LA CLEMENZA GRECAIn Grecia la personificazione della clemenza, e soprattutto intesa come compassione, fu appannaggio del Dio Eleo (in greco antico: Ἔλεος, Éleos), figlio di Erebo e di Notte e di cui non risultano nè mogli nè figli. Ad Atene gli venne dedicato un altare, presso cui i poveri ed i bisognosi facevano domanda di protezione agli Ateniesi. Non si sa però quale sacerdote fosse incaricato di leggere le suppliche.
L'altare doveva essere simile a quello dell'Agorà di Atene e tra i più noti che si rivolsero al Dio ci furono Adrasto, uno dei Sette contro Tebe, e gli Eraclidi, discendenti di Eracle perseguitati da Euristeo e difesi da Teseo, personaggi ritenuti a volte fondatori dell'altare stesso.
Secondo Pausania il Periegeta era l'unico altare di Eleo, ma nel Tempio di Asclepio ad Epidauro del IV secolo a.c., è stato trovato un secondo altare rettangolare con iscrizioni dedicate al Dio della Clemenza.
Secondo Pausania il Periegeta era l'unico altare di Eleo, ma nel Tempio di Asclepio ad Epidauro del IV secolo a.c., è stato trovato un secondo altare rettangolare con iscrizioni dedicate al Dio della Clemenza.
La Dea Clementia entrò a far parte della religione pubblica dopo l'uccisione di Cesare che, secondo Cicerone, avrebbe incarnato in vita questa virtù e che ne avrebbe in parte causato la morte. Il senato sembrò convinto tanto che decise di erigere in onore di Cesare e per il culto della divina Clementia Caesaris un tempio dove erano rappresentati Cesare e la Dea che si davano la mano.
Cicerone spiega nell'orazione Pro Marcello, pronunciata in senato per ringraziare Cesare, fautore del richiamo in patria di alcuni suoi avversari politici, tra i quali il pompeiano Marco Claudio Marcello, amico dell'oratore, Cicerone attribuisce a Cesare la virtù della clementia.
Egli spiega che la gloria di Cesare riposa, come quella di altri condottieri, sul talento militare, ma è l'unico che, fra tutti i vincitori, si è distinto per la sua bontà d'animo, tanto nobile che non basta semplicemente paragonarlo ai grandi uomini, ma è simile a un Dio poiché egli si è comportato con clementia, con mansuetudine, con giustizia, con moderazione e con saggezza nel «...vincere il risentimento, trattenere l’ira, moderarsi nella vittoria, non soltanto risollevare un valente avversario eccezionale per virtù e ingegno ma anche accrescere la sua antica nobiltà...»
Cicerone non aveva tutti i torti, nessuno osò mai un colpo di stato contro Silla, dopo che ebbe assunta la dittatura, perchè egli era spietato e non perdonava nessuno, al contrario Cesare aveva perdonato Vercingetorige ammirando il suo coraggio e le sue capacità, e fece male perchè se lo ritrovò ad Alesia dove faticò non poco a sconfiggerlo.
DEA CLEMENTIA |
La clementia dopo le capacità militari e le buone leggi continuerà ad esser considerata come una virtù personale dell'imperatore che, simile a Giove che regge l'universo, governa lo stato con giustizia e clemenza ma anche se di imperatori clementi ve ne furono, la maggioranza non brillarono per questa virtù.
Nel II secolo la clementia tenderà a sovrapporsi, anche nella terminologia, a quella della iustitia, giustizia, e sarà la filosofia dello stoicismo a dettarla a qualche imperatore di buon carattere.
BIBLIO
- Plinio il Vecchio - Naturalis historia - VIII -
- Appiano di Alessandraia - Bellum civile -
- Marta Sordi - Responsabilità, perdono e vendetta nel mondo antico, Vita e Pensiero - 1998 -
- Cicerone - Ad Atticum -
- Cicerone - Pro Marcello -
- Plutarco - Caesar -
- Cassio Dione - Storia romana - a cura di Alessandro Stroppa - 9 volumi - BUR - Milano - 2018 -