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RITRATTI DEL FAYUM

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FAYUM (fig.1)

I famosissimi ritratti del Fayum sono circa 600 ritratti funebri, di grande impatto artistico, fortemente realistici, straordinariamente attuali, realizzati per lo più su tavole lignee, che ricoprivano i volti di alcune mummie egizie d'età romana.

Il nome deriva dalla pseudo-oasi del Fayum, o Madinat Al Fayoum, o anche Faiyum, Fayyum o, francesizzato, Fayoum, la località da cui proviene la maggior parte delle opere.
Questi ritratti, insieme agli affreschi di Ercolano e Pompei, sono tra gli esempi meglio conservati di pittura dell'antichità.

Sembra che in Egitto al tempo dei Tolemei la popolazione del Fayyum fosse composta per il 30% da greci e per il resto egizi. I ritratti del Fayyum, dunque, raffigurerebbero i discendenti di quei primi coloni greci che sposarono donne egizie e che adottarono il pantheon egiziano seguendone i vari riti.

Ma “l'ellenizzazione” dell'Egitto avvenne soprattutto con l'arrivo dei Romani.

Nel II sec. d.c., l'usanza di mummificare i corpi dei defunti restò molto popolare, facendo fiorire così un particolare tipo di pittura che virò decisamente sullo stile greco romano, che è come dire pompeiano, visto che Pompei stava nella Magna Grecia felicemente invasa e arricchita dai romani.

Fa pertanto un certo effetto mirare certe mummie con le bende dipinte a divinità e simboli egizi e la tavola raffigurante il morto che riproduce un volto dai tratti dell'alto Mediterraneo.

Trattasi dunque delle maschere funebri già in uso da lungo tempo presso gli egizi, ma realizzati in modo del tutto nuovo ed originale. Infatti questa ritrattistica sembra più che altro romana, con quella stupenda e sconcertante fedeltà al vero che solo i romani seppero usare in modo così mirabile e spesso impietoso.

Fossero infatti sia pure imperatori o generali, i volti venivano riprodotti senza il minimo ritocco, con la bellezza o bruttezza che li caratterizzava, e senza nemmeno nascondere aspetti popolini e tutt'altro che aristocratici.

I dipinti coprirebbero un periodo che va dalla fine del I sec. alla metà del III sec. d.c. quando improvvisamente cessò questo tipo di produzione artistica per cause a noi ignote.

I ritratti vennero eseguiti in due tecniche principali, a encausto o a tempera a base di uovo.Talvolta trattavasi di qualche tecnica diversa, talvolta le tecniche erano miste.

FAYUM (fig.2)
Le opere a encausto hanno colori molto più vivi, talvolta misti a foglie di oro per raffigurare gioielli e corone, con variazioni di tonalità per indicare la provenienza della luce.

La maggior parte dei ritratti è dipinta su tavole di legno duro, soprattutto mediterraneo: quercia, tiglio, sicomoro, cedro, cipresso e fico.

Alcune tavole sono ridipinte o dipinte da ambo i lati, forse perchè i ritratti erano stati eseguiti quando il soggetto era ancora in vita. Alcuni ritratti sono realizzati direttamente sulle tele e le bende usate per la mummificazione, con una maestria eccezionale.

Ogni tavola veniva poi applicata al volto del defunto inserendola tra le bende e nel British Museum si conservano ancora alcune mummie con la tavola ancora applicata, come si osserva nel defunto in alto.

Di solito viene raffigurato il volto di una sola persona, posta frontalmente. Lo sfondo è solitamente di un unico colore, a volte arricchito da alcuni elementi decorativi.

E' difficile alludere a una qualche corrente stilistica, se non riconoscere l'abilità ritrattistica che coglie sia i particolari precisi che l'intensità del carattere come nella statuaria romana.


ETRURIA - POLIMNIA (fig.3)
 Naturalmente come il clima particolarmente secco dell'Egitto ha permesso la conservazione di queste tavole, non è accaduto altrettanto con la pittura dei luoghi umidi del mediterraneo.

L'unico raffronto possibile è con i volti degli affreschi di Pompei, di Boscoreale e di Ercolano, nonchè di alcune pitture etrusche come questa splendida, meravigliosa Musa Polimnia, sempre a encausto, riprodotta qui sopra (fig.3), che nulla ha da invidiare ai grandi pittori del Rinascimento.

Diciamo anzi che il Rinascimento è sorto proprio grazie alla riscoperta della statuaria e della pittura romana, ammirate e copiate da Raffaello, Michelangelo, Leonardo ecc.

L'encausto, usato sia negli affreschi che nella decorazione, è una tecnica in cui i colori si miscelano alla cera per mezzo del calore.

Il dipinto una volta eseguito viene scaldato (encaustizzato) per fare penetrare la cera nei colori, che in questo modo rimangono fissati, acquistando forza e splendore.

FAYUM (fig.4)
Nella figura del ritratto 1 notiamo una mescolanza un po' dissonante tra le decorazioni della mummia e il volto del defunto. Ieratiche, delicate e solenni le prime, fortemente calcato ma sfumato, pienamente caratterizzato, caldo e istintivo il secondo.

E' talmente viva la figura che sembra imprigionata nelle bende, e il suo sguardo sembra chiedere se non una liberazione dalle bende della morte, il legame del non essere dimenticato. 

Questa pittura di Fayum ha ispirato tutto il Rinascimento, da qui tutti hanno imparato tutto, gli sguardi pensosi, la purezza degli sguardi, l'intensità espressiva, ma pure la mestizia e la rassegnazione, anche perchè era lo sguardo con cui i morti guardano i vivi, in un mondo ritenuto sempre un po' sbiadito rispetto alla vita terrena.

Gli autori di queste raffigurazioni erano grandi artisti, degni ancora oggi di insegnare ai contemporanei che infatti ancora attingono da loro.

Nell'immagine non c'è sfondo nè ambientazione, nessun dettaglio, perchè i dettagli sono tutti nel volto dai grandi occhi spalancati. 

Quest'immagine di donna, la fig.4, dalle sopracciglia marcate e bistrate, ha un raffinato copricapo da cui scendono pendenti d'oro, e una collanina di corallo o di pasta vitrea con un pendente centrale.

Anche la sua veste è elaborata, con veli e ricami in oro, ma nulla di ostentato, tutto di una raffinata e preziosa sobrietà.

FAYUM (fig.5)    CAMPIGLI (fig.6)


La donna ha il vestito bello della festa, ma il suo volto esprime un'intensità che sottende un trattenuto rimpianto. Lei appartiene ormai a un'altra dimensione, lontana dagli affetti e dai luoghi in cui ha intessuto la sua vita.

FAYUM (fig.7)
Dentro quello sguardo c'è un'intensità che va aldilà delle lagrime, perchè quando si piange c'è qualcuno che ci può consolare, ma lei è eternamente tagliata fuori non dal dolore ma dall'espressione del dolore. 

Tutto è destinato a scomparire per queste figure che sembrano apparire tra le bende come un ultimo attimo di visione, di contatto, prima che la bara venga chiusa sul loro corpo e sulla loro vita, troppo spesso una vita ancor giovane, col dolore e il rimpianto di non aver potuto godere di tutte quelle gioe che la gioventù sogna.

Sembra di vedere in ogni figura le figure che verranno, come nella figura sottostante (fig.5) di giovane fanciulla morta nel fiore degli anni si può potare il riscontro fino a Campigli (fig.6).

Viso triangolare, naso lungo e sottile, pettinatura compatta e ordinata, gioielli sottili ed eleganti, negli orecchini a bottone da cui partono fili e perline, alla collana a sottile torciglione in oro massiccio, ma soprattutto occhi spalancati e smarriti, perchè tutto che poteva essere detto e compiuto, non può più essere detto o compiuto.

Ora tutto il resto è silenzio.

Questi ritratti funebri non sono stati eseguiti per essere esposti, né tanto meno come opere d’arte da tenere nella propria casa. Quel che colpisce di più infatti di queste stupende opere è che erano destinate a essere precluse per sempre alla vista dei vivi. venivano sepolte insieme ai corpi dei defunti.

Naturalmente uno scopo l'avevano: facevano parte dei complessi rituali funebri egizi e servivano a ricoprire e identificare i volti dei defunti. Identificare non per il mondo dei vivi, ma per il passaggio nel mondo dei morti, la parentesi di una simil vita che sarebbe poi un giorno nuovamente cambiata riportando in vita la creatura mummificata.

FAYUM (fig.8)
Infatti queste immagini erano in genere accompagnate da iscrizioni che specificavano il nome e l'età, come accade per le foto che ornano le tombe dei nostri cimiteri. Solo che qui il passaggio era più complesso e misterioso.

Ed ecco il ritratto di un uomo, anch'esso giovane, dal volto un po' magrebino, munito sul capo di una coroncina d'oro, quindi un personaggio di tutto rispetto, sicuramente anch'esso della buona società greco romana che si era inserita nel mondo egizio subendone in parte il fascino e i costumi. (fig.7)

Anche qui naso lungo e fino, labbra piccole e carnose e occhi quietamente spalancati, ma con una quiete carica di rimpianti trattenuti, come l'ultimo sguardo del defunto nel mondo dei vivi, uno sguardo di addio mesto e intenso, un lungo addio che sbiadisce nella nebbia.

Queste pitture, più ancora della scultura, ci permette non solo di ritrovare i lineamenti di persone vissute duemila anni fa, ma anche di gettare uno sguardo sulla loro vita, non la storia della vita, ma la storia interiore.

Si dice che La Gioconda di Da Vinci abbia lo sguardo con cui i morti guardano i vivi, ma la consapevolezza della gioconda le dona una serenità che le consente un sorriso di benevola adulta su un mondo di irrequieti bambini, mentre queste persone non sono al disopra dell'umano, anzi ne conservano ancora i desideri e le passioni. 

Pure hanno la consapevolezza del passaggio, come se stessero in quell'istante varcando una porta di cui già intravedono si la dimensione diversa che li attende, ma con un sospiro di rimpianto per il mondo che lasciano.
FAYUM (fig.9)   COPPIA DI SPOSI - POMPEI (fig.10)

Ma una delle immagini che più commuovono è questa del bimbo, che lascia dei genitori da cui non avrebbe mai voluto scostarsi, dallo sguardo sperduto e disperato. (fig.8)
Colpisce l'idea che nessuno sia veramente consolabile della mancanza della vita, anche se l'Amenti egizio prometteva un certo paradiso.

Ma qui prevale il sentimento che l'artista ha trasfuso al defunto, con quella sensibilità particolare che i veri artisti, pur non esercitandola a volte nella vita, hanno nelle loro opere, come se tutti i loro sentimenti potessero avere via d'uscita solo nell'opera d'arte e non con gli altri.
Dal momento del ritrovamento nel corso degli scavi archeologici di fine ’800 questi ritratti, più di seicento, sono ora sparsi nei musei di tutto il mondo.

Moltissimo è stato scritto su queste figure e molti di questi studi sono stati riassunti per la mostra ” Misteriosi volti dall'Egitto” tenutasi nel 1998  dalla Fondazione Memmo di Roma.

FAYUM (fig.11)
Molti di questi volti potrebbero appartenere al popolo napoletano, come il volto femminile ritratto nella fig.9, con i suoi gioielli ottocenteschi, o così potrebbero essere, il che ci dice quanto anche la gioielleria abbia attinto dagli antichi, e con un volto e pure un po' un'acconciatura che somiglia non poco a quella della donna ritratta nella famosa coppia di Pompei, vedi fig.10.

Ciò che rende unici questi dipinti, oltre la bellezza, la maestria, l'intensità e le tecniche, è un particolare raramente usato: la maggior parte di queste pitture guardano fisso chi le guarda, come a voler provocare intenzionalmente un grande coinvolgimento emotivo.

E' come se il defunto dicesse:

 "Guardami, sono qui, e sto morendo. Sto morendo e non sono pronto. Sto morendo e non posso farci nulla e nemmeno tu puoi farci nulla."

E' l'eterno dramma del distacco dai nostri cari, o di noi stessi dalla vita, che poi è la stessa cosa.
Quindi è il dramma più antico e doloroso del mondo, e nello stesso tempo il più misterioso: il dramma della morte.
Questo sembra dire il ritratto della fig.11,: si sta svolgendo un dramma ma non posso farci nulla e nessuno può farci nulla.

Forse per questo nei film e nei libri cerchiamo sempre il lieto fine, perchè sappiamo che la vita non avrà un lieto fine, perchè siamo a termine, e nessuna religione può consolarci davvero di questo.
Nell'istante in cui sono fissati sul legno con la tempera questi personaggi, per magia del loro autore, sono ancora rivolti al mondo che lasciano, ma con un piede già nel mondo misterioso dell'aldilà.



http://erewhon.ticonuno.it/arch/rivi/colore/fayum.htm

I ritratti su mummia e la ritrattistica romana
di Susan Walker

Il ritratto come riproduzione dell'apparenza di un individuo durante la vita è stato a lungo considerato uno dei generi più duraturi e di maggior successo dell'arte romana.

FAYUM (fig.12)
Tuttora, i più non hanno difficoltà a riconoscere, per esempio, Giulio Cesare nei suoi ritratti, tanto forte è il senso di identità personale conservato nelle sue immagini su monete, gemme e busti.

Alcuni ritratti venivano posti in aree pubbliche, come le moderne statue commemorative di personaggi importanti. 

Molti venivano deposti nelle tombe, così come ai giorni nostri, in alcune società moderne, i defunti vengono ricordati con immagini che li mostrano quando ancora erano in vita.

Nella Roma repubblicana i ritratti funebri erano appannaggio della nobiltà o delle famiglie dei magistrati: avevano un significato esemplare per i membri più giovani della famiglia, dovevano instillare in loro le virtù che erano state dei loro importanti predecessori. 

Durante l'Impero la funzione specifica dei ritratti cade in disuso gradualmente e la ritrattistica diventa uno dei molti mezzi per esprimere lealtà all'imperatore e alla sua famiglia: alcune volte i cittadini imitavano addirittura la fisionomia imperiale.

E' il tipo di ritratto più tardo quello che viene importato in Egitto alla metà del I secolo d.c. e che rimane in uso per circa due secoli. 

FAYUM (fig.13)
In Egitto i ritratti sono usati con la specifica funzione di coprire la testa del defunto mummificato; per questo motivo sono dipinti su pannelli di legno inseriti all'interno delle bende o su sudari di lino, che ricoprivano la mummia.

Ritratti venivano anche dipinti su teste in gesso, che erano attaccate ai vari materiali usati per racchiudere e proteggere il corpo: sudari, coperchi lignei di sarcofago, contenitori di lino o anche cartonnage e contenitori di fango. 

Qualsiasi fosse il materiale, lo scopo del ritratto rimaneva invariato: essere testimonianza dell'apparenza del defunto durante la vita.

Grazie all'accuratezza nel riprodurre le acconciature, gli abiti e i gioielli del personaggio, è stato possibile datare i ritratti molto precisamente, in alcuni casi all'interno di un decennio, riferendosi a oggetti simili ritrovati in altre zone e datati sicuramente durante l'Impero Romano. 

Questo è un aspetto di per sé interessante della cultura romana ed è, in un certo senso, l'antenato del fenomeno "jeans e coca-cola" universalmente riconosciuto ai giorni nostri.

FAYUM (fig.14)
Anche nelle province più lontane dell'Impero si cercava di imitare la "moda imperiale", e certi oggetti e aspetti legati all'uso comune e alla vita quotidiana (non solo abiti, ma anche tovaglie e modo di scrivere il latino) appaiono in forme molto simili in tutta l'area dell'Impero. 

La stretta relazione dei ritratti con la moda romana metropolitana può essere spiegata con il fatto che i personaggi ritratti erano fortemente legati a Roma, essendo impiegati nell'amministrazione della provincia.

Avevano così una motivazione e, attraverso contatti personali e ufficiali, i mezzi per vestire allo stesso modo dei Romani che vivevano a Roma. 

Tipi simili di ritratti, che riflettono fortemente l'influenza romana, ma sono specificatamente realizzati per uso locale ed esattamente contemporanei ai ritratti su mummia, sono quelli ritrovati a Palmira, in Siria, e in Cirenaica, Libia Orientale.

Comunque, uno studio accurato delle tavole rivela che le caratteristiche fisiche del soggetto offrono un'immagine più varia ancora dei loro abiti. Appare chiaro che gli artisti che li dipinsero (di cui non sappiamo nulla) registrarono fedelmente l'aspetto dei loro clienti. 

Così i ritratti della stessa tomba a er-Rubayat sono innanzitutto legati dalla somiglianza di alcuni caratteri somatici: occhi, menti con fossetta, fossette sopra e sotto le labbra, che sono esse stesse molto simili.

FAYUM (fig.15)
Adesso che è noto dall'evidenza documentaria che le pitture provengono dalla stessa tomba, si possono forse fare altre ipotesi: probabilmente il pittore è lo stesso per tutti i ritratti, come fu suggerito sessanta anni fa.

I personaggi ritratti appartengono alla stessa famiglia (alla differenza d'età si tratta probabilmente di madre e figlio) e può essere congetturato che lo stesso artista venisse impiegato per dipingere un certo numero di ritratti dello stesso gruppo. 

Inoltre, le tavole rappresentano tratti somatici in dettaglio; il ritratto di un giovane, fino a ora considerato difficilmente databile per la mancanza di una qualsiasi caratteristica cronologicamente determinante, può essere oggi datato in relazione al ritratto di una donna, che include gioielli, abiti e pettinatura secondo la moda del tardo Il o inizio del III secolo d.c..

Altre "coppie" possono essere associate allo stesso modo, anche se non c'è, purtroppo, evidenza documentaria che accerti la loro provenienza dalla stessa tomba. 

Esempi di pitture che mostrano tratti somatici personali includono un pannello da Hawara, che ritrae una donna con lineamenti molto mascolini, un uomo robusto da Kafr Ammar e un giovane uomo, forse con una paralisi facciale, soggetto di un raffinato ritratto da Hawara. 

FAYUM (fig.16)
Molte altre tavole mostrano una ricerca dell'individualità: colore della pelle, barba, struttura ossea sono meticolosamente registrati e, all'interno del corpus, variano sensibilmente.
Va osservato che spesso i soggetti sembrano piuttosto giovani: questo ci fa concludere che le pitture venivano commissionate durante la vita dei personaggi.
Tuttavia questa conclusione ci rende difficile dare un'interpretazione delle immagini dipinte sui sudari o sui sarcofagi e dei ritratti dei bambini, che certamente morirono abbastanza all'improvviso. 

Sebbene vi siano eccezioni, le indagini T.A.C. effettuate sulle mummie complete di questo corpus rivelano una corrispondenza di età, e in determinati casi di sesso, tra il corpo e l'immagine. 

Sono sopravvissute alcune effigi di persone di mezza età o anziane, ma si deve concludere che molti pannelli rispecchiano un'età media piuttosto bassa, registrata anche nei censimenti dell'Egitto di epoca romana.

Relativa alla nozione che i ritratti venissero dipinti durante la vita dei personaggi è l'idea che fossero appesi nelle abitazioni prima di essere posti sulle mummie. 

Certamente i pannelli erano tagliati da una forma rettangolare, in forma arcuata, con gli angoli superiori tagliati o in una forma che seguiva la linea delle spalle, a seconda della tradizione locale, di Hawara, er-Rubayat e Antinoopolis. 

FAYUM (fig.17)
Comunque, erano dipinti in scala 1:1, e il solo ritratto con cornice sopravvissuto è troppo piccolo perché fosse realmente posto sul corpo del defunto. 

Non esiste alcuna evidenza che mostri come e quando questo tipo di immagine fosse commissionata, ma è possibile che fosse dipinta all'epoca della morte per essere portata in processione (ekphorà) attraverso il villaggio o la città di provenienza del defunto, da dove poi era portata, assieme al corpo, all'imbalsamatore per la mummificazione e il taglio del pannello a misura delle bende. 

Questo avvenimento, che è implicito nell'evidenza papirologica come sequenza di eventi durante i funerali delle classi abbienti dell'Egitto romano, potrebbe spiegare l'esistenza di ritratti dipinti su entrambi i lati, che probabilmente venivano portati in processione, come l'esistenza di tre ritratti dello stesso giovane uomo ritrovati assieme a una delle mummie scavate ad Hawara e l'evidenza del taglio dei pannelli. 

E' ben possibile che i corpi, dopo essere stati mummificati, fossero deposti nelle tombe.
L'uso egiziano di "cenare con i defunti", riportato dagli autori greci e latini, avveniva non in casa, ma in un padiglione associato alla tomba, esempi del quale sono stati recentemente scavati a Marina el-Alamein.













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