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GRECOSTASI

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I RESTI DELLA GRECOSTASI O DEL TEMPIO DI GIOVE STATORE?

I romani erano un popolo di razionali e precisi, e anche se non lo erano in tanti, apprezzavano comunque quelli che lo erano e sapevano essere efficienti e organizzativi. Si sa che divennero forti e ottimi combattenti proprio per la grande capacità organizzativa e lungimirante. Insomma era un popolo molto avanti rispetto a qualsiasi altro, erano maestri di civiltà.

Pertanto anche gli ambasciatori stranieri a Roma aveva un compito preciso nella loro organizzazione. Dunque gli ambasciatori non venivano accolti come eminenti stranieri in visita e con tutti gli onori, ma venivano posti in una bellissima sala, che col tempo si arricchì di ornamenti e di statue, in attesa di fare le loro richieste e proposte e successivamente in attesa di conoscere la risposta a queste richieste o proposte.

Quindi il luogo doveva essere magnifico per far comprendere la grandezza di Roma, contemporaneamente loro dovevano stare ai tempi e alla volontà dei senatori che discutevano su di loro in senato, cioè in separata sede, si che dei messaggeri portavano domande e risposte da ambedue le parti, ma in modo che gli ambasciatori non partecipassero alla discussione vera e propria. I romani erano precisi, gli ambasciatori dovevano fare anticamera perchè i romani erano superiori. Poi li ospitavano ai banchetti, alle terme e così via, un altro modo per stupirli sulla ricchezza e raffinatezza di Roma, ma sempre discosti da coloro che contavano, cioè il Senatus, il potere di Roma.

LA STAMPA RITRAE LA VECCHIA CHIESA DI SANTA MARIA LIBERATRICE VICINO AL COLONNATO
La Grecostasi, detta anche Grecostadio, era appunto la sala che serviva da ricevimento per gli ambasciatori stranieri, stava accanto al comizio, era molto decorata, specie in era imperiale, ma fu devastata dal fuoco insieme al comizio, come narra Plinio il Giovane. Il comizio era luogo aperto e porticato dove si emettevano le sentenze di giustizia, ma la Grecostasi invece era luogo chiuso e coperto dal tetto. Comunque già Plinio il Vecchio nel suo XXXIII Libro ne parla come un edificio già distrutto da tempo.

Plinio narra anche che prima dell'introduzione del più antico orologio solare, nel 263 a.c., durante la I guerra punica, le ore principali venivano annunciate da un araldo sui gradini della Curia Hostilia, annunciando il passaggio del sole tra i Rostra e la Grecostasi per il mezzogiorno e il passaggio tra la Colonna Menia e il carcere per il tramonto. Ciò ha permesso di collocare i Rostra repubblicani e il carcere Mamertino, la Curia a nord del Comizio, mentre Rostra e Grecostasi erano a sud.

Essendo andato distrutto il comizio in un incendio, Antonino Pio lo fece riedificare in una nuova struttura. (Capitolino in Antonino Pio:  opera eius haec extantes, Grecostadium post incendium restitutum) che accoglieva Grecostasi e Comizi, però più come ornamento del Foro che come edificio di utilità. L'edificio fu chiamato dalle fonti indifferentemente Comizio o Grecostasi, ma più spesso Grecostasi.




ANNALES DI ROMA

"Si ha dallo stesso Capitolino, che l'imperatore Antonino Pio lasciò fabbriche sontuose, tanto in Roma che fuori, altre erette da fondamenti, altre restaurate e tra questi ricorda la Grecostasi. l'Anfiteatro Flavio, il sepolcro di Adriano, il tempio di Agrippa e il Ponte Sublicio."


Secondo Varrone la Gracostasi era un edificio posto a destra della Curia, ove si trattenevano gli ambasciatori stranieri prima di essere tradotti in Sento, ossia nella Curia stessa. Fu poi appellato:" a parte ut multa " giacchè gli ambasciatori che per primi vi si intrattennero erano greci.

I RESTI CONTEMPORANEI
Infatti la parola Grecostasi deriva da "Graecos", greci, e "statos", stazione, e coincide col Graecostadium, nome dato da taluni scrittori alla stessa fabbrica. Avendosi da Plinio che Gneo Flavio eresse presso la Grecostasi, che era allora sopra il Comizio, un tempietto della Concordia nel consolato di Sempronio e di Sulpicio, e a da Tito Livio, come abbiamo esposto nell'anno di Roma 451 sotto lo stesso consolato, specificandosi che il tempietto fu eretto nell'area di Vulcano, si viene a conoscere che già in quell'anno la Grecostasi esisteva, non che più precisamente il luogo dove esisteva.

Ma Plinio esprimendosi - facit aediculam aeream in Gracostasi quae tunc supra comitium erat - fa ritenere che ai tempi suoi si trovasse eretta in altro sito; traslocazione che deve essere avvenuta dopo l'incendio di Nerone, essendo certo che Plinio morì circa quindici anni dopo.

Dal testo di Varrone, che chiama la Grecostasi - locus substructus - e dalla lettera di Cicerone scritta al fratello nel dicembre dell'anno di Roma 696, ove egli racconta che i mercenari di Clodio, stando sui gradini e nella Grecostasi, gridarono contro Q. Sestilio, finchè pervenissero a far sciogliere il senato, apparisce che la Grecostasi era in origine e fino a quel tempo un luogo aperto, sostrutto e forse isolato.

Sapendosi poi che sotto Augusto fu riedificata la Curia, è molto probabile che al luogo ove si trattenevano gli ambasciatori delle nazioni, onde essere in quella introdotti, si desse la forma di una sala corrispondente alla magneficenza di Roma.

Perita dunque nell'incendio neroniano, Nybby tiene per probabile essere stata riedificata da Domiziano, sopra un piano anche più magnifico di quello d'Augusto. Il grande incendio si cui abbiamo parlato l'anno precedente, deve essere stato la causa della riedificazione di Antonino.
Riconosce il Nybby gli avanzi della Grecostasi nelle tre bellissime colonne che esistono ancora vicino la chiesa di Santa Maria Liberatrice, con il loro intavolamento di ordine corinzio.


E ne dà la ragione: perchè questo edifizio sarebbe stato apposto a destra della Curia, come descrive Varrone, e il meridiano di Roma sarebbe con aggiustatezza passato tra la tribuna de' Rostri e la Grecostasi, come dichiara Plinio nel libro VII; perchè la proporzione di quelle colonne, lo stile dei capitelli, e soprattutto quello dell'intavolamento, presentano tal perfezione che l'occhio ne rimane incantato, e ne' particolari dell'esecuzione degli ornati si ravvisa lo stile del primo periodo del II sec. dell'era volgare, che fu il più bello e il più perfetto dell'architettura romana.

Perchè infine le colonne superstiti conservano tracce evidenti d'essere andate soggette ad un incendio, a quello probabilmente ricordato dall'Eccardo, sotto l'anno 283, nell'Impero di Carino e di Numeriano, con asserire che fra gli edifici percossi vi era il Graecostadium,il quale però non soffrì tanto da meritare di essere rifabbricato, infatti non viene citato nei restauri che a cagione di quell'incendio fece eseguire Diocleziano.

Aggiunge il chiarissimo archeologo che per gli scavi del 1829 e seguenti, nonchè altri posteriori, è stato definitivamente riconosciuto far parte le tre colonne di un edificio quadrilungo, che aveva la faccia rivolta verso la Via Sacra e il dorso alla Curia, ma che si estendeva per quasi tutto lo spazio intermedio tra l'una e l'altra.

LE TRE COLONNE RITENUTE DI GIOVE STATORE
Che l'edificio sorgeva sopra una costruzione di circa 25 piedi dal piano antico del foro, che il nucleo di questa sostruzione, rimasto ancora, sebbene smantellato, era costrutto di massi parallelopipedi ben tagliati di tufa lionato e di peperino, che l'esterno era fasciato di marmo del quale rivestimento rimane ancora la parte aderente al suolo antico, e che da questa si conosce, che corrispondente alle tre colonne superstiti veniva il basamento interrotto da una specie di pilastrini alternativamente maggiori e minori.

Vedendosi poi tra questi pilastrini le tracce d'incassi o riquadri, ritiene per probabile, che contenessero le tavole de' Fasti consolari e trionfali, che nel 1547 furono in parte rinvenuti nel fare uno scavo presso questo edificio, i quali tutti furono collocati nel Palazzo de' Conservatori di Roma in campidoglio per cui son detti Capitolini, e disposti, come oggidì si vedono, nella stanza detta De Fasti.

La gran sostruzione suddivisata che rammentar parrebbe il Locus Substructus di Varrone, verso la Via Sacra aveva la scala a tre brancate, una di fronte e due ne' lati, le quali, circa la metà dell'altezza verticale, univansi con quella di mazzo, che andava a raggiungere il piano antico dell'edificio, determinato dalle basi, delle colonne superstiti.

Della gran scalinata non rimane che il masso che la sosteneva, onde può da esso conoscersi la disposizione primitiva. Dall'intercolumnio delle tre colonne e da masso della scala, è chiaro che l'edifizio aveva otto colonne in doppia fila, e tredici di fianco ad una sola linea, e che al fianco meridionale appartenevano quelle che si vedono ancora,

Ora da quanto abbiamo detto di questo edifizio apparisce chiaro l'equivoco incontrato ne' tempi remoti, quando alle tre colonne superstiti si attribuì un avanzo del Tempio di Giove Statore, e nei prossimi di quello di Castore e Polluce. "

(ANNALI DI ROMA - di Luigi Pompili Olivieri - 1843 Roma)

FOTO DEL XIX SECOLO CHE RITRAE LE TRE COLONNE DEL PRESUNTO GRECOSTASI ACCANTO
ALLA CHIESA DI SANTA MARIA LIBERATRICE, DISTRUTTA NEL 1900 PER LASCIARE IL POSTO
ALLA PRECEDENTE STRUTTURA OGGI CONOSCIUTA COME SANTA MARIA ANTIQUA

GRECOSTASI VOLGARMENTE DETTA TEMPIO DI GIOVE STATORE

"Questo superbo avanzo dell'architettura antica non può aver appartenuto nè al tempio di Giove Statore, nè a quello di Castore e Polluce, perchè il primo secondo gli antichi scrittori era più verso il Velabro e il Palatino: il secondo avea la faccia rivolta al Campidoglio ed era a sinis e non come questo a destra della Curia sotto il Palatino. I passi degli antichi scrittori e la pianta di questa fabbrica coerente al frammento della pianta Capitolina in cui si legge GRECOST non lasciano dubbio, per riconoscere nelle tre colonne un avanzo della Grecostasi edificio eretto pel ricevimento degli ambasciadori stranieri fin dal tempo di Pirro i cui ambasciadori essendo stati i primi ad esservi ricevuti ed essendo greci il nome gli fecero dare di GroeCostasis cioè la stazione de Greci.

Questa fabbrica essendo perita fin dal tempo di Plinio il vecchio Antonino Pio sontuosamente riedificata ed occupò con essa non solo il sito della Grecostasi primitiva ma ancora quello del Comizio.

Era il Comizio annesso alla Curia a man destra di chi guardava il Campidoglio e serviva ai Comizi Curiati che si tenevano per la promulgazione de senatusmnsulti e per la elezione di alcuni sacerdoti e particolarmente del Flamine e del Curione Massimo ivi pure qualche volta si amministrava e si eseguiva la giustizia.

I celebri Fastt Capitolini de quali si parlò di sopra furono trovati in questo luogo nel secolo XVIJ e pure altri frammenti se ne sono rinvenuti negli ultimi scavi.  La facciata della Grecostasi siccome ricavasi dalle ultime scoperte era rivolta all'imbocco della via Sacra nel Foro cioè verso il tempio di Antonino e Faustina.

La gradinata cominciava con tre rami che in seguito si riunivano in una scala più larga, otto colonne decoravano la fronte e tredici o quindici i lati dove si univa colla Curia, non è certo se avese colonne.
Tutto l'edificio si ergeva sopra un altissima sostruzione rivestita di marmo con risalti da alcuni stoltamente creduti gli scamilli impari di Vitruvio. Di questo edificio rimangono solo tre colonne col loro cornicione che formavano parte del suo lato esteriore.

Queste sono di ordine corintio di marmo scanalatc della proporzione più giusta e dello stile più sublime cosicchè servono come quelle del Panteon di modello dell ordine corintio e sono gli avanzi migliori di quell'ordine. Il loro diametro è di palmi 6 e la loro altezza è di 65 palmi compresa la base ed il capitello l'intavolamcnto che reggono quantunque grande e maestoso è di un lavoro delicato e finito.

Ora dalla pianta di questa fabbrica si rileva che l'opinione di coloro che ne fanno il tempio di Castore e Polluce o di Giove Statore è falsa imperciocchè il tempio di Castore e Polluce secondo Svetonio servi di vestibolo alla casa di Caligola ma queste tre colonne sono in una situazione incompatîbile a servire di vestibolo al Palatino verso il Campidoglio esso ora a sinistra della Curia, secondo Cicerone per chi guardava il Campidoglio e queste rovine sono esattamente alla destra.

 Più improbabile ancora è il sentimento di quelli che ne fanno il Tempio di Giove Statore poichè quel tempio era sulla falda del Palatino verso il Velabro ed il Foro Boario come si rileva da Livio e da Tacîto e perciò non poteva essere nel Foro. Inoltre il tempio di Giove Statore è posto dai reionarj nella X Regione ed il Foro Romano al quale questo edificio appartiene era nella VIII."

(ITINERARIO ISTRUTTIVO DI ROMA E DELLE SUE VICINANZE di
Mariano Vasi, riveduto da A. Nybby 1792-1839)



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