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TERME DECIANE

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RICOSTRUZIONE  DELLE TERME DI DECIO

Gaio Messio Quinto Traiano Decio fu imperatore  romano dal 249 fino alla morte, avvenuta insieme al figlio Erennio Etrusco in battaglia, regnando così per soli due anni. In questo breve regno fece costruire le Terme Deciane, o Thermae Decianae, un complesso termale sull'Aventino destinate a servire un quartiere aristocratico.

La pianta delle terme è conosciuta da un disegno cinquecentesco di Andrea Palladio, una struttura simile alle altre terme imperiali, sebbene di dimensioni più ridotte, che ha permesso anche di collocare correttamente i resti superstiti all'interno del complesso originario (di circa 70 x 35 m).
Tra questi ambienti spicca un'abside che apparteneva all'aula sullo spigolo meridionale, di cui molte sale sono conservate fino alla volta, con i loro mosaici e le pitture a riquadri, con piccoli soggetti, paesaggi, maschere  e fiori, di epoca traianea, confermato dai bolli laterizi. Alcuni suppongono che l'edificio appartenga a case di proprietà dello stesso Deciom visto che altri membri della sua gens abitavano sull'Aventino, oppure che si tratti della casa di Traiano (Privata Traiani).

Come già specificato la dimensione delle terme era ridotta, destinate com'erano ad un pubblico ristretto ed elitario. Sul versante opposto dell’Aventino erano già funzionanti le più grandi e popolari terme di Caracalla, più grandiose ma destinate ad un uso di massa da parte delle genti del quartiere popolare della XII regio., ma non di meno queste erano ornate di pregevoli opere d'arte, come dimostrano le molte rinvenute nell'area stessa delle Terme.
Furono anzi le più piccole di tutte, più o meno come le Terme di Agrippa, e con solo edificio  balneare. Assai scarsamente documentate e praticamente scomparse, vennero localizzate grazie a vecchie mappe di Roma, come quella settecentesca del Nolli, che ne riportano i ruderi allora esistenti, e ad alcune iscrizioni sulla storia dell'edificio, una delle quali è ancora nel cortile del Casale Torlonia. 



I RESTAURI

Le terme, di cui restano alcune rovine, sono menzionate in alcune iscrizioni che, oltre a confermare la localizzazione, forniscono elementi certi circa la storia del complesso, come il restauro sotto Costante I o Costanzo II e un altro del 414, sotto Onorio, ad opera del praefectus urbi Cecina Decio Aginazio Albino in seguito ai danni causati dal Sacco di Roma di Alarico.



I RESTI

La pianta mostra uno sviluppo simmetrico degli ambienti secondari posti ai lati di una grande aula centrale il tepidarium). I due ambienti evidenziati in bianco costituiscono l'apodyterium, ossia lo spogliatoio, affiancati alla palestra (celeste). Gli ambienti disposti a sud-ovest fanno parte del calidarium (arancione): da qui si passava prima in un ambiente più temperato,  il tepidarium in giallo e poi negli ambienti blu che costituiscono il frigidarium.

LA PIANTA DELLE TERME  E LA  PIAZZA DEL TEMPIO DI DIANA OGGI
Costruite su edifici più antichi, sono state a loro volta inserite nel medioevale tuttora esistente. Sotto le terme si trovano infatti i resti di edifici precedenti, visibili nei sotterranei del Casale Torlonia, oggi Borghese, e sotto la piazza del Tempio di Diana: si tratta di muri in opera quasi reticolata con tracce di una decorazione a finte incrostazioni marmoree in pittura e stucco (I stile pompeiano), la testimonianza più antica di questo schema decorativo a Roma, risalente all'ultimo quarto del II secolo a.c.  

Le strutture precedenti sono riferibili ad una domus di età traianea, che a sua volta aveva inglobato strutture precedenti, in opera reticolata, pertinenti ad un’altra domus di cui rimangono alcuni ambienti che presentano la decorazione a pannelli del II sec. a.c..
Questo altro edificio di epoca traianea è sfarzosamente decorato da mosaici e pitture a riquadro con molteplici soggetti (maschere, fiori, paesaggi), forse l'abitazione privata di Traiano (Privata Traiani) prima che diventasse imperatore che doveva trovarsi nelle vicinanze, o forse una residenza dello stesso Decio sulla quale fece edificare il complesso termale.

Tra le strutture rimanenti nel casale Torlonia, rimangono visibili alcuni muri laterizi tra cui la parete sud-ovest del casale, che si affaccia sul cortile interno e che corrisponde alla facciata sud-ovest del complesso termale.
A circa 10 m è stato rinvenuto infatti un grosso muro di fondazione delle terme in opera cementizia, che taglia uno dei vani di una casa preesistente. Quest'ultima, venuta alla luce intorno agli anni Venti, durante i lavori per una fognatura, è composta da cinque ambienti conservati in tutta la loro altezza, comprese le volte a crociera. Essa presenta due archi laterizi inglobati in una struttura più tarda, che va forse riferita ai restauri compiuti dal prefetto urbano del 414 Caecina Decius Acinatius Albinus, che restaurò in particolare il calidarium. Esso versava, infatti, in pessime condizioni e rischiava di far cadere tutto il complesso. Qui è stato ritrovato anche l’ipocausto.

Le pareti del primo ambiente sono finemente affrescate con decorazioni lineari a riquadri su fondo bianco, all'interno dei quali sono raffigurati paesaggi, nature morte e maschere teatrali, gli altri ambienti presentano una decorazione lineare ma più semplificata, con mazzi di fiori, uccelli e gazzelle all'interno dei riquadri bianchi e un motivo concentrico di cerchi e ottagoni che trasforma le volte a crociera dei soffitti in una specie di cupola ottagonale.
Nell'ultimo ambiente, ancora parzialmente interrato, è visibile, in un sottarco, una decorazione a larghe fasce di colore violaceo con cavalli marini, stambecchi e fiori, probabilmente realizzata durante una delle ristrutturazioni della casa (epoca severiana) prima della costruzione delle Terme Deciane.

Della domus tardo-repubblicana, inglobata dall'impianto imperiale, sono stati rinvenuti un muro in tufelli, una colonna in travertino, un pavimento in scaglie di marmo colorato. Tale struttura inizialmente si estendeva verso nord ed era collegata con altri ambienti situati attualmente sotto il Casale Torlonia e anch'essi utilizzati come fondazione delle Terme Deciane, rimasti però quasi completamente inesplorati. Attualmente non sono visibili essendo all'interno di una proprietà privata, dato che il comune di Roma non ha mai reclamato questi beni.
Anche questi ambienti presentano numerose fasi successive: una, più antica, in opera quasi reticolata con decorazione a pannelli in rilievo di primo stile pompeiano (fine II sec. a.c.) e una seconda, dovuta a una ristrutturazione, con una decorazione a schema lineare, analoga a quella rinvenuta nel primo ambiente sotto piazza del Tempio di Diana, con paesaggi sacrali e con figure femminili presso altari, ritratte nell’atto di compiere sacrifici. La seconda decorazione è databile ai primi decenni del II sec. d.c. 

Tutti questi ambienti dovevano far parte, originariamente, di un unico grande complesso di epoca imperiale, che aveva inglobato case di epoca repubblicana di una vasta area (secondo alcuni la domus cd. Casa Bellezza) e nel quale si è voluto riconoscere un settore dei Privata Traiani, ossia la casa privata di Traiano (da altri invece identificata con la casa sotto S. Prisca), che i Cataloghi Regionari localizzavano sull’Aventino citandola dopo le terme Deciane e il Dolocenum (che è stato rinvenuto sotto via di S. Domenico, ossia la strada posta pochi m a settentrione della piazza del Tempio di Diana).



I REPERTI

Gli scavi hanno restituito nel tempo molte opere d'arte, come l'Ercole fanciullo in basalto verde o il rilievo di Endimione dormiente, entrambi ai Musei Capitolini. Pochissimi i frammenti decorativi marmorei pertinenti alla decorazione del complesso, alcuni dei quali conservati ai Musei Capitolini.



VIGNA MASSIMI - DELLA CASA PROFESSA - TORLONIA

La presente vigna Torlonia all'Aventino, la maggiore dentro le mura della città, che si stende dal sommo del monte presso s. Alessio, e dal Priorato di Malta, sino alla porta s. Paolo, abbraccia le vigne segnate nella pianta del Nolli coi nomi di s. Alessio, della Casa Professa e del Noviziato de' Gesuiti, del collegio Luganini, dell'Università di Frul1aro1i, e la vigna Maccarani. Quest'ultima è stata tagliata fuori dal corpo principale per mezzo del nuovo viale di porta s. Paolo aperto del 1889. 


VILLA DEI TORLONIA
La vigna Massimi è insigne per gli avanzi delle terme Deciane e per ritrovamenti di marmi scritti e figurati. A e. 126 del cod. berlin. del Pighio, il Florent parla di una tavola marmorea (Grutero, 128,5, CIL. VI, 222) « effossa ante triennium (1567) in vinca R. archiepiscopi de Maximis in mòte Aventino nunc extat in atrio domus suae Romae, anno 1570 die 29 octobris» : ma cade in errore, sapendosi dal Manuzio essere stato trovato quel marmo insigne fra le rovine della stazione della quinta corte dei Vigili alla Navicella. Le indicazioni topografiche e cronologiche date dal Florent spettano invece al ritrovamento dell' insigne base di statua di Vettius Agorius Praetextatus, CIL. 1777, la quale indicherebbe il sito di una seconda domus urbana di quel personaggio, o piuttosto di una domus aventiuese, distinta dagli horti esquilini. Vedi Lanciani, Syll. aquar. n. 52-53. 

Nell' istesso luogo furono ritrovate la base di una statua trasferita dal prefetto Anicius Paolinus alle terme Deciane nell'anno 331, CIL. VI, 1051: il piedistallo n. 1159 dedicato a Costanzo augusto da Memmius Vitrasius Orfitus: quello n. 1160 dedicato al medesimo da Flavius Leontius: quello n. 1107 dedicato a Magnenzio da Fabius Titianus, e quello n. 1008 dedicato a M. Aurelio dai decuriales pullarii. Per ciò che spetta al 1192, che determina il sito delle terme, il Doni ap. Gori {Iscr. Rlr. tomo II, 150) è il solo epigrafista che lo dica esistente "in hortis Alexaudri Maiimi", mentre si sa da Pietro Sabiuo essere stato trovato sin dal febbraio 1513 nella vigna adiacente di Mario da Volterra, che fu poi del Lisca.

Tutti questi ritrovamenti devono essere riusciti assai accetti all'arcivescovo d'Amalfi padrone della vigna, ridotto un po' a mal partito. Trovo infatti negli atti di Curzio Saccoccia aver egli, sino dal 18 febbraio 1567, imposto su questa proprietà un censo di scudi diciotto d'oro a favore delle monache di s. Ambrogio della Massima, per un prestito di scudi duecento. Maggiormente gradita gli sarà stata la scoperta dell'Ercole di basalto, che F. Vacca descrive a questo modo: - mi ricordo, che nel monte Aventino, nella vigna di monsignor de Massimi verso Testacelo, si trovò una statua di basalto verde, quale dicevano che sia il figliuolo d'Ercole in età fanciullesca con la pelle di leone in testa, e con la clava in mano . . . questa statua la comprarono i Romani dal detto monsignore per ducati mille di camera» {Mem. 90) e ciò avvenne il giorno 10 novembre del 1571. 

Gli epigrafisti contemporanei ricordano pure fra i cimelii della vigna un'arula rotonda dedicata a Silvano da L. Manilius Saturninus, CIL. G51, e un frammento di base marmorea commesso nel piano dell'aia, col nome di C. Octavius Appius Suetrius Sabinus cos. 214, indizio della prossimità della sua residenza aventinese. Vedi anche Lanciani, Syll. aq. 175, 176.
L'autore del cod. barber. vat. XXX, 89 descrive il cippo di Flavia Helpis, CIL. VI, 18357 come esistente «nella vigna o giardino dell'arcivescovo de Massimi, incontro S. Sabina, tramezzato dalla strada publica, in una pietra antica di marmo bianco di 2 busti piccioli di maschio e femina».

Il giorno 13 novembre 1635 Marcello Vitelleschi acquistò la vigna dal marchese Massimo Massimi a favore della Casa Professa dei Gesuiti. Nell'apoca stipolata dai notari Colonna e Buratti è detta confinare con l'orto di s. Alessio, con il sig. Virgilio Lucharini, con li sigg. Specchi, e con il noviziato di s. Andrea. 



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