La battaglia di Adrianopoli venne combattuta giusto ad Adrianopoli, nella provincia romana della Tracia, il 9 agosto 378 e si concluse con l'annientamento dell'esercito romano guidato dall'imperatore d'Oriente Valente ad opera dei Visigoti di Fritigerno.
Nel 376 gruppi di Goti, sotto la spinta degli Unni, chiesero all'imperatore d'Oriente Valente il permesso di oltrepassare il fiume Danubio: Valente accettò per ottenere nuove braccia per coltivare le terre incolte e nuovi guerrieri per rinfoltire le file dell'esercito romano.
Ma non si riuscì a fare il conteggio dei Goti, nè a provvedere al disarmo dei guerrieri, mentre funzionari imperiali corrotti, all'insaputa dell'imperatore, rivendevano altrove le derrate stanziate per le popolazioni appena accolte, in breve ridotte alla fame ed alla miseria.
Sulla riva occidentale del Danubio, in attesa che giungessero istruzioni dell'imperatore da Antiochia, la moltitudine di profughi proseguì verso Marcianopoli, dove però non c'era accoglienza: gli abitanti della città non permisero neppure ai Goti affamati di approvvigionarsi. Ciò provocò le ire dei barbari, i quali si ribellarono alle guardie romane.
Valente, a questo punto, decise di affidare il comando delle operazioni ai generali Traiano e Profuturo, i quali progettarono di seguire da vicino i movimenti dei Goti di attaccarli presso una località chiamata Ad Salices quando si fossero rivelati più vulnerabili, cioè nel momento in cui, dopo la notte passata racchiusi nel cerchio dei loro carri, si sarebbero organizzati per riprendere la marcia. La mossa fu però intuita da Fritigerno, un sovrano dei Goti: l'effetto sorpresa dell'attacco romano svanì e i due eserciti si scontrarono: dalla battaglia dei Salici tutte e due le parti subirono pesanti perdite.
I generali romani allora decisero di indietreggiare fino ai monti Balcani arroccandosi sulle cime e fortificando i passi montani e, per alcuni mesi, l'esercito romano vi rimase a presidio. Allora i Goti chiesero aiuto agli Alani, i quali passarono il fiume e si unirono a Fritigerno, forse per ottenere maggior credito presso Valente, al quale aveva chiesto aiuto nella guerra civile contro Atanarico, si era convertito al Cristianesimo, e al credo ariano.
Il nuovo comandante romano Saturnino, temendo di venire accerchiato, fece arretrare l'esercito verso la pianura e decise che avrebbe passato l'inverno nelle città fortificate in attesa della primavera, così i Goti traversarono le montagne saccheggiando e distruggendo le campagne della bassa Tracia.
L'imperatore allora, ottenuta una tregua con i Persiani sul fronte mediorientale e concordato l'aiuto militare dell'imperatore d'Occidente Graziano, decise di raggiungere Costantinopoli. Nella capitale affidò al generale Sebastiano il comando delle operazioni che operò una strategia di controguerriglia, cercando di affrontare separatamente i razziatori.
Dopo essersi inizialmente diretti lungo il fiume Tundža, dove Fritigerno con il suo esercito aveva sventato un aggiramento da parte dei Goti, i Romani decisero di aspettare presso Adrianopoli la discesa in pianura del nemico. Eretto un accampamento fortificato alle porte della città, e il magister equitum Vittore consigliò a Valente di attendere.
Ma Valente, per non dividere il successo con il collega Graziano, che stava sopraggiungendo in forze, decise di dirigersi da solo contro i Goti: con 40 000 soldati contro un'orda di circa 50 000 fanti e altri 50 000 cavalieri Goti e Alani.
Intanto l'imperatore ricevette una delegazione di preti cristiani ariani, che gli consegnarono una lettera di Fritigerno per intavolare trattative sulla consegna ai Goti di terre come era stato loro promesso. Ma sembra volesse guadagnare tempo per il ritorno dei cavalieri allontanatisi per foraggiare.
Ad un tratto due reparti romani di arcieri a cavallo attaccarono di propria iniziativa, dando il via alla battaglia. I Romani avevano la fanteria al centro e la cavalleria alle ali, mentre la fanteria gota era schierata poco distante dal cerchio di carri.
Alla fine i romani fuggirono, Valente rimase fino al calar delle tenebre a comandare le ultime legioni rimaste ma rimase ucciso e i suoi sbandarono ovunque. Non si è saputo se morì per una freccia o in una fattoria dove si era riparato e a cui i Goti avevano dato fuoco; con lui caddero i due comites Sebastiano e Traiano, tre duces, 35 tribuni e 30.000 soldati. I barbari si sparsero intorno alla città razziando e massacrando la popolazione.
Il magister equitum Vittore si salvò e portò la notizia della sconfitta a Graziano, rimasto a oltre 300 km dal campo di battaglia.
- Valente, morto in battaglia
- Ricomere, comes domesticorum di Graziano, sopravvissuto alla battaglia
- Sebastiano, magister peditum, morto nella battaglia
- Vittore, magister equitum, sopravvissuto alla battaglia
- Equizio, tribunus et cura palatii, morto nella battaglia
- Bacurio, comandante degli scutarii, sopravvissuto alla battaglia
- Traiano, magister peditum, morto nella battaglia
- Saturnino, magister militum vacans, sopravvissuto alla battaglia
- Lupicino, comes rei militaris, probabilmente morto nella battaglia
IMPERATORE VALENTE |
Ora Teodosio, chiamato alla guida dell'impero d'Oriente da Graziano dopo la morte di Valente, e i suoi successori incapaci di fermare le invasioni militarmente, cercarono dopo Adrianopoli l'integrazione e delle genti che premevano lungo il limes romano: soldati di origine barbarica, mercenari e truppe barbare romanizzate e soldatii dediticii (senza cittadinanza). Ciò avrebbe portato alla caduta definitiva della parte occidentale dell'Impero e al suo sfaldamento.
BIBLIO
- Ammiano Marcellino - Rerum Gestarum libri XXXI - a cura di Giovanni Viansino - Milano - 2001-
- Alessandro Barbero - 9 agosto 378. Il giorno dei barbari - Bari - Editori Glf Laterza - 2005 -
- Peter Heather, La caduta dell'impero romano, Milano, Garzanti, 2008
- Noel Lenski - Failure of Empire. Valens and the Roman state in the Fourth Century AD, 2002 -
- Alessandro Barbero - The day of the barbarians: the battle that led to the fall of the Roman Empire - Bloomsbury Publishing - USA - 2008 -