Falacer era un Dio arcaico romano di cui già ai tempi di Varrone se ne ignoravano le qualità. Di lui si sa che era molto seguito in epoca repubblicana. Al suo culto comunque era preposto un flamine minore, il Flamine Falacer, unico caso in cui l'aggettivo che lo qualifica è identico al nome del Dio e non derivato da esso; inoltre era il penultimo flamine in ordine di importanza.
Si suppone pure potesse trattarsi di un eroe divinizzato rappresentante la forza ed il coraggio dei romani. Varrone lo cita due volte chiamandolo sempre con l'appellativo di Pater, il che però lo classifica come un re degli Dei.
Tuttavia a Roma non esisteva alcuna festività legata al Dio, come fece notare il filologo tedesco Kurt Latte che del resto lo ritenne alle divinità Pomona e Flora, Dee della natura ma soprattutto antiche Dee Madri, per le quali ipotizzò l'esistenza di una festività mobile nella Roma arcaica.
Le feste mobili erano tali per seguire gli eventi delle stagioni, poichè la festa seguiva l'aratura, il raccolto ecc, che venivano eseguiti secondo gli eventi atmosferici.
Se questo dio era legato a queste Dee altro non poteva essere che il figlio della Grande Madre che nasce, cresce, muore, resuscita e sposa la Dea, cioè il figlio vegetazione che nasce e muore ogni anno.
Secondo il filologo e storico Georges Dumézil, le divinità a cui erano preposti i flamini minori (e quindi anche Falacer) appartengono alla cosiddetta "terza funzione", cioè all'ambito produttivo della comunità umana, e nella Roma arcaica tale ambito era essenzialmente agro-pastorale, il che confermerebbe quanto abbiamo esposto sopra.
Curiosamente in un'iscrizione proveniente da Thamugadi ( Timgad) viene citato un certo Octavius Falacer flamen perpetuus, dove però il nome del Dio è in questo caso un cognomen.
Se questo dio era legato a queste Dee altro non poteva essere che il figlio della Grande Madre che nasce, cresce, muore, resuscita e sposa la Dea, cioè il figlio vegetazione che nasce e muore ogni anno.
Secondo il filologo e storico Georges Dumézil, le divinità a cui erano preposti i flamini minori (e quindi anche Falacer) appartengono alla cosiddetta "terza funzione", cioè all'ambito produttivo della comunità umana, e nella Roma arcaica tale ambito era essenzialmente agro-pastorale, il che confermerebbe quanto abbiamo esposto sopra.
Curiosamente in un'iscrizione proveniente da Thamugadi ( Timgad) viene citato un certo Octavius Falacer flamen perpetuus, dove però il nome del Dio è in questo caso un cognomen.
Le ipotesi di Carandini (DA WIKIPEDIA)
"Negli ultimi anni l'archeologo Andrea Carandini ha avanzato l'ipotesi che Falacer sia la divinità patrona del Cermalus (un'altura del Palatino), insieme alla Dea Pales.
I FLAMINI |
Esso corrisponderebbe al momento in cui Numitore, re dei Latini, genera Rea Silvia, la madre di Romolo e Remo.
Secondo Carandini, Falacer sarebbe stato semplicemente il corrispettivo maschile della Dea Pales, entrambi in origine patroni della palizzata che avrebbe circondato l'insediamento (pagus) sul Cermalus, per difendere il bestiame e gli abitanti dalle minacce esterne, (cioè le incursioni di lupi e di nemici), rappresentati dal Dio Fauno nel complesso mitico della Roma arcaica".
Questa spiegazione non ci convince appieno visto che il Dio Fauno era il partner della Dea Fauna, e che potesse rappresentare gli Dei delle difese e palizzate resta oscuro, essendo Fauno un figlio della Ptonia Theron, la Signora delle Belve. Men che meno poteva rappresentare i nemici di Roma.
"Il nome di Falacer sarebbe accostabile alla falisca, un tipo di asta bellica, analogamente ad altri casi (Quirinus alla curis e Pilumnus al pilum), e che forse era un suo attributo. Una divinità analoga doveva esistere presso i Sabini, come si desume dal toponimo Falacrinae (presso Cittareale), formatosi dal nome della divinità protettrice in modo simile a Quirinalis.
L'appellativo di pater è comune ad altre divinità patrone di insediamenti specifici, come Quirinus, Semo, Indiges, Reatinus, Soranus, Pyrgensis, Curtis, Erinis (CIL, 9.3808), Turpenus (CIL, 14.2902).
Secondo Carandini, Falacer sarebbe stato semplicemente il corrispettivo maschile della Dea Pales, entrambi in origine patroni della palizzata che avrebbe circondato l'insediamento (pagus) sul Cermalus, per difendere il bestiame e gli abitanti dalle minacce esterne, (cioè le incursioni di lupi e di nemici), rappresentati dal Dio Fauno nel complesso mitico della Roma arcaica".
Questa spiegazione non ci convince appieno visto che il Dio Fauno era il partner della Dea Fauna, e che potesse rappresentare gli Dei delle difese e palizzate resta oscuro, essendo Fauno un figlio della Ptonia Theron, la Signora delle Belve. Men che meno poteva rappresentare i nemici di Roma.
"Il nome di Falacer sarebbe accostabile alla falisca, un tipo di asta bellica, analogamente ad altri casi (Quirinus alla curis e Pilumnus al pilum), e che forse era un suo attributo. Una divinità analoga doveva esistere presso i Sabini, come si desume dal toponimo Falacrinae (presso Cittareale), formatosi dal nome della divinità protettrice in modo simile a Quirinalis.
L'appellativo di pater è comune ad altre divinità patrone di insediamenti specifici, come Quirinus, Semo, Indiges, Reatinus, Soranus, Pyrgensis, Curtis, Erinis (CIL, 9.3808), Turpenus (CIL, 14.2902).
Il dio avrebbe poi perso d'importanza fino a scomparire di fatto, a causa della crescente influenza di Quirino, che culminò nell'assimilazione di Romolo. Carandini suppone che il santuario di Falacer e la residenza del suo flamine dovessero trovarsi sul Cermalus, in corrispondenza della Curia VII, in cima alle Scalae Caci."
A noi sembra molto probabile la derivazione dal termine latino fala (ma anche phala, phalae), nome dato alla torre di legno adoperata negli antichi assedi, sia una delle sette colonne che, piantate sulla "spina" del circo, servivano a contare il numero dei giri dei corridori.
A noi sembra molto probabile la derivazione dal termine latino fala (ma anche phala, phalae), nome dato alla torre di legno adoperata negli antichi assedi, sia una delle sette colonne che, piantate sulla "spina" del circo, servivano a contare il numero dei giri dei corridori.
Da non escludere una derivazione greca tanto è vero che Phalaecus (Faleco), fu un famoso poeta greco che creò l'endecasillabo falecio.
FLAMEN |
Ora che la Fala fosse la torre di difesa ben si ricollega all'idea di Carandini di un Dio preposto alle palizzate e alle difese del pagus, un po' come anticamente esisteva il Dio Termine, colui che presiedeva i confini, definendoli e difendendoli.
Termine era figlio della Dia Diana cioè della Grande Madre che lui delimitava.
La Dea Madre, come Madre Natura, era in effetti atemporale e astorica, eterna nel tempo e nel luogo, mentre il figlio vegetazione, scandendo i ritmi dell'anno le restituiva il tempo e i luoghi delle colture e della proprietà, importantissime non solo tra i contadini ma soprattutto nel pagus che poteva venire attaccato dai nemici umani.
Resta quindi probabile il Dio Falacer con il carattere di delimitatore di tempo e spazio, nonchè difensore dei luoghi dove viveva la stessa tribù o almeno la stessa Gens.
Ne consegue che resta molto probabile la caratteristica di Falacer come Dio dei confini e delle palizzate e delle torri a difesa dei campi e del pagus.
La sua festa doveva pertanto essere legata a quella della Dea italica che in quel luogo era Grande Madre, per cui Flora, o Pomona, o Opi, o Adrar ecc. ecc.