CORNELIO TACITO |
(Tacito. Annales VI 22)
Nome: Publius Cornelius Tacitus
Morte: tra il 117 e il 120
Padre: Cornelio Tacito, procuratore della Gallia Belgica e della Germania.
Moglie: Giulia Agricola
Professione: storico, oratore, avvocato, pretore nell'88, senatore, console suffetto nel 97, proconsolato 112 - 113 in Asia
(Ronald Syme, Tacito, vol. II, Brescia, Paideia, 1971, p. 718)
Publio Cornelio Tacito fu il più grande esponente storiografico della letteratura latina, talvolta indicato come Gaio Cornelio Tacito. Nacque attorno al 55 d.c. o fra il 46 e il 58, secondo altre fonti) nella Gallia Narbonense (oppure, ma meno attendibile, nella Gallia Cisalpina).
Le poche informazioni sulla vita ci derivano:
Ma sul luogo di nascita c'è anche una tradizione tarda che, rifacendosi a un passo dell'Historia Augusta relativo alla vita dell'imperatore romano, Marco Claudio Tacito (275 - 276), attribuisce i natali dello storico alla città di Terni.
Sappiamo dalle fonti che Tacito studiò retorica a Roma, come preparazione alla carriera nella magistratura e nella politica e, come Plinio, potrebbe avere studiato sotto Quintiliano e sappiamo che amasse molto cacciare. Nel 77 d.c. contrasse matrimonio con Giulia Agricola, la figlia tredicenne (sic!) del potente generale Gneo Giulio Agricola, il quale era allora al comando di una legione operante in Bitinia. Tacito partecipò con l'incarico di tribuno militare, concessogli da Vespasiano attorno al 77.
- Nel 77 d.c. partecipò alla legione di Agricola come tribuno militare, concessogli dall’Imperatore Vespasiano, come riferisce nelle Historiae. Ricoprì funzioni pubbliche nelle province all'incirca dall'89 al 93, forse a capo di una legione, forse in ambito civile, come si può intuire dal fatto che non fu presente alla morte del suocero,- Sotto Tito entrò nella vita politica, nell’81 o 82 d.c., con la carica di Questore.
- Divenne Pretore nell’88 ed entrò a far parte dei Quindecemviri Sacris Faciundis, un collegio sacerdotale che custodiva i Libri Sibillini e i Giochi Secolari.
- Divenne avvocato e oratore, sempre legato al suocero Agricola. Sopravvisse al regime di terrore instaurato da Domiziano (93-96), lasciando in lui una cupa amarezza, forse anche per la vergogna della propria complicità,
GLIULIO AGRICOLA |
Mentre a Inguiomero, che sembrava volasse lungo tutta la schiera, mancava la fortuna più che il valore. E Germanico per farsi riconoscere meglio s’era tolto l’elmo dal capo e pregava i suoi di insistere nel massacro: non c’era bisogno di prigionieri, solo lo sterminio di quel popolo avrebbe messo fine alla guerra. Solo al calar della sera ritirò dal combattimento una legione affinché allestisse l’accampamento; tutte le altre fino a notte si saziarono del sangue nemico. I cavalieri combatterono con esito incerto.
Nell’allocuzione, Cesare espresse i suoi elogi ai vincitori; poi, eresse un trofeo d’armi con una iscrizione superba: «Debellati i popoli tra il Reno e l’Elba, l’esercito di Tiberio Cesare ha consacrato questo monumento a Giove, a Marte e ad Augusto».
(TACITO, ANNALI, II, 20-22)
LA MORTE
Un passaggio negli annali indica il 116 come il terminus post quem della sua morte, che può essere posto più tardi nel 125 e non sono pochi gli storici che pongono la data della morte durante il regno di Adriano
LE OPERE
DE ORIGINE ET SITU GERMANORUM
La Germania (De origine et situ Germanorum), è una monografia del 98 d.c. sull'origine, i costumi, le istituzioni, le pratiche religiose e il territorio delle popolazioni germaniche poste fra il Reno e il Danubio. Sembra che Tacito abbia attinto dai perduti Bella Germaniae di Plinio il Vecchio, il De Bello Gallico di Giulio Cesare, la Geografia di Strabone, e le opere di autori come Diodoro Siculo, Posidonio e Aufidio Basso.
L’opera è divisa in due parti:
- dal capitolo I al XXVII Tacito descrive la Germania transrenana, su clima, paesaggio, struttura sociale e origini,
- dal capitolo XXVIII al XLVI elenca le singole popolazioni iniziando da Ovest, poi a Nord, a Sud e infine ad Est.
Ai tempi di Tacito, ben si ricordava la sconfitta militare e il tradimento nella Foresta di Teutoburgo, quando, fra il 9 e l’11 Settembre del 9 d.c., tre intere legioni e numerose coorti ausiliarie dell’esercito romano comandate dal generale Publio Quintilio Varo vennero completamente annientate in un’imboscata tesa loro dal capo germanico Arminio che li aveva traditi.
Per i sopravvissuti di Teutoburgo la fine fu terribile: molti, catturati, vennero torturati ed esibiti come trofei. Specialmente centurioni e comandanti furono inchiodati ad alberi e seviziati a lungo, per compiere riti propiziatori barbarici. Qualche anno dopo Germanico tornò sul campo di battaglia e trovò i resti dei sopravvissuti, che fece seppellire.
HISTORIAE
Le Storie (Historiae), fu la prima grande opera storiografica sulla storia di Roma dall'anno dei quattro imperatori (69) all'assassinio di Domiziano (96); nel III capitolo dell'Agricola, Tacito aveva dichiarato di voler comporre una "memoria della precedente servitù" (ossia il regno di Domiziano) e una "testimonianza dei beni presenti" (i regni di Nerva e Traiano); ma nelle Historiae, Tacito rimanda la sua opera su Nerva e Traiano e decide di occuparsi prima del periodo compreso tra le guerre civili del 68-69 d.c. e il regno dei Flavii.Tacito coglie nell'anno 69 la successione alla dinastia giulio-claudia, con il seguito di guerre civili e intrighi politici, il succedersi rapido dei tre imperatori Galba, Otone, Vitellio, e, infine, l'insediamento della dinastia Flavia con Vespasiano.
Galba prende atto, nel suo celebre discorso per la scelta del successore, dell'impossibilità di fare ritorno alla repubblica, afferma la necessità del principato e presenta il principio dell'adozione come scelta del migliore: argomenti attuali nel 97, quando Nerva, con l'adozione di Traiano, aveva trovato un rimedio per scongiurare una nuova guerra civile.AB EXCESSU DIVI AUGUSTI LIBRI
Gli Annali (Ab excessu Divi Augusti libri), sono la seconda grande opera storiografica che tratta la storia di Roma dalla morte di Augusto (14) alla morte di Nerone (68). Gli Annales furono l'ultima opera storiografica di Tacito e per sua ammissione seguono la composizione delle Historiae e risalgono agli anni seguenti il suo proconsolato d'Asia (112-113). L'opera copre il periodo che va dalla morte di Augusto (il funerale dell'imperatore è il brano di apertura degli Annales e chiarisce subito il ruolo dell'autore nell'opera) avvenuta nel 14, fino a quella dell'imperatore Nerone, nel 68.
Si presume che i libri dal VII al XII parlassero dei regni di Caligola e Claudio. I restanti libri dovrebbero trattare del regno di Nerone, forse fino alla sua morte nel 68. Non è noto se Tacito abbia completato l'opera, egli è morto prima che potesse finire le biografie di Nerva e Traiano e non esistono prove che il lavoro su Augusto e sui primi anni dell'Impero, con cui Tacito intendeva concludere il suo lavoro da storiografo, sia stato compiuto.
In confronto alle Historiae, che favorivano il movimento di eserciti e masse, gli Annales si focalizzano sui meccanismi dell'Impero e sulla sua corruzione: i protagonisti sono dunque i singoli imperatori, opposti al senato: Tiberio è descritto come un esempio di falsità e dissimulazione del potere; Claudio è un inetto privo di volontà, manovrato dai liberti e dalle donne di corte, mentre Nerone è il tiranno privo di scrupoli, la cui follia sanguinaria non risparmia né la madre Agrippina minore né il suo antico istruttore Seneca.
Nonostante ciò Tacito rimane convinto della necessità del principato, ma ne coglie i rischi, avendo Augusto svuotato le magistrature repubblicane da ogni potere, ha lasciato terreno fertile per corruzione, intrigo e decadenza morale; complice anche il senato, diviso fra succube servilismo e blande opposizioni. Con l'incupirsi della visione storica di Tacito lo stile degli Annales è sempre più pessimistico.
DE VITA ET MORIBUS IULII AGRICOLAE
Notevoli sono sono l'introduzione con una dura invettiva contro l'abbandono delle virtù nella Roma imperiale, e il discorso pronunciato da Calgaco (capo dei Caledoni), mentre incita i soldati prima della battaglia del monte Graupio (cap. XXX) con una pesante accusa verso l'avidità e l'imperialismo romano:
«Predatori del mondo intero: quando alle loro ruberie vennero meno le terre, si misero a frugare il mare. Se il nemico è ricco, eccoli avidi; se è povero, diventano arroganti. Né Oriente né Occidente potranno mai saziarli: soli fra tutti gli uomini riescono a essere ugualmente avidi della ricchezza e della povertà. Depredare, trucidare, rubare essi chiamano con il nome bugiardo di impero. Dove passano, creano deserto e lo chiamano pace.»
(Publio Cornelio Tacito, La vita di Agricola, Newton Compton editori, trad. G. D. Mazzocato)
Tacito non era contro l'espansione dei confini dell'impero ma contro l'esagerato sfruttamento delle popolazioni conquistate.
DIALOGUS DE ORATORIBUS
A Tacito è anche attribuito, con qualche dubbio, il Dialogo sugli oratori (Dialogus de oratoribus), opera di datazione incerta, sulle cause della decadenza dell'arte oratoria (ars oratoria), che sono individuate di volta in volta nel diverso tipo di educazione rispetto al passato, nel mutato insegnamento retorico e principalmente nelle condizioni politiche del regime monarchico, che impediva ormai la libertà di parola.
Fu probabilmente scritto dopo l'Agricola e la Germania, quindi dopo il 100 d.c., ma alcuni ne datano la composizione tra il 75 e l'80 e la pubblicazione dopo la morte di Domiziano. Molte caratteristiche lo distinguono dagli altri scritti di Tacito, tanto che l'autenticità fu messa in discussione, nonostante compaia sempre con l'Agricola e la Germania.Marco Apro rimprovera a Curiazio Materno di accantonare l'eloquenza per dedicarsi alla poesia drammatica: se ne ricava una discussione in cui Materno sostiene il primato della poesia e Apro dell'eloquenza; segue un dibattito sulla decadenza dell'oratoria, che viene attribuito da Messalla all'educazione moderna e da Curiazio Materno alla fine della repubblica e di quella anarchia che offriva libero campo ai conflitti, non solo verbali.
Tacito sembra identificarsi con le opinioni di Curiazio Materno, che indica nel regime liberticida e assolutista dell'età Flavia la causa principale della decadenza oratoria, contrariamente a quanto sosteneva Plinio il Giovane, il quale individua la causa della decadenza dell'arte oratoria nella cattiva istruzione della scuola, a quanto sosteneva Quintiliano, che attribuiva a tale causa il degrado della società o a quanto sosteneva Petronio nel Satyricon.
LO STILE LETTERARIO
Tacito ebbe uno stile è elevato, solenne, poetico, tipico della tradizione romana che è conciso e diretto, rifuggendo dalla morbidezza artificiosa. Dalla storiografia romana, soprattutto da Gaio Sallustio Crispo, riprese la forma annalistica della narrazione.
L'opera di Tacito riscosse tutto sommato una forte simpatia presso l'aristocrazia per il pensiero politico dello storico, fu letta e copiata fino a quando, nel IV secolo, Ammiano Marcellino proseguì il lavoro, riprendendone lo stile. Ancor oggi gli studiosi considerano gli scritti di Tacito come una fonte piuttosto autorevole.
LE FONTI
Le piccole inesattezze che si riscontrano negli Annales, vista di solito l'accuratezza di Tacito, potrebbero derivare dal fatto che l'autore morì prima di terminare la sua opera e di farne una rilettura completa. In qualità di senatore, aveva infatti facile accesso ai documenti ufficiali degli Acta Diurna populi Romani (atti di governo e notizie su quanto avveniva nell'Urbe) e degli Acta senatus (i verbali delle sedute del senato) tra cui le raccolte dei discorsi di alcuni imperatori, come Tiberio e Claudio.
Utilizzò anche fonti storiche e letterarie di diversa provenienza, come Aufidio Basso e Servilio Noniano, per l'epoca di Tiberio, poi Cluvio Rufo, Fabio Rustico e Plinio il Vecchio, autore dei Bella Germaniae (Le guerre in Germania), per l'età neroniana. Insomma Tacito si servì di una molteplicità di fonti, talune anche di opposta tendenza e manipolate con una certa libertà ma pure con un certo giudizio.
I POSTERI
Tacito non fu molto letto nella tarda antichità e ancora meno nel Medioevo. Delle sue opere meno di un terzo è conosciuto e sopravvissuto: dipendiamo da un unico manoscritto per i libri I- VI degli Annales e da un altro per i libri XI-XVI oltre che per i cinque libri delle Historiae anche perché l'antipatia mostrata nei confronti di ebrei e cristiani dell'epoca, lo facevano escludere dai dotti medievali, quasi sempre ecclesiastici.
Le opere di Tacito costituiscono ancora oggi la fonte più affidabile per gli studi sull'età del Principato, anche se con qualche imprecisione. Gli Annales si basano in parte, infatti, su fonti secondarie e non mancano alcuni errori, le Historiae, invece, trascritte come fonte primaria, sono considerate più accurate e precise.
BIBLIO
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- P. C. Tacito - La vita di Agricola - Newton Compton ed. - trad. G. D. Mazzocato -
- Emanuele Ciaceri - Tacito - Torino - Unione tipografico-editrice torinese - 1941 -
- Pierre Grimal - Tacito. Lo scrittore e il moralista, lo storico e il politico tra la decadenza dei Cesari e il secolo d'oro degli Antonini - Milano - Garzanti -1991 -
- Concetto Marchesi - Tacito - Messina - G. Principato - 1955 -
- Alain Michel - Tacito e il destino dell'impero - Torino - G. Einaudi - 1973 -
- Ettore Paratore - Tacito, Milano, Istituto Editoriale Cisalpino - Roma - Edizioni dell'Ateneo - 1962 -
- Angelo Roncoroni - Tacito - Studia Humanitas - Milano - Mondadori Education - 2002 -
- Lidia Storoni Mazzolani - Tacito o della potestas - Firenze - Passigli - 1996 -
- Clarence Mendell - Tacitus: The Man and His Work - Yale University Press - 1957 -
- Ronald Syme - Tacitus - Oxford - Clarendon Press - 1958 -