VENERE DI POMPEI |
Per Platone, anzi per Diotima nel Convivio, vi sarebbero state due Veneri: Venere Urania, figlia di Urano, il cielo, la Venere Celeste, rappresentante l’amore puro, e Venere Pandemia, figlia di Dione, la Venere Terrestre, Dea dell’amore volgare.
Aggiunge però che l'amore vero, quello della Venere Celeste, appartiene solo all'amore di un uomo verso un efebo. Insomma ci sembra che Platone avesse strane opinioni sulla Venere Urania, e pure sulla Venere Pandemia.
Se per Venere Urania si intende Venere Celeste, per Venere Pandemia si intende Venere Terrestre, e se non abbiamo separato l'istinto dalla mente, diremmo che quella Terrestre è almeno la più completa.
Sesso e sentimenti stanno bene insieme e non è indispensabile metterci l'amore, ma il rispetto e la benevolenza si, altrimenti è sopraffazione, fisica o solo ideologica.
I romani non vedevano il sesso come una cosa peccaminosa, almeno fino all'avvento del cristianesimo, ma anzi alcuni lo consideravano sacro. Questo accadde in epoca preromana ma pure romana, ed era la via sacra della ierodulia, ovvero il sesso sacro, quello che si faceva nei templi della Dea.
Nei Sacri Misteri di Venere la Dea, in qualità di sorgente del sesso e quindi della vita era la Matrice di tutte le cose che vivono sulla terra, animali, uomini e piante.
I Mysteria erano in effetti la festa dell'entrata nell'oscurità e dell'uscita verso la luce.
- Mesrob Mashtot', armeno - Inno alla Dea - 394 d.c.:
- Com’ella tanto nella inestinguibile tempesta
è aurora che qui a oriente giunge,
ha così tutti noi in sé, la Dea,
amanti di Lei, la preziosissima, l’interna, che
irrompe sconvolgendo i nostri colloqui vani.
Insinuandosi, Ella penetra come Afrodite regna
nelle spume dove pure nacque
Telemaco figlio di Ulisse
e ne derivò lo scotimento dei mondi.
Nelle azzurrine davanti Leucade plaghe di
Zacinto, come sogno, tra i templi
issati all’onore di Apollo, noi pure
osservammo di lontano la felice beanza
naturale che ci attende e prima
e dopo l’usuale nascita, l’usuale morte. -
Afrodite, Dea greca dell’Amore, della Bellezza e della Fecondità, affine alla Dea fenicia Ishtar protettrice dell’amore sensuale, chiamata Venere dai Romani che le dedicarono la stella del mattino, secondo Omero sarebbe nata da Zeus e da Dione, per Esiodo, invece, sarebbe emersa dalle acque del mare fecondate dal seme di Urano, presso l’isola di Cipro.
Appena emersa dalle acque sarebbe stata trasportata dagli zefiri a Cipro, o a Pafo o a Citera e, approdata sulla riva, sarebbe stata accolta dalle Ore, rivestita, adornata e condotta sull’Olimpo.
In realtà Afrodite era una Grande Madre, sopravvissuta perchè relegata a Dea dell'amore sensuale, non più universale.
Il mito narra che Afrodite (o Venere), innamorata d’Anchise, futuro padre di Enea, si presentasse vestita da principessa frigia, col mantello rosso, che giacesse con lui su pelli d’orso e di leone mentre intorno ronzavano le api. Il costume frigio, col classico cappello a cono, indicava la facoltà magica acquisita nei Sacri Misteri, la cui ultima fase è rappresentata dal mantello di porpora, perché il nero, il bianco e il rosso erano i colori della luna, della Madre Luna, ossia di tutta l'Opera.
AFRODITE PAFOS |
- L’accoppiamento era l’iniziazione ai Sacri Misteri di Afrodite, cui erano sacri l’orsa e il leone come Ortia o Dea Orsa, la Dea lunare che a Sparta iniziava i neofiti attraverso l’accoppiamento con le sacerdotesse, e l’italica Nortia, sempre Dea orsa, o Norchia (venerata nell’omonimo paese laziale), la Dea che in un mito uccide il figlio e amante Adone. Sembra che la Dea fosse preposta all’erezione del maschio che veniva sollecitato con leggere fustigazioni, usanza che poi passò all’iniziazione bacchica e rivolta alle donne, come si vede nella Villa dei Misteri a Ercolano. -
Apuleio - Le metamorfosi - X
- Finalmente sfilarono le schiere degli iniziati ai sacri misteri, uomini e donne di ogni condizione e di tutte le età, sfolgoranti nelle loro vesti immacolate di candido lino, le donne coi capelli profumati e coperti da un velo trasparente, gli uomini con il cranio lustro, completamente rasato, a indicare che erano gli astri terreni di quella grande religione; inoltre dai sistri di bronzo, d'argento e perfino d'oro, traevano un acuto tintinnio.
Seguivano poi i ministri del culto, i sommi sacerdoti, nelle loro bianche, attillate tuniche di lino, strette alla vita e lunghe fino ai piedi, recanti gli augusti simboli della onnipotente divinità. Il primo di loro reggeva una lucerna che faceva una luce chiarissima, però non di quelle che usiamo noi, la sera, sulle nostre mense, ma a forma di barca, e tutta d'oro, dal cui largo foro si sprigionava una fiamma ben più grande.
Il secondo era vestito allo stesso modo ma reggeva con tutte e due le mani degli altarini, i cosiddetti «soccorsi», a indicare la provvidenza soccorritrice della grande Dea; il terzo portava un ramo di palma finemente lavorato in oro e il caduceo di Mercurio, il quarto mostrava il simbolo della giustizia: una mano sinistra aperta.
VENERE DI MILO |
Ma cosa erano i "Sacri Misteri di Venere"?
"noi pure osservammo di lontano la felice beanza naturale che ci attende e prima e dopo l’usuale nascita, l’usuale morte "
Ed Eraclito conferma: "Morte è quanto vediamo da svegli; sogno, quanto vediamo dormendo."
I Sacri Misteri di qualsivoglia divinità avevano tutti lo stesso fine: togliere di mezzo tutte le influenze, i credo, i doveri e la morale istillata dalla società dell'apoca per liberare la mente e risvegliare il Daimon interiore, il Genio personale, il Puer Aeternum.
Liberarsi di tutto ciò che ci è stato insegnato non è facile, perchè nei Sacri Misteri si perdeva la fede in tutto ciò che gli altri credevano, salvo verifica personale. Solo che questo traguardo si otteneva mediante una via di tipo sessuale.
Si cercava la spiritualità nell'amplesso con l'altro, un'esperienza liberatrice, visto che nell'orgasmo la mente si fa da parte, e quello è l'attimo in cui si può iniziare a capire il mondo.
Questa via era sia per uomini che per donne, ma insegnata dalle donne, in quanto più capaci di un maschio di arginare i propri desideri sessuali.
In nome di Venere gli adepti, sia femmine che maschi, si dedicavano alla prostituzione sacra, anche se sembra che gli adepti maschi fossero di numero molto inferiori alle femmine.
Teoricamente desterebbe meraviglia, quando mai un maschio rifiuterebbe le attenzioni sessuali di una donna, però "essere a disposizione di" ridimensiona molto il ruolo maschile ed essere oggetto degli altrui piaceri forse non era tanto gradito.
Si pensa pure che solo le donne attempate o tutt'altro che veneree ricorressero a tali prestazioni. Ma la cosa più probabile è che gli uomini si prestassero all'uso con i maschi, insomma che la prostituzione maschile fosse di tipo omosessuale, e questo sembra più probabile.
AFRODITE PAFOS |
Le donne non dovevano rispondere della loro verginità. Inoltre imparavano a conoscere i lati più fragili dei maschi, giungendo così ad ottenere un rapporto alla pari.
Le sacerdotesse del sesso venivano, al contrario delle prostitute, altamente rispettate dai maschi (pena il sacrilegio) e le donne imparavano a superare così la gelosia e il possesso da parte dei loro partner.
Inoltre acquisivano meriti nella loro società avendo svolto mansione di grande prestigio. Sembra che la prostituzione sacra venisse praticata a Sparta, sul suolo italico e pure a Roma, almeno durante la monarchia e la prima repubblica.
Si ipotizza che praticare il sesso con un partner occasionale accogliendolo come simbolo universale dell'altro