RICOSTRUZIONE DELLO STADIO PALATINO |
Infatti Domiziano, non contento di possedere un palco di lusso sul Circo Massimo, volle anche costruire un proprio stadio ad uso privato ed inaccessibile all'esterno. La sua domus fu l'ultima ad essere costruita, dopo la Domus Flavia e la Domus Augustana, le parti pubblica e privata della reggia. E vi aggiunse uno splendido stadio, molto vasto e sfarzoso, ma non era ad uso pubblico, bensì era riservato alla famiglia imperiale e ai suoi ospiti. Siamo molto lontani dagli imperatori illuminati che lasciarono invece al pubblico per testamento arte dei loro beni (vedi Cesare).
Il suo uso non è ancora chiaro, forse un ippodromo per le corse dei carri, o per le sue cavalcate, sicuramente anche per gli spettacoli, ma anche giardino per le passeggiate dell'imperatore nonchè della sua corte.
Il circo, che sta ad est della Domus Augustana, fu disegnato dall'architetto Rabiro (particolarmente lodato da Marziale per le opere palatine), ed ha una forma rettangolare molto allungata, diritta a nord e curva a sud, ed era in opera laterizia e marmo. Inoltre aveva un muro perimetrale dotato di un porticato articolato su due piani, ed occupava tutta la parte centrale del Palatino dalla fine del I sec. d.c., e per edificarlo si erano sacrificati edifici più antichi, dalla Repubblica a Nerone, .
RICOSTRUZIONE |
LA STORIA
I lavori vennero diretti dall'architetto Rabiro, iniziati poco dopo l'81, quando salì al potere di Domiziano, e terminarono nel 92, verso la fine del suo regno, come confermano i bolli laterizi.
Venne poi risanato, soprattutto nei porticati, nel periodo di Adriano e, per quanto concerne i lavori sull’esedra, sotto Settimio Severo, che vi aggiunse dei pilastri per rinforzare la struttura portante.
Alle due estremità sono poste delle piccole costruzioni semicircolari che potevano essere delle fontane.
Il piccolo recinto ovale che si vede a sud risale infine all'epoca di Teodorico, quando forse venne usato come anfiteatro, non come campo di allenamento di gladiatori, essendo questi già stati aboliti ai tempi di Onorio.
Il complesso venne scoperto e scavato nel XVIII secolo, al quale seguirono presto veri e propri saccheggi che hanno irrimediabilmente compromesso lo stato dell'edificio.
LO STADIO PSALATINO OGGI |
DESCRIZIONE
Lo Stadio fiancheggia totalmente il lato orientale della Domus Augustana, per un totale di circa 88 m, di lunghezza e 30 m di larghezza, con una superficie di 160 x 48 m..
Il livello inferiore del porticato, caratterizzato da una volta a botte con cassettoni, era composto da enormi pilastri, dei quali oggi sono visibili unicamente i basamenti, realizzati con mattoni all'epoca rivestiti di marmo come tutto il complesso.
Il suo livello è notevolmente inferiore alla reggia, il livello coincide con quello del peristilio inferiore, con cui però non comunicava.
Al centro aveva un'ara quadrata rappresentava le 12 maggiori divinità dell'Olimpo.
Era realizzato in mattoni i cui bolli laterizi sono tutti pertinenti alla fine del principato di Domiziano, con alcuni rifacimenti in epoca adrianea (nei portici) e severiana (nell'esedra) rifacimenti dell’età di Adriano e di Settimio Severo, come l'esedra semicircolare e le arcate di rinforzo del portico
Il viale ad anello che lo circondava era sovrastato da archi di laterizio rivestito di marmi, con nicchie, statue, vasi di marmo e piante ovunque. Questi archi, prospicienti il Circo Massimo, avevano la funzione di creare un piano artificiale su cui edificare la nuova ala del palazzo che però è crollata.
Porticato inferiore
Il piano inferiore era formato da 3 stanze aperte verso l'arena e presentava dei dipinti sulle pareti. Le stanze dovevano servire per accogliere tutte le attrezzature necessarie al mantenimento dello stadio, come pure alla sosta dei protagonisti dello spettacolo che dovevano presentarsi nell'arena, e la terza per gli addetti ai lavori dello stadio. Le stanze dovevano avere porte a due battenti con la parte superiore aperta per la luce.
Porticato superiore
Il livello superiore aveva invece un colonnato in marmo, di cui resta solo l’angolo nord-ovest, in parte ricostruito. Con la ristrutturazione severiana, le colonne che prima sorreggevano da sole la volta, ora poggiavano su pilastri di laterizio rivestiti in marmo.
IL PALCO IMPERIALE |
L'esedra
Al centro del lato lungo orientale era situato il grande palco imperiale, un podio a emiciclo, formato da un'esedra semicircolare circondata da un corridoio voltato a due piani con stucchi e con tre ambienti affiancati al livello dell'arena e aperti su questa.
Attorno al palco pertanto girava un corridoio anulare posto su tre livelli, tutti voltati a botte cassettonata e rispettivamente corrispondenti al piano dello stadio, a quello dell’esedra e all’imposta della semicalotta; vari altri ambienti quadrangolari si trovano a ridosso dei corridoi.
La tribuna, posta al livello superiore del portico e leggermente sporgente, è sorretta dai tre ambienti aperti sullo stadio. con sopra tre stanze aperte sull’arena e alte oltre il porticato. Si tratta del palco imperiale, ma anche il luogo dove veniva svolto il rituale del lectisternium cioè il trasferimento sacro dei simulacri divini, portati su lettighe, sulla tribuna, onde gli Dei potessero godere delle competizioni che si svolgevano. La tribuna al centro così ampia, era tipica degli stadi delle grandi "domus" private.
Secondo altri studiosi invece trattavasi di una grande esedra semicircolare, forse coperta da una semicalotta, ma l'edificio è troppo ampio, alto e articolato per una semplice esedra.
L'ANFITEATRO INTERNO |
L’estremita semicircolare dello Stadio
La piccola recinzione ovale nella parte sud dello Stadio, collocabile al periodo di Teodorico, doveva essere utilizzata per le corse a piedi, ma anche come anfiteatro, di certo non per gladiatori, essendo questo spettacolo già stato abolito dai tempi di Onorio.
L'arena
L’area in cui si svolgevano i giochi, nella parte centrale, era percorsa da una “spina” longitudinale, che divideva in due l’arena, e attorno a cui correvano i carri: di questa spina centrale oggi, purtroppo, restano soltanto gli elementi terminali semicircolari.
Il giardino
Lo stadio era solcato da un largo viale ad anello da cui si diramavano vialetti ed aiuole ed era finemente arredato con statue e marmi preziosi; proviene infatti da qui la maggior parte delle statue presenti nel Museo Palatino. Per terra lungo tutto lo stadio si possono vedere colonne di marmo cipollino e di granito, capitelli e frammenti della decorazione marmorea che circondava l'intero stadio.
Sicuramente l’edificio era utilizzato come maneggio e come giardino, il Viridarium del palazzo, o come narra Plinio il Giovane a proposito delle ville romane, dotate di ippodromi privati e di cortili dalle forme simili ai circhi impiegati anche per cavalcare. Plinio soggiunge però che lo spazio verde dell'imperatore veniva da questi usato per il riposo e le passeggiate, e dove si dice che l'imperatore Eliogabalo, in un'estate afosa, abbia fatto trasportare una montagna di neve.
RICOSTRUZIONE DEL FONDO DELLO STADIO |
L'isola è quella delle "Arcate" cominciate da Domiziano e completate da Settimio Severo per le sue terme. Sull'isola delle "Arcate" perché la zona aperta al pubblico è proprio una terrazza sulla struttura, formata da una parte lunga circa una cinquantina di metri e larga una dozzina, ed una di dimensioni minori. Siamo su un'isola perché questo blocco delle "Arcate"è staccato dalle altre sostruzioni, sempre altissime che sono attorno, e che si percorrono nella parte finale per arrivare alla terrazza. E che sono un altro spettacolo a parte, con quello che si vede e che si intuisce del loro interno, mura possenti senza pavimento fra i piani, ambienti.
L'isola della terrazza è esattamente una penisola grazie ad un ponticello in muratura che si appoggia alle "Arcate" e unisce i vari blocchi di sostruzioni (un ponticello che qualcuno voleva sostituire con una passerella metallica, ma che è stato salvato perché ci si è ricordati che non era una aggiunta ottocentesca, ma compariva già in incisioni del Settecento).
Anche questa apertura era attesa da anni. Le "Arcate" furono restaurate negli anni 1997-2000, dovevano essere aperte per il Giubileo, ma non lo furono mai per mancanza di personale (le stesse difficoltà che si sono ripetute oggi).
Dalla parte più piccola della terrazza si può lanciare lo sguardo all'interno dello "Stadio" e si vede parte della arena che è lunga 160 metri e larga 48.
INTERNI DEL LAVACRO SEVERIANO |
Da questa posizione più bassa si ha la migliore vista laterale delle "Arcate" e degli interni, fra le luci e le ombre del tramonto. Le "Arcate" a due piani, pure e semplici, monumentali strutture senza pavimento fra un piano e l'altro per alleggerire il peso.
Il sistema delle sostruzioni sul Palatino non è stato finora precisato nelle dimensioni né studiato nelle caratteristiche e non è stato neppure mai aperto al pubblico. Ma è un sistema di ambienti che anche gli archeologi devono esplorare.
Sotto le "Arcate severiane" - spiega Mariantonietta Tomei responsabile del Palatino-Foro Romano -, "c'è un intrico di stanze da consolidare, in parte da scavare. Un programma di molti anni e molti soldi".
La terrazza collegata all'esedra di Massenzio "non è aperta al pubblico perché la sala che la precede, anche questa molto alta, deve essere messa in sicurezza". Sarà aperta in una seconda fase.
Al di là della terrazza, sulla destra, sono i resti non visibili del palco imperiale che Massenzio si fece costruire per assistere da casa agli spettacoli del Circo Massimo e farsi vedere dal pubblico. Deve essere stato un colpo d'occhio indescrivibile con i 250 mila spettatori che il Circo Massimo poteva contenere.
Così Massenzio sopravanzava Domiziano che si era fatto costruire su un lato lungo, orientale, dello "Stadio" un palco a due piani, semicircolare, dal quale assistere alle gare di atletica, alle moderate corse nello "Stadio" che era riservato alla famiglia imperiale. Sono gli imponenti resti che i visitatori sfiorano nell'itinerario delle "Arcate", con la grande galleria anulare.
Palco e galleria dovevano essere piene di opere d'arte, dipinti e statue, e i cassettoni ricoperti di stucchi, il tutto con abbondanza di marmi preziosi.
Anche lo "Stadio" (o "Ippodromo"), progetto dell'architetto Rabirio che aveva già ricostruito sul Campidoglio il tempio di Giove Capitolino, il massimo tempio di Roma, "doveva essere arredato come una vera galleria d'arte". Era tutto "contornato da portici per l'altezza di almeno due piani, con larghi corridoi interni e con mezze colonne rivestite di marmo verso l'arena".
Le meraviglie non sono ancora finite. Sulla via del ritorno le mille aperture delle mura altissime che chiudono lo "Stadio" si "incendiano" del sole al tramonto.
È vero che Palatino-Foro Romano-Colosseo vengono chiusi un'ora prima del tramonto, ma già allora si manifestano gli effetti del calare del sole. E poi sarebbe bello prevedere la possibilità di rimanere fino al pieno completamento del tramonto, il "Tramonto su Roma dal Palatino".
(GOFFREDO SILVESTRI)