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L'ARMATURA ROMANA

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I romani erano da principio un popolo di pastori che dovevano difendersi dai razziatori di bestiame. Indossavano pelli di pecora ed erano armati  di forconi ed asce. Erano praticamente dei barbari ma con una qualità in più: sapevano imparare dagli altri. Al contrario dei barbari che odiavano qualsiasi innovazione i romani le osservavano e se utili le mettevano a profitto.

E avevano un'altra qualità: mentre i clan sono gelosi della propria individualità e non tollerano infiltrazioni, i romani capirono che più si aggregavano ad altri più avevano capacità di sopravvivere.

Dai vicini etruschi appresero a tingere di rosso le stoffe, e a fabbricare le insegne, le armi e le armature. Il primo esercito romano, all'epoca di Romolo, era costituito infatti da fanti che avevano imparato a combattere dagli etruschi. Quindi a piedi, con lance o giavellotti, spade, pugnali ed asce, mentre solo i più ricchi potevano permettersi un'armatura completa, dotata di elmo e corazza.

Gli etruschi infatti avevano corazze di cuoio o di metallo, come questa della figura qua sotto, detto Marte di Todi, del V sec. a.c., con una finissima armatura di cuoio finemente lavorato. Si nota la chiusura sul petto e le frange sopra al gonnellino come usarono poi i romani.

MARTE DI TODI
Altri guerrieri potevano permettersi solo una piccola protezione rettangolare sul petto, davanti al cuore, oppure una doppia protezione, davanti e alle spalle. Questa protezione in bronzo poteva essere anche tonda o trilobata.

Secondo Polibio i cavalieri non avevano una corazza, bensì una semplice trabea (un mantello corto con strisce di porpora) e lo ribadisce anche Dionigi di Alicarnasso, per salire e scendere da cavallo comodamente, ma nessuna protezione nel combattimento.

Le prime armature comunque furono di lino e di cuoio, borchiate e non. In ogni caso è praticamente impossibile stabilire una scala di datazione per le diverse armature romane, perchè spesso i diversi tipi convissero, magari non nelle stesse zone o per lo stesso tipo di combattenti.

Almeno finchè le armature, come del resto le armi, non vennero fornite dallo stato romano, quindi regolamentate e prodotte in serie, insomma diventò un'"uniforme" che li contraddistingueva. Un romano iniziava a combattere nelle palestre di addestramento, cioè nei campus, all'aperto, uno dei più famosi fu Campus Martius (oggi Campomarzio a Roma). Praticamente da quel momento il romano viveva con l'armatura addosso..

Tutte le armi dei legionari romani comunque hanno subito negli anni delle storia di Roma antica un'evoluzione continua, sempre all'insegna di scegliere il meglio.

CAVALLERIA GRECA

MONARCHIA


LINOTHORAX GRECA

Una delle prime armature fu quella di lino, detta linothorax, usata nell'antica Grecia e citata da Omero per i suoi guerrieri. Plutarco riferisce che la linothorax fu utilizzata anche da Alessandro Magno e troviamo altre citazioni di questa armatura in Erodoto, Tito Livio, e Strabone.

GENERALE ATENIESE
Date le fonti storiche, nonostante le ricostruzioni di armature metalliche dei film su Alessandro, si ritiene che, con un'armatura in bronzo, il condottiero non sarebbe sopravvissuto alle numerose battaglie alle quali partecipò stando in prima linea. La linothorax dominò insomma l'epoca arcaica e oltre, soprattutto tra i romani.

Sembra infatti che la linothorax abbia rimpiazzato la corazza o il corpetto di bronzo tipicamente usati dagli opliti greci tra la fine del VII e l'inizio del VI sec. a.c. È testimoniato infatti che non solo Alessandro Magno (356-323 a.c.) ma tutti i suoi eserciti la utilizzassero; d'altronde moderni esperimenti hanno dimostrato che più strati di lino sovrapposti offrono maggiore resistenza alla penetrazione delle frecce che non un'armatura in lamina di bronzo.

Nel mosaico del Museo archeologico nazionale di Napoli, Alessandro Magno sembra proprio indossare una linothorax: e si notano chiaramente varie pteruges (fascette di lino) sparse su tutta l'armatura. Del resto nella sua "Vita di Alessandro", lo storico greco Plutarco afferma che il condottiero indossava "una corazza di lino piegato".

Molti pensano che la linothorax fosse costituita da 12 a 20 strati di lino, per altri era fatta di cuoio, per altri ancora i diversi strati di tessuto erano tenuti insieme da colle animali o da resine, ma è più probabile che i vari livelli fossero impuntiti insieme con tecniche simili a quelle delle maglie rivestite medioevali; le colle animali dell'epoca erano, infatti, solubili in acqua, fatto che ne avrebbe impedito l'uso in caso di precipitazioni.

MOSAICO DI ALESSANDRO MAGNO IN LINOTHORAX 

Il Linothorax Project

Nel gennaio del 2009 Gregory S. Aldrete, dell'Università del Wisconsin–Green Bay, e Scott Bartell presentarono un documento riguardante le qualità protettive della linothorax alla Convention dell'American Philological Association/Archaeological Institute of America di Filadelfia.

I due avevano compiuto ricerche sulla linothorax dal 2005 e ne avevano costruite varie repliche, usando vari metodi.

LINOTHORAX TRATTA DA VASO GRECO
Il documento sosteneva che una linothorax spessa 1 cm, solitamente formata da 11 a 18 strati (che, di solito, dipendevano dallo spessore del filo), avrebbe consentito a colui che la indossava di sopravvivere ad una salva di frecce.

La ricerca era stata compiuta assemblando dozzine di corazze di lino, decorate in varie modi usando materiali d'epoca, per poi sottoporle a colpi di freccia e di armi da taglio.

Il test fu effettuato nelle peggiori condizioni possibili (per la linothorax), visto che l'arciere la colpiva perpendicolarmente e quasi a bruciapelo: visto che in battaglia queste condizioni si verificano raramente, il risultato di questo test è ancora più notevole.

Nell'uso la linothorax si presenta fredda e rigida quando viene messa la prima volta, ma si riscalda grazie al calore corporeo e si adatta alla forma e ai movimenti di chi la indossa.

Questo vantaggio, in climi più caldi, non ci sarebbero con un'armatura di bronzo, ma anzi ne avrebbe precluso alla lunga i movimenti.
Il 9 novembre 2011 il dottor Aldrete presenziò ad un episodio della trasmissione "Vero o falso?" su Discovery Channel.

Egli illustrò la resistenza della linothorax  facendola indossare ad uno dei suoi studenti, Scott Bartell, per poi lanciargli contro una freccia, che lui non sentì neanche, visto che penetrò di appena 1 o 2 mm.

SOLDATO IN LINOTHORAX

LINOTORAX ROMANA

Le prime armi di offesa e difesa i romani le copiarono da etruschi e greci, e dai greci copiarono sicuramente la Linothorax, con fasce di lino cotte e sovrapposte, sicuramente non solo cucite ma in seguito incollate, magari con colla di semi di lino, all'epoca in grande uso, mescolata a grassi, che non dovesse sciogliersi in acqua.

"Abbiamo scoperto che un linothorax di dodici mm di spessore avrebbe protetto la persona da qualsiasi freccia che avesse incontrato da circa il 600 a.c. al 200 a.c.", ha detto Aldrete. Solo nel II sec. a.c. risultò migliore la metallurgia, perchè le punte di freccia-più resistenti e affilate resero il linothorax obsoleto.


LORICA DI CUOIO

La lorica in cuoio fu usata agli inizi dell’organizzazione militare, a difesa del petto e della schiena, indossata dapprima solo dai capi e successivamente anche dai soldati delle classi inferiori. Poteva essere anatomica o segmentata.


LORICA SEGMENTATA DI CUOIO 

Questa lorica di cuoio veniva sovente rafforzata con placche di metallo, e non fu mai abbandonata del tutto, anche dopo le loriche di metallo.

Infatti aveva il vantaggio di essere più leggera e di permettere una maggiore libertà di movimenti. 
Alcuni comandanti, in certi periodi, a seconda delle esigenze e delle tattiche del momento, facevano indossare le loriche di cuoio. 

Questa armatura era fatta di strisce di cuoio grasso che si agganciavano sul davanti con delle stringhe di cuoio più larghe che riparavano meglio le spalle.
In genere si trattava di un'unica stringa che veniva passata attraverso tutti i semianelli di ottone, dall'alto in basso, per legarne i due capi all'ultimo anello in basso.

Oppure, come nella foto accanto, ogni striscia di cuoio veniva fissata sul davanti con delle strisce più sottili, fermate da borchie, con delle fibbie di bronzo.

Sulle spalle venivano poste le strisce più ampie e sagomate, fissate tra loro e alle strisce del torace attraverso borchie di metallo. Per ciò che riguarda le taglie per maggiorare la lorica bastava per la lunghezza aggiungere una più strisce di cuoio, mentre per la larghezza era sufficiente allentare la stringa di cuoio. Si presuppone che ne facessero un paio di taglie.

Queste loriche erano usatissime perchè con esse non c'erano problemi di sostenibilità, per cui si poteva indossare a lungo e pertanto combattere a lungo, Cosa impossibile se si doveva sostenere il peso di un'armatura di metallo.

Essa copriva petto, pancia, fianchi e schiena fino alla cintura, ed era usata tanto dagli alti che dai bassi gradi, solo che per i primi veniva finemente incisa ed e lavorata.


LORICA MUSCULATA  DI CUOIO

A volte la lorica di cuoio veniva sagomata cuocendola su matrici di metallo, riproducendo una lorica musculata, legata con fibbie laterali che univano il davanti e il dietro, mentre sulle spalle venivano fissate con fibbie graduate. 

Essa poteva adattarsi alle varie taglie attraverso le varie fibbie, presupponendo però che ne facessero almeno due taglie. Così come si potevano sagomare si potevano incidere e unirvi inserti di metallo, in bronzo, in argento o in oro. Oppure vi si potevano agganciare medaglie o simboli vari.


RIFORMA DI SERVIO TULLIO


LORICA MUSCULATA DI METALLO IN EPOCA MONARCHICA

La riorganizzazione della macchina da guerra romana, ad opera del VI re di Roma, del 570 a.c., rimase in vigore almeno per un paio di secoli. Egli rielaborò in pratica la falange oplitica greca con alcune modifiche.

Infatti con questa riforma la prima classe (di cinque) indossò per obbligo e per diritto una corazza in bronzo o ferro, del tipo lorica musculata (o corazza anatomica).

LORICA MUSCOLATA IV SEC. A.C. 
Essa era una corazza in lega metallica che riproduceva i muscoli del petto e del torace, con protezioni aggiunte alle gambe e agli avambracci, consistenti in fasce in pelle dette pteruges. 

Queste venivano indossate dai comandanti e dagli ufficiali che non portavano lo scudo. Gli pterugi, o pteruges o pteryges, erano frange che talvolta formano una sorta di gonnellino decorativo usato dagli antichi soldati greci e romani al di sotto dell'armatura.

Questi erano quindi destinati alla difesa corazzata dell'inguine e della parte superiore delle gambe.

Questa a lato è una corazza "muscolare" in bronzo italica del IV sec. a.c. (da Ruvo di Puglia, ora al British Museum).

Questa corazza in bronzo è stata molto dibattuta, perchè il bronzo è poco duttile, quindi più spesso del ferro, ma meno resistente, e inoltre molto più pesante.

Ci si è chiesto pertanto se i pochi reperti di cui si dispone fossero usati in guerra o fossero solo da parata. Oppure veniva usata dagli alti gradi a patto che non dovessero combattere, perchè il peso si sarebbe fatto sentire dopo un po' fino a diventare insostenibile.

Però anche i capi potevano aver bisogno di fuggire e magari cavalcando a lungo, aggiungendo quindi peso alle proprie spalle e al cavallo, una differenza che poteva segnare il confine tra vita e morte.


LORICA MUSCULATA IN EPOCA IMPERIALE

Dobbiamo anzitutto distinguere tra una lorica musculata di bronzo e una di ferro, perchè quest'ultima era sicuramente molto più leggera di quella di bronzo, essendo il ferro molto più duttile e quindi lavorabile su una lamina molto più sottile.

LORICA MUSCOLATA DI AUGUSTO (Primaporta)
C'è da tener conto poi che il ferro è meno fragile del bronzo, quindi più difficile fa perforare (naturalmente a parità di spessore, anche se è più facile a piegarsi.)

Poichè ci si è chiesti se la lorica di Augusto  fosse di bronzo o di cuoio, viene da chiedersi perchè non potesse essere di ferro.  

La duttilità o plasmabilità dei metalli, dal più duttile al meno duttile, è: oro, argento, platino, ferro, nichel, rame, alluminio, zinco, stagno e piombo.

E' evidente che il ferro è il più plasmabile e resistente dei metalli adoperabili per un'armatura, tanto che per indurirla si poneva in lega con metalli meno duttili.

La lavorazione per ottenere la foglia d’oro, all'epoca dei romani, consisteva nel sovrapporre strati d’oro a strati di pergamena che venivano battuti da un maglio adattandoli manualmente alle superfici da rivestire. 

Ovviamente, all'epoca lo spessore dei fogli d’oro era molto più consistente di quella che si potrebbe fare oggi. 

Pertanto era una tecnica costosa, ma veniva largamente usata per statue di divinità in bronzo o per elmi e armature da parata. 
Nulla vieta pertanto che l'armatura di Augusto fosse di ferro acciaiato dorato. e così molte altre armature da cerimonia.

Il che farebbe pensare che, se di strato piuttosto sottile, potessero essere usate anche a lungo. Di solito erano fatte di due lastre (davanti e dietro), che venivano ribattute su una matrice di terracotta per il busto. 

A questo si agganciavano le pteruges e le manicae che rimanevano mobili. Il tutto poi veniva dall'esterno ritoccato a cesello con un bulino.
Seguiva poi un passaggio di colla a base di olii, in genere di lino, e quando il tutto era perfettamente asciutto si applicava l'oro in foglia. A volte si proseguiva invece con applicazioni in bronzo dorato, borchie o altre decorazioni.

SOLDATO IN PETTORALE QUADRATO


IL PETTORALE QUADRATO

In questa immagine sopra, è raffigurato un guerriero romano fornito di una veste rossa, un elmo, una spada, uno schiniere (gambale), indossata sulla gamba sinistra, e un pettorale quadrato, tenuto da 4 lacci di cuoio che si fermavano sulla schiena.

I pettorali romani non erano dissimili da quelli etruschi, e avevano forma tonda, quadrata, rettangolare e trilobata. Il più semplice sembra fosse quello tondo, che era leggermente bombato e con un orlo ribattuto.

Quello quadrato era talvolta musculato, cioè rappresentava una certa muscolatura come quello qua sopra. I pettorali erano solitamente di bronzo, cioè una lega di rame e zinco che, accuratamente lucidato, imitava il colore e la lucentezza dell'oro. Il movimento della muscolatura o quello della bombatura faceva scivolare più facilmente l'arma nemica ostacolandone la penetrazione.


IL PETTORALE TRILOBATO

Molti combattenti portavano delle piastre metalliche pettorali e dorsali di fattura molto semplice, quadrate o tonde, oppure a tre tondi uniti (trilobate).

PETTORALE TRILOBATO
Il pettorale bronzeo trilobato, semplice oppure decorato con emblemi o simboli, era delle dimensioni di circa 15 x 22 cm.  
                    
In genere il trilobato era doppio, perchè copriva il torace e la schiena, a volte tenuto, oltre che dai lacci di cuoio, da fasce metalliche laterali.

Il pettorale trilobato era caratteristico di alcune popolazioni italiche e greche. Presentava il vantaggio di essere leggero e di lasciare liberi i movimenti. Esso copriva più o meno la parte superiore del torace e il ventre, lasciando però vulnerabili gli inguini e le spalle.

Aveva un peso e un prezzo decisamente inferiore alla lorica per cui veniva usato dai meno abbienti o dai gradi più bassi, tenendo conto però che talvolta gli ausiliari erano completamente privi di armature.
                        
PTERUGES IN CUOIO
Chi non poteva permettersi l'armatura indossava un linothorax con pteruges, composto da più strati di lino e in alcuni casi coperto ulteriormente da uno strato di piastrine molto sottili e leggere di bronzo o ferro.

A volte, per offrire maggiore resistenza ma soprattutto per un più piacevole aspetto, le pteruges venivano borchiate in bronzo.

Comunque presso gli ufficiali superiori rimase sempre in uso la corazza muscolare, in cuoio, ferro o bronzo.

Oltre a queste, alle corazze venivano spesso associate strisce di stoffa o cuoio (pteryges: ali in greco) che copriva la parte superiore delle braccia.

Ma le pteruges (o pteryges) potevano essere applicate anche alle loriche di cuoio, naturalmente si trattava di frange anch'esse di cuoio pesante come si vede nella figura qua sopra, in modo che ripèarassero senza ostacolare i movimenti. A volte queste venivano incise o adornate con bronzetti fusi rappresentanti teste di animali o altro.

Si indossavano inoltre uno o due gambali (ocreae), sulle gambe esposte al combattimento. Queste potevano essere di cuoio, di ferro o di bronzo, o di cuoio borchiato. Potevano arrivare sopra o sotto il ginocchio, e a loro volta essere ornate da inserzioni di bronzo.

SCHINIERI DI BRONZO
Qui a lato vi sono degli schinieri corinzi (Magna Grecia, inizi del V sec. a.c.). Lo schiniere o gambale protegge parte della gamba, dal malleolo al ginocchio (anticamente copriva anche quest'ultimo) e serviva per proteggere la parte che rimaneva al di fuori dello scudo.

Le prime gambiere, o schinieri, erano di cuoio, e generalmente ne era portata solo una, quella di destra, che era in genere la gamba più avanzata, raramente quella di sinistra. Omero narra però che i suoi eroi ne portavano due. Di ciò c'è una ragione. 

Anticamente l'uomo era più sinistrimane che destrimane, per cui usava di più la mano e la gamba sinistra. Successivamente, con la specializzazione del cervello, si usarono di più la mano e la gamba destra.

Naturalmente dovette esserci un periodo di transizione in cui le persone usavano indifferentemente entrambi, ed ecco la ragione di entrambi i gambali. Naturalmente poteva essere anche semplicemente una precauzione ulteriore.

Nella Grecia classica i gambali si stringevano attorno al polpaccio essendo stampati stretti, ma pur sempre con una certa elasticità. Per evitare gli sfregamenti il loro utilizzo era abbinato all'uso di bende apposite. Rarissime comunque le protezioni per le braccia.

Non si usavano protezioni per i piedi che indossavano sandali di cuoio, anche perchè era un colpo talmente basso che era difficile, oltre che pericoloso, da vibrare.
SOLDATO IN LORICA HAMATA

REPUBBLICA ROMANA


LA LORICA HAMATA

In seguito alla riforma manipolare e alla tripartizione censoria dell'esercito in Hastati, Principes e Triarii, l'armamento si modellò in base a questa gerarchia: gli hastati erano equipaggiati con corazze leggere (spesso di cuoio o composte di piastroni di metallo sul petto), i principes avevano corazze più pesanti (solitamente cotte di maglia lunghe fino al bacino) e i triarii avevano una corazza pesante.

A seguito invece della riforma mariana, le divisioni tra hastati, principes e triarii divennero solo nominali e in breve tempo sparirono e tutti i legionari indossarono lo stesso equipaggiamento, fornito loro dallo Stato assieme al salario.

Essi indossavano una lorica a maglia di ferro, Scomparvero, pertanto, le divisioni interne velites, hastati, principes e triarii.
« Lorica, quod e loris de corio crudo pectoralia faciebant; postea subcidit gallica e ferro sub id vocabulum, ex anulis ferrea tunica. »
(Varrone - De Lingua Latina)
Dunque la lorica hamata era di origine celtica, o almeno così pensava Varrone, ma non era il solo a sostenerlo.

LORICA HAMATA
La lorica hamata, così veniva chiamata, era composta da anelli metallici, dai 6 agli 8 mm. agganciati tra loro, per un peso massimo di 15 kg. Nel periodo imperiale si aggiunse un rinforzo spallare (humeralis), che veniva chiuso sul petto da due ganci di solito con immagini di teste di animali o altro. Questo protesse di più ma pesò anche di più.

I Romani pertanto usavano indossare una o due grosse cinture in cuoio borchiato, detta balteus, che permetteva di scaricare una parte del peso dell'armatura sulle anche sostenendo la spina dorsale, un po' come i cinturoni che usano oggi i ginnasti del sollevamento pesi..

La lunghezza della lorica hamata, nel passaggio dall'epoca repubblicana all'epoca imperiale, si ridusse, usando a protezione delle gambe e del basso ventre, gli pterigi di cuoio.

Questo permise di ridurne il peso consentendo movimenti più sciolti nel combattimento.

Gli anelli della maglia potevano essere intessuti tramite il ricorso a rivetti (appiattiti o larghi) cioè giunture tra lamine diverse, o ad incastro (privo di rivettatura). Nel primo caso il procedimento di realizzazione era più lento, quindi più costoso, ma durava più a lungo, nel secondo caso il prodotto era meno resistente, ma i tempi di produzione erano accorciati.

Sotto Gaio Mario (157 - 86) indossarono un tipo speciale di lorica hamata, appunto più corta, una maglia di anelli di ferro del peso di 10-15 kg, dotata di humeralis, una tunica con spalle  protette in quanto foderate come nel linothorax greco, oppure un farsetto thoracomachus, in genere con le spalle coperte di pelliccia, che faceva da ulteriore protezione, da indossare sotto la cotta.

In più indossarono delle strisce di pelle, le pteruges, che coprivano avambracci e cosce, A volte invece si usava un pettorale metallico legato al busto con fasce di cuoio, le spalle foderate e le pteruges.

Polibio ritiene che solo i milites della prima classe indossassero questo genere di cotta di maglia, mentre il resto usava il pectorale, una piccola piastra quadrata per proteggere il cuore, oltre a uno schiniere (ocrea), una gambiera dalla caviglia al ginocchio, sulla gamba esposta al combattimento (solitamente la destra), o su tutte e due.

Mario era riuscito a rendere la figura del legionario una figura professionale e nel contempo uniforme, poiché ogni legionario fu equipaggiato a spese della Repubblica romana, di tutto l'occorrente per provvedere alla propria autonomia durante le lunghe marce.

LORICA SEGMENTATA

LORICA SEGMENTATA

Sul finire del principato di Tiberio, la lorica hamata del legionario fu sostituita dalla lorica segmentata, sempre in metallo, ben rappresentata sulla colonna traiana. Essa era composta da una serie di lamine di acciaio unite tra loro, all'interno, da strisce di cuoio a formare dei segmenti, da qui il nome segmentata.

Comunque la lorica hamata venne utilizzata con continuità durante tutto l'impero romano, anche quando i legionari vennero equipaggiati con la lorica segmentata, utilizzata anche dagli ausiliari e dalla cavalleria, e pure dai legionari durante il tardo impero e a Bisanzio. Questa corazza, la segmentata, era più pesante della hamata, con la stessa capacità di movimenti, ma, poichè era più pesante, rendeva meno resistente il legionario, specie alla distanza.

Gli allacci erano effettuati con stringhe di cuoio collegate a sezioni metalliche applicate sulle piastre dell'armatura, a mezzo di fettucce e con piccole borchie di rinforzo.

LORICA SEGMENTATA
La lorica hamata restò comunque la più utilizzata, indossata su un farsetto di lana, insieme alla segmentata. Questa come nessuna individua il legionario romano, che è ovunque, dai libri ai film, raffigurato con questo tipo di armatura.

Giuseppe Flavio dell'armamento che utilizzava l'esercito romano durante la I guerra giudaica (66-74):

« Si mettono in marcia tutti in silenzio e ordinatamente, restando ciascuno al proprio posto come fossero in battaglia. I fanti indossano corazze (lorica segmentata) ed elmi (cassis o galea), una spada appesa su ciascun fianco, dove quella di sinistra è più lunga (gladius) di quella di destra (pugio), quest'ultima non più lunga di un palmo. 

I soldati "scelti", che fanno da scorta al comandante, portano una lancia (hasta) e uno scudo rotondo (clipeus); il resto dei legionari un giavellotto (pilum) e uno scudo oblungo (scutum), oltre ad una serie di attrezzi come, una sega, un cesto, una picozza (dolabra), una scure, una cinghia, un trincetto, una catena e cibo per tre giorni; tanto che i fanti sono carichi come bestie da soma (i muli di Mario).

I cavalieri portano una grande spada sul fianco destro (spatha), impugnano una lunga lancia (lancea), uno scudo viene quindi posto obliquamente sul fianco del cavallo, in una faretra sono messi anche tre o più dardi dalla punta larga e grande non meno di quella delle lance; l'elmo e la corazza sono simili a quelli della fanteria. L'armamento dei cavalieri scelti, quelli che fanno da scorta al comandante, non differisce in nulla a quello delle ali di cavalleria. A sorte, infine, si stabilisce quale delle legioni debba iniziare la colonna di marcia. »

(Giuseppe Flavio, Guerra giudaica, III, 5.5.93-97.)

La lorica segmentata è uno dei rari esempi di armatura laminare, equipaggiamento tipico delle popolazioni orientali, in uso a forze armate europee, ma soprattutto romane. Questo tipo di armatura "ritornò" in Europa in epoca post-rinascimentale

Trattavasi di lunghe strisce d'acciaio che coprivano il torace nel davanti e sui fianchi. nel retro della segmentata vi sono gli allacci con stringhe di cuoio collegate a sezioni metalliche applicate sulle piastre dell'armatura, fettucce, piccole borchie di rinforzo.

Le strisce d'acciaio non erano difficili da ricavare perchè il laminato ordinato al banco metalli, poteva essere richiesto della larghezza che si desiderava, naturalmente più la striscia era stretta più il costo aumentava, ma di poco.


Dunque il ferro in lega veniva fuso, ridotto a lamina facendola passare attraverso dei trafilatoi (rulli) e infine veniva portata alla larghezza voluta, dopodiché veniva tagliata della lunghezza occorrente.

Naturalmente il peso dell'armatura variava a seconda della qualità della lega ma soprattutto dallo spessore della stessa.

Il "Vindolanda Roman Army Museum", custode delle parti ritrovate a Corbrigde, afferma che i fortini romani presso cui sono state rinvenute sarebbero state in uso a guarnigioni di cavalleria.

In effetti alcuni test "sperimentali" mostrano che i lavori di fortificazione mostrati dalla Colonna Traiana risultino estremamente faticosi con indosso una corazza del genere. 

D'altronde mentre mancano riferimenti letterari sulla segmentata per la fanteria pesante, Ammiano Marcellino in Res Gestae XVI, X, 8 cita dei clibanarii dell'Imperatore Giuliano con corazze metalliche a fasce.

Le raffigurazioni su pietra di corazze a segmenti le mostrano tutte aderenti al corpo, tanto da far supporre che quei tipi di protezioni potessero essere organici (cuoio, lino etc.). Il reperto conservato al British Museum e proveniente da Qasir Ibrahim in Egitto, consistente in una striscia di cuoio, è stato da alcuni considerato come parte di una corazza a segmenti.

Il modello di segmentata di Corbridge, rinvenuto a sud del Vallo di Adriano (1-120 d.c. circa) è ritenuto anteriore al secondo dello stesso tipo (50-250 d.c. circa), e sono entrambi composti da una serie di lamine di acciaio unite tra loro, all'interno, da strisce di cuoio a formare dei segmenti, da qui il nome segmentata.
LORICA SQUAMATA

LORICA SQUAMATA

La corazza era così chiamata per le lamelle di metallo di cui era composta. Il nome è dovuto al fatto che tali lamelle, poste l'una a fianco all'altra, ricordino le squame (squamae) di un pesce
La lorica squamata era la variante in uso all'esercito romano dell'armatura a scaglie.

Quest'ultima era una primitiva tipologia d'armatura composta da scaglie o squame di metallo di foggia e dimensioni diverse che venivano disposte a più strati sovrapposti su di un supporto di cuoio o di stoffa, a cui erano agganciate ma non interamente fissate. Era nata nelle regioni più orientali del continente eurasiatico, e raggiunse l'Europa solamente al tempo di Alessandro Magno.

La lorica squamata, fatta si a lamelle sovrapposte, ma interamente fissate, era stata copiata da corazze orientali e cominciò ad essere indossata dal I sec. d.c., inizialmente solo dagli ufficiali, nei secoli seguenti divenne usuale anche per la truppa.

Sembra ne esistessero anche di bronzo, visto che costava meno del ferro cosiddetto acciaiato, cioè in lega col carbonio. Il bronzo era una lega tra rame e stagno, cui si potevano aggiungere piccole quantità di altri metalli.

Il bronzo si riconosce ad occhio perchè forma per ossidazione un verde-rame che preserva tuttavia lo strato sottostante.

L'ossidazione del ferro peraltro è continua e incessante, comunque il ferro dolce, o acciaiato come lo producevano i romani, aveva una resistenza maggiore, un peso minore e una minore capacità di ossidarsi, e comunque era compito del legionario badare al mantenimento corretto dell'armatura e delle armi.

Era un compito che i romani svolgevano con la massima cura, oliando armatura ed armi e controllando fibbie, stringhe di cuoio e borchie varie, perchè dallo stato dell'armamento poteva fare la differenza tra vita e morte.

Queste corazze erano state ideate per essere flessibili, ma resistenti. Viceversa la Lorica musculata di metallo era poco flessibile anche se di grande scena, per cui fu molto usata dagli imperatori, dai generali e durante i trionfi. Era insomma soprattutto un'armatura cerimoniale.

Le squame delle varie armature non erano tutte uguali, sia perchè le facevano artigiani diversi , in quanto ce n'erano pubblici e privati.

Ovviamente i più abbienti si sceglievano quelle migliori sia per la qualità che per l'aspetto scenico.

Tuttavia i romani hanno dato sempre grande importanza alle innovazioni, per cui ogni artigiano studiava come migliorare il prodotto, ad esempio ribattendo i bordi di ogni squama rendendola più resistente.

Oppure ne studiava lo spessore più adatto, o la lega migliore. Ovviamente le squame si ricavavano fa un laminato, cioè da una lastra continua di una determinata lega che veniva venduta dal banco metalli (Giunone Moneta) a trance, che l'artigiano si portava a negozio e poi tranciava la lamina.

Per questo occorreva una forma e un maglio che tagliava di botto la lamina poggiata su una forma con i contorni in rilievo. Naturalmente cambiando la matrice si cambiavano le forme delle squame.


LORICA MANICATA

Le maniche dell'armatura (manicae) vennero anche aggiunte per riparare le braccia, usando delle fasce metalliche (o di cuoio) a protezione di ambedue le braccia o di un solo arto.

Il loro uso è attestato nel Trophaeum Traiani, dove un soldato rappresentato nella metopa del Trophaeum utilizza per il braccio esposto al combattimento una manica, tipica della lorica manica e dei gladiatori crupellarii citati da Tacito.

Nel 21 d.c., in Gallia, durante la rivolta di Giulio Floro e Giulio Sacroviro (capo degli Edui) oltre ai normali combattenti gallici poveramente armati, vennero impiegati dei guerrieri gladiatori pesantemente corazzati, i Crupellarii, come narra Tacito:

« Vi aggregarono gli schiavi destinati al mestiere di gladiatore, che avevano, secondo la pratica di quella gente, un'armatura completa: li chiamano «Crupellarii», poco adatti a menar colpi, ma impenetrabili a quelli degli avversari.
Un po' di resistenza opposero gli uomini catafratti di ferro, poiché le corazze reggevano ai colpi di lancia e di spada; ma i soldati, impugnati scuri e picconi, come per sfondare una muraglia, facevano a pezzi armature e corpi; alcuni con pertiche e forche abbattevano quelle masse inerti che, prostrate a terra, incapaci d'un minimo sforzo per rialzarsi, erano abbandonate lì come morte
. » (Tacito, Annales)

La lorica manica, detta semplicemente manica, era un tipo di parabraccio di ferro o di bronzo, in genere costituito da quattordici segmenti di metallo ricurvi e sovrapposti, di cui dodici segmenti più stretti e due più larghi alle estremità. A volte la manica era realizzata con stoffa di lino o cuoio strettamente fasciati attorno al braccio e provvisti di imbottitura.


AUSILIARI ROMANI

GLI AUSILIARI

C'erano poi gli Ausiliari, delle truppe dell'esercito romano reclutato fra le popolazioni sottomesse di peregrini, ovvero non ancora in possesso della cittadinanza romana.

Attraverso le imprevedibili tattiche di Annibale l'esercito romano aveva subito molti danni. Le sue manovre repentine, soprattutto delle ali di cavalleria cartaginese e numidica, avevano distrutto numerosi eserciti romani, anche a loro superiori di numero, come era avvenuto nella battaglia di Canne dove erano morti 50.000 Romani. 

Ora i romani erano abituati ad essere loro a vincere eserciti più numerosi, e i generali tenevano a questo per non provocare scoraggiamento nei militi, e magari disapprovazione da parte del popolo romano che all'epoca contava molto. Si pensi che il popolo aveva la facoltà di nominare esso stesso dei generali. Perciò una sconfitta dell'esercito come quella di Canne era inammissibile per Roma, pertanto richiese un grande rinnovamento. 

Si pensò così all'impiego di contingenti di cavalleria di regni alleati, come avvenne con Scipione Africano nella battaglia di Zama del 202 a.c., dove l'esercito romano, insieme a 4.000 cavalieri alleati numidi, riuscì a sconfiggere per sempre le forze cartaginesi.
AUSILIARI
A questi contingenti di cavalleria vennero aggiunti gli arcieri orientali o cretesi e i frombolieri delle isole Baleari. 

Giulio Cesare fu il primo a comprendere appieno l'utilità degli ausiliari, perchè contro le agili tribù montane e contro le fanterie leggere, i legionari erano troppo lenti ed impacciati. Ma fu la riforma militare di Gaio Mario a dare stabilità e ruolo a tutte le forze straniere, che divennero auxilia, ovvero truppe sussidiare ai cittadini legionari. 

Richiedendo truppe ai paesi conquistati di volta in volta. L'esercito romano aumentò le varie specializzazioni delle truppe ausiliarie. Gli ausiliari erano di solito armati alla leggera ed erano un corpo di lancieri, atti a proteggere i fianchi dei più pesantemente armati legionari. 

Generalmente portavano la lorica hamata, a parte i cavalieri catafratti che usavano una specie di lorica squamata che però li copriva interamente, cavalli compresi. Comunque Poiché le unità ausiliarie venivano da province assai diverse, le loro armature, indumenti ed armi erano spesso eterogenee. 

Costituendo truppe di completamento accanto alla fanteria pesante legionaria, erano solitamente armate alla leggera, ma potevano anche avere armamento simile a quello legionario;



SIGNIFER

Un discorso a parte merita il signifer, per l'importante ruolo che ricopriva, sia per la truppa che per il nemico. Egli era infatti un bersaglio assai ambito, visto che al termine delle battaglie si contavano i signa sottratti alle armate romane. 

Per i romani non farsi conquistare gli stendardi era una questione di onore e di prestigio. Cesare sceglieva solitamente tra i signiferi i migliori uomini di truppa, per abilità e valore, chiamati antesignani, proprio perché si ponevano di fronte al nemico a protezione delle insegne (ante-signa). 

Gli antesignani erano pertanto truppe leggere d'élite che costituivano l'avanguardia di una legione, addestrati per combattere al di fuori della formazione da battaglia della fanteria pesante. Antesignani significa infatti "quelli prima dello stendardo" (Signus, Signum). 

Le truppe degli antesignani comparvero con le riforme militari di Gaio Mario, fine II sec. - inizio I sec. a.c. Pur avendo un compito molto importante avevano un'armatura piuttosto leggera, che consisteva in un pettorale di bronzo anzichè l'usuale lorica hamata.

Il pettorale non assicurava una grande protezione per cui la salvezza del signifer era muoversi con agilità e velocità evitando gli attacchi nemici, ma combattendo se costretto dalla situazione.

Polibio scrive che al tempo della II guerra punica vi erano due signiferi per ciascun manipolo, scelti tra i più forti e valorosi dal I centurione.

I signifer erano spesso esploratori, cioè quelli che si spingevano nei territori nemici, ne stilavano le mappe, ne ricavavano informazioni. Erano intelligenti, veloci, spericolati e dotati di grande inventiva.

Spesso usavano come copricapo la testa di un animale feroce (un lupo, un orso, un leone, una pantera ecc.) Questo li rendeva particolarmente visibili ma per i Romani era un fatto d'onore non far cadere le insegne nelle mani nemiche e molti soldati correvano in aiuto degli signifer per salvare le insegne della legione o di Roma.

CENTURIONE

CENTURIONE

Il centurione (centurio) era uno dei gradi intermedi della catena di comando nell'Esercito romano, posto a capo di una centuria.

Polibio li descrive così all'epoca della II guerra punica:
« i centurioni devono essere, non tanto uomini audaci e sprezzanti del pericolo, quanto invece in grado di comandare, tenaci e calmi, che inoltre, non muovano all'attacco quando la situazione è incerta, né si gettino nel pieno della battaglia, ma al contrario sappiano resistere anche se incalzati e vinti, e siano pronti a morire sul campo di battaglia. »
Ogni centurione comandava l'unità di base della legione, la centuria (da 80 a 100 e fino a 160 unità). Le centurie erano associate a due a due per formare i manipoli, in ognuno dei quali i due centurioni erano detti prior e posterior.

Il grado più elevato fra i centurioni di una legione era quello del centurione del primo manipolo della prima coorte,  detto primus pilus. 
Polibio narra che, al tempo della II guerra punica, il centurione che era stato scelto per primo, per ciascuna delle prime tre classi, entrava a far parte del consiglio militare.

I centurioni romani erano sempre posizionati in prima linea, per dare dimostrazione del proprio coraggio ed impeto ai propri soldati, ai fini del buon esito della battaglia, almeno dai tempi delle guerre puniche. I centurioni, infatti, erano posizionati sulla destra dello schieramento, posizione certamente assai rischiosa. Non a caso spesso al termine di aspri scontri, numerosi erano i centurioni caduti al termine della battaglia.

Cesare racconta un episodio curioso nel De bello Gallico, una gara tra due valorosi centurioni:

« C'erano in quella legione due centurioni, uomini di grandissimo valore, ormai prossimi al grado più elevato, Tito Pullo e Lucio Voreno. Entrambi erano continuamente in gara per chi avrebbe primeggiato rispetto all'altro, ed ogni anno gareggiavano attraverso combattimenti per la carriera. Pullo, nel momento in cui il combattimento lungo le fortificazioni si stava dimostrando più duro, disse: 

"Che aspetti Voreno? Quale promozione credi di ricevere per il tuo valore? Questo giorno deciderà le nostre contese". 

Detto ciò uscì fuori dalla linea fortificata e caricò il nemico in quella parte dello schieramento che sembrava più fitta. Allora anche Voreno non si trattenne al riparo delle fortificazioni e temendo il giudizio dei suoi soldati, lo seguì. A breve distanza dal nemico Pullo lanciò il suo pilum e trafisse un Gallo, che si era staccato dal grosso dello schieramento e corse in avanti. I nemici, mentre proteggevano con gli scudi il compagno, colpito a morte e caduto a terra, tutti insieme gettarono i loro giavellotti contro il centurione, impedendogli di arretrare. 

Lo scudo di Pullo era stato trapassato e nel balteus si conficcò un'asta. Questo colpo spostò il fodero del gladio e Pullo, mentre con la mano destra cercava di sfoderare il gladio, venne impedito, tanto che i nemici lo circondarono. Corse in suo aiuto, l'avversario Voreno e lo aiutò nella difficoltà. Tutti i nemici allora si scagliarono prontamente contro Voreno, lasciando perdere Pullo, credendolo colpito dal giavellotto. 

Voreno combattè in corpo a corpo con il gladio, ne uccise uno e fece arretrare gli altri. Mentre li incalzava con ardore, cadde scivolando su una buca. A sua volta fu Voreno ad essere circondato e toccò a Pullo prestargli aiuto. Poi tutti e due incolumi, dopo aver ucciso numerosi nemici, si ritirarono verso le fortificazioni con grande gloria. Così la fortuna trattò entrambi nella contesa e nel combattimento, i quali, seppure avversari, si soccorsero l'un l'altro e si salvarono. E non fu possibile scegliere quale dei due fosse superiore all'altro per valore. »

(Cesare, De bello Gallico.)
Il centurione era equipaggiato con:
- la cresta posta sul suo elmo disposta trasversalmente,  contrariamente ai normali soldati che l'avevano longitudinale
- portava il gladio a sinistra invece che a destra come i normali legionari, questo potrebbe indicare che di norma i centurioni fossero sprovvisti di scudo.
- l'armatura che poteva essere, a seconda del periodo: lorica hamata, lorica segmentata, o lorica musculata. L'armatura del centurione era sempre una importante, perchè egli aveva molte probabilità di essere colpito dal nemico, dato il suo ruolo in prima fila.



L'ANARCHIA MILITARE

Nel III sec. d.c. e per circa 50 anni, a Roma si susseguirono molti imperatori, che erano generali dell'esercito, e che da questo furono eletti e cacciati o uccisi. Gli arbitri delle nomine furono le legioni e la guardia pretoriana, che decidevano a chi dare o togliere il potere per guadagnare ricchezze e privilegi.

L'equipaggiamento dell'esercito veniva prodotto nelle fabricae statali, visto che gli artigiani privati, ormai in calo, a causa delle difficoltà economiche, non riuscivano a produrre da sé le armi.

Queste venivano fornite ai soldati dallo stato o prendendole dai legionari che andavano in pensione o dai legionari morti quando era possibile reperirle.

In questo periodo  la lorica segmentata, la grande innovazione dei due secoli precedenti, scompare, sostituita da loriche hamatae e squamatae, poi anch'esse sempre più rare fino alla fine dell'impero.



IL IV SECOLO

Per il tardo impero le corazze si differiscono. A partire dalla fine del IV secolo, infatti, lo Stato non dava più l'equipaggiamento direttamente al soldato, ma forniva delle indennità per il suo acquisto.

ASSEMBLAGGIO DELLA LORICA SEGMENTATA
Questa indennità non permetteva di acquisire l'intero equipaggiamento, per cui si sperava sempre in una battaglia fortunata con le armi dei vinti.

Inoltre c'era un diverso abbigliamento, tra limitanei e comitatensi. I primi, alloggiando presso i castella di confine, si rifornivano presso le fabbriche e i magazzini statali dei forti, per cui erano equipaggiati in modo uniforme.

Per i comitatensi invece, e per l'esercito regolare  in genere, la situazione era diversa. Con l'indennità in danaro ognuno comprava per sè, secondo la casualità o le possibilità senza preoccuparsi dell'uniformità.

Tanto più che, alla fine di una guerra, specie se vittoriosa, gli uomini tornavano in patria con indosso le armature e gli indumenti del popolo sconfitto, di qualsiasi tipo fossero.

I legionari romani, scomparsa la lorica segmentata, usarono la lorica hamata e la lorica squamata, fino al definitivo accantonamento, secondo alcuni, delle armature sotto Graziano quando non furono più prodotte, anche se è probabile che si usassero ancora ma in misura inferiore.

Il soldato romano tardo-imperiale indossava la lorica hamata sopra una tunica a maniche lunghe, semplice per i soldati e ornata per gli ufficiali.

Furono dunque d'uso la lorica hamata o la lorica squamata, più raramente la musculata, oppure un semplice farsetto imbottito, talvolta munito di pteruges. Con la fine del V sec. le armature scomparvero..


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