ECCO COME APPARIVA IN ORIGINE |
La colonna Traiana venne eretta nel Foro Traiano nel II sec. d.c. (110-113), per celebrare le due campagne vittoriose di Traiano in Dacia (Romania), rievocando tutti i momenti salienti di quella conquista. Altresì doveva ricordare, avendone l'identica misura, l'altezza della sella collinare prima dello sbancamento per la costruzione del Foro.
RICOSTRUZIONE GRAFICA DEL NATIONAL GEOGRAPHIC ( http://www.nationalgeographic.com/ ) |
Venne collocata nel Foro di Traiano, in un ristretto cortile alle spalle della Basilica Ulpia, fra due biblioteche, dove un doppio loggiato ai lati ne facilitava la lettura. Di fronte c'era il Tempio del Divo Traiano.
Una lettura "abbreviata" era anche possibile senza girare intorno alla colonna per seguire l'intero racconto, seguendo le scene secondo un ordine verticale, dato che la loro sovrapposizione nelle diverse spire sembra seguire una logica coerente. Alcuni calchi di questo monumento, collocati nel Museo della Civiltà Romana, consentono di guardare oggi tutta la bellezza delle raffigurazioni.
La colonna celebrativa isolata era in già un’antica forma di celebrazione di grandi personaggi, di cui nessun esempio precedente è però giunto fino a noi. Sappiamo che spesso i Romani usavano colonne singole che si ripetevano ad adornare i viali più importanti, con sopra bronzi dorati, colonne non collegate, svettanti al cielo un simbolo o una divinità dorata. Ma nulla a che vedere, nè le colonne decorative, nè quelle celebrative, con le inaudite dimensioni e la decorazione del fusto della colonna traiana.
Inoltre, come tutte le statue e i bassorilievi romani, era dipinta a colori vivaci di cui restano poche tracce. Si può immaginare che essendo all'epoca dipinta in toni molto vivaci, e pure adornata di inserti dorati, come era nell'uso romano, avesse nelle sue scene molto maggiore visibilità di oggi.
Questa spietatezza e crudeltà sono stati molto criticati dall'etica moderna, un'etica peraltro che dovrebbe accorgersi di come lo stile non sia cambiato nelle guerre passate e attuali. Anzi i romani possedevano una clementia sconosciuta presso quasi tutti i popoli, e cioè niente torture per diletto o per intimorire i nemici, salvataggio totale delle città che si sottomettevano al vincitore, senza saccheggi o irruzioni nelle case, era sufficiente pagare e tasse richieste e l'approvvigionamento dell'esercito romano.
Anzi notiamo che non vi è mai, in tutte le raffigurazioni dell'imperatore, una posa di esaltazione o di adulazione. Anche nella grande scena di sottomissione, che chiude la II campagna della I guerra, l'imperatore seduto, visto di profilo, sembra più un giudice che un vincitore. C'è grande differenza di concezione etico-politica tra queste scene e quelle della Colonna Antonina, dove il nemico è massacrato e oltraggiato, o nelle raffigurazioni monetali degli imperatori cristiani del IV sec., quando, giganteschi personaggi, sia pure cristiani, si pongono sotto i piedi il nemico vinto.
Sul fronte verso la basilica Ulpia c'è un'epigrafe in carattere lapidario sorretta da vittorie, che commemora l'offerta della colonna da parte del senato e del popolo romano e specifica come la colonna rappresenti l'altezza della sella tra Campidoglio e Quirinale prima dei lavori di sbancamento operati da Traiano per la costruzione del Foro.
Del bellissimo Foro è rimasta solo la Colonna Traiana, nel secolo IV d.c., i rilievi con i Daci, e le statue di Daci vennero inserite nell'Arco di Costantino (315 d.c.). Poi fu la volta delle invasioni dei barbari e nel 663, l'imperatore bizantino Costante II Eraclio ne prelevò alcune statue in bronzo e forse anche la statua di Traiano, di bronzo dorato, che era in cima alla Colonna (scomparsa poi misteriosamente).
All'inizio del XI secolo una piccola chiesa (San Niccolò de Columna) è stata sistemata proprio nella base della Colonna Traiana; oggi è ancora visibile l’impronta scavata, sotto forma di tetto, sopra l'ingresso, distruggendo una parte dell’antica iscrizione di questo monumento. La chiesa fu demolita probabilmente all’occasione della visita a Roma dell'imperatore Charles Quint (Carlo V), nel 1546.
Nel Medioevo una gran parte dei preziosi marmi colorati vennero razziati tanto nelle costruzioni quanto nella scultura contemporanea. La Colonna di Traiano è stata salvata grazie a un decreto del Senato Romano, datato il 27 Marzo 1162, il quale dichiarava, minacciando la morte, il divieto di distruggere o danneggiare, e il quale prevedeva la tutela di questo monumento lasciato da Roma imperiale alla città santa.
Il decreto salvò la Colonna di Traiano, ma, purtroppo, non le altre zone del Foro di Traiano, che hanno continuato ad essere razziate, soprattutto nel XVI secolo, per costruire nuove chiese.
LA STORIA
La storia inizia di fronte al Dio Danubio, si interrompe una sola volta, nell'intervallo fra le due guerre per presentare una Vittoria alata, concludendosi con le rappresentazione della notte.
La colonna celebrativa isolata era in già un’antica forma di celebrazione di grandi personaggi, di cui nessun esempio precedente è però giunto fino a noi. Sappiamo che spesso i Romani usavano colonne singole che si ripetevano ad adornare i viali più importanti, con sopra bronzi dorati, colonne non collegate, svettanti al cielo un simbolo o una divinità dorata. Ma nulla a che vedere, nè le colonne decorative, nè quelle celebrative, con le inaudite dimensioni e la decorazione del fusto della colonna traiana.
Inoltre, come tutte le statue e i bassorilievi romani, era dipinta a colori vivaci di cui restano poche tracce. Si può immaginare che essendo all'epoca dipinta in toni molto vivaci, e pure adornata di inserti dorati, come era nell'uso romano, avesse nelle sue scene molto maggiore visibilità di oggi.
LO STILE
La Colonna fu una novità assoluta nell'arte antica e divenne il punto di arrivo più all'avanguardia per il rilievo storico romano.
Per la prima volta nell'arte romana si ebbe un'espressione artistica assolutamente autonoma in ogni suo aspetto pur essendo la scultura romana continuazione dell'arte greca e pure etrusca.
La narrazione, ordinata cronologicamente; è di altissima qualità artistica sia per il livello della composizione, sia per il controllo del ritmo narrativo che scorre senza interruzioni, sia per la qualità dei rilievi.
Il geniale scultore, per l'appunto ritenuto dai più Apollodoro di Damasco di cultura ellenistica, usò mezzi stilistici da lui inventati per procurare le suggestioni occorrenti.
Ad esempio non rispettò le misure reali delle persone (questo era già stato fatto per gli Dei e gli imperatori), ma pure degli edifici e degli alberi; ingrandendo i protagonisti mentre rimpiccioliva gli elementi secondari.
Inoltre alleggeriva o approfondiva il rilievo tenendo conto dell'impatto d'insieme data dalla visione contemplata per lo più dal basso.
Il "Grande fregio di Traiano" le cui lastre sono reimpiegate sull'Arco di Costantino è sicuramente dello stesso autore.
Qualcuno ha ipotizzato, per la precisione dei fatti e dei dettagli, che le scene della colonna fossero anche un'esperienza diretta dell'artista.
Si sa che i romani prima di essere artisti erano combattenti e non esisteva un artista puro, cioè che lavorasse solo nel suo ambito come poteva invece accadere il Grecia. Ne abbiamo famosi esempi in Marco Vipsanio Agrippa e per l'appunto Apollodoro di Damasco.
L'AUTORE
Ci sono vari fattori che hanno fatto riflettere sul possibile autore della colonna. Ad esempio la fine di Decebalo, capo dei Daci, è quasi una glorificazione del re combattente per l'indipendenza del suo popolo.
Per la prima volta nell'arte romana si ebbe un'espressione artistica assolutamente autonoma in ogni suo aspetto pur essendo la scultura romana continuazione dell'arte greca e pure etrusca.
La narrazione, ordinata cronologicamente; è di altissima qualità artistica sia per il livello della composizione, sia per il controllo del ritmo narrativo che scorre senza interruzioni, sia per la qualità dei rilievi.
Il geniale scultore, per l'appunto ritenuto dai più Apollodoro di Damasco di cultura ellenistica, usò mezzi stilistici da lui inventati per procurare le suggestioni occorrenti.
Ad esempio non rispettò le misure reali delle persone (questo era già stato fatto per gli Dei e gli imperatori), ma pure degli edifici e degli alberi; ingrandendo i protagonisti mentre rimpiccioliva gli elementi secondari.
Inoltre alleggeriva o approfondiva il rilievo tenendo conto dell'impatto d'insieme data dalla visione contemplata per lo più dal basso.
Il "Grande fregio di Traiano" le cui lastre sono reimpiegate sull'Arco di Costantino è sicuramente dello stesso autore.
Qualcuno ha ipotizzato, per la precisione dei fatti e dei dettagli, che le scene della colonna fossero anche un'esperienza diretta dell'artista.
Si sa che i romani prima di essere artisti erano combattenti e non esisteva un artista puro, cioè che lavorasse solo nel suo ambito come poteva invece accadere il Grecia. Ne abbiamo famosi esempi in Marco Vipsanio Agrippa e per l'appunto Apollodoro di Damasco.
L'AUTORE
Ci sono vari fattori che hanno fatto riflettere sul possibile autore della colonna. Ad esempio la fine di Decebalo, capo dei Daci, è quasi una glorificazione del re combattente per l'indipendenza del suo popolo.
Anche la sua fuga attraverso i boschi con pochi uomini, mentre i romani conducono cavalli carichi di vasellame prezioso del tesoro reale svelato da un tradimento, non sembra voler denigrare i vinti ma anzi riconoscerne il valore.
Decebalo che si aggira nei boschi; che parla ai suoi fidi, alcuni dei quali si uccidono; Decebalo avvistato dalla cavalleria romana e che, raggiunto, si lascia cadere dal cavallo e si uccide, suscita più commozione che avversione.
Decebalo che si aggira nei boschi; che parla ai suoi fidi, alcuni dei quali si uccidono; Decebalo avvistato dalla cavalleria romana e che, raggiunto, si lascia cadere dal cavallo e si uccide, suscita più commozione che avversione.
La sua testa sopra un largo piatto verrà poi portata ai romani come trofeo.
Nella colonna le scene di battaglia non costituiscono il soggetto principale del fregio, benché descriva le vicende di due spedizioni militari.
Viene dato anzi più spazio alle attività di pacificazione e di riorganizzazione del territorio, a sottolineare le capacità di governo di Traiano e la funzione civilizzatrice di Roma.
Tanta imparzialità di vedute e tanta definizione dei particolari fa pensare due cose: una è che lo scultore avesse assistito alle battaglie, e poi che non fosse un adulatore del potere e descrivesse secondo la sua emotività ciò che vedeva.
Tutto questo ci riconduce ancora ad Apollodoro, che essendo l'artista preferito di Traiano, facilmente l'avrebbe seguito nelle imprese per poterle poi degnamente immortalare, e che non fosse un adulatore lo si vide al punto che con il successore dell'equilibrato Traiano, il meno modesto Adriano, la sua schiettezza gli costò la vita.
Bianchi Bandinelli definisce con il termine “Simpatia” l’atteggiamento del Maestro nei confronti dei Daci. Sympátheia, conformità di sentire, ma anche compassione, e si chiede se non sia « l’espressione di sentimenti personali dell’artista ».
I COMMENTI
La narrazione delle spedizioni di guerra si basa su temi se non fissi almeno preponderanti, che probabilmente rientravano già nel repertorio delle pitture trionfali: la partenza, la costruzione di strade e di fortificazioni, le cerimonie religiose, il discorso alle truppe, l'assedio, la battaglia, la sottomissione dei nemici vinti e i bottini conquistati, di beni, di opere d'arte e di schiavi. Spesso queste scena mettevano in evidenza la crudeltà e il saccheggio dei vincitori, autentici documenti della distruzione di un popolo.
La narrazione delle spedizioni di guerra si basa su temi se non fissi almeno preponderanti, che probabilmente rientravano già nel repertorio delle pitture trionfali: la partenza, la costruzione di strade e di fortificazioni, le cerimonie religiose, il discorso alle truppe, l'assedio, la battaglia, la sottomissione dei nemici vinti e i bottini conquistati, di beni, di opere d'arte e di schiavi. Spesso queste scena mettevano in evidenza la crudeltà e il saccheggio dei vincitori, autentici documenti della distruzione di un popolo.
LA COLONNA TRAIANA OGGI |
Anche se a Roma vigevano già le colonne onorarie, l'esecuzione di una con un fascio figurato di rilievi è senza precedenti. L'autore non si sa chi sia ma se ne conosce il valore artistico, anche dai fregi inseriti nell'arco di Costantino.
Salvata dall'iconoclastia dei papi solo perchè consacrata a una scadente statua di s.Pietro che sostituì la vera statua del grande Traiano, la Colonna venne copiata da numerosi artisti che nel Rinascimento si facevano calare con ceste dalla sommità lungo il fusto, per copiare i rilievi e trarne ispirazione per le loro opere: Pietro da Cortona, Rubens e Poussin. Venne distrutta non solo la statua di Traiano ma pure le tombe di Traiano e Plotino, omaggiate per secoli dai pellegrini con grande scontento della chiesa.
Lo stesso Bernini affermò che la Colonna Traiana "era la fonte da cui tutti i grandi uomini avevano tratto la forza e la grandezza del loro disegno". Tuttavia la Colonna Traiana venne anche criticata da alcuni artisti perché riscontravano nei pannelli alcuni difetti nella composizione e alcune deficienze nella prospettiva.
Salvata dall'iconoclastia dei papi solo perchè consacrata a una scadente statua di s.Pietro che sostituì la vera statua del grande Traiano, la Colonna venne copiata da numerosi artisti che nel Rinascimento si facevano calare con ceste dalla sommità lungo il fusto, per copiare i rilievi e trarne ispirazione per le loro opere: Pietro da Cortona, Rubens e Poussin. Venne distrutta non solo la statua di Traiano ma pure le tombe di Traiano e Plotino, omaggiate per secoli dai pellegrini con grande scontento della chiesa.
Lo stesso Bernini affermò che la Colonna Traiana "era la fonte da cui tutti i grandi uomini avevano tratto la forza e la grandezza del loro disegno". Tuttavia la Colonna Traiana venne anche criticata da alcuni artisti perché riscontravano nei pannelli alcuni difetti nella composizione e alcune deficienze nella prospettiva.
A queste critiche rispose il letterato collezionista d'arte Francesco Algarotti in una sua lettera del 1763 dove sostenne che "il maestro delle imprese di Traiano" scolpì alcune cose più grandi del normale perché voleva fare in modo che le figure più importanti diventassero degli emblemi, ma anche per farle percepire meglio da chi si trovava in basso e non aveva di certo impalcature che gli permettevano di vedere da vicino i rilievi.
Oggi questa risposta è riconosciuta giusta e pertinente dalla critica moderna.
Si sa dell'ammirazione che Raffaello aveva per i rilievi della Colonna, tanto che se ne ispirò per la composizione delle scene di battaglia (Stanza di Costantino in Vaticano, il cui tema principale è la Pagina 3 di 21 Chacon-Colonna-Traiana 06/08/10 18.03 vittoria del cristianesimo sul paganesimo).
"Ma quelle [sculture] che vi sono delle spoglie di Traiano e d’Antonino Pio, sono eccellentissime, e di perfetta maniera". [v. Lettera di Raffaello …, p. 22)
La brillante idea della colonna decorata con rilievi a spirale dalla base alla cima fu copiata spesso nell’antichità, dalla Colonna Aureliana a Roma a quelle quelle di Teodosio e di Arcadio a Costantinopoli, e in epoca moderna la colonna di Place Vendôme a Parigi. Questa colonna è di bronzo ed è ispirata alla colonna Traiana di Roma, che però è di marmo.
L'Italia è stata depredata un po' da tutti nelle varie epoche, dai Papi che vendevano all'estero le opere d'arte alle guerre perdute che ne fecero bottini di guerra.
Perfino la colonna di Traiano corse questo rischio nel 1865, fortunatamente il costo per trasportare la colonna in Francia era talmente elevato che Napoleone III, dovette rinunciare al grande furto della colonna, limitandosi a farne rilevare in gesso i bassorilievi.
Fu in quell'occasione che si notarono su di essa le tracce di smalto d'oro e di colore vermiglio e azzurro.
LA DESCRIZIONE
Anche se a Roma vigevano già le colonne onorarie, l'esecuzione di una con un fascio figurato di rilievi è senza precedenti. L'autore non si sa chi sia (anche se molti propendono e secondo noi non a torto, per Apollodoro, l'architetto e scultore preferito da Traiano) ma se ne conosce il valore artistico, anche dai fregi inseriti nell'arco di Costantino.
Consacrata, protetta dai papi, la Colonna venne copiata da numerosi artisti che nel Rinascimento si fecero calare dentro le ceste dalla sommità lungo il fusto, per copiare i rilievi e trarne ispirazione: da Pietro da Cortona a Rubens e a Poussin.
La colonna, di 29,78 m d'altezza nel fusto, ma complessivamente di 40 m, esattamente 39,86 metri circa se si include l'alto piedistallo alla base e la statua alla sommità, è di ordine tuscanico, composta da un toro ornato di foglie d'alloro, un fusto di 17 rocchi di pregiato marmo di Carrara, un capitello e un piedistallo con base liscia e poi sgolato, quattro facce con fregio di spoglie di nemici vinti (eseguiti a bassissimo rilievo), e una cornice decorata da festoni sorretti da quattro aquile poste agli angoli del piedistallo. Per eseguirla sono stati usati 18 colossali blocchi di marmo, ciascuno dei quali pesa circa 40 tonnellate ed ha un diametro di 3,83 m.Oggi questa risposta è riconosciuta giusta e pertinente dalla critica moderna.
Si sa dell'ammirazione che Raffaello aveva per i rilievi della Colonna, tanto che se ne ispirò per la composizione delle scene di battaglia (Stanza di Costantino in Vaticano, il cui tema principale è la Pagina 3 di 21 Chacon-Colonna-Traiana 06/08/10 18.03 vittoria del cristianesimo sul paganesimo).
"Ma quelle [sculture] che vi sono delle spoglie di Traiano e d’Antonino Pio, sono eccellentissime, e di perfetta maniera". [v. Lettera di Raffaello …, p. 22)
La brillante idea della colonna decorata con rilievi a spirale dalla base alla cima fu copiata spesso nell’antichità, dalla Colonna Aureliana a Roma a quelle quelle di Teodosio e di Arcadio a Costantinopoli, e in epoca moderna la colonna di Place Vendôme a Parigi. Questa colonna è di bronzo ed è ispirata alla colonna Traiana di Roma, che però è di marmo.
L'Italia è stata depredata un po' da tutti nelle varie epoche, dai Papi che vendevano all'estero le opere d'arte alle guerre perdute che ne fecero bottini di guerra.
Perfino la colonna di Traiano corse questo rischio nel 1865, fortunatamente il costo per trasportare la colonna in Francia era talmente elevato che Napoleone III, dovette rinunciare al grande furto della colonna, limitandosi a farne rilevare in gesso i bassorilievi.
Fu in quell'occasione che si notarono su di essa le tracce di smalto d'oro e di colore vermiglio e azzurro.
LA DESCRIZIONE
Anche se a Roma vigevano già le colonne onorarie, l'esecuzione di una con un fascio figurato di rilievi è senza precedenti. L'autore non si sa chi sia (anche se molti propendono e secondo noi non a torto, per Apollodoro, l'architetto e scultore preferito da Traiano) ma se ne conosce il valore artistico, anche dai fregi inseriti nell'arco di Costantino.
Consacrata, protetta dai papi, la Colonna venne copiata da numerosi artisti che nel Rinascimento si fecero calare dentro le ceste dalla sommità lungo il fusto, per copiare i rilievi e trarne ispirazione: da Pietro da Cortona a Rubens e a Poussin.
Sul lato sud-est del piedistallo si apre una porta che conduce a una rampa di scala a chiocciola. Questa si snoda lungo tutto il fusto cavo della colonna con 185 scalini, illuminata da 43 feritoie a intervalli regolari, aperte sul fregio ma non concepite all'epoca della costruzione,.fino a raggiungere sulla sommità a tre stanzette, di cui la più interna custodiva due urne d' oro con le ceneri di Traiano e della moglie Plotina, dando al monumento una funzione sia celebrativa che funeraria.
La colonna, per ragioni di stabilità ma pure di effetto visivo, ha il diametro all'imoscapo (estremità inferiore del fusto) di 3,70 m e al sommoscapo (estremità superiore) di 3,20 m, ed è dotata di una lieve entasi, cioè un rigonfiamento del fusto della colonna a circa un terzo della sua altezza.
È un accorgimento ottico che evidenzia la membratura della colonna come il rigonfiamento del muscolo di un avambraccio sotto sforzo, ovvero per la tensione della colonna che reagisce alla compressione a cui è sottoposta.
L'effetto dell'entasi è accentuato dalla rastremazione della colonna di cui si è detto sopra, che è percorsa da 24 scanalature affioranti per un breve tratto al di sotto dell'echino, una sorta di "cuscino" sotto l'abaco. decorato a ovoli e dardi. La colonna è fasciata da un lungo nastro di fregio lungo 200 m, nel quale sono rappresentati i fatti più importanti delle due guerre della Dacia. Il nastro, avvolgendosi forma una spirale, così la colonna prende il nome di coclide. Essa fu la prima colonna coclide mai innalzata.
Il nastro della colonna contiene oltre 2500 figure e 155 scene delle varie fasi della guerre. La fascia ha un'altezza che aumenta dal basso verso l'alto cosicchè le immagini superiori sono più grandi di quelle inferiori perché per la maggior distanza risultino proporzionate. Lo stesso principio che si usava nei templi dorici.
La colonna, per ragioni di stabilità ma pure di effetto visivo, ha il diametro all'imoscapo (estremità inferiore del fusto) di 3,70 m e al sommoscapo (estremità superiore) di 3,20 m, ed è dotata di una lieve entasi, cioè un rigonfiamento del fusto della colonna a circa un terzo della sua altezza.
È un accorgimento ottico che evidenzia la membratura della colonna come il rigonfiamento del muscolo di un avambraccio sotto sforzo, ovvero per la tensione della colonna che reagisce alla compressione a cui è sottoposta.
L'effetto dell'entasi è accentuato dalla rastremazione della colonna di cui si è detto sopra, che è percorsa da 24 scanalature affioranti per un breve tratto al di sotto dell'echino, una sorta di "cuscino" sotto l'abaco. decorato a ovoli e dardi. La colonna è fasciata da un lungo nastro di fregio lungo 200 m, nel quale sono rappresentati i fatti più importanti delle due guerre della Dacia. Il nastro, avvolgendosi forma una spirale, così la colonna prende il nome di coclide. Essa fu la prima colonna coclide mai innalzata.
Il rilievo è basso (detto pittorico) per non creare un movimento confuso tra così tante immagini e si avvale dell'uso del trapano. La realizzazione del monumento richiese una tecnica sofisticata e una grande organizzazione di cantiere che ancora oggi non sarebbe facile raggiungere. Non era facile sovrapporre blocchi del peso di circa 40 tonnellate ognuno e farli combaciare perfettamente, tenendo conto sia dei rilievi, già sbozzati e successivamente rifiniti in opera, sia della scala a chiocciola interna già essere scavata prima della collocazione.
LA CONSERVAZIONE
Lo storico Ammiano Marcellino narra che l’imperatore Flavio Giulio Costanzo, con residenza a Costantinopoli, in visita a Roma nel 357 d.c., fu ammirato dal Foro di Traiano e dalla statua equestre del’imperatore, che si trovava circa nel mezzo del Foro. Il complesso rimase intatto fino al IV secolo, quando i materiali preziosi di costruzione vennero scandalosamente usati per la costruzione di vari edifici, e per decorare diverse case e giardini privati, diventando cosi collezioni private e poi della chiesa.
LA CONSERVAZIONE
Lo storico Ammiano Marcellino narra che l’imperatore Flavio Giulio Costanzo, con residenza a Costantinopoli, in visita a Roma nel 357 d.c., fu ammirato dal Foro di Traiano e dalla statua equestre del’imperatore, che si trovava circa nel mezzo del Foro. Il complesso rimase intatto fino al IV secolo, quando i materiali preziosi di costruzione vennero scandalosamente usati per la costruzione di vari edifici, e per decorare diverse case e giardini privati, diventando cosi collezioni private e poi della chiesa.
RICOSTRUZIONE 3D |
All'inizio del XI secolo una piccola chiesa (San Niccolò de Columna) è stata sistemata proprio nella base della Colonna Traiana; oggi è ancora visibile l’impronta scavata, sotto forma di tetto, sopra l'ingresso, distruggendo una parte dell’antica iscrizione di questo monumento. La chiesa fu demolita probabilmente all’occasione della visita a Roma dell'imperatore Charles Quint (Carlo V), nel 1546.
Nel Medioevo una gran parte dei preziosi marmi colorati vennero razziati tanto nelle costruzioni quanto nella scultura contemporanea. La Colonna di Traiano è stata salvata grazie a un decreto del Senato Romano, datato il 27 Marzo 1162, il quale dichiarava, minacciando la morte, il divieto di distruggere o danneggiare, e il quale prevedeva la tutela di questo monumento lasciato da Roma imperiale alla città santa.
Il decreto salvò la Colonna di Traiano, ma, purtroppo, non le altre zone del Foro di Traiano, che hanno continuato ad essere razziate, soprattutto nel XVI secolo, per costruire nuove chiese.
LA STORIA
La storia inizia di fronte al Dio Danubio, si interrompe una sola volta, nell'intervallo fra le due guerre per presentare una Vittoria alata, concludendosi con le rappresentazione della notte.
Accentuava il rilievo una vasta policromia, soprattutto di azzurro, bianco e carminio, forse, come usava con nomi di luoghi e personaggi, oltre a varie armi in miniatura in bronzo sparse in mano ai personaggi (spade e lance non sono infatti quasi mai scolpite), e ora del tutto perdute.
Le scene sono ambientate nei contesti effettivi con rocce, alberi e costruzioni, riferendosi ad episodi specifici chiari nella mente dell'artefice, si che si è pensato per questo avesse partecipato alle imprese.
Alcune scene, come la mietitura del grano (scena 83) precisano il periodo delle battaglie, in estate, quando appunto si svolsero gli avvenimenti della II campagna dell'ultima guerra.
La figura di Traiano è raffigurata 60 volte con la scena che converge su di lui, come convergono gli sguardi degli altri personaggi su di lui. Spesso è alla testa delle colonne in marcia, rappresentato di profilo e con il mantello gonfiato dal vento; sorveglia la costruzione degli accampamenti; sacrifica agli Dei; parla ai soldati; li guida in battaglia; riceve la sottomissione dei barbari; assiste alle esecuzioni.
Tutta l'opera è improntata al valore dell'esercito romano e alla bravura del suo imperatore, una movimentata sequenze di scene a volte frenetiche, o festose, o pacate e riflessive ma per poco, perchè seguono scene drammatiche e quasi apocalittiche, con un ritmo incalzante e temi sempre nuovi. In definitiva però la colonna descrive Traiano com'era, un uomo giusto in patria, generoso e rispettoso degli umili, coraggioso nel difendere l'impero, capace e solerte come generale, temuto dai nemici ma adorato dai soldati.
Questa narrazione si svolge dal basso verso l’alto e da sinistra a destra e ha inizio con l’attraversamento da parte dei Romani del Danubio su un ponte di barche. E' l'inizio delle grandi guerre daciche, nell'odierna Romania, che tennero in sospeso il fiato dell'impero romano.
LE SCENE
Da C. Cichorius, Die Reliefs der Trajanssäule, Berlino 1896-1900.
Questa narrazione si svolge dal basso verso l’alto e da sinistra a destra e ha inizio con l’attraversamento da parte dei Romani del Danubio su un ponte di barche. E' l'inizio delle grandi guerre daciche, nell'odierna Romania, che tennero in sospeso il fiato dell'impero romano.
LE SCENE
Da C. Cichorius, Die Reliefs der Trajanssäule, Berlino 1896-1900.
CAMPAGNA DEL 101 -
CAMPAGNA DEL 102
CAMPAGNA DEL 106
Le scene | Descrizione | Immagine |
---|---|---|
2-3 | La base della colonna con i trofei dei vinti, oltre alla porta che conduce alla camera mortuaria dell'imperatore e la scritta: SENATUS POPOLUSQUE ROMANUS, IMPERATORI CAESARI DIVI NERVAE FILIO NERVAE, TRAIANO AUGUSTO GERMANICO DACICO PONTIFICI, MAXIMO TRIBUNICIA POTESTAS XVIII IMP VICOS VI PP, AD DECLARANDUM QUANTAE ALTITUDINIS MONS ET LOCUS TANTIS OPERIBUS SIT EGESTUS | |
4 | Fortificazioni romane lungo il Danubio, con torri di avvistamento, cataste di legname e covoni di fieno. | |
5 | L'esercito romano prepara le barche per passare il Danubio. A sinistra sono visibili alcune torri di avvistamento presidiate da soldati ausiliari, con fiaccole di segnalazione sulle balaustre; a destra è visibile un forte sempre ausiliario. | |
6 | Barche romane sul Danubio, con approvvigionamenti per l'esercito, in partenza per la prima campagna del 101. Sulla destra la divinità del fiume Danubio. Sullo sfondo la fortezza legionaria di Viminacium o di Singidunum. | |
7 | I romani passa il Danubio su due ponti di barche, entrando in territorio nemico, verso Tapae, dove si snoderanno in almeno due colonne di marcia (da Viminacium e Singidunum). I legionari sono in lorica segmentata, due legati legionis sono alla testa delle due colonne, insieme ai signiferi. | |
8 | L'esercito romano approda all'altra riva del fiume,vi sono alcuni cavalieri appiedati, gli equites singulares, la guardia a cavallo dell'Imperatore, oltre ad alcuni soldati muniti di lance, probabilmente la guardia pretoriana (Coarelli). In testa alla colonna l'imperatore Traiano. | |
9 | Su una tribuna in muratura appare seduto, Traiano tra due ufficiali ( Lucio Licinio Sura a sinistra). Un gruppo di littori sullo sfondo. Nella scena successiva, alcuni cavalieri ausiliari e dei signiferi muovono verso un accampamento militare. | |
10 | Nell'accampamento romano (con le tende dei soldati, le insegne militari, e l'aquila), nel Praetorium, l'Imperatore liba da una patera su un altare, circondato da sacerdoti. Al di là delle mura, i tubicines accompagnano la processione dei Suovetaurilia, con gli animali del sacrificio (toro, scrofa e montone) per purificare l'accampamento e l'esercito (lustratio). Più a destra troviamo l'Imperatore che da una tribuna osserva un fatto bene augurante: un disertore in fuga, con la clava nella destra, sta cadendo a terra da un mulo, non essendo riuscito ad uccidere Traiano su istigazione di Decebalo. | |
11 | Da una tribuna Traiano, tra due alti ufficiali del suo stato maggiore, parla alle truppe (adlocutio) vestite in lorica segmentata, con ausiliari con corazza in cuoio e scudo ovale e signiferi in prima linea. A destra della scena, dei legionari iniziano a costruire opere di fortificazione e approvvigionamento, per facilitare le comunicazioni in territorio dacico, man mano che avanzano. Ci sono soldati che trasportano tronchi, pietre e scavano fossati davanti alle mura degli accampamenti, mentre alcuni ausiliari sono di guardia. | |
12 | Soldati che costruiscono fortificazioni, terrapieni, fossati e un ponte (sulla sinistra), mentre Traiano, tra due collaboratori, ispeziona i lavori. Alcuni soldati vigilano su un accampamento di forma circolare, altri trasportano tronchi (in alto). | |
13 | Mentre i soldati vigilano sull'accampamento circolare, altri ancora attingono acqua presso un ponte, altri abbattono alberi nella foresta (in alto e a destra dell'immagine), per costruire una strada. Traiano dall'alto di un colle, affiancato da un collaboratore, mostrare la direzione della via in costruzione che conduce nel regno di Decebalo. | |
14 | Traiano sulla sinistra, assistito da soldati ausiliari, controlla l'avanzamento dei lavori. Viene eretta dai legionari una palizzata di legno al cui interno si vedono covoni di paglia e fieno per l'approvvigionamento della cavalleria. Sulla destra ancora l'Imperatore, tra due collaboratori, che guarda degli exploratores che gli conducono un prigioniero Dace per l'interrogatorio. | |
15 | Ancora gli exploratores conducono il prigioniero Dace dall'Imperatore per essere interrogato. Poi Traiano, dall'alto di un accampamento fortificato, tra i due collaboratori, ispeziona i lavori dei legionari che stanno costruendo un nuovo ponte fisso sul fiume, mentre altri legionari scavano un fossato con le ceste. | |
16 | Sullo sfondo dell'accampamento, un reparto di cavalleria ausiliaria pronto si mette in marcia per attraversare un ponte, per attaccare le schiere dei Daci. | |
17 | Le legioni romane avanzano, precedute dalle insegne e seguite dai cavalieri ausiliari. Davanti a loro altri legionari stanno abbattono gli alberi di una foresta, per costruirvi una strada di passaggio. | |
18 | Le legioni romane avanzano, mentre Traiano, dall'alto di un accampamento, ottiene le teste mozzate dei Daci. Un gruppo di cavalieri ausiliari si lancia nella battaglia, secondo Coarelli la battaglia di Tapae. | |
19 | Battaglia di Tapae: un auxilia romano-barbaro, armato di clava ed a torso nudo attacca i Daci e ai suoi piedi alcuni caduti daci. Un altro ausiliario romano si batte tenendo tra i denti i capelli di una testa mozzata. Al di sopra di romani e daci, si erge Giove Tonante a mezzo busto che fulmina i Daci. A destra le insegne daciche a forma di drago, i corpi dei feriti e dei caduti, oltre al volto di Decebalo nascosto nella vicina foresta. | |
20 | In alto a sinistra, Traiano, tra due collaboratori, tiene una lancia con la punta in basso come "presa di possesso dei territori" conquistati dopo la vittoria di Tapae. Più a destra, in basso, due soldati romani bruciano un villaggio dace mentre i suoi abitanti fuggono. In alto una città sulle cui mura sono esposte aste con infissi dei teschi di romani delle precedenti campagne di Domiziano. Più a destra, legionari romani traversano una foresta e un fiume. Un legionario in alto si è denudato e solleva sopra la testa lo scudo e l'equipaggiamento. Ci sono un tubicen ed un signifer. | |
21 | Traiano, dall'alto di un pulpito, arringa le truppe sotto di lui ed impugna una lancia a doppia punta. Da destra alcuni ambasciatori daci, tre dei quali a cavallo, si avvicinano. Ancora più a destra una fortificazione romana in cui vigilano due sentinelle. Poi Traiano, di fronte all'accampamento romano, riceve l'ambasceria dei Daci. | |
22 | Una carica di cavalleria romana appicca il fuoco ad un villaggio, mentre sotto di loro un'armata romana di auxilia massacra gli abitanti in fuga. Poi un gruppo di donne con un bambini, deportati sotto gli occhi di Traiano che indica una barca ad una donna di alto rango con bambino in braccio. Sotto una grotta, con animali morti. |
CAMPAGNA INVERNO 101/102
Le scene | Descrizione | Immagine |
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23 | E' l'attacco dei Daci e degli alleati Roxolani dell'inverno del 101/102 alle fortificazioni romane della provincia di Mesia inferiore. In basso cavalieri Daci sembrano trovare grosse difficoltà nell'attraversare il Danubio. In alto sulla destra, un gruppo di cavalieri catafratti roxolani sta caricando verso una fortezza romana, identificabile con Oescus sul Danubio. | |
24 | L'esercito romano è assediato dalle truppe dei Daci di Decebalo in una fortezza lungo il limes moesicus (Oescus o Ratiaria). Le uniformi dei romani sembrano più che altro appartenere agli auxilia piuttosto che alle legioni romane. Forse perchè un intero tratto di limes danubiano fu posto sotto assedio dalle armate daciche. Ai piedi della fortezza, sulla destra, sembra riconoscersi un disertore romano, ricordato anche nelle fonti letterarie. | |
25 | Un grande pino sulla sinistra indica la netta divisione tra la scena precedente e l'attuale, per una contemporaneità di azioni, in due luoghi però distinti e distanti. Qui la Classis Moesica (Mesia superiore) sta caricando provviste e armati, pronti a salpare per prestare soccorso alle truppe assediate della provincia romana di Mesia inferiore. Sullo sfondo una città con un anfiteatro, lungo le sponde del Danubio e che potrebbe essere il "quartier generale" di quegli anni di Traiano: Viminacium. Di fronte alla città, il porto fluviale con due imbarcazioni ormeggiate, che caricano provviste per la campagna militare. Sulla destra Traiano vigila sull'imbarco delle truppe, insieme a collaboratori e portatori di insegne. Poco oltre a destra di Traiano, un arco trionfale, sormontato da una quadriga e più in alto, e un altro arco. | |
26 | Altre due navi da carico, trasportano soprattutto cavalli e vettovaglie. Accanto a loro più a destra due navi a remi (liburnae), cariche di truppe e rematori per soccorrere la provincia invasa da Decebalo, più ad oriente. Quella in basso, il Coarelli pensa sia l'ammiraglia della flotta, pilotata dall'imperatore stesso. Ancora più a destra le truppe sbarcano in Mesia inferiore, di fronte ad una fortezza romana, sempre sotto l'occhio vigile di Traiano. | |
27 | Le armate romane si incamminano verso i luoghi dello scontro, lungo il limes moesicus (confine con la Mesia). Traiano a cavallo precede delle truppe ausiliarie (in alto uomini barbuti, forse le popolazioni germaniche alleate, in basso reparti di cavalleria), in una zona boscosa. Davanti a loro due exploratores, che sembrano aver individuato l'esercito nemico. | |
28 | La cavalleria ausiliaria romana si lancia all'inseguimento dei cavalieri catafratti roxolani, procurando loro le prime perdite. Lo scontro potrebbe essere avvenuto presso la futura città di Nicopolis ad Istrum, fondata successivamente da Traiano per onorarne la vittoria. Sono, infatti, rappresentati alcuni cavalieri sarmati in fuga, uno dei quali a giace sul terreno morto, un altro ferito a cavallo, prossimo a crollare a terra, ed infine un altro ancora, che voltandosi, lancia una freccia in direzione della carica della cavalleria romana. | |
29 | Dall'albero sulla sinistra, si apre una scena di battaglia notturna. Lo si deduce dalla rappresentazione della notte (alla destra dell'albero), che si copre il capo. In basso sulla sinistra "alleati" germani, seminudi ed muniti di mazze, insieme ad un corpo di ausiliari romani, attaccano i Daci, facendone grande strage. Più a destra ancora, reparti ausiliari romani circondano il nemico con grande impeto anche da una seconda parte. In alto su una collina, si intravedono i carriaggi dei Daci, contenenti forse il bottino catturato nell'invasione della provincia di Mesia inferiore. In basso un dace ferito, cerca di estrarre una freccia dal petto. La scena si conclude con un altro albero. | |
30 | Al centro Traiano, in alto su una tribuna tra tre suoi luogotenenti, all'interno di un accampamento romano in costruzione, riceve tre notabili daci che si arrendono. Più a sinistra in basso, una lunga fila di vecchi, donne e bambini, con le mani tese verso terra in segno di resa e di richiesta di aiuto. A destra dell'imperatore, in alto numerosi legionari marciano verso un nuovo scontro contro il nemico, preceduti da portatori di insegne e da trombettieri; in basso alcuni ausiliari, legano prigionieri daci, mentre più a destra un legionario riceve le cure dei medici dell'esercito. | |
31 | Sulla sinistra un ausiliario romano viene curato ad una gamba da un medico militare. Alle loro spalle fanti legionari, preceduti da portatori di insegne e trombettieri. Al centro della scena in basso, Traiano (seguito da un suo luogotenente (che Coarelli identifica con Lucio Licinio Sura), che riceve un prigioniero dace, scortato da un ausiliario, forse per essere interrogato. In alto due carri trainati da una coppia di muli ciascuna, portano una balista. Sulla destra si vede uno scontro tra Daci (in alto) e legionari/ausiliari romani (in basso). | |
32 | I legionari/ausiliari romani circondano i guerrieri daci. Al centro la fuga dei Daci, ormai sconfitti dai Romani. In basso a destra i cadaveri e i feriti daci. In alto tre cavalieri romani che rincorrono guerrieri daci in fuga verso la vicina foresta, dove cercano scampo. Coarelli evidenzia che in nessuna scena sono presenti morti romani. | |
33 | A centro Traiano, che arringa le truppe riunite. Ai suoi fianchi due alti ufficiali (quello di destra sembra Lucio Licinio Sura). A sinistra sono schierati reparti di cavalleria; in basso dei fanti ausiliari insieme a truppe alleate barbare; a destra invece legionari, pretoriani e signiferi. A destra un accampamento romano, al cui interno sono presenti dei prigionieri daci. | |
34 | A sinistra Traiano, seduto su una sedia, con ai lati tre ufficiali dell'esercito romano, distribuisce donativa alle truppe ausiliarie. Un ausiliario ringrazia l'imperatore facendo gesto di baciargli la mano, mentre un altro porta con sé un sacco sulla spalla. In basso a sinistra, due soldati si abbracciano e baciano, altri levano le mani verso l'imperatore in segno di saluto. Nella scena a destra, alcune donne stanno torturando con delle fiaccole tre uomini nudi (probabilmente prigionieri romani). In basso una torre. Ancora più a destra si intravede la poppa di una nave romana, oltre ad alcuni ausiliari romani e daci (che sembrano prostrarsi). |
CAMPAGNA DEL 102
Le scene | Descrizione | Immagine |
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35 | A sinistra l'imbarco di Traiano su una nave da guerra, dal porto di una città fortificata dove alcuni Daci gli rendono omaggio. Alcuni soldati romani stanno caricando una nave da carico, dove sono presenti sulla poppa due insegne romane. Nella nuova campagna della primavera del 102 le truppe sfilano su un ponte di barche. Al comando un legatus Augusti pro praetore, dietro di lui alcuni signiferi e due insegne legionarie: un'aquila e un ariete. Il passaggio del Danubio di questo primo esercito sembra sia stato tra Oescus e Novae. | |
36 | In basso un gruppo di cavalieri romani; al di sopra di un muro, la fanteria legionaria; al di sopra di una staccionata, i carriaggi, chiusi sopra da un altro muro. Sulla destra una torre circolare. Più a destra Traiano tra due ufficiali, dall'alto di un castrum fortificato, sembra ricevere l'armata che sale la collina lungo una strada con parapetto di legno. | |
37 | A sinistra una montagna scoscesa con una porta. Segue Traiano con un gruppo di soldati che portano due insegne, che si incontra con altri soldati con un paio di insegne, davanti ad un accampamento fortificato. Secondo Coarelli l'arrivo dell'imperatore in Dacia con i rinforzi. Alle loro spalle un albero che rappresenta una foresta presa d'assalto dalle truppe romane, che provvedono a tagliare alberi, trasportare terra, mentre Traiano sulla destra, incontra dei messaggeri daci. In alto, nascosto dagli alberi un edificio in muratura. | |
38 | A sinistra due messaggeri daci incontrano l'imperatore, in basso due soldati trasportano della terra in ceste, in alto altri soldati tagliano alberi e trasportano legna. Al centro: un accampamento, con sulla sinistra, Traiano s capo velato davanti a un altare e un gruppo di signiferi che celebra la funzione religiosa dei Suovetaurilia. In basso la processione con un toro, un montone ed un maiale. In testa alla processione suonatori di tubicen. | |
39 | In alto e al centro, Traiano pronuncia un'adlocutio ai soldati. Alle spalle un alto ufficiale, di fronte alcuni signiferi, in basso le truppe riunite con in primo piano le truppe ausiliarie. Sulla destra avanzano dei legionari in salita, mentre davanti altri legionari abbattono alberi, dopo aver deposto scudi e elmi, per avanzare nelle foreste della Dacia. | |
40 | Mentre i soldati abbattono alberi, altri raccolgono terra per la strada dove possano passare le truppe. Sullo sfondo un accampamento fortificatocon due teste di Daci sulle picche. A destra due cavalieri ausiliari alla testa della colonna militare romana. In alto un ausiliario che appicca fuoco ad un forte in legno dei Daci. | |
41 | Traiano avanza a cavallo su un ponte in legno, seguito da alcuni cavalieri (Equites singulares). In alto una fortezza dacica, in cima ad una montagna. In basso sulla sinistra, tre ausiliari assistono all'avanzata del loro imperatore. Dall'alto dei monti un gruppo di Daci, uno dei quali tiene tra le mani un'insegna, assiste all'avanzata romana a Sarmizegetusa Regia, capitale dei daci. Sotto a destra, due ausiliari danno alle fiamme altre fortificazioni daciche. | |
42 | I legionari costruiscono un nuovo accampamento ponendo mattoni lungo le mura e scavando un fossato (forse la Ulpia Traiana Sarmizegetusa). In alto tre legionari sorvegliano l'operato. Al centro Traiano, affiancato da quattro comes (tra cui Licinio Sura), davanti all'accampamento per ricevere un nobile dace che pone lo scudo ai piedi dell'imperatore e si inginocchia. Ne scrive Cassio Dione Cocceiano, aggiungendo che, in seguito all'incontro, Licinio Sura fu inviato insieme al prefetto del pretorio, Tiberio Claudio Liviano, a discutere i termini di un trattato di pace. Alle spalle del nobile dace un ufficiale romano, dei suonatori di corno (cornicines), dei signiferi, un vessillifer dell'aquila e più sopra alcuni soldati. In basso sulla destra, un carro che trasporta le botti. | |
43 | Sulla sinistra, carri che trasportano botti, trainati da coppie di buoi e muli, sotto scorta di legionari, verso un accampamento romano. Le mura esterne sono sorvegliate dai legionari. Al centro una grande tenda. In alto tre edifici circolari Daci, tra gli alberi di una foresta, sono presi d'assalto dai legionari. A destra in basso, alcuni ausiliari romani. | |
44 | In alto a sinistra, altri edifici circolari; il quinto è invece quadrato e di maggiori dimensioni, forse Sarmizegetusa Regia) posti tra le montagne e la foresta della Dacia, sono presi d'assalto dai legionari. In basso continua l'avanzata delle truppe ausiliarie. Al centro Traiano, sopra ad una collina, parla coi suoi collaboratori. Davanti all'imperatore, tutto sulla destra, sette cavalieri ausiliari mauretani, senza sella e briglie, con un abbigliamento tipico, si lanciano alla carica. | |
45 | La carica della cavalleria maura, sotto la guida di Lusio Quieto, si abbatte sull'esercito dei Daci che si rifugia nella foresta dove alcuni cadono e vengono calpestati. | |
46 | I legionari romani costruiscono un nuovo accampamento fortificato tra le colline della Transilvania, nel regno di Decebalo. Sulla sinistra sono protetti da un gruppo di ausiliari, sulla destra in basso da una carroballista trascinata da una coppia di muli; in alto Traiano, con i comes, riceve due nobili daci pileati, il primo dei quali bacia le mani a Traiano. In basso, ai piedi dell'imperatore, un soldato assiste al trasporto di una carrobalista, posta su un carro condotto da due muli. | |
47 | In alto a sinistra, alcune baliste poste in cima a delle mura di un accampamento romano. Sotto i legionari schierati tra cataste di travi in legno, tra cui dei ballistarii intenti a caricare una balista. Poi degli ausiliari, tra cui frombolieri (in primo piano) e arcieri orientali (in alto, nascosti nella foresta), che cobattono contro i daci fuoriusciti da un bosco. | |
48 | In alto su alcune fortificazioni in legno, un paio di Daci manovrano una balista sottratta ai Romani. Sotto, le truppe dei Daci avanzano nella foresta, alcuni abbattono alberi per costruire nuove fortificazioni. In alto un grande edificio in muratura, per Coarelli la capitale dacica, Sarmizegetusa Regia, che sorgeva sulle Alpi Transilvaniche. | |
49 | Dei legionari romani costruiscono un nuovo accampamento fortificato. Sulla destra, in alto, Traiano con quattro comes riceve un nobile dace con le mani legate, scortato da due ausiliari, sullo sfondo di un bosco. Ai piedi dell'imperatore numerosi ausiliari che lo proteggono. Sulla destra altri legionari che abbattono alberi, forse per una nuova strada in territorio nemico. In altro alcuni ausiliari romani avanzano. | |
50 | Battaglia tra daci romani. Tra gli ausiliari reparti di sagittarii orientali (forse Palmireni, per il copricapo a tiara) e truppe germaniche (con scudi, asce e a petto nudo). Alcuni Daci ripiegano verso le retrostanti fortificazioni (sulla destra), altri giacciono in terra (in basso). | |
51 | I legionari attaccano una fortificazione a difesa della capitale, in formazione a testuggine. Sulla destra in alto, Traiano assiste alla battaglia con due collaboratori, protetto alle spalle da cinque ausiliari. Due ausiliari giungono portando due teste mozze di capi Daci. Sempre più a destra un gruppo di legionari schierati, pronti alla battaglia. | |
52 | In basso la battaglia è iniziara, in alto truppe daciche che assistono dalle fortezze sulle Alpi Transilvaniche. Sulla destra i Romani, con alle spalle la fanteria legionaria; davanti le truppe ausiliarie di frombolieri e truppe germaniche. Molti daci vengono sopraffatti e giacciono a terra. Altri combattono ancora. Sulla destra Traiano, in un accampamento in muratura e con tre ufficiali, che arringa le truppe (adlocutio). | |
53 | Le truppe sono arringate dall'imperatore mentre attorno all'accampamento altri legionari sistemano il terreno e abbattono alberi. Alcuni attingono acqua ad un fiume, altri due si caricano sulle spalle dei contenitori. In alto una fortezza romana circolare ed altre fortificazioni, che le truppe romane circondano e attorno alle quali sembrano trasportare molti beni forse sottratti ai Daci. | |
54 | Le legioni sono schierate attorno a Traiano seduto sulla sua sella curule che, dall'alto di un podio in muratura, riceve ambasciatori daci che chiedono la pace, inginocchiandosi ai suoi piedi. Alle spalle dell'imperatore, le insegne militari romane e il comando militare imperiale. Sfilano sulla destra numerosi prigionieri daci, con le mani legate dietro la schiena. Alle loro spalle numerosi nobili daci in ginocchio, con le mani protese in segno di clemenza e sottomissione nei confronti dell'imperatore. In alto la capitale dei Daci, Sarmizegetusa Regia, ancora sotto assedio dei romani. | |
55 | Numerosi guerrieri e nobili daci, deposte le armi, sono inginocchiati, alle loro spalle numerosi stendardi ed insegne militari (tra cui due dracones). Sulla destra Decebalo che tende le mani in segno di resa, e alle sue spalle alcuni guerrieri daci che smantellano le mura, secondo le le condizioni di resa romane. | |
56 | Sullo sfondo appare una città, dorse Sarmizegetusa Regia, due daci ne demoliscono le mura mentre sulla destra donne e bambini, oltre ad uomini con animali domestici (capre, pecore e buoi), migrano verso altri luoghi, abbandonando i loro territori: inizia l'occupazione romana della Dacia. Sulla destra Traiano, pronto a partire che dall'alto di un podio, arringa per l'ultima volta le truppe, le quali lo acclamano dandogli il titolo vittorioso di Dacicus. | |
57 | La fine della I guerra dacica è rappresentata da due trofei di guerra, un cumulo di armi tolte al nemico con un palo su cui è ricostruita un'intera armatura dace. Si riconoscono le corazze loricate, i totem a testa di lupo e gli elmi ogivali dei Daci. Una vittoria alata scrive su di uno scudo sancendo la fine della I campagna di guerra. Dopo questa immagine c'è uno stacco temporale con l'inizio della II guerra dacica. |
Campagna del 105 - Seconda Guerra Dacica
Le scene | Descrizione | Immagine |
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58 | La flotta romana è in partenza da un porto adriatico, che alcuni autori identificano con Brindisi; altri con Ancona; altri con Classe, il porto di Ravenna. Le navi militari con le vele ammainate sono triremi e biremi; con a poppa le cabine dei capivoga e i timonieri (il timone nelle navi romane era un remo più largo del normale), mentre a prua si osservano i rostri e le decorazioni: occhi apotropaici, tritoni e ippocampi. Due cittadini si affacciano dalla città verso il porto muniti di fiaccole. Le onde del porto sono notevolmente increspate. Sulle navi, i rematori, pronti a partire, ascoltano l'imperatore che, posto su una nave centrale e illuminato da una lanterna pendente dall'aplustre, li incita a partire nonostante il vento forte e la notte. Sulla nave sono già stati imbarcati il labaro e le insegne romane. A sinistra della scena si scorgono: - un tempio sopra una collina; con la divinità all'esterno, e non dentro alla cella, per permetterne l'identificazione con Venere (noto attraverso Catullo e Giovenale e i cui resti sono visibili al di sotto dell'attuale duomo); - una strada a tornanti che collega il tempio al porto sottostante; - un altro tempio, posto sulla riva del mare e ai piedi della collina ( il tempio di Diomede, noto attraverso Scilace; del colonnato è stato recentemente ritrovato un tratto interpretato come recinzione del foro che si affacciava sul mare con una terrazza);; - un molo alla cui estremità sorge un arco trionfale con tre statue: Mercurio, Nettuno e Portuno (i cui resti sono ancora visibili); - un colonnato a metà pendio della collina; - un edificio ad archi nei pressi del porto (sono stati recentemente ritrovati i resti, parte dei cantieri navali di età traianea). Questi elementi ricondurrebbero qundi ad Ancona, che Traiano aveva ampliato per facilitare i contatti tra Italia ed Oriente. | |
59 | Si osservano infatti le prue delle navi già osservate nella scena 58 e la continuazione della banchina del porto. Ad alcuni però sembra che le biremi e le triremi ora attracchino in un diverso porto della costa adriatica (italica o illirica), e che il porto sia diverso da quello precedente, accettano che le navi siano rappresentate con la poppa in un porto italiano e la prua in un altro scalo o addirittura in Illiria. Si nota sulla banchina un toro pronto al sacrificio agli dei. Una folla, tra cui un ragazzino, saluta i soldati romani al remo. Mentre nella scena 58 le navi sembrano ferme, dato che i rematori sono intenti ad ascoltare Traiano, nella parte destra, le navi possono essere in movimento, dopo la fine del discorso dell'imperatore. Un esempio della capacità di sintesi e di comunicativa dell'arte romana. | |
60 | Si scorge un grande foro con un grande tempio al centro. mentre Traiano riceve gli omaggi della popolazione. | |
61 | Nuova partenza e nuova tappa della flotta di Traiano ed un nuovo sbarco (considerando il precedente porto a Brindisi, questo potrebbe essere ad Ancona). L'intera popolazione con donne e bambini sfila sotto un arco (forse quello di Traiano), e segue l'Imperatore che va a celebrare i sacrifici per la nuova campagna militare. | |
62 | L'Imperatore continua la sua marcia verso destra in processione, dove l'attendono quattro tori per il sacrificio. La folla osserva, sulla destra un gruppo di persone saluta Traiano che sta arrivando, due legionari sullo sfondo con un paio di insegne, osservano dall'alto delle mura di un accampamento. | |
63 | Ancora il molo di una città portuale attraverso cui marcia Traiano; è il quarto scalo. Traiano si appresta a compiere un nuovo sacrificio (un toro a terra, a fianco dell'Imperatore). Sullo sfondo un teatro, un tempio ed un portico, oltre alle mura. Forse si tratta del porto della città di Aquileia, da dove cominciava la via Gemina, che avrebbe condotto Traiano lungo la Sava fino al Danubio, presso le fortezze di Singidunum e Viminacium. | |
64 | In alto sulla sinistra, le imbarcazioni sono nel porto. L'esercito in abiti da viaggio segue Traiano, allontanandosi dalla costa adriatica. Alle spalle un carro ed una città fortificata, forse una città di confine. | |
65 | Traiano a cavallo con un gruppo di otto cavalieri (comites Augusti o equites singulares). Sullo sfondo delle fortificazioni romane, sulla destra un gruppo di barbari o daci o peregrini (sei adulti e tre bambini) che gli viene incontro con le mani protese in segno di saluto e sottomissione. | |
66 | Sotto un edificio ad arco, Traiano compie un sacrificio su un altare di fronte a una folla di Romani e Daci. Accanto all'imperatore un suonatore di flauto, una ragazza ed un ragazzo. Sullo sfondo gente che assiste: quattro tori condotti al sacrificio da quatto addetti, ciascuno a fianco di un altare. Coarelli suppone sia avvenuto sul luogo della battaglia di Tapae, presso la fortezza di Ulpia Traiana Sarmizegetusa. Il fatto che ci siano Romani e Daci fa pensare ai territori del Banato. | |
67 | I legionari abbattono alberi, scavando e spostano la terra per costruire strade, ponti (in basso, sulla sinistra) e fortificazioni (in alto) onde avanzare in territorio nemico. | |
68 | Un gruppo di Daci si avvia verso una città fortificata in mezzo alle montagne (in alto sullo sfondo) ed una serie di altre fortificazioni dace, dove sembra si stia tenendo un consiglio di guerra presieduto da Decebalo. Da ogni parte convergono armati dei Daci. | |
69 | Soldati romani, dall'alto di una fortezza, combattono contro le truppe daciche, alcuni Daci giacciono a terra, mentre altri cercano di difendersi. | |
70 | I daci assaltano una triplice linea di fortificazioni romane, forse il limes della Dobrugia, costruito da Domiziano durante la sua prima campagna dacica (tra l'85 e l'89), e potenziato da Traiano forse nel periodo 103-104. All'interno delle fortificazioni un legatus Augusti impartisce ordini per organizzare la difesa, forse il legatus Augusti pro praetore della Mesia inferiore. | |
71 | Traiano, in testa alla cavalleria romana si lancia in soccorso del legatus Augusti della Mesia inferiore, Lucio Fabio Giusto, e respinge i Daci. Evidentemente è la campagna del 105. Frattanto altri soldati romani abbattono alberi per permettere all'armata romana di avanzare in territorio nemico. |
CAMPAGNA DEL 106
Le scene | Descrizione | Immagine |
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72 | Le armate romane si riuniscono presso il ponte sul Danubio che Apollodoro, durante il breve periodo di pace, aveva appena terminato a Drobetae. Traiano, che tiene in mano una patera, compie un sacrificio prima di dare inizio alla sua ultima campagna dacica. | |
73 | A destra Traiano circondato da soldati e ufficiali che riceve ambasciatori stranieri: tra cui alcuni con il nodo suebo di origine germanica (come Quadi, Marcomanni e Buri), altri con copricapi orientaleggianti (come Bastarni e Sarmati Iazigi); popolazioni all'interno del bacino a sud dei Carpazi da cui l'imperatore sperava di ottenere aiuti militari. A sinistra sullo sfondo una fortezza e alcuni edifici pubblici, tra cui un teatro romano. | |
74 | Alcuni legionari romani, dopo aver attraversato un ponte (sulla sinistra), avanzano in territorio dacico. Sulla destra due cavalieri romani (equites singulares). | |
75 | Traiano a cavallo, in testa alla colonna, raggiunge un forte romano (Drobeta-Turnu Severin?). Ad attenderlo davanti alle mura, un folto gruppo di legionari,vexilliferi ed ufficiali di comando. | |
76 | Al centro Traiano a capo coperto nelle vesti di pontefice massimo, tiene con la destra una patera per spargere vino sull'altare durante il sacrificio propiziatorio prima della nuova campagna militare. Viene assistito da dieci personaggi. All'esterno delle mura una processione, sulla sinistra gli animali del suovetaurilia, un maiale, un montone e un toro, preceduti da quattro musici e un paio di altri inservienti. E' l'inizio dell'ultima campagna militare del 106. | |
77 | Adlocutio di Traiano in piedi su un podio, con a fianco alcuni comites (tra i quali Lucio Licinio Sura, sulla destra) alle truppe schierate (legionari e un paio di ausiliari a cavallo), con numerose insegne militari. Un discorso formale rivolto agli eserciti schierati, per incitarli prima della campagna militare. | |
78 | All'interno di un accampamento fortificato con mura merlate e torri circolari, Traiano seduto discute con Licino Sura (alla sua destra) e altri due comites (alla sua sinistra). Gli ufficiali e Traiano sono protetti da alcuni ausiliari, uno dei quali regge un vexillum. Intanto l'esercito romano inizia la sua marcia (a destra): nella parte alta alcuni carriaggi trasportano armi (rappresentati da scudi ed elmi), in basso due file di legionari con la lorica segmentata), elmo, scudo e gladio. | |
79 | L'avanzata romana si svolge su due colonne parallele, divise sembra da una catena montuosa: in basso, numerosi legionari, dotati di elmo, sono preceduti da alcuni porta insegne (vexilliferi), trombettieri (cornicines) ed un legatus legionis; in alto, i legionari romani non indossano i loro elmi, e anche qui sono preceduti da porta insegne, trombettieri e forse lo stesso Traiano (53). Sulla destra dell'immagine un accampamento romano attende gli eserciti di rinforzo. Al suo interno alcuni soldati romani stanno scaricando i carriaggi, mentre un soldato ausiliario fa la guarda ad una porta dell'accampamento ed un altro è chino a raccogliere dell'acqua da un vicino fiume. | |
80 | In basso un piccolo forte romano cinto da mura. L'immagine mostra l'avanzata romana in territorio nemico sempre diviso in due colonne: oltre ai legionari (nella parte alta), preceduti da alcuni ufficiali romani e da trombettieri; nella parte bassa troviamo alcuni ausiliari, tra cui frombolieri, guerrieri germani e arcieri orientali (sagittarii). | |
81 | Le due colonne raggiungono un nuovo accampamento in costruzione, alla cui porta c'è un ausiliario di guardia. Alcuni legionari stanno invece mietendo grano, che poi caricano su alcuni muli, per l'approvvigionamento delle armate romane. Sullo sfondo una altro accampamento romano, al cui interno si notano numerose tende da campo. Tutto spostato sulla destra un ausiliario romano, sotto alcuni alberi, mandato in avanscoperta. | |
82 | Tre ausiliari romani (uno dei quali si trova nell'immagine precedente), mandati in avanscoperta, osservano nascosti tra gli alberi di una foresta, una fortezza dei Daci, che secondo il Coarelli potrebbe essere la loro stessa capitale, Sarmizegetusa Regia. All'interno delle mura della fortezza dace, alcuni pileati sono in grande agitazione per l'avanzata romana. All'esterno delle mura, alcuni guerrieri daci osservano il terreno e discutono su dove porre le fortificazioni a protezione della loro capitale. Nella parte in basso sulla destra si svolge un primo combattimento tra l'avanguardia romana (ausiliari) e dacica. | |
83 | Nella parte in basso, ausiliari romani lottano contro le avanguardie daciche. Nella parte alta del fregio, alcuni guerrieri daci osservano dalle montagne lo svolgersi del combattimento. Al centro dell'immagine un albero, che divide dalla scena successiva, dove due signiferi si trovano al centro di una accampamento romano. Sulla sinistra dell'accampamento due sentinelle romane. Alla destra una schiera di soldati romani (dotati anche di scale d'assedio) attacca la prima delle fortezze daciche del sistema difensivo posto attorno alla capitale Sarmizegetusa Regia. | |
84 | I Daci oppongono una strenue resistenza dall'alto delle mura, lanciando pietre sui soldati romani assedianti, i quali a loro volta, muniti di scale, lanciano anch'essi dardi e pietre. Un ausiliario romano, arrampicatosi in cima ad una scala, dopo aver affrontato il nemico, tiene in mano la testa del dace decapitato, mentre il suo corpo giace riverso appoggiato alle mura. Las battaglia infuria lungo un ampio tratto delle mura daciche, ai piedi delle quali giace morto un guerriero dace. | |
85 | Traiano, ai piedi della fortezza dace, assiste all'assedio, circondato dai suoi collaboratori (comites militares) e seguito da reparti di truppe ausiliarie e legionarie. Forsae pensa alla tattica da adottare per dare l'assalto alle mura nemiche, dotate di numerose torri. Sulla destra, vicino alle mura, sono presenti numerose macchine d'assedio romane, stilizzate per esemplificare la scena e non perderne l'effetto. | |
86 | Un albero separa la scena da quella precedente. I Romani avanzano: legionari, ausiliari (in basso), arcieri orientali e germani (in alto), si scontrano con l'esercito dei Daci che esce dalle mura di una città (sulla destra). Al centro, alcuni soldati daci giacciono a terra morti, calpestati dall'avanzata dei legionari romani. Alla testa dei Daci un guerriero pronto a scagliare sui Romani un grosso masso, seguito da altri compagni d'arme. All'interno della città regna la preoccupazione per le sorti della battaglia che si svolge poco fuori le mura. | |
87 | L'attacco dei Romani alle mura procede, dopo aver vinto la precedente battaglia. E mentre i Daci cercano di difendere la città sotto assedio, alcuni legionari romani, muniti di picconi, tentano di abbattere la cerchia muraria (in basso). Un gruppo di ausiliari assalta invece un altro settore delle mura, mentre alcune pietre sembrano ricadere sugli assedianti (in alto a destra). | |
88 | Numerosi legionari sono indaffarati nell'abbattere alberi per la costruzione di macchine d'assedio adatte ad espugnare la città dei Daci. | |
89 | Traiano accoglie un nobile dace, circondato da comites militares (sulla sinistra). Il dace, inginocchiato, tende le mani verso l'imperatore romano, in segno di resa. Numerosi soldati disposti su due schiere assiste alla scena. Due alberi sulla destra dividono dalla scena successiva. | |
90 | Alcuni Daci stanno dando fuoco alla città, dotata di mura, portoni, torri e abitazioni, per impedire che i Romani si impadroniscano delle loro ricchezze e possano approvvigionarsi. | |
91 | All'interno delle mura della città (in basso, in primo piano) alcuni Daci preferiscono darsi la morte ingerendo del veleno, piuttosto che cadere in mano ai Romani. Sulla destra alcuni pileati distribuiscono infatti, da un grosso contenitore posato a terra, dosi di veleno. E numerosi uomini in coda protendono le loro mani, pronti a riceverle. Sulla destra un dace è sorretto da un pileato, mentre un altro sembra distribuire una dose di veleno. Ai loro piedi un altro dace giace riverso. | |
92 | Numerosi daci invece fuggono dai Romani e dalla città sddediata, verso la parte destra della scena, in direzione delle vicine foreste (simboleggiate da un albero, che chiude la scena). | |
93 | In questa scena numerosi legionari romani disposti su tre file, preceduti da un signifer e da un paio di cornicines (suonatori di tromba), scortano Traiano, affiancato da un paio ci alti ufficiali dell'esercito romano (comites militares). L'imperatore romano sembra accogliere la resa di alcune genti daciche, che protendono le loro braccia e si inginocchiano in segno di richiesta di perdono. Alle spalle dei Daci una foresta delle mura appartenenti alla scena successiva. | |
94 | I Romani entrati in città, stanno riempiendo e trasportando via numerosi sacchi con gli averi che i Daci hanno abbandonato. All'interno della città, le cui mura corrono nella parte bassa del rilievo, notiamo un muro trasversale, che potrebbe rappresentare per il Coarelli l'accampamento romano. Ancora Traiano posto su un rialzo, affiancato da un ufficiale romano, sembra tenere un discorso alle truppe schierate all'interno della città-accampamento. Sono presenti numerosi legionari (anche alle spalle dell'imperatore romano), ausiliari e signiferi. I soldati romani lo acclamano imperator, levando le mani verso di lui, e Coarelli ritiene si tratti della V salutatio imperatoria, cioè della V volta in cui le truppe lo acclamarono imperator.. | |
95 | L'armata romana sembra uscire dall'accampamento (si intravede parte di una porta, in alto a sinistra, rovinata da un foro, praticato in passato per costruirvi un'impalcatura) della scena precedente (a sinistra). La scena successiva mostra alcuni legionari romani intenti a costruire un nuovo forte: alcuni scavano un fossato, altri squadrano blocchi di pietra per costruire le nuove mura. | |
96 | Da sinistra a destra si scorgono: alcuni ausiliari posti a guardia di una porta, all'interno alcune tende, un paio di insegne militari; numerosi legionari intenti a costruire un nuovo forte (parte ricurva, dove all'interno troviamo alcuni carri, carichi di botti) ed un muro; Traiano, affiancato da tre comites militares, riceve una delegazioni di Daci, che si prostrano ai suoi piedi in segno di resa. | |
97 | Dodici ausiliari romani attraversano un fiume su un ponte. Sulla sinistra, un albero che delimita la scena successiva, dove si intravede una fortezza dacica. L'avanzata romana prosegue all'interno della Dacia. | |
98 | Una fortezza, a blocchi squadrati di rocce e tronchi d'alberi, viene abbandonata dalle truppe daciche, che cercano una via di scampo dalle avanguardie romane. La scena successiva appare divisa dal solito albero. Le truppe daciche continuano la loro marcia passando non lontano da un avamposto romano fortificato (in alto), al cui interno due soldati romani stanno costruendo alcune imbarcazioni, per porle lungo un fiume, forse il Marisus (l'attuale Mureș, affluente del Tibisco), che scorre all'interno della cerchia dei Carpazi orientali. | |
99 | Durante la loro marcia, i Daci incontrano una postazione romana e tentano inutilmente di assediarla. Le truppe romane reagiscono lanciando pietre. A terra numerosi daci morti. Sulla destra, un dace che cade dalle mura romane, dopo averne tentato inutilmente la scalata. Nella scena successiva, divisa come sempre da un albero, si notano tre pileati daci all'interno (o al di sopra) di un muro di pietra, al centro dei quali vi è Decebalo, che osserva da lontano l'assalto dei suoi guerrieri alla postazione fortificata romana. | |
100 | La fuga dei Daci prosegue. In alto una fortezza abbandonata e le montagne carpatiche. Alcune truppe ausiliarie romane, oltre un albero che divide le due scene, osservano il loro imperatore, Traiano che, dall'alto di un podio (davanti a un accampamento militare), affiancato da duecomes militares (alti ufficiali), pronuncia un'adlocutio alle truppe riunite: vexilliferi e legionari (sulla destra). | |
101 | A sinistra, alcuni ausiliari romani assistono all'adlocutio dell'imperatore romano della scena precedente. All'interno di un bosco, altri legionari trasportano su muli degli oggetti preziosi, che potrebbero appartenere al tesoro del re Decebalo. | |
102 | Decebalo, insieme ad alcuni dei suoi più fedeli sudditi, medita su cosa fare. Alcuni preferiscono darsi la morte con un pugnale, altri si fanno trafiggere dai loro compagni (in basso a destra), altri ancora tentano la fuga (in alto, sulle montagne). | |
103 | Il dace in basso sulla sinistra, appartiene alla scena precedente ed è chino in attesa di essere trafitto dal compagno, che alza la spada. Traiano, assistito da ufficiali e guardie romane, all'interno di un accampamento, davanti ad una grande tenda, riceve una nuova delegazione nemica. I sei Daci sono tutti pileati e, tra di loro, il primo si prostra in ginocchio, il secondo tiene in mano un prezioso dono e leva il braccio verso l'imperatore in segno di supplica. | |
104 | La cavalleria romana si lancia all'inseguimento del re dei Daci. La scena si svolge all'interno di una foresta. Sullo sfondo le montagne dell'arco carpatico dell'antica Dacia. | |
105 | Un gruppo di cavalieri daci pileati protegge la fuga del re, ma sono incalzati dalla cavalleria romana che li insegue (in alto, oltre le montagne). Un dace è caduto a terra morente (a destra), un altro sembra stia cadendo mentre galoppa in fuga (a sinistra). | |
106 | Al centro della scena, Decebalo si toglie le vita con una spada dace a falce, all'interno di una foresta, sullo sfondo le montagne. Il re dace, raggiunto da un'unità ausiliaria dell'esercito romano in località Ranistroum (Piatra Craivii), ormai circondato, preferisce suicidarsi. Questa stessa scena è stata rappresentata sulla tomba del cavaliere Tiberio Claudio Massimo, colui che catturò e portò a Traiano la testa del re sconfitto. La scena mostra come i soldati romani, che avevano ormai circondato Decebalo, non riuscirono ad impedirne il suicidio. | |
107 | Alcuni cavalieri romani catturano un uomo inginocchiato, una donna ed un ragazzino (moglie e figlio di Decebalo?). | |
108 | Il fregio di questa scena appare molto rovinato. Si intravede un accampamento romano, un paio di guardie all'esterno, e numerosi soldati romani (all'interno) che assistono alla scena in cui viene mostrata la testa di Decebalo, appoggiata su un vassoio. | |
109 | I soldati romani setacciano ormai i territori più impervi della Dacia (rappresentati da foreste e da un animale selvatico come il cinghiale) e fanno prigionieri i capi sconfitti. | |
110 | In basso sulla sinistra, una costruzione in legno con all'interno alcuni daci, dove sembra convergano i prigionieri dei Romani (da destra e da sinistra). In alto sulla sinistra, il busto di una divinità femminile avvolta in un mantello: forse la Dacia "catturata". Sulla destra, in alto un centro abitato, un gruppo di ausiliari romani combatte contro una delle ultime resistenze dei Daci e dei loro alleati Iazigi (identificabili dal Coarelli per i loro copricapi conici). | |
111 | Ancora una scena di cattura di un altro capo dace, da parte di ausiliari romani. In alto sulla destra, altri soldati romani con torce in mano, danno fuoco ad un villaggio dacico in legno. | |
112 | Truppe romane in marcia. Sullo sfondo, spuntano numerose teste di daci nascosti tra le montagne. Sulla destra viene rappresentata una scena (in parte rovinata) di deportazione in massa della popolazione dell'antica Dacia (uomini, donne e bambini). Le città svuotate vengono saccheggiate dai romani che le incendiano. | |
113 | La scena di deportazione precedente continua in quest'ultima dove sono presenti gli animali dei Daci (buoi, pecore e capre). Gli abitanti delle città conquistate fuggono in altro luogo insieme ai loro cari, portando i bagagli sulle spalle; portano via con sé il bestiame grosso e le pecore, le ricchezze più importanti di ciascuno e del paese; i fuggitivi sono inseguiti dai militi romani, tuttavia non vengono raggiunti. Si raffigura pure l'aspetto abbastanza leggiadro sia delle donne sia dei fanciulli [dettaglio, quest'ultimo, non più apprezzabile dal vero, ma soltanto nelle incisioni cinque-settecentesche] |
I particolari della scena finale della II guerra dacica sono ricavabili soltanto dalle riproduzioni grafiche anteriori, come quelle di Ripanda, Chacón, Bellori/Bartoli, Morell e Piranesi, le quali però alle volte si basano sull'opera dei predecessori; Pietro Santi Bartoli, nel Seicento, prese le mosse dai disegni cinquecenteschi di Muziano pubblicati poi dal Ciaccone [Froehner 1865, pp. VI, IX]).
L'inglese John Hungerford Pollen, (1820 - 1902), noto artista plastico, per la descrizione della Colonna si è servito delle riproduzioni in gesso ordinate da Napoleone III, che furono montate su due supporti cilindrici in mattone (cavi all'interno) ed esposte dal 1873 al South Kensington Museum di Londra (ora Victoria and Albert Museum).