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BATTAGLIA DI RUSPINA (46 a.c.)

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LABIENO AFFRONTATO DA UN VETERANO DELLA X LEGIO

La battaglia di Ruspina fu combattuta il 4 gennaio del 46 a.c. nella provincia romana dell'Africa, tra le forze repubblicane degli Ottimati e i Populares fedeli a Gaio Giulio Cesare. L'armata repubblicana era comandata da Tito Labieno, ex alleato di Cesare che aveva disertato per il fronte repubblicano all'inizio della guerra civile.



L'ANTEFATTO

Dopo la sconfitta di Pompeo a Farsalo, Labieno, uno dei generali di punta di Cesare, lo aveva rinnegato per passare sotto Pompeo. Fuggì a Dyrrhachium, dove trovò Cicerone e lo informò della disfatta, ma, a titolo di incoraggiamento, sostenne falsamente che Cesare fosse stato seriamente ferito in battaglia. Cesare era un mito per i suoi legionari, caduto lui cadeva tutto. Labieno fuggì poi riparando nella Libia orientale in Africa per incontrarsi con Catone, ma questi si rifiutò d'incontrarlo, come mai l'integerrimo Catone rifiutò di incontrarlo? Perchè non credette che come lui fosse un idealista della repubblica che temeva di veder abbattere da Cesare? Alla fine riuscì a riunirsi con i resti dell'esercito pompeiano in Africa; dove Scipione e Catone, comandanti della parte pompeiana, avevano costituito un nuovo esercito e riorganizzato la resistenza repubblicana, e stavolta fu accettato.

GIULIO CESARE


BATTAGLIA DI RUSPINA

Tito Labieno comandava l'esercito degli optimates e fece schierare i suoi 8.000 cavalieri numidi e 1.600 cavalieri gallici e germanici in formazioni insolitamente fitte e ravvicinate per la cavalleria. Labieno aveva visto molte volte Cesare vincere attraverso un'astuta strategia di combattimento e intelligentemente ne aveva seguito le orme.


L'incongruo schieramento raggiunse l'obiettivo di ingannare Cesare, che credette fossero fanteria d'ordine ravvicinato. Cesare quindi dispiegò il suo esercito in un'unica linea estesa per evitare l'inviluppo, con la sua piccola forza di 150 arcieri davanti e 400 cavalieri sulle ali. Invece con una mossa a sorpresa, Labieno estese a sua cavalleria su entrambi i fianchi per avvolgere Cesare, portando al centro la sua fanteria leggera numida. La fanteria leggera e la cavalleria numidi iniziarono a colpire i legionari di Cesare con giavellotti e frecce.

I legionari erano intrappolati perchè Numidi potevano ritirarsi a distanza di sicurezza continuando a lanciare proiettili. La cavalleria numida sconfisse così la cavalleria di Cesare e riuscì a circondare le sue legioni, che si ridistribuirono in cerchio per affrontare gli attacchi da tutte le parti. La fanteria leggera numida bombardò i legionari con fionde e pietre. I legionari di Cesare lanciarono i loro giavellotti, ma non potevano raggiungerli, per giunta si erano adunati, rendendosi bersagli più facili per i lanci numidi.

Tito Labieno raggiunse la prima fila tra le truppe di Cesare, avvicinandosi per schernirle, carico di odio e veleno, visto che molti erano suoi ex compagni. Un veterano della X legione si avvicinò a Labieno, che lo riconobbe e lo insultò. Il veterano lanciò allora il suo pilum al cavallo di Labieno, uccidendolo. "Questo ti insegnerà Labieno, che un soldato della Decima ti sta attaccando", gridò il veterano, facendo vergognare Labieno davanti ai suoi stessi uomini. Alcuni uomini, tuttavia, iniziarono a farsi prendere dal panico. Un aquilifero tentò di fuggire, ma Cesare afferrò l'uomo, lo fece girare e gridò "il nemico è laggiù!"

Cesare diede l'ordine di allungare la linea di battaglia il più a lungo possibile e ogni seconda coorte di girarsi, in modo che gli stendardi avrebbero affrontato la cavalleria numida nella retroguardia dei romani e le altre coorti la fanteria leggera numida al fronte. I legionari caricarono e lanciarono i loro pila, disperdendo finalmente la fanteria e la cavalleria degli Ottimati. Le sorti erano mutate e i romani

Inseguirono il nemico per un breve tratto marciando verso il campo. Ma Marco comparvero Petreio e Gneo Calpurnio Pisone con 1.600 cavalieri numidi e un gran numero di fanteria leggera che attaccarono i legionari di Cesare mentre si ritiravano. Cesare ridistribuì il suo esercito per il combattimento e lanciò un contrattacco che respinse le forze degli Ottimati su un'altura. Petreius fu ferito a questo punto. Completamente esausti, entrambi gli eserciti si ritirarono nei loro accampamenti.

BUSTO DI TITO LABIENO


IL SEGUITO

Cesare era stato sconfitto, avendo fallito nella sua missione di raccogliere rifornimenti. Tuttavia, il suo esercito rimase intatto per cui fortificò il suo accampamento a Ruspina ed equipaggiò i marinai come fanteria leggera per servire a terra. Gli artigiani dell'esercito fabbricarono fionde e giavellotti e Cesare inviò messaggi per raccogliere quanto più grano e altri rifornimenti possibile.

Intanto Metello Scipione si alleò con Labieno e Petreio e si accamparono a tre miglia da Cesare. Labieno unì le proprie forze con quelle di Scipione, sotto il quale servì come legato per il resto della campagna africana. Fu sconfitto tre mesi dopo nella battaglia di Tapso e nuovamente costretto a fuggire, rifugiandosi presso Gneo Pompeo il Giovane in Spagna. Morì durante la battaglia di Munda il 17 marzo del 45 a.c.; secondo Appiano la sua testa mozzata fu portata a Cesare.

Però Cesare non dimenticò il suo luogotenente che l'aveva fedelmente servito in Gallia, e fece eseguire esequie molto fastose al suo ex generale che aveva comunque, nonostante il tradimento, continuato ad apprezzare. Ma Cesare era un uomo superiore ai personalismi.


BIBLIO

- W. Blake Tyrrel - "Biography of Titus Labienus, Caesar's Lieutenant in Gaul" - Michigan State University -
- A. Goldsworthy - Caesar: Life of a Colossus - New Haven, Connecticut: Yale University Press - 2006 -
- Wylie Graham published - "Why did Labienus defect from Caesar in 49 B.C. ?" - 1989 -
- Giulio Cesare - Le guerre in Gallia, a cura di Carlo Carena - Mondadori Editore - 1991 -
- Antonio La Penna - Gaio Giulio Cesare, La guerra civile - Marsilio - Venezia - 1999 -
- Cesare - Commentarii de bello Gallico - libri VII-VIII -
- Cesare - Commentarii de bello civili - libri I-III -
- Appiano di Alessandria - Storia Romana - De bellis civilibus - II -

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