chirurgici;
- alcuni oggetti femminili come forcine, spille e fermagli a testimonianza della presenza di donne tra le file dell'esercito romano in marcia;
- 1.200 monete, coniate tutte prima del 14 d.c.;
- numerosi frammenti ossei di uomini ed animali (muli e cavalli);
- un terrapieno lungo 600 metri e largo 4,5 metri, che si estendeva alla base della colline di Kalkriese in direzione est-ovest, dove i Germani si appostarono aspettando le legioni, dal quale sferrarono il primo attacco, nel punto più stretto tra la collina e la Grande palude ora una piccola valle.
Per riscattare l'onore dell'esercito sconfitto, i Romani avevano fatto una guerra durata sette anni, al termine della quale rinunciarono a ogni ulteriore tentativo di conquista della Germania. Il Reno si consolidò come definitivo confine nord-orientale dell'Impero per i successivi 400 anni.
OGGI IN GERMANIA
I Romani non tentarono più di conquistare le terre al di là del Reno, che segnò per secoli il confine tra l'Impero e il mondo barbarico. I romani stupirono che si potesse scegliere di restare presso un popolo barbaro e sanguinario piuttosto che diventare agiato in un contesto civile come quello di Roma.
E si fa fatica a capirlo ancora oggi, visto che la vera tirannia non era quella romana ma quella dei capi tribù che avevano diritto di vita e di morte su tutti i membri della tribù che a loro volta avevano diritto di vita e di morte su mogli e figli.
Gli imperatori romani che si susseguirono nei secoli decisero di non battezzare più altre legioni con il nome delle tre sfortunate legioni annientate a Teutoburgo (XVII, XVIII e XIX).
A MEMORIA DELLA BATTAGLIA
Il materiale archeologico trovato sull'area della battaglia, in una superficie complessiva di 5 per 6 km, fu di oltre 4.000 oggetti di epoca romana:
- 3.100 pezzi militari come parti di spade, pugnali, punte di lance e frecce, proiettili utilizzati dalle fionde delle truppe ausiliarie romane, dardi per catapulte, parti di elmi, parti di scudi, una maschera da parata in ferro ricoperta d'argento, chiodi di ferro delle calzature dei legionari, piccozze, falcetti, vestiario, bardature di cavalli e muli, strumenti chirurgici;
- alcuni oggetti femminili come forcine, spille e fermagli a testimonianza della presenza di donne tra le file dell'esercito romano in marcia;
- 1.200 monete, coniate tutte prima del 14 d.c.;
- numerosi frammenti ossei di uomini ed animali (muli e cavalli);
- un terrapieno lungo 600 metri e largo 4,5 metri, che si estendeva alla base della colline di Kalkriese in direzione est-ovest, dove i Germani si appostarono aspettando le legioni, dal quale sferrarono il primo attacco, nel punto più stretto tra la collina e la Grande palude ora una piccola valle.
Per riscattare l'onore dell'esercito sconfitto, i Romani avevano fatto una guerra durata sette anni, al termine della quale rinunciarono a ogni ulteriore tentativo di conquista della Germania. Il Reno si consolidò come definitivo confine nord-orientale dell'Impero per i successivi 400 anni.
OGGI IN GERMANIA
Berlino ricorda la sconfitta romana.
Duemila anni dopo, un 55 centesimi sottolinea la battaglia per la quale il generale Publio Quintilio Varo si uccise
"Una battaglia leggendaria, cui la tradizione lega la fine del predominio romano in Germania.
Duemila anni dopo, un 55 centesimi sottolinea la battaglia per la quale il generale Publio Quintilio Varo si uccise
"Una battaglia leggendaria, cui la tradizione lega la fine del predominio romano in Germania.
Duemila anni dopo è difficile capire se lo scontro tra le truppe dirette dal governatore e generale imperiale Publio Quintilio Varo e le tribù locali guidate dal principe dei cheruschi Arminio fu decisivo.
Ma tant’è: cominciato il 9 settembre del 9 d.C. nella selva di Teutoburgo, a metà strada tra le attuali Dortmund e Hannover, fu tragico.
Ma tant’è: cominciato il 9 settembre del 9 d.C. nella selva di Teutoburgo, a metà strada tra le attuali Dortmund e Hannover, fu tragico.
Si concluse solo due giorni dopo con la totale sconfitta dei legionari al servizio di Roma e la morte dello stesso Varo, uccisosi dopo essere stato ferito.
Le iniziative per il bimillenario prevedono, fra l’altro, un francobollo da 55 centesimi in uscita oggi. Offre una maschera, il busto dell’imperatore Augusto e, in uno sfondo che richiama la foresta, lo storico monumento ad Arminio, edificato nel 1875."
Le iniziative per il bimillenario prevedono, fra l’altro, un francobollo da 55 centesimi in uscita oggi. Offre una maschera, il busto dell’imperatore Augusto e, in uno sfondo che richiama la foresta, lo storico monumento ad Arminio, edificato nel 1875."
COMMENTO
E' evidente che la ragione del suo tradimento fu la speranza di diventare capo dei Germani. Cesare disse che era meglio essere il primo di una tribù che essere secondo a Roma. Ma Cesare era Cesare e divenne primo combattendo e non brigando tradimenti e sotterfugi.
Arminio aveva combattuto per anni e anni a favore dei romani, con i romani. Aveva palpitato per le stesse battaglie, era vissuto a Roma, aveva amato le donne romane, studiato il diritto romano, ammirato l'arte romana, e soprattutto aveva visto la città più bella del mondo, del mondo di ieri e di oggi: Roma.
Un eroe non può essere un traditore. Ne fa testo la grande dignità romana: - in Senato fu letta una lettera di Adgandestrio, capo dei Catti, con la quale prometteva la morte di Arminio se gli fosse stato inviato un veleno adatto all'assassinio. Gli fu risposto che il popolo romano si vendicava dei suoi nemici non con la frode o con trame occulte, ma apertamente e con le armi. -
Ricordiamo, nel 2009, la faccia giuliva della Merkel che in TV esibiva i festeggiamenti per il bimillenario della sconfitta romana. Cosa curiosa, dopo circa una settimana, la stessa ministra mostrava con la stessa euforia in TV un piede di marmo e una mascella, dissepolte durante scavi archeologici. Brandendo il piede con tanto di sandalo romano disse che forse era un piede di Augusto e che forse anche la mascella era sua.
L'importanza della battaglia di Teutoburgo fu celebrata dall'Impero tedesco e, successivamente, dal regime nazista come momento di nazionalismo tedesco. Nella zona dove si svolse la battaglia della foresta di Teutoburgo è stato eretto, tra il 1841 e il 1875, un monumento ad Arminio chiamato Hermannsdenkmal (letteralmente Monumento di Arminio).
Tanta euforia per un piede? Eh si, perchè evitando l'occupazione romana la Germania non solo ha rinunciato a tanti reperti romani che tutti cercano e valorizzano, ma ha evitato soprattutto che la sua terra si civilizzasse.
L'ha privata del diritto, della cultura e dell'arte. Per questa mancanza una parte della Germania è rimasta un po' barbara. Non si capisce guardando le sue città peraltro molto ben tenute, nè la sua amministrazione, peraltro molto migliore di tante altre a cominciare dalla nostra, ma si capisce leggendo la storia, dai cavalieri teutonici all'impero austro-ungarico, e alle atrocità dell'ultima guerra, dove si perseguitarono uomini solo per questioni di razza pura.
Quel piede forse potrebbe appartenere a un grandissimo imperatore romano che accolse ogni razza e ogni religione nel suo potentissimo impero. "Il resto è silenzio"