Essa fu costruita nel II secolo dalle squadre della Legio V Macedonica e della Legio XI Claudia partendo da un centro civile preesistente locato sulla sponda destra del Danubio inferiore. dato che come tutte le legioni romane anche queste sapevano fare strade, ponti e castri.
Capidava, essendo parte del Limes Moesiae, era collegato da strade a Carsium, Ulmetum, i castra di Basarabi-Murfatlar e i castra di Cernavodă. Limes moesiae è il termine moderno dato a un insieme di fortificazioni romane poste tra la riva del Mar Nero e la Pannonia, l'odierna Ungheria, costituite principalmente da forti lungo il Danubio (i Limes danubiani) per proteggere le province romane di Upper e Lower Mesia a sud del fiume.
Capidava, detta pure Kapidaua, Cappidava, Capidapa, Calidava, Calidaua, era un castro che si presentava con tre lati in muratura, mentre a nord-est è protetto dal Danubio con angoli rotondi e da torri quadrate, ed altre due torri rotonde nel muro di nord - est. Della fortezza bizantina, solo recentemente investigata, si evince che poggiava su due lati del muro della fortezza del IV sec. e, in parte, nella fossa interna del castellum.
Il castrum venne eretto all'inizio del sec. II d.c. e fu distrutto in seguito agli attacchi barbarici cosicché, verso la fine del sec. III d.c., dovette essere completamente rifatto, stavolta con maggiori capacità di difesa.
Dall'aspetto con cui si presenta oggi, il castellum, risalente alla prima metà del II sec. d.c. venne rifatto, con materiale di recupero, una volta nel III sec. e più volte durante il IV sec. d.c. ormai la decadenza era in atto, i materiali non si importavano più e si ricorreva al pietrisco locale, ma soprattutto al materiale più solido dei lastroni e pietre di recupero.
Dai monumenti archeologici e le iscrizioni epigrafiche emerge che Capidava era un centro anche amministrativo di un territorio esteso, affidata a un quinquennalis, comprendente anche Ulmetum e vicus Scenopesis.
Sotto il nome di Calidava o Calidaua è raffigurata nel Segmento VIII della Tabula Peutingeriana (antica carta stradale romana che mostra il tracciato del cursus publicus, cioè la rete stradale dell'Impero Romano del I-IV secolo. al centro in alto dell'immagine. su una strada romana tra Axiopolis e Carsium.
Le recenti indagini eseguite nel settore orientale della fortezza hanno rivelato distruzioni violente nel sec. VI; venne poi ricostruita ai tempi di Giustino II, ma dovette subire l'invasione degli Avari nel 587, dopodiché venne eretto a sud, con le pietre ricavate dalle rovine, un piccolo fortino, di m 60 per lato.
Quando però il limes bizantino venne riorganizzato, nel sec. X, grazie alla sua posizione strategica speciale, Capidava venne a rappresentare un punto importante nel nuovo sistema di difesa. Sulle rovine dell'abitato fortificato del periodo tardo romano, venne costruita una cittadella di contadini stratiòtai che durerà fino nel sec. XII e che presenta più livelli di abitazione corrispondenti a ricostruzioni successive.
Lo stratiota fu il piccolo proprietario terriero che aveva l'obbligo del servizio militare in caso di guerra. Poichè l'imperatore non poteva permettersi troppi mercenari e poichè i cristiani avevano perso la voglia di combattere, questi costituì l'ossatura dell'esercito bizantino tra il VII e il IX secolo.
La "Historia Romana" di Cassio Dione cita la ritirata di Dapyx nel suo forte dopo la sua sconfitta nel 28 a.c. per mano di Marco Licinio Crasso, ma finì tradito e ucciso. Pârvan identificò il forte menzionato da Dione con il futuro forte romano Capidava, affermando che i luoghi descritti nella fonte antica si adattavano bene alla posizione moderna.
Molti storici ipotizzarono un'abitazione preromana nell'area del forte romano data la posizione che rendeva possibile la comunicazione tra i Daci della Dobrugia e quelli della pianura valacca. Tuttavia, a partire dagli anni 2000 (decennio), il forte di Getic non è stato identificato archeologicamente. Ma Il materiale archeologico del II secolo d.c. è geto-dacico e romano.
CAPIDAVA ROMANA
L' Impero Romano aveva raggiunto il Danubio già nel 14 d.c., quando il comandante Elio Catus condusse una spedizione oltre il fiume per bloccare Daci e Sarmati. Ma la Dobrugia settentrionale fu lasciata al re dei Sapaei, alleati dei romani. Più tardi l'imperatore Domiziano si rese conto dell'importanza strategica della Scizia Minore come punto di partenza delle sue spedizioni sul Danubio, contro i Daci. ma con poco successo.
Fu l'imperatore Traiano che per le guerre daco-romane fece costruire, con distaccamenti della Legio V Macedonica di Troesmis e della Legio XI Claudia di Durostorum, un castellum sulla rupe di Capidava che controllasse il guado.
Già al tempo di Traiano, i contadini romani abitavano insediamenti isolati, tra ville romane e vicus, mentre i coloni della Tracia meridionale, i Bessiani, abitavano anche villaggi isolati. Secondo Pârvan, nel 130-150 d,c. Capidava era già romanizzata. I veterani romani si stabilirono nelle canabae e nell'antico villaggio getico.
Sembra che il forte di Capidava facesse parte di un sistema difensivo che comprendeva Carsium, Cius, Troesmis, Noviodunum, Aegyssus. Il forte era dotato di un impianto portuale, con un molo sottomarino, come stazione della flotta Classis Flavia Moesica la cui base principale stava a Noviodunum. Il forte continuò a funzionare come guardia del fiume e del guado, fino al 243 d.c. quando le Cohors I Ubiorum furono sostituite dalle Cohors I Germanorum civium romanorum fino alla fine del III secolo
Ecco le legioni romane e cohors di stanza presso il castra legionario Capidava:
I RESTI
Le rovine di Capidava erano conosciute per tradizione come il villaggio turco fondato nel XVIII secolo con il nome di Kale-koy, cioè "il villaggio dell'insediamento fortificato". In un'indagine archeologica ante I guerra mondiale, Vasile Pârvan identificò il castro dove poi vennero eseguite ricerche nel 1924, nel 1926 e nel 1927, e nel 1960, fino al 1954.
I monumenti che riemersero a Capidava furono:
- epigrafici, con stele funerarie, altari, onorari o votivi
- scultorei: capitelli, una mano, un fusto-colonna, una gamba, un serpente, un'aquila.
- ceramici: vasi, anfore, secchi di argilla, giare, ciotole, lucerne,
- manufatti in metallo, osso, vetro, pietra, terra e monete.
- Le monete risalgono all'epoca di Giovanni I Zimisce, Basilio II, Costantino VIII e Teodora.
- Nel 1969 vi è stata rinvenuta una brocca (di fattura locale, nella tradizione romano-bizantina) che, oltre al segno della croce e all'alfabeto greco, reca il nome Petre, nome comune nella valle del Danubio, vale a dire un nome rumeno.
Il nome getico Capidava che significa « la cittadella della svolta », comprova l'abitato preromano autoctono il cui nome fu conservato anche dai romani, fino a età tarda, come attestano varie iscrizioni tra le quali una del sec. II d.c., scoperta a Ulmetum, (CIL, m, 12491; Inscriptiones Scythiae Minoris, v, 77) in cui si parla di un "quinquennalis territorii Capidavensis". E citata come Cappidava o Capidapa nella Geografia di Ravenna (179, 3 e 186).
Come stazione militare Capidava venne occupata, per quasi cinque secoli, da vari corpi militari, che conosciamo dalle iscrizioni. Dalla fondazione del castro fino verso l'anno 143 d.c. qui si stanziò la cohors I Ubiorum. Nell'epoca romano-bizantina sono presenti:
- vexillatio Capidavensium (un distaccamento della Legio II Herculia),
- i battaglioni di cavalleria "cuneus equitum Solensium" (Not. Dign., XXXIX, 13)
- il "cuneus equitum scutariorum".
DESCRIZIONE
Il castrum venne eretto all'inizio del sec. II d.c. e fu distrutto in seguito agli attacchi barbarici cosicché, verso la fine del sec. III d.c., dovette essere completamente rifatto, stavolta con maggiori capacità di difesa.
- Esso ha una pianta più o meno rettangolare di m 150 X 127,
- le mura sono larghe più di 2 m e alte 5-6 m,
- vi si innalzano 7 torri, alte quasi 11 m, di cui, 3 rettangolari al centro dei lati, 2 negli angoli a forma di quarto di cerchio e 2 intermedie, sul lato lungo, a forma di ferro di cavallo,
- una porta larga 2,36 m, situata sul lato sud - est,
- un'uscita strategica sul lato sud - ovest della torre n. 1, verso il Danubio, dov'era sistemato anche il porto.
A partire dal sec. V, a causa dei numerosi attacchi subiti, la cittadella fu rifatta più volte. Infatti il nuovo centro militare si mantenne fino all'età bizantina, quando a causa della decadenza di mezzi e di persone si ridusse ad una piccola fortezza nell'angolo sud-ovest della costa prospiciente al mare.
Dai monumenti archeologici e le iscrizioni epigrafiche emerge che Capidava era un centro anche amministrativo di un territorio esteso, affidata a un quinquennalis, comprendente anche Ulmetum e vicus Scenopesis.
Il qumquenalis era il titolo di un magistrato posto a capo per un periodo di cinque anni di un collegio professionale che era diretto da uno o più magistrati, le cui funzioni a nome del collegium erano simili a quelle del console romano per conto dello Stato, del comune o di un paese. Invece l'amministrazione finanziaria e conservativa della città era affidata a un princeps loci: ambedue funzionari nominati e non scelti (CIL, m, 12491).
La mappa fornisce dati precisi sulle distanze tra Axiopolis, Capidava e Carsium che coincidono con le distanze tra le attuali località di Hinog-Capidava e Capidava-Hârşova . Ciò è confermato anche dalla scoperta di una pietra miliare a Seimenii Mici che indica la distanza di 18.000 piedi (27 km) da Axiopolis a Capidava.
Presso Capidava si trovava pure uno dei più importanti passi doganali, e una stazione di benéficiarii, cioè una locanda di lusso per alti dignitari, soprattutto dell'esercito, che potevano alloggiare, mangiare e cambiare i cavalli, il tutto a spese dello stato.
NOTITIA DIGNITATUM
Capidava compare su un'illustrazione della Notitia Dignitatum Imperii Romani (Basilea ?, c. 1436) tra le fortezze che sorgono sul limes del Basso Danubio, poste sotto l'autorità del comandante militare della provincia (dux Scythiae). Qui è menzionata a Capidava (forma Capidaua) un'unità di cavalleria o un distaccamento di unità sotto il comando del duca di Mikra Skythia.
Capidava compare su un'illustrazione della Notitia Dignitatum Imperii Romani (Basilea ?, c. 1436) tra le fortezze che sorgono sul limes del Basso Danubio, poste sotto l'autorità del comandante militare della provincia (dux Scythiae). Qui è menzionata a Capidava (forma Capidaua) un'unità di cavalleria o un distaccamento di unità sotto il comando del duca di Mikra Skythia.
Quest'ultima è la regione circondata dal Danubio a nord e ovest e dal Mar Nero a est, grosso modo corrispondente all'odierna Dobrugia, con una parte in Romania e una parte in Bulgaria. La Cuneus equitum Solensium, Capidaua qui menzionata potrebbe la componente di cavalleria della vecchia Legio XX Valeria Victrix, ribattezzata Solenses.
LE INVASIONI
Le recenti indagini eseguite nel settore orientale della fortezza hanno rivelato distruzioni violente nel sec. VI; venne poi ricostruita ai tempi di Giustino II, ma dovette subire l'invasione degli Avari nel 587, dopodiché venne eretto a sud, con le pietre ricavate dalle rovine, un piccolo fortino, di m 60 per lato.
Quando però il limes bizantino venne riorganizzato, nel sec. X, grazie alla sua posizione strategica speciale, Capidava venne a rappresentare un punto importante nel nuovo sistema di difesa. Sulle rovine dell'abitato fortificato del periodo tardo romano, venne costruita una cittadella di contadini stratiòtai che durerà fino nel sec. XII e che presenta più livelli di abitazione corrispondenti a ricostruzioni successive.
Nella parte est della fortezza indagini recenti hanno fatto riemergere edifici di epoca romano-bizantina, tra cui depositi con numerose anfore e giare e un ambiente con ipocausto. Fuori della città, verso est, sono state rinvenute terme di età tardo-romana. L' archeologo e storico rumeno d'inizio XX secolo Vasile Pârvan identificò il Capidava geto-dacico come il centro del potere del re getico Dapyx, all'interno di un territorium Capidavense.
Molti storici ipotizzarono un'abitazione preromana nell'area del forte romano data la posizione che rendeva possibile la comunicazione tra i Daci della Dobrugia e quelli della pianura valacca. Tuttavia, a partire dagli anni 2000 (decennio), il forte di Getic non è stato identificato archeologicamente. Ma Il materiale archeologico del II secolo d.c. è geto-dacico e romano.
CAPIDAVA ROMANA
L' Impero Romano aveva raggiunto il Danubio già nel 14 d.c., quando il comandante Elio Catus condusse una spedizione oltre il fiume per bloccare Daci e Sarmati. Ma la Dobrugia settentrionale fu lasciata al re dei Sapaei, alleati dei romani. Più tardi l'imperatore Domiziano si rese conto dell'importanza strategica della Scizia Minore come punto di partenza delle sue spedizioni sul Danubio, contro i Daci. ma con poco successo.
Fu l'imperatore Traiano che per le guerre daco-romane fece costruire, con distaccamenti della Legio V Macedonica di Troesmis e della Legio XI Claudia di Durostorum, un castellum sulla rupe di Capidava che controllasse il guado.
Già al tempo di Traiano, i contadini romani abitavano insediamenti isolati, tra ville romane e vicus, mentre i coloni della Tracia meridionale, i Bessiani, abitavano anche villaggi isolati. Secondo Pârvan, nel 130-150 d,c. Capidava era già romanizzata. I veterani romani si stabilirono nelle canabae e nell'antico villaggio getico.
Sembra che il forte di Capidava facesse parte di un sistema difensivo che comprendeva Carsium, Cius, Troesmis, Noviodunum, Aegyssus. Il forte era dotato di un impianto portuale, con un molo sottomarino, come stazione della flotta Classis Flavia Moesica la cui base principale stava a Noviodunum. Il forte continuò a funzionare come guardia del fiume e del guado, fino al 243 d.c. quando le Cohors I Ubiorum furono sostituite dalle Cohors I Germanorum civium romanorum fino alla fine del III secolo
Ecco le legioni romane e cohors di stanza presso il castra legionario Capidava:
- Legio XI Claudia
- Legio I Italica
- Legio II Erculia
- Cohors I Germanorum
- Cohors I Ubiorum
Distrutta dai Goti nel III secolo, le fortificazioni furono ricostruite nel secolo successivo, poi divenne sede vescovile. Il forte fu abbandonato nel 559 dopo l'invasione degli Avari/ Kutrigur sotto il comando di Zabergan, capo dei Kutrigurs, un popolo nomade della steppa pontico-caspica.
- Legio I Italica
- Legio II Erculia
- Cohors I Germanorum
- Cohors I Ubiorum
Distrutta dai Goti nel III secolo, le fortificazioni furono ricostruite nel secolo successivo, poi divenne sede vescovile. Il forte fu abbandonato nel 559 dopo l'invasione degli Avari/ Kutrigur sotto il comando di Zabergan, capo dei Kutrigurs, un popolo nomade della steppa pontico-caspica.
EPOCA BIZANTINA
L'Impero Romano d'Oriente ritiratosi nel 600 dalla Dobrugia, venne ricostruita dai Bizantini nel X secolo, con una popolazione locale. Nel 1036, un'invasione dei Peceneghi devastò gran parte della regione, distruggendo i forti di Capidava e Dervent. Nel 1046 i Bizantini accettarono l'insediamento dei Peceneghi sotto Kegen a Paristrion come foederati. Stabilirono una qualche forma di dominio fino al 1059, quando Isacco I Comneno riconquistò la Dobrugia.
L'Impero Romano d'Oriente ritiratosi nel 600 dalla Dobrugia, venne ricostruita dai Bizantini nel X secolo, con una popolazione locale. Nel 1036, un'invasione dei Peceneghi devastò gran parte della regione, distruggendo i forti di Capidava e Dervent. Nel 1046 i Bizantini accettarono l'insediamento dei Peceneghi sotto Kegen a Paristrion come foederati. Stabilirono una qualche forma di dominio fino al 1059, quando Isacco I Comneno riconquistò la Dobrugia.
I RESTI
Le rovine di Capidava erano conosciute per tradizione come il villaggio turco fondato nel XVIII secolo con il nome di Kale-koy, cioè "il villaggio dell'insediamento fortificato". In un'indagine archeologica ante I guerra mondiale, Vasile Pârvan identificò il castro dove poi vennero eseguite ricerche nel 1924, nel 1926 e nel 1927, e nel 1960, fino al 1954.
I monumenti che riemersero a Capidava furono:
- epigrafici, con stele funerarie, altari, onorari o votivi
- scultorei: capitelli, una mano, un fusto-colonna, una gamba, un serpente, un'aquila.
- ceramici: vasi, anfore, secchi di argilla, giare, ciotole, lucerne,
- manufatti in metallo, osso, vetro, pietra, terra e monete.
- Le monete risalgono all'epoca di Giovanni I Zimisce, Basilio II, Costantino VIII e Teodora.
- Nel 1969 vi è stata rinvenuta una brocca (di fattura locale, nella tradizione romano-bizantina) che, oltre al segno della croce e all'alfabeto greco, reca il nome Petre, nome comune nella valle del Danubio, vale a dire un nome rumeno.
BIBLIO
- G. Florescu, R. Florescu, P. Diaconu - Capidava - Bucarest - 1958 -
- G. Florescu, R. Florescu, P. Diaconu - Capidava - Bucarest - 1958 -
- R. Vulpe, I. Barnea - Della storia della Dobrugia - II - Bucarest - 1968 -
- A. Rădulescu - Una testimonianza proto-romana a Capidava - Pontica - 1970 -
- R. Florescu - Nuovi dati con riferimento alla cronologia di Capidava tardo-romana - Pontica - 1975 -
- E. Popescu - Le iscrizioni greche e latine della Romania dal sec. IV fino al sec. XIII - Bucarest - 1976 -
- A. Aricescu - Osservazioni sulla guarnigione di Capidava nei secc. I-III - Pontica - !976 -
- Z. Covacef - Rapporto preliminare sulle ricerche del V settore della città di Capidava - Campagne del 1975, 1976, 1978 si 1979 - Pontica - XIII - 1980 -