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ERODE ATTICO

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Nome: Tiberius Claudius Atticus Erode
Nascita: 101 d.c. Maratona
Morte: 177 d.c. Atene
Professione: Politico, filosofo


Tiberio Claudio Attico Erode, cittadino romano, (Maratona 101 d.c. - Atene 177 d.c.) nacque nel demo (regione) di Maratona all'inizio del II sec. d.c., da una illustre famiglia, che pretendeva discendere da Eaco, figlio di Giove e di Egina.

Ma secondo altri era discendente di Erse e Mercurio:
"Erse una delle figlie di Cecrope, la qual pure ha generati de’ figli a Mercurio, e son d’avviso che tal gruppo sia stato scoperto nello stesso luogo ove trovate furono quelle colonne che facean parte della tomba di Regilla moglie d’Erode Attico sulla via Appia, e che altre volte erano nel palazzo Farnese. Questa mia congettura acquista qualche probabilità dall’iscrizione sepolcrale, che esiste ora nella villa Borghese, della summentovata Regilla, nella quale ci dice che Erode Attico traesse l’origin sua da Cerice figlio di Mercurio e d’Erse; e quindi penso che il gruppo fosse un ornamento della tomba suddetta. "
(Johann Joachim Winckelmann )

Suo padre Attico aveva rinvenuto un tesoro che l'imperatore gli concesse di tenere e per questo divenne ricco.

Secondo altri, figlio di Vibullia Alcia Agrippina e di Tiberio Claudio Attico, un banchiere ateniese arricchitosi anche grazie all'esercizio dell'usura, e solo per questo aveva grandi disponibilità.

In realtà abbiamo la testimonianza di Filostrato (172 - 247) sull'origine della sua ricchezza (Vite dei sofisti):

“Molte furono le fonti della sua ricchezza e provenienti da varie famiglie, ma la quantità maggiore gli venne da suo padre e da sua madre.
Suo nonno Ipparco aveva subito la confisca delle sue sostanze sotto l'accusa di aspirare alla tirannide, accusa che gli Ateniesi non avevano perseguito, ma che non era rimasta nascosta all'imperatore. Attico, figlio di costui e padre di Erode, pur essendo diventato povero da ricco che era, non fu abbandonato dalla fortuna, che gli fece scoprire un tesoro immenso in una delle case di sua proprietà, nelle vicinanze del teatro.
Per l'esorbitante grandezza di esso mostrandosi più preoccupato che lieto, scrisse all'imperatore una lettera così concepita:
«Ho trovato, o imperatore, un tesoro nella mia casa. Cosa vuoi che ne faccia?»
alla quale l'imperatore (che allora era Nerva) rispose:
«Usa pure ciò che hai trovato».
Ma, persistendo Attico nella sua eccessiva prudenza e insistendo sul fatto che la quantità di quelle era superiore alla sua condizione, quello gli ripeté:
«Allora abusa di ciò che Ermes ti ha donato, perché è tuo».
E così Attico diventò ricco e più ricco ancora Erode, in quanto oltre ai beni paterni confluirono in lui anche quelli materni non di molto inferiori.”


MEMNONE FIGLIO
ADOTTIVO
Ad Atene divenne discepolo di Favorino, anche lui famoso filosofo,
ma visse molto anche a Roma e compose un gran numero di discorsi, nessuno dei quali si è conservato; una declamazione riferita a lui si rinviene nelle raccolte di oratori greci.
Venne creato console nel 143 d.c. dall'imperatore Antonino Pio, che gli dette anche l'incarico di governare la Grecia e una parte dell'Asia, e le sue ricchezze gli permisero di costruire stupendi e monumentali edifici pubblici, fra i quali lo stadio di Delfi, il teatro di Corinto e il cosiddetto "Odeon di Erode Attico" ad Atene, che esiste ancor oggi ed è sede di spettacoli. 

Aulo Gellio, il giurista romano che gli fu amico, riferisce questa scena a cui aveva assistito. 

Durante un convivio, giunse un importuno che, dandosi arie da filosofo, pretendeva gli fosse fatta la carità. 

Erode si lamentò a lungo di coloro che profanano il sacro nome della filosofia ma poi gli diede denari per trenta giorni di cibo e lo fece cacciare. 

"Gli ho dato - disse - come uomo, ma non come a un uomo".

Ancora Auro Gellio:

"Mentre eravamo studenti ad Atene, Erode Attico, uomo di rango consolare ed autentica eloquenza greca, spesso mi invitava nelle sue ville vicino alla città, insieme all'onorevole Serviliano e a parecchi altri nostri concittadini, che avevamo abbandonato Roma per la Grecia alla ricerca della cultura.
E lì una volta che eravamo con lui nella villa chiamata Cefisia, durante il calore dell'estate e sotto il bruciante sole autunnale, ci proteggevamo dalla fastidiosa temperatura con l'ombra delle sue spaziose alberature, dei suoi lunghi e gentili corridoi, la fresca collocazione della casa, le sue eleganti piscine con abbondante acqua sorgiva, il fascino della villa nel suo insieme, che era ovunque melodiosa per lo scorrere dell'acqua e per il cantare degli uccelli."

(Aulo Gellio, Notti Attiche)

ODEION DEDICATO A REGILLA

In effetti nelle sue grandiose ville private in Grecia si trovano esempi mirabili di architettura e opere d’arte, come nella villa di Kephisia dove Erode fa collocare statue commemorative dei tre protetti e figli adottivi Achilleus, Memnon e Polydeukion, raffigurati come cacciatori.
Così nella sua villa di Maratona, che richiama la Villa Adriana di Tivoli, come la componente egizia, costituita dalle statue egittizzanti di Antinoo e arricchita dal riferimento a Canopo, e la parte termale costruita su un isolotto che richiama il Teatro Marittimo a Villa Adriana.
E pure nella villa di Loukou pose molte sculture e mosaici, tra cui ritratti dell’imperatore Adriano e di Antinoo, Achille e Pentesilea e i ritratti di filosofi, tanto poterono la sua ricchezza e il suo buon gusto.

Egli era uomo facoltoso, filantropo e pure mecenate di opere pubbliche, ma soprattutto fu  filosofo ed esponente della Nuova Sofistica, nonchè retore e politico al servizio dell'impero. A corte fu sempre ben visto, e ottenne l'amicizia personale dell'imperatore Adriano. 

In qualità di filosofo ebbe una scuola ed insegnò, sia ad Atene che a Roma, ma nonostante la sua magnanimità ebbe una forte tendenza alla pederastia, avendo come amanti diversi giovinetti, soprattutto tra i suoi discepoli, ma con un trasporto giudicato indecoroso. 

POLIDEUCE
Insegnò anche ad Atene, dove ottenne grande successo, e si fece una tale reputazione tale che l'imperatore Antonino Pio (86 - 161), proprio a causa della sua fama di erudito, lo scelse come precettore dei suoi due figli adottivi, Marco Aurelio e Lucio Vero. O si fidava ciecamente di lui o non trovava disdicevole che potesse avere relazioni sessuali con essi.

Il suo affetto nei confronti del proprio figlio adottivo (secondo qualcun altro fu invece solo un allievo) Polideuce creò infatti uno scandalo, non per il rapporto omosessuale tra i due, nè per il fatto che fossero parenti, nè per la giovane età del ragazzo, ma per l'intensità della passione, giudicata smodata e inadatta un uomo adulto, per di più filosofo. Comunque non fu l'unico giovinetto amato cui dedicò statue, perchè ad almeno altri due, morti in giovane età, riservò lo stesso trattamento.

Quando l'adolescente morì prematuramente Erode, come già precedentemente l'imperatore Adriano aveva fatto con Antinoo, dette vita a un plateale culto della personalità del ragazzino, giungendo a farlo proclamare "eroe", Anche lui, come Adriano, fece innalzare una serie di statue e monumenti in suo onore creando riti e feste in sua memoria.

La differenza tra Adriano ed Erode è che Antinoo era diciottenne, mentre Polideuce, che per giunta era un figlio adottivo, dall'immagine in rilievo dimostra 10, 12 anni al massimo.

Il fatto che Erode fosse anziano e in preda a una disperazione inconsolabile e pure pubblica, scandalizzò non poco i romani che però tacquero, perchè era uomo potentissimo e perchè in onore del ragazzo aveva commissionato giochi sontuosi, che i romani gradivano molto. I suoi avversari però non gli risparmiarono l'ironia:

"Il famoso Erode piangeva il suo Polydeukes morto nel fiore degli anni, e per lui faceva tenere un cocchio aggiogato, e i cavalli pronti, come se quegli dovesse montarvi, ed una mensa imbandita. 

Va Demonatte (filosofo cipriota) e gli dice: 

"Ti porto una lettera di Polydeukes".
Erode si rallegra, e credendolo venuto con gli altri secondo l'uso a condolersi con lui, gli dice: 

"Che vuol dunque Polydeukes?".
E Demonatte risponde: "Si duole di te, che non sei ancora andato a trovarlo" (nell'aldilà)

TOMBA DI ANNIA REGILLA (Caffarella, Roma)

ANNIA REGILLA

A Roma Erode Attico sposò Annia Regilla, discendente delle antiche e nobili famiglie degli Anni e degli Atilii, nonché parente dell'imperatrice Annia Galeria Faustina, moglie di Antonino Pio e quindi zia dei futuri imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero.

Alle sue già grandi ricchezze unì così quelle della moglie che gli portò in dote, tra l’altro, l’immenso fondo del Triopio, situato sull’Appia antica, che lo stesso Erode dedicò alla memoria della moglie dopo la sua morte. 

La moglie Annia Regilla, morì in circostanze misteriose nel 160 d.c., e il fratello di lei, Annio Atilio Bradua, lo portò in giudizio accusandolo, per il suo carattere violento e collerico, di averla uccisa mentre era incinta. 

Il biografo Filostrato:
- Fu rivolta contro Erode anche un'accusa di omicidio concepita in questi termini. Sua moglie Regilla, resa gravida da lui, era all'ottavo mese, quando egli per un futile motivo aveva ordinato al suo liberto Alcimedonte di percuoterla; colpita al ventre, la donna aveva abortito ed era morta. Per questo fatto, come se fosse vero, lo accusa di omicidio Bradua, fratello di Regilla, uno dei più stimati fra i consolari, che portava attaccato ai sandali il segno della sua nobiltà, consistente in una fibbia d'avorio lunata.
Presentatosi dunque Bradua in tribunale a Roma, senza portare alcuna prova convincente circa la causa da lui intentata, ma profondendo una grande quantità di parole sulla sua nobiltà, Erode schernendolo disse:
«Tu hai la tua nobiltà nei talloni». E vantandosi ancora l'accusatore per i benefici da lui arrecati ad una città dell'Italia, Erode con molta dignità aggiunse:
«Anch'io potrei dire molte cose simili sul mio conto, in qualsiasi parte della terra dovessi essere giudicato».
Gli giovò a sua difesa in primo luogo il fatto di non aver mai dato un tale ordine contro Regilla, in secondo luogo l'averla rimpianta oltre misura dopo morta. E, sebbene venisse calunniato anche di questo come fosse un atteggiamento simulato, vinse tuttavia la verità.

E infatti non avrebbe dedicato alla sua memoria un teatro cosi stupendo, né avrebbe dilazionato per lei il ballottaggio della sua seconda elezione a console, se non fosse stato innocente, come non avrebbe offerto al tempio di Eleusi gli ornamenti di lei, se nel portarli fosse stato macchiato dal misfatto di uxoricidio, perché con quella azione avrebbe spinto le dee a vendicare il delitto, piuttosto che a concedergli il perdono. 
Per lei mutò anche l'aspetto della casa, oscurando i colori vivaci delle pareti con veli, tinteggiature e marmo di Lesbo, un tipo di marmo tetro e livido, per cui si dice che anche Lucio, uomo di grande dottrina, assunto come suo consigliere, non riuscendo a smuoverlo da quell'atteggiamento, prendesse a beffarlo. -

Erode fu assolto dall’accusa di omicidio ma i romani lo credettero colpevole, soprattutto proprio per l'esagerato dolore che manifestò nel lutto, che fece pensare a una grande messa in scena.
L'Attico aveva avuto da sua moglie 5 figli, tre maschi e due femmine, ed in più adottò altri maschi. 

Anche questo fa venire molti dubbi, visto che uno di questi figli divenne sicuramente il suo amante. Il che lascia presupporre che il suo interesse per i figli fosse concentrato sull'abuso sessuale di essi. Se tutta Roma pensò, come il fratello della moglie, che questa fosse stata uccisa è perchè si conosceva il suo violento e malvagio carattere e i suoi pochi scrupoli.

NINFEO DI EGERIA
Erode dovette andarsene da Roma, anche perchè si sapeva che si era salvato per intercessione di Marco Aurelio e non per giustizia.  Annia Regilla fu sepolta a Roma nel Parco della Caffarella dove ancora giacciono i resti della grandiosa tenuta che egli fece costruire al posto della villa di famiglia dopo la morte della moglie. 
Al nuovo complesso diede lo stesso nome del santuario di Demetra a Cnido: Triopio, ma ai romani non convinse affatto e lo additarono come assassino della moglie.

Inviso ai romani ad Erode non restò che tornarsene ad Atene, dedicandosi allo studio e alla scrittura.
Negli ultimi anni di vita fu di nuovo protagonista di una vicenda giudiziaria visto che venne portato in tribunale con l'accusa di tirannia (come essere accusato di voler diventare re a Roma). 

Anche in questo caso, come nell’accusa di omicidio della moglie Regilla, l’appello all’imperatore Marco Aurelio, discepolo e amico di Erode Attico, avvenuto a Sirmium dopo il 170 d.c., portò all’assoluzione dell’imputato.



LUDOVICO ANTONIO MURATORI:

- Quando arrivò Erode Attico, celebre oratore di questi tempi, e stato già console, per cagion di una lite assai calda ch’egli avea con la sua patria Atene. Vi giunse anche il deputato degli Ateniesi, per nome Demostrato, che fu ben accolto da Marco Aurelio, principe naturalmente inclinato a favorir le comunità più che i privati.
Prese ancora la protezione della città Faustina Augusta, la quale, secondo l’uso di altre imperadrici, accompagnava il marito Augusto alla guerra; e fino una lor figliuola di tre soli anni, facendo carezze al padre Augusto, gittandosi a’ suoi piedi, e balbettando gli raccomandava la causa degli Ateniesi. Di tutto informato Erode Attico, allorchè si dovette trattar la causa davanti all’imperadore, lasciatosi trasportar dall’ira fuori di strada, a visiera calata declamò contro al medesimo imperadore, con giungere fino a rimproverargli, che si lasciasse governar da una donna e da una fanciulla di tre anni.
E perchè Ruffo Basseo capitan delle guardie gli disse, che questa maniera di parlare gli potrebbe costar la vita, Erode gli rispose, che un uomo della sua età (era assai vecchio) nulla avea da temere; e voltategli le spalle se ne andò via. 

Marco Aurelio senza mai scomporsi, senza fare un gesto indicante noia o sdegno, partito che fu Erode, tranquillamente disse all’avvocato degli Ateniesi, che dicesse le loro ragioni. Era Demostrato uomo eloquentissimo, seppe ben vivamente rappresentarle. Ascoltò Marco Aurelio, ed allorchè intese le maniere, colle quali Erode e i suoi liberti opprimevano il popolo di Atene, non potè trattener le lagrime, perchè grande stima professava ad Erode Attico, uomo insigne, e stato suo maestro, ma ben più amava i suoi popoli. 
Tuttavia non volle pronunziare sentenza alcuna contro di Erode. Solamente decretò alcuni leggeri castighi contro ai di lui insolenti liberti, e provvide all’indennità degli Ateniesi. Erode da lì a qualche tempo, per tentare se Marco Aurelio, venuto in Asia, era in collera con lui, gli scrisse, come lagnandosi di non ricevere più sue lettere, quando di tante dianzi era favorito; e il buon imperadore gli diede un’ampia risposta, piena di amichevoli espressioni, con far anche scusa dell’essere stato obbligato a condannar persone appartenenti a lui. -

 Comunque i greci lo amarono, visto che gli dedicarono almeno diciassette statue onorarie. Un'erma trovata a Corinto ha consentito l’identificazione del suo ritratto, del quale il più noto e pregevole esemplare è un busto conservato al Louvre di Parigi. Dei suoi numerosi scritti ci resta solo una declamazione, il finto discorso di un cittadino di Larissa al popolo per eccitarlo alla guerra contro Archelao (413-399 a.c.), ma l'attribuzione è incerta.

Erode Attico morì nel 177 d.c. in Grecia e il suo elogio funebre venne pronunciato da Claudio Adriano da Tiro, suo discepolo. Filostrato ci parla della sua morte: 

«Morì di consunzione a circa 76 anni di età. Nonostante fosse morto a Maratona e avesse dato ordine ai suoi liberti di seppellirlo colà, gli Ateniesi, strappatolo dalle mani dei giovani lo portarono in città, precedendo il feretro uomini di ogni età con pianti e grida, come sogliono fare i figli rimasti orfani di un padre affettuoso, e lo seppellirono nello stadio Panatenaico, facendo incidere sulla sua tomba questo breve e solenne epitaffio: «In questo sepolcro giace tutto ciò che rimane di Erode, figlio di Attico, da Maratona, ma la sua fama è diffusa dappertutto».

A Capo di Bove è stata del resto rinvenuta una lastrina dove c'è scritto: "Regilla, luce della casa". È di Annia Regilla, moglie di Erode Attico, fatta uccidere incinta dal marito ad opera di un liberto nel 160 in Grecia.

A Roma rimane il ricordo della donna nel vasto fondo del Triopio al terzo miglio dell’Appia antica (il nome deriva da un santuario dedicato a Demetra a Cnido), che Erode dedicò alla moglie: nell’attuale Parco della Caffarella si possono vedere i resti degli edifici voluti da Erode Attico:
- il Ninfeo di Egeria, 
- il Tempio di Cerere e Faustina (attuale chiesa di S.Urbano alla Caffarella) 
- la cosidetta Tomba di Annia Regilla o Tempio del dio Redicolo, in realtà un cenotafio, cioè un sepolcro vuoto, a memoria della moglie. 

Precedentemente l’area occupata dal Triopio ospitava una villa di Erode, con vastissimi giardini, ninfei e giochi d’acqua, templi e sepolcri; alla morte di Regilla il marito, per mostrare il suo grande dolore, la fece demolire edificando un parco con diversi edifici in onore di sua moglie. Il che convinse i romani che egli era davvero un assassino.

A Capo di Bove è stata del resto rinvenuta una lastrina dove c'è scritto: "Regilla, luce della casa". È di Annia Regilla, moglie di Erode Attico, fatta uccidere incinta dal marito nel 160 in Grecia. Lui morì quindici anni dopo. Dopo aver disseminato di templi, monumenti e belle cariatidi in stile attico quell'insediamento agricolo e sacro, avuto in dote dalla moglie sull'Appia, lo ellenizzò nella forma e nel nome, Triopio, in onore del promontorio greco della patria d'origine.


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