ATENE GRECA
IL MITO
Si narra che Atena e Poseidone si contendessero il patrocinio della città, per cui alla fine decisero di lasciare democraticamente la scelta al popolo. Ognuno degli Dei avrebbe fatto un dono al popolo e in base a questo gli ateniesi avrebbero scelto il patrono della polis.
Poseidone donò il cavallo da guerra (all'epoca ne era l'unico uso previsto), mentre Atena donò l'ulivo innestato. Si fece allora avanti uno degli anziani più autorevoli e spiegò che il cavallo rappresentava il coraggio e la guerra, mentre l'ulivo la prosperità e la pace. Si procedette alla votazione e i cittadini scelsero Atena.
Quel che pochi sanno è che all'epoca le donne ateniesi avevano diritto di voto e secondo il mito furono loro a decidere per Atena che dette il suo nome alla città. Si narra inoltre che le donne avessero vinto sugli uomini per un solo voto e che questo facesse adirare molto i maschi che accettarono si il verdetto ma tolsero alle donne il diritto di voto, allungarono loro le vesti fino a terra (prima le portavano sopra al ginocchio) obbligandole all'uso del velo.
Poseidone donò il cavallo da guerra (all'epoca ne era l'unico uso previsto), mentre Atena donò l'ulivo innestato. Si fece allora avanti uno degli anziani più autorevoli e spiegò che il cavallo rappresentava il coraggio e la guerra, mentre l'ulivo la prosperità e la pace. Si procedette alla votazione e i cittadini scelsero Atena.
Quel che pochi sanno è che all'epoca le donne ateniesi avevano diritto di voto e secondo il mito furono loro a decidere per Atena che dette il suo nome alla città. Si narra inoltre che le donne avessero vinto sugli uomini per un solo voto e che questo facesse adirare molto i maschi che accettarono si il verdetto ma tolsero alle donne il diritto di voto, allungarono loro le vesti fino a terra (prima le portavano sopra al ginocchio) obbligandole all'uso del velo.
Proibirono loro perfino di portare lo spillone che fermava i capelli, un accessorio che sovente le donne usavano per difendersi dalla prepotenza maschile e per ultimo le relegarono nel gineceo, insomma tolsero loro ogni diritto.
E' chiaro che gli invasori Dori ebbero la meglio sull'Atene democratica relegando le donne al grado di subalterne, fu tuttavia una sopraffazione lenta, in cui gli antichi Dei, e soprattutto l'antica Dea, non vennero cancellati ma relegati a un ruolo minore. All'epoca non riuscì di soppiantare Arena con Nettuno, come non riuscì di soppiantare più tardi Diana efesina col re degli Dei Zeus, nel senso che Zeus era il primo tra gli Dei ma la gente invocava Diana, o, nel caso dell'invasione dorica, si continuò a invocare Atena.
LA STORIA
In Grecia si ebbe un grosso cambiamento verso il 1200 a.c., con l'invasione di popolazioni indoeuropee, i Dori, che posero fine all'egemonia micenea, causando un periodo di decadenza. Decadde la parità dei sessi, la libertà sessuale, e la liberalità dei costumi, pur essendo stati i micenei meno liberali rispetto alla civilissima società minoica.
Verso la fine del IX sec. a.c. il mondo greco subì un nuovo cambiamento, dovuto al contatto con le popolazioni delle isole orientali dell'Egeo e delle coste dell'Asia Minore, isole più ricche e progredite che favorirono molto il commercio. La monarchia perse il proprio potere a favore dell'aristocrazia, che nell'VIII sec. a.c. dominò in tutta l'area egea.
Sorsero così le poleis, città-stato autonome e indipendenti. L'ulteriore cambiamento avvenne tra l'VIII ed il VII sec. a.c., con un fenomeno migratorio dovuto soprattutto all'aumento della popolazione, che interessò sia l'area orientale (Tracia e Mar Nero), sia quella occidentale (Italia meridionale, Francia e Spagna). In Italia dette luogo alla Magna Grecia.
Nel VI sec. a.c. Atene fu contesa tra diverse fazioni capeggiate da Megacle, Licurgo e Pisistrato, che per i suoi disegni si procurò delle ferite fingendosi aggredito dalle fazioni rivali. Il popolo allora gli dette una guardia del corpo di 300 mercenari con cui Pisistrato occupò l'Acropoli. Allora Licurgo e Megacle si allearono cacciandolo in esilio.
Pisistrato si alleò però poi con Megacle e tornò ad Atene, con una fanciulla di altissima statura vestita come Atena che richiese agli Ateniesi di richiamarlo in città. Così scacciò Licurgo e divenne tiranno di Atene. In seguito però fu Megacle a rompere l'alleanza e a scacciarlo da Atene nel 556 a.c. Successivamente però Pisistrato sconfisse gli opliti ateniesi nei pressi del tempio di Atena Pallenide e riprese la città.
Fu comunque un tiranno illuminato, favorendo la la piccola proprietà terriera a discapito dei latifondi, incrementò il commercio, e favorì i ceti meno abbienti con le opere pubbliche, come la costruzione del tempio di Atena nell'acropoli. Alla sua morte si inaugurò una dinastia tirannica che avrebbe segnato il cammino per la svolta democratica.
Infatti nel 510 il tiranno fu cacciato e venne creato il Consiglio dei Cinquecento, (bulè) eletto dal popolo. Nasce la democrazia.
Poi Atene venne attaccata dall'Impero persiano che la assediò. La città chiese inutilmente aiuto a Sparta, ma gli ateniesi e a Maratona sconfissero i persiani. Qualche anno dopo, il re Serse sconfisse i greci alle Termopili e assediò Atene. Gli ateniesi rifugiarono a Salamina ma la città fu distrutta dai persiani. Sotto la guida di Temistocle, gli ateniesi riuscirono comunque a sconfiggere i persiani e a ricostruire Atene.
L'ETA' D'ORO
L'età d'oro di Atene, nel V sec. a.c., è legata al governo di Pericle (461 - 429) esponente dei partiti popolari. Egli fece costruire i monumenti dell'Acropoli, distrutta dai persiani, tra cui il Partenone dedicato ad Atena con un'imponente statua d'oro e avorio, alta 25 m, scolpita da Fidia. Sotto il governo di Pericle,Atene raggiunse il massimo sviluppo democratico, con l'istituzione dell'assemblea cittadina come capo della Lega Delio-Attica, un'alleanza anti-persiana nell'Egeo che si trasformerà in un impero.
La guerra del Peloponneso fu combattuta in Grecia tra il 431 ed il 404 a.c., tra Sparta e Atene con le rispettive coalizioni, Fu Pericle a volere la guerra con Sparta, che prosciugò i bottini delle guerre persiane e segnò il principio della decadenza politica di Atene e della Grecia seppure terminando con la vittoria della Lega del Peloponneso su Sparta.
- Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
- Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
- Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
- Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
- Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
- Qui ad Atene noi facciamo così.
(Pericle - Discorso agli Ateniesi, 461 a.c.)
FILIPPO IL MACEDONE
Nel IV sec. a.c. ad Atene, dopo l'ascesa di Filippo II il Macedone, si crearono due fazioni, una pro e una contro Filippo. A capo di quest'ultima c'era Demostene che temeva per l'autonomia democratica di Atene. Nel 337 a.c. si formò la Lega di Corinto, con a capo Filippo II che imponeva alle altre poleis di non fare più guerre fra loro, e di coalizzarsi contro i persiani.
Assassinato Filippo II nel 336 a.c., gli succedette Alessandro, suo figlio, che regnò come Alessandro III. Tebe si ribellò al Regno di Macedonia ma Alessandro Magno la combattè e la distrusse. Non distrusse invece Atene, anch'essa ribelle, per paura che la spedizione contro i persiani non andasse a buon fine. Si fece consegnare solamente Demostene che poi riportò incolume.
Nel II sec. d.c. venne dotata di edifici pregevoli sia dall’imperatore Adriano che dal sofista Erode Attico, con una fase di fioritura. Diocleziano l’assegnò invece all’impero di Oriente come centro di secondaria importanza e tale rimase anche in età bizantina.
ATENE E ROMA
Durante il periodo delle guerre civili romane Atene parteggiò sempre per i perdenti, prima si schierò con Pompeo, poi con Bruto e Cassio ed infine con Antonio.
Cesare nel 48 a.c., poco prima di Farsalo, devastò l’Attica e Megara e nel 47 a.c., e sicuramente Atene subì la confisca dei beni, per quanto Cesare avesse donato alla città nel 50 a.c. o soldi per la costruzione della nuova Agorà romana.
Antonio invece fu molto amato dagli Ateniesi tanto da essere chiamato Filathenaios (Amico do Atene) e Neos Dioniysos (Nuovo Dioniso), e sua moglie Ottavia (sorella di Augusto) Athena Polias.
Nel 38 a.c. gli venne data la cittadinanza ateniese. e nel 32 a.c., fu onorato di nuovo come Neos Dionysos, ma questa volta con Cleopatra, la Nea Isis (Nuova Iside).
MUSEO DI ATENE |
Antonio invece fu molto amato dagli Ateniesi tanto da essere chiamato Filathenaios (Amico do Atene) e Neos Dioniysos (Nuovo Dioniso), e sua moglie Ottavia (sorella di Augusto) Athena Polias.
Nel 38 a.c. gli venne data la cittadinanza ateniese. e nel 32 a.c., fu onorato di nuovo come Neos Dionysos, ma questa volta con Cleopatra, la Nea Isis (Nuova Iside).
Augusto, nel 31 a.c., dopo la battaglia di Azio, visitò e perdonò Atene di aver sostenuto Antonio.
Invece nel 22-21 a.c., come narra Cassio Dione, al suo secondo viaggio confiscò Egina ed Eretria si che la statua della Parthenos si volse in direzione di Roma sputando sangue.
Visitò nuovamente Atene nel 19 a.c. e la città tentò la riconciliazione, senza purtuttavia provare stima e rispetto per Augusto. Vennero molto amati invece suo genero Agrippa con i figli Caio e Lucio Cesari,..
Dopo Augusto tra tutti i suoi successori fu Adriano, uomo colto e grande estimatore della Grecia, che parlava fluentemente il greco e studiava la filosofia greca a beneficiare largamente la polis, dove inserì il culto di Adriano stesso come Olympios e Panhellenios.
L'ACROPOLI
L'Acropoli di Atene è una rocca, spianata sulla cima, che si eleva di 156 m sul livello del mare dominando la città che si estende ai suoi piedi. Il pianoro è largo 140 m e lungo quasi 280 m. Anticamente prese il nome Cecropia dal leggendario uomo-serpente Cecrope, il primo re ateniese.
Visitò nuovamente Atene nel 19 a.c. e la città tentò la riconciliazione, senza purtuttavia provare stima e rispetto per Augusto. Vennero molto amati invece suo genero Agrippa con i figli Caio e Lucio Cesari,..
Dopo Augusto tra tutti i suoi successori fu Adriano, uomo colto e grande estimatore della Grecia, che parlava fluentemente il greco e studiava la filosofia greca a beneficiare largamente la polis, dove inserì il culto di Adriano stesso come Olympios e Panhellenios.
I RESTI ARCHEOLOGICI
L'ACROPOLI
Cecrope
Cecrope è il mitico re di Atene, figlio di Gea, la Madre Terra, rappresentato con un corpo da uomo con coda di serpente. Nell'antichità, infatti, il serpente era il principale della Madre Terra. Ora la Madre Terra era tanto Gea, quanto Gaia, quanto Meti, e quanto Atena, avendo tutte le Dee il simbolo del serpente.Secondo i diversi miti la fondazione di Atene fu opera di Eretteo, al quale Cecrope sarebbe succeduto; in altre il fondatore sarebbe Erittonio.
Erittonio
Erittonio è anche il nome di uno dei possibili fondatori di Atene, talvolta identificato con Eretteo, oppure considerato suo padre o suo nonno. Egli era, come Cecrope, nato dalla terra.DEMETRA |
Atena fuggì ma il seme di Efesto si disperse sulla terra e nel punto in cui esso cadde, Gea, la madre terra, ne fu fecondata e generò Erittonio, metà uomo e metà serpente.
Atena però allevò quel figlio in segreto, lo chiuse in una cesta e lo consegnò al re dell'Attica Cecrope, il quale, avendo solo tre figlie femmine, lo adottò e ne fece il suo successore.
La leggenda narra anche di come due delle figlie di Re Cecrope, Agraulo e Erse, aprirono di nascosto la scatola che conteneva il neonato, nonostante il divieto di Atena.
Terrorizzate dal fatto che il piccolo fosse per metà umano e per metà serpente, impazzirono e si gettarono dalla rupe che sarebbe diventata l'Acropoli.
In tutte le versioni Cecrope risulta a lui sono attribuiti i primi segni di civiltà, come l'abolizione dei sacrifici cruenti, il principio della monogamia, l'invenzione della scrittura e l'uso di seppellire i morti.
Cecrope sposò Agraulo dalla quale nacquero tre figlie: Aglauro, Erse e Pandroso (in realtà i tre nomi dell'antica Dea Madre trinitaria). L'Acropoli è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO nel 1987.
I resti sono risalenti all'epoca arcaica, quando imponenti costruzioni si elevarono sull'acropoli alla fine del VII sec. a.c., epoca in cui le mura risalenti all'età micenea persero la loro importanza difensiva. Nella prima metà del VI sec. a.c., dopo l'espulsione dei Pisistratidi, l'acropoli cessò di essere una fortezza.
Poi le antiche fortificazioni, i templi, gli edifici e le statue furono distrutti durante l'occupazione persiana del 480 a.c.
Presto gli ateniesi si diedero a ricostruire le opere più importanti. Rifecero le mura e i bastioni sotto il governo di Temistocle e di Cimone. Nell'era di Pericle, per celebrare la vittoria sui Persiani e il primato di Atene ricostruirono l'acropoli, e soprattutto il santuario del Partenone, al cui interno venne collocata la statua colossale di Atena Parthenos di Fidia (purtroppo distrutta), quindi edificarono i Propilei, l'Eretteo e il Tempio di Atena Nike.
IL SITO ARCHEOLOGICO
IL PARTENONE
Nel VI sec., il Partenone venne convertito in una chiesa cristiana dedicata alla Madonna; dopo la conquista turca, fu convertito in moschea. E' una caratteristica delle religioni monoteiste l'intolleranza per gli altrui culti e lo spirito di distruzione dell'antico.
Nel 1687, durante l'assedio di Atene da parte della Repubblica di Venezia, anche essa poco rispettosa delle opere d'arte, il Partenone fu colpito da una cannonata che fece scoppiare la polvere da sparo lì depositata; l'esplosione danneggiò seriamente il Partenone e le sue sculture. Ma anche gli Ateniesi non rispettarono il Partenone facendone un deposito di munizioni.
Nel XIX sec., Lord Elgin rimosse alcune delle lastre rimanenti e le portò in Inghilterra, oggi in mostra al British Museum. Il governo greco ne richiede da molti anni il rientro in patria... che dovremmo richiedere noi italiani al Louvre (vedi Napoleone).
Il nuovo Museo dell'Acropoli, situato ai piedi dell'Acropoli, raccoglie tutti i frammenti del fregio in possesso del governo greco, assieme ad altri in corso di recupero, in uno spazio architettonico ricostruito con le esatte dimensioni e l'orientamento del Partenone.
Eccezionale il lungo fregio ionico posto lungo le pareti esterne della cella, una caratteristica innovativa per lo stile dorico, per giunta scolpito in altorilievo da Fidia e dai suoi collaboratori.
Era lungo 160 m di cui ne sopravvivono 130, circa l'80%, dislocati oggi in vari musei europei.
Il fregio rappresenta la processione rituale che si teneva ogni quattro anni per le feste panatenaiche.
Dall'angolo sud-ovest del fregio si dipartono due processioni che girano attorno alla cella per confluire poi sul lato est (quello dell'ingresso al tempio), al cui centro con la consegna del Peplo ad Atena tra Dei ed eroi.
I FRONTONI
Le stoài di solito circondavano le agorà delle grandi città, e sotto i portici si aprivano edifici pubblici e botteghe, un po' la city dell'epoca.
IL SITO ARCHEOLOGICO
- Partenone
- Antico tempio di Atena Poliàs
- Eretteo
- Statua di Atena Promachos
- Propilei
- Tempio di Atena Nike
- Santuario di Egeo
- Santuario di Artemide Brauronia o Brauroneion
- Calcoteca
- Pandroseion
- Arrephorion
- Altare di Atena Poliàs
- Santuario di Zeus Polieus
- Santuario di Pandion
- Odeo di Erode Attico
- Stoà di Eumene
- Santuario di Asclepio o Asclepieion
- Teatro di Dioniso
- Odeo di Pericle
- Santuario di Dioniso
- Fonte micenea
- Peripatos
- Klepsydra
- Grotte di Apollo Hypoakraios, Pan e Zeus Olimpio
- Santuario di Afrodite ed Eros
- Iscrizione del Peripatos
- Grotta di Aglauro (Aglaureion)
- Via Panatenaica
Il Partenone è un tempio octastilo, periptero di ordine dorico dedicato alla Dea Atena, che sorge sull'Acropoli di Atene e rappresenta senz'altro uno dei più grandi monumenti culturali del mondo.
Esso venne costruito per ordine del generale ateniese Pericle, nel V sec. a.c. La costruzione avvenne sotto la supervisione dello scultore Fidia (episkopos, supervisore), che scolpì la statua della Dea Atena al suo interno, di circa 12 metri fatta in bronzo, oro e avorio. L'edificazione del tempio cominciò nel 447 a.c., e fu completata nel 432 a.c.
Le dimensioni della base del Partenone sono di 69,5 per 30,9 m. Il pronao era lungo 29,8 m e largo 19,2, con colonnati dorico-ionici interni in due anelli che sorreggevano il tetto.
Il santuario sostituì il più antico tempio di Atena Poliàs, distrutto dai Persiani nel 480 a.c., al seguito di Serse. Come la maggior parte dei templi greci, il Partenone fu utilizzato come tesoreria e, per qualche tempo, servì come tesoreria della lega di Delo, che diventò, successivamente, l'Impero ateniese.
Il santuario sostituì il più antico tempio di Atena Poliàs, distrutto dai Persiani nel 480 a.c., al seguito di Serse. Come la maggior parte dei templi greci, il Partenone fu utilizzato come tesoreria e, per qualche tempo, servì come tesoreria della lega di Delo, che diventò, successivamente, l'Impero ateniese.
Nel VI sec., il Partenone venne convertito in una chiesa cristiana dedicata alla Madonna; dopo la conquista turca, fu convertito in moschea. E' una caratteristica delle religioni monoteiste l'intolleranza per gli altrui culti e lo spirito di distruzione dell'antico.
Nel 1687, durante l'assedio di Atene da parte della Repubblica di Venezia, anche essa poco rispettosa delle opere d'arte, il Partenone fu colpito da una cannonata che fece scoppiare la polvere da sparo lì depositata; l'esplosione danneggiò seriamente il Partenone e le sue sculture. Ma anche gli Ateniesi non rispettarono il Partenone facendone un deposito di munizioni.
Nel XIX sec., Lord Elgin rimosse alcune delle lastre rimanenti e le portò in Inghilterra, oggi in mostra al British Museum. Il governo greco ne richiede da molti anni il rientro in patria... che dovremmo richiedere noi italiani al Louvre (vedi Napoleone).
Il nuovo Museo dell'Acropoli, situato ai piedi dell'Acropoli, raccoglie tutti i frammenti del fregio in possesso del governo greco, assieme ad altri in corso di recupero, in uno spazio architettonico ricostruito con le esatte dimensioni e l'orientamento del Partenone.
LE METOPE
Le novantadue metope doriche, realizzate da Fidia e da suoi allievi negli anni 446-440 a.c furono scolpite come altorilievi.
Le metope del lato est del Partenone, sopra l'entrata principale, raffigurano la Gigantomachia (Gli Dei dell'Olimpo contro i Giganti). Sul lato ovest, le metope mostrano l'Amazzonomachia (gli Ateniesi contro le Amazzoni). Le metope del lato sud mostrano la Centauromachia Tessala. Sul lato nord del Partenone, le metope riportano la Guerra di Troia.
IL FREGIO
Le novantadue metope doriche, realizzate da Fidia e da suoi allievi negli anni 446-440 a.c furono scolpite come altorilievi.
Le metope del lato est del Partenone, sopra l'entrata principale, raffigurano la Gigantomachia (Gli Dei dell'Olimpo contro i Giganti). Sul lato ovest, le metope mostrano l'Amazzonomachia (gli Ateniesi contro le Amazzoni). Le metope del lato sud mostrano la Centauromachia Tessala. Sul lato nord del Partenone, le metope riportano la Guerra di Troia.
IL FREGIO
Eccezionale il lungo fregio ionico posto lungo le pareti esterne della cella, una caratteristica innovativa per lo stile dorico, per giunta scolpito in altorilievo da Fidia e dai suoi collaboratori.
Era lungo 160 m di cui ne sopravvivono 130, circa l'80%, dislocati oggi in vari musei europei.
Il fregio rappresenta la processione rituale che si teneva ogni quattro anni per le feste panatenaiche.
Dall'angolo sud-ovest del fregio si dipartono due processioni che girano attorno alla cella per confluire poi sul lato est (quello dell'ingresso al tempio), al cui centro con la consegna del Peplo ad Atena tra Dei ed eroi.
I FRONTONI
Pausania, quando visitò il Partenone, ne descrisse solo i frontoni (438 -432 a.c.). Il frontone orientale racconta della nascita di Atena dalla testa di suo padre Zeus, mentre il frontone occidentale narra la disputa che Atena (con il ramo d'ulivo) ebbe con Poseidone (che dona il cavallo) per il possesso di Atene e dell'Attica, ed è costituito da statue fittili incassate nella cavità. Le statue non sono distaccate ma interagiscono fra di loro, con un continuum di movimenti e soste, di slanci e riposi..
LE STOA'
Le stoai, tipiche dell'architettura greca, erano passaggi coperti o portici per uso pubblico in un edificio di forma rettangolare con uno dei lati lunghi aperto e colonnato, generalmente su una piazza o una via, mentre l'altro era chiuso da un muro. Potevano essere coperte a tetto spiovente, o a terrazze con un piano solo o due piani..Le stoài di solito circondavano le agorà delle grandi città, e sotto i portici si aprivano edifici pubblici e botteghe, un po' la city dell'epoca.
STOA' BASILEIOS
La stoà Basileios o stoà Reale si trova appena a sud della Via Panatenee e risale al 525 a.c..
Essa fu uno dei primi e più importanti edifici pubblici di Atene, era lunga 18 m, ed era composta da otto colonne doriche in tutta la parte anteriore e quattro nel mezzo.
La Stoà reale era la sede dell’Arconte reale (basileus di Archon).
In questa stoà vennero redatte le leggi di Solone e del consiglio dell’Aeropago (incaricato degli affari religiosi e delle pene) che qui si riuniva.
Una statua di Themis (Dea della giustizia) si trova di fronte all’edificio.
Copie delle leggi della città vennero conservate nella Stoà.
La facciata del palazzo era il luogo dove Socrate incontrò Eutifrone ed ebbe la conversazione che Platone ricreò nella sua “Eutifrone”.
Nell'opera Socrate incontra l’interlocutore (appunto Eutifrone) in coda per andare dall’arconte. perchè Meleto gli ha fatto un esposto accusandolo di empietà.
Eutifrone, invece, si trova in coda perché vuole accusare il padre di omicidio: egli ha infatti battuto e imprigionato un servo e, abbandonatolo a se stesso, ha lasciato che morisse di stenti.
Da ciò Socrate trae la seguente conclusione: "Eutifrone deve essere un grande esperto di giustizia se addirittura trascina il suo stesso padre in giudizio".
Naturalmente vi è un'ironia che condanna Eutifrone che ha osato incriminare il proprio padre (figura intoccabile) per un povero schiavo che in fondo conta meno di niente.
Tale era la moralità dell'epoca in un uomo ritenuto a tutt'oggi un grande saggio.
STOA' DI ATTALO
La Stoà di Attalo era un porticato di 116,5 m situato sul lato orientale dell'agorà di Atene, donato dal re di Pergamo Attalo II nel 140 a.c.
Era dotata di due file di colonne, una esterna più fitta e una interna, e di due vani scala che si trovavano sui lati corti dell’edificio, grazie ai quali si poteva accedere alle 21 botteghe del piano superiore. Il fratello di Attalo II,
STOA' REALE |
La Stoà reale era la sede dell’Arconte reale (basileus di Archon).
In questa stoà vennero redatte le leggi di Solone e del consiglio dell’Aeropago (incaricato degli affari religiosi e delle pene) che qui si riuniva.
Una statua di Themis (Dea della giustizia) si trova di fronte all’edificio.
Copie delle leggi della città vennero conservate nella Stoà.
TEMI |
Nell'opera Socrate incontra l’interlocutore (appunto Eutifrone) in coda per andare dall’arconte. perchè Meleto gli ha fatto un esposto accusandolo di empietà.
Eutifrone, invece, si trova in coda perché vuole accusare il padre di omicidio: egli ha infatti battuto e imprigionato un servo e, abbandonatolo a se stesso, ha lasciato che morisse di stenti.
Da ciò Socrate trae la seguente conclusione: "Eutifrone deve essere un grande esperto di giustizia se addirittura trascina il suo stesso padre in giudizio".
Naturalmente vi è un'ironia che condanna Eutifrone che ha osato incriminare il proprio padre (figura intoccabile) per un povero schiavo che in fondo conta meno di niente.
Tale era la moralità dell'epoca in un uomo ritenuto a tutt'oggi un grande saggio.
RICOSTRUZIONE DELLA STOA' DI ATTALO |
STOA' DI ATTALO
La Stoà di Attalo era un porticato di 116,5 m situato sul lato orientale dell'agorà di Atene, donato dal re di Pergamo Attalo II nel 140 a.c.
Era dotata di due file di colonne, una esterna più fitta e una interna, e di due vani scala che si trovavano sui lati corti dell’edificio, grazie ai quali si poteva accedere alle 21 botteghe del piano superiore. Il fratello di Attalo II,
Eumene II, commissionò probabilmente allo stesso architetto la Stoà di Eumene posta sull’Acropoli. La stoà è stata completamente ricostruita dalla Scuola americana di studi classici di Atene, nel 1951. L’edificio, interamente ricostruito, ospita attualmente il Museo dell’agorà.
STOA' DI PECILE
La Stoà Pecile (Portico dipinto), originariamente chiamata «Portico di Peisianatte», fu eretta nella prima metà del V secolo a.c. nell’agorà di Atene.
Questa stoà ha dato il nome a una corrente filosofica, lo stoicismo, fondata da Zenone di Cizio, che era solito esporre e discutere le proprie idee con i suoi discepoli sotto il portico dipinto.
Si estendeva in profondità per 12 metri e 60 centimetri su un podio di tre gradini che diventavano quattro verso ovest, per coprire il dislivello del terreno.
Il portico, edificato un poros, aveva colonne di ordine dorico all’esterno, e di ordine ionico all’interno, con capitelli di marmo. La stoà fu decorata a fresco dal pittore e scultore Micone in collaborazione con Polignoto di Taso. Al tempo di Pausania le pitture presenti nel portico illustravano:
- La battaglia di Oenoe Questa stoà ha dato il nome a una corrente filosofica, lo stoicismo, fondata da Zenone di Cizio, che era solito esporre e discutere le proprie idee con i suoi discepoli sotto il portico dipinto.
Si estendeva in profondità per 12 metri e 60 centimetri su un podio di tre gradini che diventavano quattro verso ovest, per coprire il dislivello del terreno.
Il portico, edificato un poros, aveva colonne di ordine dorico all’esterno, e di ordine ionico all’interno, con capitelli di marmo. La stoà fu decorata a fresco dal pittore e scultore Micone in collaborazione con Polignoto di Taso. Al tempo di Pausania le pitture presenti nel portico illustravano:
- L'Amazzonomachia di Micone
- La presa di Troia di Polignoto
- La battaglia di Maratona di Paneno
Da questa stoà, dov'erano soliti riunirsi alcuni filosofi, trasse il nome la filosofia stoica, creata da Zenone di Cizico.
L’ALTARE DEI DODICI DEI
Da questa stoà, dov'erano soliti riunirsi alcuni filosofi, trasse il nome la filosofia stoica, creata da Zenone di Cizico.
L’ALTARE DEI DODICI DEI
L’Altare dei Dodici Dei è un sito archeologico che si trova nel quartiere di Monastiraki, nel centro di Atene, lungo la linea ferroviaria Pireo-Kifissia.
L’altare fu costruito durante il VI secolo a.c. durante la tirannide dei Pisistratidi, ed è posto nel settore nord-occidentale dell’agorà.
La struttura si compone di uno spazio sacro e recintato con un altare centrale, circondato da un bosco sacro, dove i sacerdoti svolgevano i rituali dovuti alle divinità.
Un’iniziativa cittadina ha evitato nel 2011 che il sito archeologico venisse interrato per scopi non certo edificanti per la cultura.
SANTUARIO DI EGEO
Alle pendici sud-occidentali dell'acropoli di Atene sorgeva un piccolo santuario (di cui rimangono solo scarsissime tracce) dedicato a Egeo.
Come appare in ricostruzione era rettangolare e si appoggiava ai propilei.
L’altare fu costruito durante il VI secolo a.c. durante la tirannide dei Pisistratidi, ed è posto nel settore nord-occidentale dell’agorà.
La struttura si compone di uno spazio sacro e recintato con un altare centrale, circondato da un bosco sacro, dove i sacerdoti svolgevano i rituali dovuti alle divinità.
Un’iniziativa cittadina ha evitato nel 2011 che il sito archeologico venisse interrato per scopi non certo edificanti per la cultura.
SANTUARIO DI EGEO
Alle pendici sud-occidentali dell'acropoli di Atene sorgeva un piccolo santuario (di cui rimangono solo scarsissime tracce) dedicato a Egeo.
Come appare in ricostruzione era rettangolare e si appoggiava ai propilei.
IL METROON
Il Metroon era il nome dato a un edificio dedicato alla Dea Madre ( Cibele ,Rea o Demetra ) nell’antica Atene, a cui venne dedicato all'incirca nel 500 a.c.
Il Metroon era il nome dato a un edificio dedicato alla Dea Madre ( Cibele ,Rea o Demetra ) nell’antica Atene, a cui venne dedicato all'incirca nel 500 a.c.
Venne edificato a causa di una pestilenza che aveva colto Atene per aver gli Ateniesi, si pensò, osato uccidere un sacerdote della Dea che voleva appunto introdurre il suo culto.
Il Metroon nell’Agorà dell’antica Atene veniva usato come camera di riunione del boule (consiglio di cittadini nominato per gestire gli affari quotidiani della città) ovvero il consiglio comunale, ma era al tempo stesso un santuario della Madre degli Dei.
Esso ospitava anche gli archivi ufficiali della città ed aveva quattro camere disposte fianco a fianco, unite da una facciata ornata da quattordici colonne ioniche.
Gli attuali resti sono ben pochi, fatta eccezione per un piccolo tratto di scale, tutto ciò che rimane sono le fondamenta di conglomerato rossastro al di sotto del livello del pavimento del palazzo.
TEMPIO DI ATENA POLIAS
L'antico tempio di Atena Poliàs, risalente probabilmente al 570 a.c. e situato sull'Acropoli di Atene. fu il santuario di Atena Poliàs (o Poliade, della città), la Dea protettrice di Atene.
Alcuni studi hanno cercato di ricostruire l’aspetto dell’acropoli prima del sacco persiano del 480 a.c., riconoscendo due strutture sacre: un antico hekatompedon, di circa 32 m di lunghezza e terminato entro il 566 a.c. , e un antico nàos, datato al 520 ca a.c. e ascrivibile nelle fondazioni Dorpfeld, area posta tra il Partenone e l’Eretteo.
Al primo edificio risalgono alcuni frammenti frontonali, rinvenuti proprio durante gli scavi ottocenteschi nell’area sud-ovest del Partenone. Il frontone del barbablù mostra una figura con la parte superiore umana e la parte inferiore anguiforme.
Distrutto dai persiani nel 480 a.c. venne in seguito sostituito dal Partenone. Si trovava al centro del pianoro dell'Acropoli, probabilmente sui resti di un palazzo miceneo.
Venne portato alla luce dall'archeologo Wilhelm Dörpfeld nel 1885, che scoprì oltre alle sue fondazioni, numerosi elementi architettonici di ordine dorico appartenenti alle sue diverse fasi di costruzione. Fu anche soprannominato ekatónpedon, ovvero «tempio di 100 piedi».
Il tempio misurava 21,3 per 43,15 metri, con un orientamento est-ovest. Era circondato da un colonnato di 6 x 12 colonne. La distanza tra gli assi delle colonne era 4,04 m, ridotta di 0,31 m agli angoli. Il piano su cui poggiava il colonnato era leggermente curvo, la cella era quasi quadrata, e suddivisa in tre navate da due file di tre colonne ciascuna. Il retro del tempio era suddiviso in un ampio spazio rettangolare seguito con una coppia di camere per lato.
Le fondazioni erano composte da diversi materiali mentre le parti rialzate erano in pietra calcarea azzurra dell'Acropoli, mentre le fondazioni del colonnato erano di calcare locale (poros). La sovrastruttura e le parti decorative erano in vari materiali, tra cui poros e marmo pario. L'archeologo Wilhelm Dörpfeld lo ritenne un tempio doppio "in antis" (con le pareti dei lati lunghi della cella, ànte, prolungate in avanti fino a delimitare lateralmente il pronao), risalente a circa il 570 a.c.
Il Metroon nell’Agorà dell’antica Atene veniva usato come camera di riunione del boule (consiglio di cittadini nominato per gestire gli affari quotidiani della città) ovvero il consiglio comunale, ma era al tempo stesso un santuario della Madre degli Dei.
RICOSTRUZIONE METROON |
Gli attuali resti sono ben pochi, fatta eccezione per un piccolo tratto di scale, tutto ciò che rimane sono le fondamenta di conglomerato rossastro al di sotto del livello del pavimento del palazzo.
TEMPIO DI ATENA POLIAS
L'antico tempio di Atena Poliàs, risalente probabilmente al 570 a.c. e situato sull'Acropoli di Atene. fu il santuario di Atena Poliàs (o Poliade, della città), la Dea protettrice di Atene.
Alcuni studi hanno cercato di ricostruire l’aspetto dell’acropoli prima del sacco persiano del 480 a.c., riconoscendo due strutture sacre: un antico hekatompedon, di circa 32 m di lunghezza e terminato entro il 566 a.c. , e un antico nàos, datato al 520 ca a.c. e ascrivibile nelle fondazioni Dorpfeld, area posta tra il Partenone e l’Eretteo.
Al primo edificio risalgono alcuni frammenti frontonali, rinvenuti proprio durante gli scavi ottocenteschi nell’area sud-ovest del Partenone. Il frontone del barbablù mostra una figura con la parte superiore umana e la parte inferiore anguiforme.
CREATURA DAL TRIPLICE CORPO DI UN FRONTONE |
Venne portato alla luce dall'archeologo Wilhelm Dörpfeld nel 1885, che scoprì oltre alle sue fondazioni, numerosi elementi architettonici di ordine dorico appartenenti alle sue diverse fasi di costruzione. Fu anche soprannominato ekatónpedon, ovvero «tempio di 100 piedi».
Il tempio misurava 21,3 per 43,15 metri, con un orientamento est-ovest. Era circondato da un colonnato di 6 x 12 colonne. La distanza tra gli assi delle colonne era 4,04 m, ridotta di 0,31 m agli angoli. Il piano su cui poggiava il colonnato era leggermente curvo, la cella era quasi quadrata, e suddivisa in tre navate da due file di tre colonne ciascuna. Il retro del tempio era suddiviso in un ampio spazio rettangolare seguito con una coppia di camere per lato.
Le fondazioni erano composte da diversi materiali mentre le parti rialzate erano in pietra calcarea azzurra dell'Acropoli, mentre le fondazioni del colonnato erano di calcare locale (poros). La sovrastruttura e le parti decorative erano in vari materiali, tra cui poros e marmo pario. L'archeologo Wilhelm Dörpfeld lo ritenne un tempio doppio "in antis" (con le pareti dei lati lunghi della cella, ànte, prolungate in avanti fino a delimitare lateralmente il pronao), risalente a circa il 570 a.c.
Venne poi esteso con l'aggiunta della peristasi sotto Pisistrato, tra il 529 e il 520 a.c.
In base a ciò la struttura interna più piccola H-Architektur ("architettura ad H") sarebbe la parte più antica dell'edificio, seguita da una struttura tuttora descritta come l'"antico tempio di Atena", che incorpora la H-Architektur così come la peristasi.
Avrebbe avuto: la trabeazione in marmo pario, con una raffigurazione di uccelli in volo, in poros, le metope in marmo pario, i frontoni monumentali in poros raffiguranti leoni che lottano e la figura "dal triplice corpo" sulla destra.
In base a ciò la struttura interna più piccola H-Architektur ("architettura ad H") sarebbe la parte più antica dell'edificio, seguita da una struttura tuttora descritta come l'"antico tempio di Atena", che incorpora la H-Architektur così come la peristasi.
Avrebbe avuto: la trabeazione in marmo pario, con una raffigurazione di uccelli in volo, in poros, le metope in marmo pario, i frontoni monumentali in poros raffiguranti leoni che lottano e la figura "dal triplice corpo" sulla destra.
ERCOLE E TRITONE |
Le sculture dei frontoni raffiguravano una gigantomachia nella parte orientale e una scena di leoni che uccidono un toro ad occidente. Della gigantomachia si sono conservate parti delle figure di Atena, di Zeus e di un nemico cadente.
All’antico nàos, identificato nelle fondazioni Dorpfeld e dedicato ad Atena Poliàs, appartiene il frontone con Gigantomachia, con Atena che si erge solenne e terribile sul gigante atterrito. Stupenda la resa del chitone che si apre seguendo il movimento della Dea. Dall'altro lato c'è Eracle in lotta contro Tritone.
Il tempio, che conteneva l'antico xoanon o statua lignea di Atena, caduta dal cielo, fu distrutto nel sacco persiano del 480 a.c. A partire dal IV sec. a.c. non si parla più del Tempio Antico, sostituito poi dal Partenone, iniziato nel 447 a.c..
ERETTEO
Il culto tributato ad Atena nel grande tempio (prima l'Ekatónpedon, poi il Partenone) sulla sommità dell'Acropoli, questo santuario, dedicato alla Dea Atena Poliade (protettrice della città), era legato a un culto più arcaico della Dea.
Qui si sarebbe infatti svolta la disputa tra Atena e Poseidone: vi si custodivano le impronte del tridente del Dio su una roccia, un pozzo di acqua salata da cui sarebbe uscito il cavallo, dono del Dio, e l'olivo, donato dalla dea Atena alla città. Qui il re Cecrope, metà uomo e metà serpente, avrebbe consacrato il Palladio, la statua della Dea caduta miracolosamente dal cielo. Il santuario ospitava inoltre le tombe di Cecrope, di Eretteo e un luogo di culto dedicato a Pandroso, la figlia di Cecrope amata dal Dio Ermes.
L'Eretteo venne costruito su un tempio del VI sec. a.c. di cui si notano ancora le fondamenta poste tra l'edificio più recente e il Partenone; in epoca romana divenne l'"Eretteo" (Erechtheíon, "colui che scuote"), riferito a Poseidone. Venne edificato in marmo pentelico ad opera dell'architetto Filocle.
Iniziata da Alcibiade nel 421 a.c., fu interrotta durante la Guerra del Peloponneso e ripresa negli anni 409-407 a.c., come attestano i rendiconti finanziari conservati al Museo epigrafico di Atene e al British Museum.
Descrizione
Le statue delle Cariatidi, forse opera dello scultore Alcamene, sono attualmente sostituite da copie, mentre gli originali sono conservati al riparo nel Museo dell'Acropoli, mentre una delle cariatidi si trova al British Museum di Londra.
Iniziata da Alcibiade nel 421 a.c., fu interrotta durante la Guerra del Peloponneso e ripresa negli anni 409-407 a.c., come attestano i rendiconti finanziari conservati al Museo epigrafico di Atene e al British Museum.
Descrizione
Le statue delle Cariatidi, forse opera dello scultore Alcamene, sono attualmente sostituite da copie, mentre gli originali sono conservati al riparo nel Museo dell'Acropoli, mentre una delle cariatidi si trova al British Museum di Londra.
Le colonne sono molto slanciate con una fascia decorativa che sormonta e corre lungo le pareti del corpo centrale con fiori di loto e palmette. Il fregio continua lungo l’esterno della costruzione, in pietra scura di Eleusi, su cui erano applicate figure in marmo bianco. Particolarmente ricche le decorazioni del portico a nord, negli intrecci sulle colonne e nel fregio ornamentale della porta d’ingresso. Il tutto corredato di bronzi dorati, dorature e perle vitree in quattro colori.
Il tempio rettangolare è colonnato davanti e dietro, con sei colonne ioniche sulla fronte a est. L'interno era suddiviso in due celle non comunicanti: quella orientale, più alta, ospitava il Palladio, e quella occidentale più in basso, ospitava i culti di Poseidone e del mitico re Eretteo.
Al corpo centrale si addossano la loggia con le Cariatidi a sud, che custodisce la tomba del re Cecrope, e un portico sporgente a nord, atto a proteggere la polla di acqua salata fatta sgorgare da Poseidone.
Il portico ha quattro colonne in fronte e due di lato; da qui si accede sia alla cella per il culto di Poseidone e di Eretteo, sia ad una zona a cielo aperto dove si trovavano l'ulivo di Atena e la tomba di Pandroso (Pandroseion).
PANDROSEION
Era un santuario dedicato a Pandroso, divenuto in seguito la sua tomba. Ella nel mito era una delle figlie di Cecrops I, il I re dell'Attica, che governava sull'acropoli di Atene presso l'Eretteo e il tempio di Athena Polias. A ovest aveva un portico che conduceva ai Propilei e a nord-est c'era un'entrata al complesso dell'Eretteo.
Al corpo centrale si addossano la loggia con le Cariatidi a sud, che custodisce la tomba del re Cecrope, e un portico sporgente a nord, atto a proteggere la polla di acqua salata fatta sgorgare da Poseidone.
Il portico ha quattro colonne in fronte e due di lato; da qui si accede sia alla cella per il culto di Poseidone e di Eretteo, sia ad una zona a cielo aperto dove si trovavano l'ulivo di Atena e la tomba di Pandroso (Pandroseion).
PANDROSEION
PANDROSEION |
Tutto ciò si ricollegava ad un culto più antico ormai scomparso di cui restava il mito di Pandroso, una delle Dee arcaiche facente parte di una Grande Madre trina riguardante nascita crescita e morte.
La Pandroso era appunto legata alla morte ed ai Sacri Misteri ormai decaduti di cui restava il sacro peplo e i cesti misteriosi dell'Arrephorion. I Sacri Misteri erano appannaggio delle antiche sacerdotesse poi spodestate.
ARREPHORION
L'Arrephorion o Arreforio o Casa delle arrefore era un piccolo edificio situato nella parte settentrionale dell'Acropoli di Atene, a fianco del muro di Pericle, risalente al 470 a.c.
La Pandroso era appunto legata alla morte ed ai Sacri Misteri ormai decaduti di cui restava il sacro peplo e i cesti misteriosi dell'Arrephorion. I Sacri Misteri erano appannaggio delle antiche sacerdotesse poi spodestate.
ARREPHORION
L'Arrephorion o Arreforio o Casa delle arrefore era un piccolo edificio situato nella parte settentrionale dell'Acropoli di Atene, a fianco del muro di Pericle, risalente al 470 a.c.
Qui si trovavano gli alloggi per le arrefore, quattro fanciulle, tra i sette e gli undici anni, scelte ogni anno tra le famiglie più distinte dall'Arconte Re, delle quali due lavoravano per un intero anno per tessere il nuovo peplo per le processioni panatenaiche. insomma doveva essere tessuto da vergini il che spiega la giovane età
Il peplo veniva poi portato in processione alla statua di Atena nel tempio antico, e in seguito alla distruzione di questo nell' Eretteo. Le altre due arrefore recavano invece i misteriosi vasi sacri di Atena.
A pianta quadrata di 12 m per lato, l'Arrephorion aveva un unico vano di 8,50 x 4,50 m, con un portico di 4 m e un cortile con una scala che lo collegava con il tempio di Afrodite attraverso passaggi sotterranei. Le quattro fanciulle, dette arrefore, durante la notte precedente della festa, ricevevano tutte dalla sacerdotessa cofanetti misteriosi che riportavano sull'Acropoli.
Il peplo veniva poi portato in processione alla statua di Atena nel tempio antico, e in seguito alla distruzione di questo nell' Eretteo. Le altre due arrefore recavano invece i misteriosi vasi sacri di Atena.
A pianta quadrata di 12 m per lato, l'Arrephorion aveva un unico vano di 8,50 x 4,50 m, con un portico di 4 m e un cortile con una scala che lo collegava con il tempio di Afrodite attraverso passaggi sotterranei. Le quattro fanciulle, dette arrefore, durante la notte precedente della festa, ricevevano tutte dalla sacerdotessa cofanetti misteriosi che riportavano sull'Acropoli.
Tutto ciò si ricollegava ad un culto più antico ormai scomparso di cui restava il mito di Pandroso, una della Dee arcaiche facente parte di una Dea trina riguardante nascita crescita e morte. la Pandroso era appunto legata alla morte ed ai Sacri Misteri ormai decaduti di cui restava il sacro peplo e i cesti misteriosi.
SANTUARIO DI ZEUS POLIEUS
SANTUARIO DI ZEUS POLIEUS |
Sappiamo del santuario soprattutto da fonti letterarie. Aveva una pianta trapezoidale circoscritta da muri, con due cortili e sembra che la zona orientale del santuario ospitasse i buoi per le annuali Bufònie o sacrificio del bue, all'interno delle Dipòlie, le feste in onore di Zeus Polieus. L'ingresso principale era dotato di un frontone.
Il santuario fu ristrutturato nella seconda metà del V sec. a.c.
SANTUARIO DI PANDION
Trattavasi di un recinto sacro posto al termine della via sacra dell'Acropoli, a sud-est del muro di Cimone (471 a.c.). Era un heroon (luogo sacro dell'eroe) dedicato a Pandione, leggendario re di Atene, e alle feste che si tenevano in suo onore.
Esso venne ricostruito nel 430 a.c., sul santuario preesistente di epoca molto arcaica.
Pandion morì di dolore per le sue figlie, le quali, come racconta Ovidio nelle Metamorfosi, vennero trasformate dagli Dei in uccelli: rondine Filomela, usignuolo Procne che aveva ucciso il figlio Iti avuto da Tereo, e in upupa Tereo che aveva abusato di Filomela.
Resta misteriosa la ragione di questo heroon fato che più che un eroe il re sembra uno sfortunato. Ma i miti non si tramandano come sono sorti.
I recinto rettangolare a cielo aperto, di 40 m x 17,5 m, era diviso in due parti da un muro che ne definiva il santuario a ovest e l'ergastérion o officina a est, utilizzato da artisti e artigiani che lavorano per la manutenzione dei templi e la creazione di nuovi decori o nuove statue religiose..
Esso aveva un ingresso a propileo posto sul lato ovest con una statua dell'eroe ateniese. Le fondazioni della costruzione furono rinvenute durante gli scavi per la costruzione del Museo dell'Acropoli (1865-1874), un edificio costruito nella parte orientale dell'Acropoli, chiuso nel 2007 per ricollocare la sua collezione all'interno della nuova sede ai piedi dell'Acropoli, inaugurata nel 2009.
PERIPATOS
Il Peripato o Peripatos è l'antica via situata ai piedi dell'Acropoli che collegava i vari santuari alle pendici dell'acropoli, compiendo un percorso circolare attorno alla rocca.
Il percorso ora ripristinato, dal versante occidentale gira attorno al versante settentrionale dell'Acropoli fino a nord dell'Odeo di Pericle. Un altro tratto nel versante meridionale collega il Teatro di Dioniso, passando a fianco della Stoà di Eumene, con il punto di partenza.
Sul versante orientale dell'Acropoli lungo la via è situata una iscrizione del IV sec. a.c., indicante il nome del percorso e la sua lunghezza di cinque stadi e diciotto piedi, corrispondenti a circa 1100 metri.
ODEION DI PERICLE
L'odeon fu costruito da Pericle il 442 a.c., simile alla tenda di Serse (Pausania), ed era il più bello del mondo antico; di pianta quadrata, con doppio ordine di colonne che giravano all'intorno e un propilo sul lato orientale. Il suo tetto era stato ricavato dagli alberi delle navi persiane (Vitruvio), ed eseguito a cupola, come testimonia Plutarco.
L'odeon fu costruito da Pericle il 442 a.c., simile alla tenda di Serse (Pausania), ed era il più bello del mondo antico; di pianta quadrata, con doppio ordine di colonne che giravano all'intorno e un propilo sul lato orientale. Il suo tetto era stato ricavato dagli alberi delle navi persiane (Vitruvio), ed eseguito a cupola, come testimonia Plutarco.
Destinato alle gare musicali, alle prove generali dei drammi, al preludio delle Dionisie urbane, divenne piazza d'armi, luogo di assemblea e magazzino. Distrutto da Aristione, generale di Mitridate, nell'86 a.c., per non lasciare a Silla materiale ligneo adatto a ordigni guerreschi, venne ricostruito nel 52 a.c. da due architetti romani, C. e M. Stallio, a cura di Ariobarzane II di Cappadocia, sulla stessa pianta antica.
La Società archeologica greca, nel 1914, 1916, 1931 ne ha identificato la posizione a oriente del teatro di Dioniso, precisato la pianta, e rinvenuto numerosi strati di legno carbonizzato; recentemente ha messo in luce il muro nord-ovest, costituito da un bel filare di blocchi di marmo dell'Imetto su cui restano tracce di pitture, una base iscritta del 175 a.c. col nome dell'arconte Sonikos, e una statua arcaistica di Dioniso o Apollo.STATUA DI ATHENA PROMACHOS
Significa "Atena che combatte in prima linea", (naturalmente a favore degli Ateniesi).
Era una colossale statua di Atena fusa in bronzo da Fidia intorno al 460 a.c., che sorgeva fra i Propilei e il Partenone nell'Acropoli di Atene.
Era una colossale statua di Atena fusa in bronzo da Fidia intorno al 460 a.c., che sorgeva fra i Propilei e il Partenone nell'Acropoli di Atene.
La statua, pagata con il bottino della battaglia di Maratona ed eretta per commemorarne la vittoria, fu collocata in sede nel 456 a.c..
Costituisce una delle prime opere di Fidia, già artista ufficiale di Atene, il quale scolpì altre due figure di Atena nell'Acropoli: l'enorme effigie in oro e avorio ("crisoelefantina") di Atena Parthenos nel Partenone e l'Athena Lemnia.
Costituisce una delle prime opere di Fidia, già artista ufficiale di Atene, il quale scolpì altre due figure di Atena nell'Acropoli: l'enorme effigie in oro e avorio ("crisoelefantina") di Atena Parthenos nel Partenone e l'Athena Lemnia.
Era alta 7 m e 60 cm e si ergeva su di un basamento alto 1 m e 50, ricco di decorazioni marmoree.
Le riproduzioni monetali di epoca romana e la descrizione di Pausania, ce la descrivono armata con una lancia appoggiata alla spalla destra e una piccola figura alata, forse una Nike, nella mano destra.
Imbracciava uno scudo (oppure era appoggiato alla sua sinistra). Pausania riferisce che lo scudo era decorato da una scena di centauromachia eseguita a sbalzo dal toreuta Mys (Toreutica: lavorazione dei metalli a incavo e/o a rilievo, tramite cesello, sbalzo e incisione) su disegno di Parrasio (440 a.c.).
Nel 426 d.c. la statua fu asportata e trasferita dall'imperatore Teodosio II a Costantinopoli, dove sembra rimase fino al 1203, quando fu distrutta dopo l'assedio dei crociati (pare dalla popolazione superstite). La notizia è riferita da Niceta Coniata benché non sia certo si tratti della Promachos.
La notizia è alquanto improbabile perchè la popolazione era abituata da ottocento anni alla statua che era un'istituzione come può essere per un romano il Colosseo. Per giunta per abbattere una tale statua occorrono forze e mezzi. Molto più probabile che sia avvenuto ad opera dei crociati che del resto saccheggiarono la città, invasati da un furore cattolico e iconoclasta.
ATHENA PARTHENOS
ATHENA PARTHENOS
La statua crisoelefantina (oro e avorio) di Atena Parthenos (vergine) fu scolpita da Fidia nel 438 a.c., nel secolo in cui l'arte ellenica raggiunse il culmine della sua bellezza.
Essa venne collocata nella parte anteriore del Partenone, il tempio dell'Acropoli di Atene.
Pausania, nel primo libro della sua Periegesis la descrive alta ben 12 m, realizzata in legno coperto di avorio e oro (del metallo prezioso ne erano occorsi ben 1000 kg.
Dalle piccole copie sopravvissute emerge l'aspetto della statua che teneva nel palmo della mano destra la Nike, la Dea delle vittorie.
ATHENA LEMNIA
L'Atena Lemnia (cioè di Lemno, un'isola greca) era una delle tre statue nell'Acropoli realizzata da Fidia nel V sec. a.c..
PROPILEI
I Propilei (traduz.:posti davanti alla porta) sono l'ingresso monumentale dell'Acropoli di Atene. Il più antico esempio di propileo monumentale era l'ingresso al temenos del santuario di Afaia ad Egina, una struttura bifronte in antis, con due colonne doriche ciascuna.
La costruzione più antica come del resto quella più recente, adempivano alla necessità di addolcire la forte pendenza della via di accesso, tramite scale monumentali.
Essa venne collocata nella parte anteriore del Partenone, il tempio dell'Acropoli di Atene.
Pausania, nel primo libro della sua Periegesis la descrive alta ben 12 m, realizzata in legno coperto di avorio e oro (del metallo prezioso ne erano occorsi ben 1000 kg.
Dalle piccole copie sopravvissute emerge l'aspetto della statua che teneva nel palmo della mano destra la Nike, la Dea delle vittorie.
Per ragioni di stabilità la mano della statua si poggia su una colonna ionica.
Con la sinistra invece reggeva una lancia poggiando l'avambraccio su uno scudo, ornato all'esterno da scene di amazzonomachia e all'interno da una gigantomachia.
Lo scudo aveva un diametro di quattro m, e celava il serpente Erittonio, figlio di Efesto e Gea ma allevato da Atena. Sui sandali erano incise scene di centauromachia.
La Dea, in piedi e col ginocchio sinistro leggermente piegato, come usava nello stile dell'epoca, indossava un peplo, con un pettorale ornato al centro dalla testa della Gorgone.
Calzava inoltre un elmo crestato con tre teste di cavallo, una sfinge, e dei grifi alati. Sia il serpente che la sfinge e i grifi alati erano simboli della Dea della Natura, cioè della Madre Terra, che a sua volta era un aspetto della Grande Dea che anticamente Athena rappresentava.
Calzava inoltre un elmo crestato con tre teste di cavallo, una sfinge, e dei grifi alati. Sia il serpente che la sfinge e i grifi alati erano simboli della Dea della Natura, cioè della Madre Terra, che a sua volta era un aspetto della Grande Dea che anticamente Athena rappresentava.
ATHENA LEMNIA
L'Atena Lemnia (cioè di Lemno, un'isola greca) era una delle tre statue nell'Acropoli realizzata da Fidia nel V sec. a.c..
L'originale bronzeo di Fidia, eseguito tra il 451 e il 448 a.c. per gli Ateniesi che erano andati ad abitare come coloni l'isola di Lemno, è noto soltanto da pochissime copie in marmo di età romana.
Tra le migliori la testa rinvenuta nei pressi del Rione Terra a Pozzuoli e la Testa Palagi a Bologna, quest’ultima ritenuta dagli studiosi la più fedele all'originale.
La divinità appare in una posa insolita, col capo leggermente chinato in atteggiamento assorto e quietamente riflessivo.
Non ha armi e non indossa armatura, l'unico attributo che la riconosce è una testa di Gorgone su su una pelle d'animale.
La divinità appare in una posa insolita, col capo leggermente chinato in atteggiamento assorto e quietamente riflessivo.
Non ha armi e non indossa armatura, l'unico attributo che la riconosce è una testa di Gorgone su su una pelle d'animale.
Il suo volto dall'ovale perfetto, il naso greco e le labbra piene ha lo sguardo assorto, ma di certo rende assai meno senza gli occhi di pasta vitrea che aveva originariamente e che non si sa perchè non le abbiano rimessi ricostituiti come all'epoca.
Purtroppo molta gente ancora pensa che l'archeologia debba essere di un'elite, chi la capisce la capisce e chi non la capisce resti fuori.
Nei tempi più civili, come nell'antica Grecia e l'antica Roma, e pure nel Rinascimento, l'arte era appannaggio di tutti, e tutti andavano a vedere una nuova opera d'arte godendola e commentandola.
Pur distinguendo chiaramente tra l'antico e il ricostruito, i monumenti andrebbero ricostruiti con materiali diversi che permettano di capire ciò che è autentico da ciò che non lo è.
Questo permetterebbe, specie in Italia e soprattutto a Roma, di avere un'idea della grandezza dei monumenti romani, un'acquisizione che darebbe cultura e tanto turismo.
La Dea è di rara bellezza, ma severa e pensosa, come sanno esserlo coloro che hanno superato gli affanni personali e possono guardare il mondo senza veli.
Purtroppo molta gente ancora pensa che l'archeologia debba essere di un'elite, chi la capisce la capisce e chi non la capisce resti fuori.
Nei tempi più civili, come nell'antica Grecia e l'antica Roma, e pure nel Rinascimento, l'arte era appannaggio di tutti, e tutti andavano a vedere una nuova opera d'arte godendola e commentandola.
Pur distinguendo chiaramente tra l'antico e il ricostruito, i monumenti andrebbero ricostruiti con materiali diversi che permettano di capire ciò che è autentico da ciò che non lo è.
Questo permetterebbe, specie in Italia e soprattutto a Roma, di avere un'idea della grandezza dei monumenti romani, un'acquisizione che darebbe cultura e tanto turismo.
La Dea è di rara bellezza, ma severa e pensosa, come sanno esserlo coloro che hanno superato gli affanni personali e possono guardare il mondo senza veli.
E' di rara e solenne bellezza, celebrata da numerosi scrittori antichi tra cui Luciano di Samosata, che la definiva l'«opera» per antonomasia di Fidia, e Pausania, che precisava:
«la più notevole delle opere di Fidia è la statua di Atena detta Lemnia, dal nome dei suoi donatori».
«la più notevole delle opere di Fidia è la statua di Atena detta Lemnia, dal nome dei suoi donatori».
Non ha nulla della beata felicità degli immorali, ma non ha nemmeno nulla dell'affanno dei mortali, è divinamente consapevole del peso che ha la sua essenza sulle creature umane, come dell'infelicità dei mortali che la supplicano ogni giorno.
Lei è la giustizia divina che soccorre e punisce, ma senza odio nè vendetta, lei è lo sguardo degli immortali sul mare inquieto delle passioni umane.
Lei è la giustizia divina che soccorre e punisce, ma senza odio nè vendetta, lei è lo sguardo degli immortali sul mare inquieto delle passioni umane.
PROPILEI
I Propilei (traduz.:posti davanti alla porta) sono l'ingresso monumentale dell'Acropoli di Atene. Il più antico esempio di propileo monumentale era l'ingresso al temenos del santuario di Afaia ad Egina, una struttura bifronte in antis, con due colonne doriche ciascuna.
La costruzione più antica come del resto quella più recente, adempivano alla necessità di addolcire la forte pendenza della via di accesso, tramite scale monumentali.
Resti di un precedente ingresso monumentale, evidenziati dagli scavi sono stati datati intorno al 570 a.c. per cui i lavori iniziati nel 437 a.c. furono una ricostruzione di quelli più antichi, ma non furono completati a causa della guerra del Peloponneso, nè dopo nè mai.
Il monumento, di marmo pentelico bianco e pietra grigia di Eleusi, fece parte dei grandi lavori di rifacimento dell'Acropoli promossi da Pericle. Esso consiste di un corpo centrale con due ali laterali, una verso nord (detta Pinacoteca) e un portico verso sud.
La facciata del corpo centrale è ornata di sei colonne di stile dorico come tutta la struttura esterna, mentre all'interno predomina lo stile ionico. Dei quattro ambienti che dovevano occupare le due ali venne realizzato solo quello di nord-ovest, la Pinacoteca, dove erano raccolti quadri di soggetto mitologico.
TEMPIO DI ATHENA NIKE
Il tempio di Atena Nike o tempio della Nike Aptera è collocato sul lato ovest dell'acropoli, vicino ai Propilei, presso l'orlo delle rocce a strapiombo sulla valle.
Il monumento, di marmo pentelico bianco e pietra grigia di Eleusi, fece parte dei grandi lavori di rifacimento dell'Acropoli promossi da Pericle. Esso consiste di un corpo centrale con due ali laterali, una verso nord (detta Pinacoteca) e un portico verso sud.
La facciata del corpo centrale è ornata di sei colonne di stile dorico come tutta la struttura esterna, mentre all'interno predomina lo stile ionico. Dei quattro ambienti che dovevano occupare le due ali venne realizzato solo quello di nord-ovest, la Pinacoteca, dove erano raccolti quadri di soggetto mitologico.
TEMPIO DI ATHENA NIKE
Il tempio di Atena Nike o tempio della Nike Aptera è collocato sul lato ovest dell'acropoli, vicino ai Propilei, presso l'orlo delle rocce a strapiombo sulla valle.
Costruito circa nel 425 a.c. in stile ionico, è un tempietto con quattro colonne libere sulla fronte e sul retro, ornato con fregi a bassorilievo che narrano una battaglia fra greci e una fra greci e persiani.
Intorno al 410 a.c. fu circondato da una balaustra scolpita con Nike ritratta in varie attività (in una si riallaccia un sandalo) anche per evitare che i visitatori del tempio cadessero nel precipizio
La statua di culto, come descritta da Pausania, era di legno, senza ali, e portava in mano una melagrana. Si dice fosse senza ali perchè la Dea non doveva mai più lasciare la città.
Sul sito del tempio attuale scavi archeologici hanno individuato nell'area una fossa per offerte di un tempio più antico distrutto dai Persiani nel 480 a.c.
Sotto la dominazione turca il tempio fu smantellato e le pietre riutilizzate nel 1687 per costruire un bastione difensivo che rimase sul sito dell'antico tempio fino all'indipendenza della Grecia.
Nel 1831 fu decisa la ricostruzione del sacello; il tempio è stato smontato ancora due volte per permettere il restauro delle pietre e l'integrazione di altri pezzi ritrovati in successivi scavi.
SANTUARIO DI ARTEMIDE BRAURONIA
Il santuario di Artemide Brauronia o Brauroneion sorgeva nell'Acropoli di Atene, nell'angolo sud-occidentale del pianoro dell'Acropoli, tra la Calcoteca e i Propilei. Fu dedicato durante il regno di Pisistrato ad Artemide Brauronia, protettrice delle donne incinte, aveva il suo santuario principale a Braurone, sulla costa orientale dell'Attica.
Sul sito del tempio attuale scavi archeologici hanno individuato nell'area una fossa per offerte di un tempio più antico distrutto dai Persiani nel 480 a.c.
Sotto la dominazione turca il tempio fu smantellato e le pietre riutilizzate nel 1687 per costruire un bastione difensivo che rimase sul sito dell'antico tempio fino all'indipendenza della Grecia.
Nel 1831 fu decisa la ricostruzione del sacello; il tempio è stato smontato ancora due volte per permettere il restauro delle pietre e l'integrazione di altri pezzi ritrovati in successivi scavi.
SANTUARIO DI ARTEMIDE BRAURONIA
Il santuario di Artemide Brauronia o Brauroneion sorgeva nell'Acropoli di Atene, nell'angolo sud-occidentale del pianoro dell'Acropoli, tra la Calcoteca e i Propilei. Fu dedicato durante il regno di Pisistrato ad Artemide Brauronia, protettrice delle donne incinte, aveva il suo santuario principale a Braurone, sulla costa orientale dell'Attica.
Dal Brauroneion ateniese ogni quattro anni partiva una processione durante la festività detta Arkteia che percorreva i 24,5 km di distanza col santuario principale.
Il santuario, collocato davanti alla parete sud dell'Acropoli, era stranamente trapezoidale ed era costituito solo da un portico (stoà) di m 38 per 6,8.
Al suo recinto sacro si accedeva mediante sette gradini scavati nella roccia. Agli angoli aveva due avancorpi, di 9,3 m di ciascuno.
A nord dell'ala orientale c'era un'altra corta stoà rivolta a occidente. Tutta la parte occidentale del santuario, oggi perduto, sorgeva sui resti del muro di fortificazione miceneo. Ne restano solo il paramento orientale, fondazioni di pareti scavate nella roccia, e scarsi elementi architettonici in calcare.Una delle ali conteneva la statua di culto in legno (xoanon) della Dea. Le donne le offrivano preziosi capi di abbigliamento, che venivano drappeggiati attorno alla statua. Il santuario risale al 430 a.c., ma nel 346 a.c. venne eretta una seconda statua di culto, opera di Prassitele.
ASCLEPEION
Il santuario di Asclepio o Asclepieion era un tempio costruito intorno al 420 a.c. sulle pendici meridionali dell'Acropoli di Atene, sotto il Partenone, dietro alla Stoà di Eumene e al teatro di Dioniso.
Esso era dedicato ad Asclepio, Dio della medicina, portato ad Atene da Epidauro dopo il 420 a.c., ed attrezzato per la guarigione dei malati a livello medico, insomma una specie di ospedale.
Sia la stoà che il tempio dell'Asclepeion vennero inglobati in una basilica paleocristiana. Il santuario possedeva un recinto quadrato, un tempio e una stoà dorica di 50 metri di lunghezza a doppia galleria separata da una fila di colonne, edificati nel IV sec. a.c..
Esso era dedicato ad Asclepio, Dio della medicina, portato ad Atene da Epidauro dopo il 420 a.c., ed attrezzato per la guarigione dei malati a livello medico, insomma una specie di ospedale.
Sia la stoà che il tempio dell'Asclepeion vennero inglobati in una basilica paleocristiana. Il santuario possedeva un recinto quadrato, un tempio e una stoà dorica di 50 metri di lunghezza a doppia galleria separata da una fila di colonne, edificati nel IV sec. a.c..
Nel portico si affaccia una grotta (attualmente riadattata a cappella cristiana) dotata di una sorgente ritenuta curativa e miracolosa come lo era quando vi si venerava Asclepio. Cambiano i musicanti ma non la musica.
Situato presso l'acropoli di Atene, è il teatro storico utilizzato dai più importanti autori di teatro greci: Eschilo, Sofocle. Euripide, Aristofane e Menandro, che mettevano in scena le opere, come al tempo usava, per le festività dedicate a Dioniso. Venne costruito agli inizi del V sec. a.c. accanto al santuario di Dioniso e l'Odeo di Pericle.
Generalmente le rappresentazioni teatrali si svolgevano nell'agorà, ma tra la fine del VI e l'inizio del V secolo a.c., vi fu un grave crollo dei palchi per cui vennero spostate presso il santuario di Dioniso, dove, verso l'inizio del V sec. a.c. venne costruito il teatro di Dioniso che conteneva fino a 15.000 spettatori.
RICOSTRUZIONE |
Dall'altra parte salivano le gradinate per il pubblico a semicerchio, formate da sedili in legno che seguivano la pendenza del terreno, con una visuale dall'alto. Ai margini dell'orchestra c'era poi il theologeion, una pedana rialzata, usata per l'apparizione degli Dei.
Verso la fine del V sec. ed il 330 a.v., il teatro aggiunse il palcoscenico, rialzato rispetto all'orchestra di alcuni gradini. Il palcoscenico serviva agli attori, mentre l'orchestra, più in basso, era riservata al coro. I gradini di legno vennero sostituiti con gradinate di pietra e il posto centrale della prima gradinata, un sedile di marmo riccamente decorato, venne riservato al sacerdote di Dioniso.
Il teatro di Dioniso venne utilizzato anche in epoca romana, infatti la maggior parte delle rovine oggi visibili sono di epoca imperiale, ma col cristianesimo e la proibizione dei teatri cadde in disuso e finì quasi totalmente distrutto. Venne riportato alla luce grazie agli scavi dell'archeologo Wilhelm Dörpfeld, condotti tra il 1882 ed il 1895.
SANTUARIO DI DIONISO
Il santuario di Dioniso Eleutereo, o Temenos di Dioniso, era un santuario sulle pendici meridionali dell'Acropoli. edificato nella II metà del VI sec. a.c., presso il teatro di Dioniso, nato in origine per funzioni di culto.
Il santuario era cintato con un muro poligonale, che avvolgeva l'area posteriore alla scena del teatro e aveva per ingresso un piccolo edificio a colonne sul lato orientale. Il tempietto principale aveva solo quattro colonne in facciata. Il secondo tempietto dorico, era più piccolo. Poi c'era una lunga stoà appoggiata al teatro di Dioniso.
Il santuario venne edificato verso la metà del VI sec. a.c., quando il culto di Dioniso venne introdotto ad Atene insieme alla sua statua lignea (xoanon) da Eleutere e collocata in un tempietto costruito sul temenos (terreno sacro).
Al tempietto se ne aggiunse un secondo nel IV sec. a.c., anch'esso votato a Dioniso con una grande stoà alla quale in seguito si appoggiò al teatro.
In uno spiazzo circolare vicino al tempio si cominciò, durante la festa in onore del Dio, a eseguire la danza rituale ditirambica in circolo con uomini mascherati da caproni, mentre la folla guardava dalle pendici della collina. Gli officianti danzavano intorno a un altare.
ACROPOLI ROMANA
All’età cesariana risale la prima fondazione dell’Agorà romana che si affianca a quella greca, già musealizzata e monumentalizzata a partire dall’età ellenistica. Intorno alla metà del I sec. a.c., con la decadenza del porto di Delos l’Agorà di Atene diventa il nuovo centro di scambi commerciali.
Al contrario dei barbari che distruggevano tutto ciò che potevano, i Romani non solo rispettarono ma nemmeno andarono ad alterare l’aspetto dell’acropoli per il semplice motivo che i romani apprezzavano la bellezza e l'arte ovunque si trovasse. Anzi in genere restauravano ciò che era in disfacimento e ricostruivano ciò che era diroccato.
AGORA' |
Il mercato fu completato tra il 19 e l'11 a.c. con le donazioni dei Augusto. Durante il regno di Adriano il cortile fu pavimentato con le pietre locali.
AGORA' ROMANA
L'agorà romana fu edificata dapprima come appendice dell'agorà greca, per quel particolare rispetto che i romani avevano nei confronti dei greci, ma in seguito, ampliandosi Atene per le ricchezze acquisite e i nuovi scambi commerciali, anche l'agorà si ampliò fino quasi ad inglobare quella greca.
TORRE DE' VENTI |
TORRE DE' VENTI
Questa torre ottagonale dentro l'Agora romana, si chiama "Torre dei Venti" La torre, dopo gli 8 rilievi rappresentanti un vento, simboleggiando una figura maschile con il suo nome inciso sulle pietra.
C'erano meridiane sulle pareti esterne e un orologio ad acqua elaborato al suo interno. La torre fu costruita nella prima metà del 1 ° secolo a.c. dall'astronomo Andronicos. XVIII sec. venne collegato a un Tekke, un monastero dei Dervisci.
C'erano meridiane sulle pareti esterne e un orologio ad acqua elaborato al suo interno. La torre fu costruita nella prima metà del 1 ° secolo a.c. dall'astronomo Andronicos. XVIII sec. venne collegato a un Tekke, un monastero dei Dervisci.
TEMPIO DI AUGUSTO |
TEMPIO DI AUGUSTO
L’unica presenza riconoscibile rimasta è il piccolo tempio circolare dedicato a Roma ed Augusto. Il tempio non è ricordato dalle fonti, neanche da Pausania, che forse lo ritiene poco significativo, ma tracce della sua presenza sono ben evidenti grazie ad una serie di rinvenimenti di elementi architettonici in più punti dell’acropoli.
Doveva sorgere presso l’Eretteo, centro del culto di Athena Polias (Fondatrice) insieme alla Dea Roma. La fondazione del tempio si colloca nel 19 a.c. con la ritrovata ritrovata amicizia tra Augusto e Atene.
Il tempio si trova presso il fronte orientale del Partenone. Il tempio sull'acropoli era circolare con colonne ioniche con una gigantesca iscrizione su marmo che l'attraversa su cui si legge Sebastos, la parola greca che traduce il termine Augusto.
AUGLAREION
Era un piccolo santuario dedicato alla figlia di Cecrope, mitico primo re dell'Attica. La sua posizione precisa è discussa.
Fino agli anni ottanta del Novecento la maggior parte degli studiosi riteneva fosse collocato lungo il versante settentrionale dell'acropoli, accanto all'antica fonte micenea, ma il ritrovamento nel 1980 di un'antica stele nel versante orientale ha spostato la possibile collocazione del tempio.
Tale stele era dedicata dagli ateniesi a una sacerdotessa di Aglauro e presenta iscrizioni che risalgono al III secolo a.c.; le iscrizioni precisano che la stele doveva essere eretta "nel santuario di Aglauro". Dal momento che la stele è stata rinvenuta intatta e ancora attaccata alla sua base, l'Aglaureion doveva trovarsi sul versante orientale
ODEION DI ERODE ATTICO
Fino alle II secolo d.c. non ci furono più interventi edilizi in questa zona; nel 161 d.c. si inaugura l’Odeion di Erode Attico che trova posto in prossimità del teatro ai piedi della collina dell’Acropoli.
Trattasi di un anfiteatro in pietra situato nelle vicinanze dell'Acropoli. Il teatro risale al II secolo d.c., ma gode di un ottimo stato di conservazione. Grazie alla restaurazione avvenuta negli anni 50 è oggi nuovamente attivo. Dall'Acropoli è possibile avere una panoramica del teatro, visitabile però solo in occasione di manifestazioni.
L’Herodion, come è denominato oggi, fu costruito da Erode Tiberio Claudio l’Attico, un illustre personaggio, maestro e filosofo sofista, che aveva ereditato un grande patrimonio dal padre. Dopo la morte della moglie Aspasia Annia Regilla (che qualcuno suppone avesse assassinato), Erode Attico decise di costruire in sua memoria un odeion coperto per rappresentazioni musicali. Non fu l'unico monumento che fece in onore della moglie. ma qualcuno suppone lo facesse per stornare i gravi sospetti che pesavano su di lui.
L'Odeion, edificato sulla pendice meridionale dell'Acropoli, ha la cavea a forma di profondo imbuto in opus calmenticium ricoperto originariamente di marmo, con tracce di portico superiore; secondo Filostrato era coperto di legno di cedro, ma non interamente, poichè esistono due rose nel pavimento dell'orchestra per lo scolo delle acque. La scena era formata da un'alta parete di due e forse tre piani, con un palco di m. 1, 10 d'altezza accessibile per tre scalette. ODEION |
ODEION DI ERODE ATTICO
Fino alle II secolo d.c. non ci furono più interventi edilizi in questa zona; nel 161 d.c. si inaugura l’Odeion di Erode Attico che trova posto in prossimità del teatro ai piedi della collina dell’Acropoli.
Trattasi di un anfiteatro in pietra situato nelle vicinanze dell'Acropoli. Il teatro risale al II secolo d.c., ma gode di un ottimo stato di conservazione. Grazie alla restaurazione avvenuta negli anni 50 è oggi nuovamente attivo. Dall'Acropoli è possibile avere una panoramica del teatro, visitabile però solo in occasione di manifestazioni.
L’Herodion, come è denominato oggi, fu costruito da Erode Tiberio Claudio l’Attico, un illustre personaggio, maestro e filosofo sofista, che aveva ereditato un grande patrimonio dal padre. Dopo la morte della moglie Aspasia Annia Regilla (che qualcuno suppone avesse assassinato), Erode Attico decise di costruire in sua memoria un odeion coperto per rappresentazioni musicali. Non fu l'unico monumento che fece in onore della moglie. ma qualcuno suppone lo facesse per stornare i gravi sospetti che pesavano su di lui.
Il teatro fu distrutto nel 267, a causa all'invasione degli Eruli, e ricostruito successivamente nel tempo. Scavato nel 1857 dalla Società archeologica greca, è in ottimo stato di conservazione.
PORTICO DI EUMENE
Sempre sulla via Areopaghìtou, dopo il teatro di Dionisio, c'è un lungo porticato che collega quest'ultimo al teatro di Erode Attico, si tratta della Stoà di Eumene, costruita nel II sec. a.c. da Eumene II, re di Pergamo, edificata per proteggere gli spettatori dal maltempo e dal sole.
Sempre sulla via Areopaghìtou, dopo il teatro di Dionisio, c'è un lungo porticato che collega quest'ultimo al teatro di Erode Attico, si tratta della Stoà di Eumene, costruita nel II sec. a.c. da Eumene II, re di Pergamo, edificata per proteggere gli spettatori dal maltempo e dal sole.
Venne realizzato insieme al teatro.
Il portico fu detto di Eumene, per un’errata interpretazione di Vitruvio (V, 9, 1) per cui per molto tempo l’edificio fu attribuito ad Eumene II di Pergamo e posto in età ellenistica, ma la tecnica, i materiali e le volte ed archi lo pongono in piena età romana.
Nel corso del II a.c., quando Roma già si stava affacciando sul suolo greco, l’agorà costituiva il cuore pulsante di tutte le attività politiche e commerciali e gli Attalidi, regnanti a Pergamo, intervennero trasformandola in una vera piazza di tipo ellenistico, cioè un’area aperta circondata da portici, con la costruzione di tre stoai (portici).
ODEION DI AGRIPPA
L’opera più imponente di età romana è l’Odeion di Agrippa, che fu individuato durante degli scavi tra il 1934 ed il 1936 ed ulteriormente indagato tra il 1938 ed il 1940.
Fu da subito associato, per la sua localizzazione e per il tipo di struttura, all’edificio menzionato nel II d.c. da Pausania, che definisce il teatro un “odeion”, e a quello ricordato da Filostrato, che parla di un “teatro nel Ceramico chiamato Agrippeion”.
Il monumento ebbe tre fasi edilizie; alla fine del I a.c. per uno dei due viaggi di Agrippa in Oriente, uno nel 23-22 a.c. ed un altro nel 17-13 a.c.
Ma Agrippa morì nel 12 a.c., si è pensato che l’idea di edificare l’Odeion maturò durante il suo secondo viaggio, forse tra il 16 ed il 15 a.c., dato che negli anni ’20 del I a.c. i rapporti di Augusto con Atene erano tesi.
L’edificio svolgeva la funzione di vero e proprio Odeion, cioè di teatro per spettacoli pubblici.
La seconda fase si data in età antonina: più precisamente intorno al 150 d.c. furono effettuati degli interventi edilizi che trasformarono il teatro in una sala di lezioni, conferenze e dibattiti filosofici.
Poco più di un secolo dopo, nel 267 d.c. durante l’incursione degli Eruli, l’ Odeion fu distrutto da un incendio, di cui restano ancora oggi tracce sia a livello di stratigrafia sia su elementi architettonici e scultorei; con una fase di abbandono per poi essere riutilizzato, nel V d.c., come corte monumentale di accesso al palazzo voluto da Herculius, prefetto dell’Illirico dal 408 al 410 d.c., o da Teodosio II e dalla sposa, l’ateniese Eudocia, in occasione del loro matrimonio nel 421 d.c.
Il palazzo, dopo circa un secolo di utilizzo e frequentazione, fu abbandonato definitivamente nel 530 d.c. Quanto al sito scelto per l’erezione dell’Odeion sembra che diversi fattori portarono a decidere per questa collocazione: innanzitutto la vicinanza all’Orchestra, di cui assorbe la funzione come luogo dove si volgevano le celebrazioni festive e occupando, allo stesso tempo, uno spazio dell’Agora destinato alle attività di commercio.
La posizione dell’Agrippeion in questa parte dell’Agora indica la volontà di occupare l’unico spazio rimasto con un edificio monumentale, ma anche di riproporre, da un punto di vista urbanistico, lo schema romano di piazza porticata con edificio in asse, secondo il modello dei fori imperiali.
TEMPIO DI ARES
Il tempio di Ares, identificabile sempre grazie allo scritto di Pausania, si presenta con sei colonne sui lati brevi e tredici sui lati lunghi, tutte in ordine dorico. La struttura templare e gli elementi architettonici rimasti si datano al 430 a.c. e l’altare, antistante al tempio ad est, al IV a.c.; invece le fondazioni di entrambe le strutture si datano al I a.c.
Pausania, la cui testimonianza ci permette di attribuire ad Ares, associato ad Afrodite e ad Atena, la destinazione del culto e di ricostruire il patrimonio scultoreo, è il solo a menzionare l’esistenza nel settore nord-est dell’Agorà tale edificio; infatti le fonti precedenti l’età imperiale non ne parlano. Il tempio subì quindi una sorte che fa onore alla cultura romana, perchè venne smantellato dall’originaria sede per essere trasferito in questa parte della città giusto in età augustea.
Nei blocchi riferibili all’elevato sono incise lettere, che secondo gli studiosi, si datano alla fine del I a.c.: sono marchi di costruttori apposti al momento dello smantellamento per favorire la ricomposizione nel modo corretto e più facile possibile. Ci sono varie ipotesi riguardanti l’originaria provenienza, ma la più accreditata negli ultimi anni sostiene che esso provenga dal demo di Archanai a 60 stadi (11 km) a nord di Atene.
Molti studiosi sostengono che la scelta di spostare il tempio sia attribuibile ad Agrippa nello stesso periodo della fondazione dell’Odeion e che in modo particolare, secondo il Baldassarri, sia riconducibile alla figura del figlio, Caio Cesare, molto amato nella città greca e dai suoi cittadini era appellato come Neos Ares.
BIBLIOTECA DI PANTAINOS
La biblioteca di Pantainos sorse nel 100 d.c. nell’angolo sud-est dell’Agorà affacciandosi sulla Via Panatenaica. Fu scoperta nel 1933 - 1935 e di nuovo scavata nel 1971 - 1973. L’edificio possedeva una corte quadrangolare circondata da portici su cui si affacciavano diversi ambienti. A sud si affacciava sulla strada.
Fra gli ambienti c'erano delle tabernae i cui introiti andavano a favore della biblioteca, accessibili dai porticati che precedevano la biblioteca ad ovest e a nord.
La porta di accesso aveva sull’architrave in marmo pentelico un'epigrafe che ricordava il suo edificatore Titus Flavius Pantainos che l'aveva dedicato ad Athena Archegetis, all’imperatore Cesare Augusto Nerva Traiano Germanico e alla città degli Ateniesi. Segue una descrizione della biblioteca.
Poichè l’imperatore porta il titolo di Germanico ma non ancora di Dacico, conferitogli nel 102 d.c., se ne deduce che l'edificio è anteriore a questa data (100 d.c. circa)
L’edificio doveva esistere già da prima come scuola filosofica, dato i graffiti sulle colonne, l’iscrizione con regolamento (“Un libro non sarà portato fuori, perché così giurammo; la biblioteca sarà aperta dall’ora prima alla sesta”) e l’epiteto di “sacerdote delle Muse” attribuito a Pantainos, comunque gli incontri filosofici sicuramente continuarono nello stesso edificio.
Con l’invasione degli Eruli, nel III d.c., tutta l’Agorà fu devastata e molti edifici furono smantellati per riutilizzare i materiali. La biblioteca fu smembrata ed i suoi materiali riutilizzati per la costruzione delle mura dette “di Valeriano” (253-260 d.c.) ma in realtà erette più tardi nel regno di Probo (276-282 d.c.).
OROLOGIO DI ANDRONIKOS KYRRHESTES
Ad est dell’Agorà romana si colloca un imponente orologio idraulico, progettato, come testimoniano Varrone e Vitruvio, da Andronikos Kyrrhestes, nel I a.c., sotto Giulio Cesare. L’orologio è una torre a pianta ottagonale, con due porte di accesso a nord-est e a nord-ovest, con tetto conico-piramidale.
La banderuola in bronzo, per indicare i venti, era a forma di Tritone e all’interno degli otto pannelli in alto, corrispondenti ai lati della torre, c’erano le raffigurazioni dei venti in altorilievo.
Restano visibili quelli a nord-est con Kaikias che sparge chicchi di grano, a nord con Boreas che soffia dentro una conchiglia e a nord-ovest Skiron che porta della neve in un recipiente pieno di legna.
È probabile che funzionasse come un orologio solare, poiché, sotto ogni personificazione, sono presenti delle curve che servono a calcolare l’ora in base all’ombra.
Si tratta di un’ampia piazza quadrangolare, di 112 x 96 m, con un ampio cortile lastricato in marmo e con portici ai lati dove prendevano posto le botteghe di commercianti e artigiani, come risulta dalle iscrizioni rinvenute. I propyla (ingressi) erano due e non simmetrici in quanto dovevano adeguarsi alle strutture già esistenti e agli assi viari.
L’ingresso principale era ad ovest, in ordine dorico, mentre l’altro ad est era in ordine ionico. L’ingresso occidentale. meglio conservato, è in marmo pentelico, con tre passaggi: due laterali per i pedoni e quello centrale per i carri, come nei propilei dell’Acropoli.
Sull’architrave un’iscrizione ricorda la dedica ad Athena Archegetis e che la costruzione dell’Agorà si deve ai fondi stanziati dal Divo Cesare e da Augusto e i lavori ultimati tra il 12 ed il 2 a.c. Un’altra iscrizione ricorda che una statua di Lucio Cesare era stata posta come acroterio del frontone.
Ad est l’altro ingresso era destinato ai soli pedoni, ornato dalla statua di Caio Cesare, fratello di Lucio. Dopo l’invasione degli Eruli la vita della città si concentra nell’Agorà e intorno alla Biblioteca di Adriano fino al XIX secolo.
BIBLIOTECA DI ADRIANO
Ad est dell’Agorà greca prende posto una delle costruzioni più importanti dell’Atene romana: la Biblioteca dell’imperatore Adriano.
Nella sua lista Pausania la ricorda come uno degli edifici adrianei più belli e menziona tutti i materiali impiegati per la sua costruzione: colonne in marmo frigio, tetto dorato ed in alabastro.
La struttura si presenta come un ampio cortile quadrangolare porticato preceduto da un propylon (accesso) monumentale, sul fondo del cortile si aprivano gli ambienti della biblioteca vera e propria.
Al centro del quadriportico vi era un bacino allungato probabilmente circondato da un giardino ornato di statue.
Sul portico orientale si aprivano le sale della biblioteca: l’ambiente centrale, rettangolare, era destinato a contenere i volumina; sulla parete di fondo c’era una nicchia, con copertura semircicolare, che conteneva la statua di Atena, cui, solitamente, era riservato di norma il posto d’onore nelle biblioteche.
I muri laterali sono quasi completamente distrutti, ma si deduce che presentavano 7 nicchie per ciascuno dei due piani in cui erano articolate.
In totale erano presenti 44 nicchie e i papiri di maggior consultazione erano posti nelle nicchie più basse, gli altri, di conseguenza, in quelle più alte; dalle fonti sappiamo che la biblioteca conteneva in tutto 22000 papiri, un numero senza precedenti per le biblioteche dell’epoca.
L’edificio fu realizzato, stando a San Girolamo, nel 132 d.c. e la sua edificazione si inserisce in quella serie di lavori promossi dall’imperatore “filelleno”.
Agli inizi del V d.c. l’area occupata dal bacino fu colmata per realizzare un edificio con quattro absidi che si aprivano su un’aula quadrata centrale; la somiglianza con alcuni edifici paleocristiani fa supporre che anche questo fosse una chiesa.
CALCOTECA
La Calcoteca o Chalkotheke era un edificio situato sull'Acropoli di Atene utilizzato come deposito per i bronzi, le armi e i rostri delle navi, per la mobilia sacra e per le offerte dai santuari dell'Acropoli. Ne siamo a conoscenza solo grazie alle iscrizioni del IV secolo a.c. dove si ordina il censimento di tutti gli oggetti immagazzinati nella Calcoteca e l'erezione di una stele incisa con l'elenco davanti al palazzo.
Ne sono stati rinvenuti i pochi resti in una struttura scoperta a est del santuario di Artemide Brauroniae a sud-ovest del Partenone, solo poche fondazioni di calcare e trincee scavate nella roccia di fondazione.
Essa si ergeva di fronte alla parete meridionale dell'Acropoli con 43 m di lunghezza per 14 di larghezza, con un lungo portico di 4,5 m di larghezza. Per fare spazio al portico era stata tagliata la parte più meridionale dei gradini scavati nella roccia che conducevano alla facciata occidentale del Partenone. Si ritiene pertanto il portico un'aggiunta degli inizi del IV sec. a.c., mentre la parte principale della struttura si pensa fosse del V sec. a.c..
In epoca romana l'edificio venne quasi totalmente riedificato, come attestano i numerosi frammenti architettonici di fattura prettamente romana.
OLYMPEION
Nella piana dell’Illisso, tra l’Acropoli e lo stadio, sorgeva il più importante tempio dedicato a Zeus Olympios. Già nel VI a.c. i Pisitratidi, come narra Vitruvio (De Arch. 7, 15), ordinarono l'edificio a quattro architetti: Antistates, Callaschros, Antimachides e Porinos. Il tempio era in ordine dorico con otto colonne sui lati brevi e venti sui lati lunghi, ma la sua edificazione fu interrotto per la caduta dei tiranni.
Antioco IV Epifane di Siria nel II a.c. commissionò a Cossutius, un architetto romano, di riprendere in mano la costruzione del tempio che subì delle variazioni: fu realizzato come ottastilo e a cielo aperto, il che implica che il progetto non fu ultimato neppure questa volta.
Successivamente ci fu un nuovo intervento, anche questo incompleto, da parte di re clienti amici di Augusto, stando a Svetonio sovrani di regni con presenti città di nome Cesarea, vale a dire: Erode il Grande di Giudea, Archelao di Cappadocia, Polemone re del Ponto, Tarcondimoto II di Cilicia e Giuba II di Mauretania.
Solo con Adriano il tempio fu ultimato, ma non sappiamo nulla con certezza se non quello che ci dice Pausania: l’imperatore dedicò il tempio e la statua di culto crisoelefantina ed l’edificio divenne il centro principale del programma panellenico dove Adriano cercò di convogliare tutti i Greci ed i popoli di origine greca.
ARCO DI ADRIANO
L’arco assume il ruolo di “cerniera” tra la vecchia e la nuova Atene, ma solo a livello simbolico.
Esso si data alla piena età adrianea ed è costituito da due ordini: l’inferiore con fornice arcuato, il superiore con struttura trilitica sormontata da trabeazione e frontone, in questo modo si fondevano in un’unica struttura i principi edilizi del mondo greco e romano, rientrando, così, perfettamente nell’intento di creare una fusione tra la koinè romana e greca.
Gli elementi più importanti ed interessanti sono senza dubbio le iscrizioni greche incise sulle due facciate del monumento: la prima riporta “Questa è Atene L’originaria città di Teseo”, la seconda “Questa è la città di Adriano non di Teseo”.
Dal punto di vista topografico l’arco sorge proprio al limite tra l’Acropoli e l’ Olympeion, per sottolineare come Adriano sia un nuovo fondatore di una nuova Atene rispetto all’antica e mitologica città di Teseo.
L'arco di Adriano ricorda l'arco trionfale romano. Si trova su un'antica via che collega il centro di Atene alle strutture del lato orientale della città, tra cui il Tempio di Zeus Olimpio.
È stato ipotizzato che l'arco fu costruito per celebrare l'adventus (arrivo) dell'imperatore romano Adriano, e per rendergli onore per quello che aveva fatto per la città, in occasione dell'inaugurazione del vicino tempio nel 131 o nel 132.
Non è certo chi commissionò la costruzione dell'arco, anche se furono probabilmente i cittadini di Atene o un altro gruppo greco. Sull'arco si trovano due iscrizioni, poste in direzioni opposte, che citano Teseo e Adriano come fondatori di Atene. Mentre è chiaro che l'iscrizione renda onore ad Adriano, non si sa se il riferimento alla città sia da intendere nella sua interezza o ad una sola parte, quella nuova.
Il portico fu detto di Eumene, per un’errata interpretazione di Vitruvio (V, 9, 1) per cui per molto tempo l’edificio fu attribuito ad Eumene II di Pergamo e posto in età ellenistica, ma la tecnica, i materiali e le volte ed archi lo pongono in piena età romana.
Nel corso del II a.c., quando Roma già si stava affacciando sul suolo greco, l’agorà costituiva il cuore pulsante di tutte le attività politiche e commerciali e gli Attalidi, regnanti a Pergamo, intervennero trasformandola in una vera piazza di tipo ellenistico, cioè un’area aperta circondata da portici, con la costruzione di tre stoai (portici).
ODEION DI AGRIPPA
L’opera più imponente di età romana è l’Odeion di Agrippa, che fu individuato durante degli scavi tra il 1934 ed il 1936 ed ulteriormente indagato tra il 1938 ed il 1940.
Fu da subito associato, per la sua localizzazione e per il tipo di struttura, all’edificio menzionato nel II d.c. da Pausania, che definisce il teatro un “odeion”, e a quello ricordato da Filostrato, che parla di un “teatro nel Ceramico chiamato Agrippeion”.
Il monumento ebbe tre fasi edilizie; alla fine del I a.c. per uno dei due viaggi di Agrippa in Oriente, uno nel 23-22 a.c. ed un altro nel 17-13 a.c.
Ma Agrippa morì nel 12 a.c., si è pensato che l’idea di edificare l’Odeion maturò durante il suo secondo viaggio, forse tra il 16 ed il 15 a.c., dato che negli anni ’20 del I a.c. i rapporti di Augusto con Atene erano tesi.
L’edificio svolgeva la funzione di vero e proprio Odeion, cioè di teatro per spettacoli pubblici.
La seconda fase si data in età antonina: più precisamente intorno al 150 d.c. furono effettuati degli interventi edilizi che trasformarono il teatro in una sala di lezioni, conferenze e dibattiti filosofici.
Poco più di un secolo dopo, nel 267 d.c. durante l’incursione degli Eruli, l’ Odeion fu distrutto da un incendio, di cui restano ancora oggi tracce sia a livello di stratigrafia sia su elementi architettonici e scultorei; con una fase di abbandono per poi essere riutilizzato, nel V d.c., come corte monumentale di accesso al palazzo voluto da Herculius, prefetto dell’Illirico dal 408 al 410 d.c., o da Teodosio II e dalla sposa, l’ateniese Eudocia, in occasione del loro matrimonio nel 421 d.c.
Il palazzo, dopo circa un secolo di utilizzo e frequentazione, fu abbandonato definitivamente nel 530 d.c. Quanto al sito scelto per l’erezione dell’Odeion sembra che diversi fattori portarono a decidere per questa collocazione: innanzitutto la vicinanza all’Orchestra, di cui assorbe la funzione come luogo dove si volgevano le celebrazioni festive e occupando, allo stesso tempo, uno spazio dell’Agora destinato alle attività di commercio.
La posizione dell’Agrippeion in questa parte dell’Agora indica la volontà di occupare l’unico spazio rimasto con un edificio monumentale, ma anche di riproporre, da un punto di vista urbanistico, lo schema romano di piazza porticata con edificio in asse, secondo il modello dei fori imperiali.
TEMPIO DI ARES
Il tempio di Ares, identificabile sempre grazie allo scritto di Pausania, si presenta con sei colonne sui lati brevi e tredici sui lati lunghi, tutte in ordine dorico. La struttura templare e gli elementi architettonici rimasti si datano al 430 a.c. e l’altare, antistante al tempio ad est, al IV a.c.; invece le fondazioni di entrambe le strutture si datano al I a.c.
RESTI DEL TEMPIO DI ARES |
Nei blocchi riferibili all’elevato sono incise lettere, che secondo gli studiosi, si datano alla fine del I a.c.: sono marchi di costruttori apposti al momento dello smantellamento per favorire la ricomposizione nel modo corretto e più facile possibile. Ci sono varie ipotesi riguardanti l’originaria provenienza, ma la più accreditata negli ultimi anni sostiene che esso provenga dal demo di Archanai a 60 stadi (11 km) a nord di Atene.
Molti studiosi sostengono che la scelta di spostare il tempio sia attribuibile ad Agrippa nello stesso periodo della fondazione dell’Odeion e che in modo particolare, secondo il Baldassarri, sia riconducibile alla figura del figlio, Caio Cesare, molto amato nella città greca e dai suoi cittadini era appellato come Neos Ares.
BIBLIOTECA DI PANTAINOS
La biblioteca di Pantainos sorse nel 100 d.c. nell’angolo sud-est dell’Agorà affacciandosi sulla Via Panatenaica. Fu scoperta nel 1933 - 1935 e di nuovo scavata nel 1971 - 1973. L’edificio possedeva una corte quadrangolare circondata da portici su cui si affacciavano diversi ambienti. A sud si affacciava sulla strada.
Fra gli ambienti c'erano delle tabernae i cui introiti andavano a favore della biblioteca, accessibili dai porticati che precedevano la biblioteca ad ovest e a nord.
La porta di accesso aveva sull’architrave in marmo pentelico un'epigrafe che ricordava il suo edificatore Titus Flavius Pantainos che l'aveva dedicato ad Athena Archegetis, all’imperatore Cesare Augusto Nerva Traiano Germanico e alla città degli Ateniesi. Segue una descrizione della biblioteca.
Poichè l’imperatore porta il titolo di Germanico ma non ancora di Dacico, conferitogli nel 102 d.c., se ne deduce che l'edificio è anteriore a questa data (100 d.c. circa)
L’edificio doveva esistere già da prima come scuola filosofica, dato i graffiti sulle colonne, l’iscrizione con regolamento (“Un libro non sarà portato fuori, perché così giurammo; la biblioteca sarà aperta dall’ora prima alla sesta”) e l’epiteto di “sacerdote delle Muse” attribuito a Pantainos, comunque gli incontri filosofici sicuramente continuarono nello stesso edificio.
Con l’invasione degli Eruli, nel III d.c., tutta l’Agorà fu devastata e molti edifici furono smantellati per riutilizzare i materiali. La biblioteca fu smembrata ed i suoi materiali riutilizzati per la costruzione delle mura dette “di Valeriano” (253-260 d.c.) ma in realtà erette più tardi nel regno di Probo (276-282 d.c.).
OROLOGIO DI ANDRONIKOS KYRRHESTES
Ad est dell’Agorà romana si colloca un imponente orologio idraulico, progettato, come testimoniano Varrone e Vitruvio, da Andronikos Kyrrhestes, nel I a.c., sotto Giulio Cesare. L’orologio è una torre a pianta ottagonale, con due porte di accesso a nord-est e a nord-ovest, con tetto conico-piramidale.
RICOSTRUZIONE DELL'OROLOGIO DI ANDRONIKOS |
Restano visibili quelli a nord-est con Kaikias che sparge chicchi di grano, a nord con Boreas che soffia dentro una conchiglia e a nord-ovest Skiron che porta della neve in un recipiente pieno di legna.
È probabile che funzionasse come un orologio solare, poiché, sotto ogni personificazione, sono presenti delle curve che servono a calcolare l’ora in base all’ombra.
Si tratta di un’ampia piazza quadrangolare, di 112 x 96 m, con un ampio cortile lastricato in marmo e con portici ai lati dove prendevano posto le botteghe di commercianti e artigiani, come risulta dalle iscrizioni rinvenute. I propyla (ingressi) erano due e non simmetrici in quanto dovevano adeguarsi alle strutture già esistenti e agli assi viari.
L’ingresso principale era ad ovest, in ordine dorico, mentre l’altro ad est era in ordine ionico. L’ingresso occidentale. meglio conservato, è in marmo pentelico, con tre passaggi: due laterali per i pedoni e quello centrale per i carri, come nei propilei dell’Acropoli.
Sull’architrave un’iscrizione ricorda la dedica ad Athena Archegetis e che la costruzione dell’Agorà si deve ai fondi stanziati dal Divo Cesare e da Augusto e i lavori ultimati tra il 12 ed il 2 a.c. Un’altra iscrizione ricorda che una statua di Lucio Cesare era stata posta come acroterio del frontone.
Ad est l’altro ingresso era destinato ai soli pedoni, ornato dalla statua di Caio Cesare, fratello di Lucio. Dopo l’invasione degli Eruli la vita della città si concentra nell’Agorà e intorno alla Biblioteca di Adriano fino al XIX secolo.
BIBLIOTECA DI ADRIANO
Ad est dell’Agorà greca prende posto una delle costruzioni più importanti dell’Atene romana: la Biblioteca dell’imperatore Adriano.
Nella sua lista Pausania la ricorda come uno degli edifici adrianei più belli e menziona tutti i materiali impiegati per la sua costruzione: colonne in marmo frigio, tetto dorato ed in alabastro.
La struttura si presenta come un ampio cortile quadrangolare porticato preceduto da un propylon (accesso) monumentale, sul fondo del cortile si aprivano gli ambienti della biblioteca vera e propria.
Al centro del quadriportico vi era un bacino allungato probabilmente circondato da un giardino ornato di statue.
Sul portico orientale si aprivano le sale della biblioteca: l’ambiente centrale, rettangolare, era destinato a contenere i volumina; sulla parete di fondo c’era una nicchia, con copertura semircicolare, che conteneva la statua di Atena, cui, solitamente, era riservato di norma il posto d’onore nelle biblioteche.
I muri laterali sono quasi completamente distrutti, ma si deduce che presentavano 7 nicchie per ciascuno dei due piani in cui erano articolate.
In totale erano presenti 44 nicchie e i papiri di maggior consultazione erano posti nelle nicchie più basse, gli altri, di conseguenza, in quelle più alte; dalle fonti sappiamo che la biblioteca conteneva in tutto 22000 papiri, un numero senza precedenti per le biblioteche dell’epoca.
L’edificio fu realizzato, stando a San Girolamo, nel 132 d.c. e la sua edificazione si inserisce in quella serie di lavori promossi dall’imperatore “filelleno”.
Agli inizi del V d.c. l’area occupata dal bacino fu colmata per realizzare un edificio con quattro absidi che si aprivano su un’aula quadrata centrale; la somiglianza con alcuni edifici paleocristiani fa supporre che anche questo fosse una chiesa.
CALCOTECA
La Calcoteca o Chalkotheke era un edificio situato sull'Acropoli di Atene utilizzato come deposito per i bronzi, le armi e i rostri delle navi, per la mobilia sacra e per le offerte dai santuari dell'Acropoli. Ne siamo a conoscenza solo grazie alle iscrizioni del IV secolo a.c. dove si ordina il censimento di tutti gli oggetti immagazzinati nella Calcoteca e l'erezione di una stele incisa con l'elenco davanti al palazzo.
Ne sono stati rinvenuti i pochi resti in una struttura scoperta a est del santuario di Artemide Brauroniae a sud-ovest del Partenone, solo poche fondazioni di calcare e trincee scavate nella roccia di fondazione.
Essa si ergeva di fronte alla parete meridionale dell'Acropoli con 43 m di lunghezza per 14 di larghezza, con un lungo portico di 4,5 m di larghezza. Per fare spazio al portico era stata tagliata la parte più meridionale dei gradini scavati nella roccia che conducevano alla facciata occidentale del Partenone. Si ritiene pertanto il portico un'aggiunta degli inizi del IV sec. a.c., mentre la parte principale della struttura si pensa fosse del V sec. a.c..
In epoca romana l'edificio venne quasi totalmente riedificato, come attestano i numerosi frammenti architettonici di fattura prettamente romana.
OLYMPEION
Nella piana dell’Illisso, tra l’Acropoli e lo stadio, sorgeva il più importante tempio dedicato a Zeus Olympios. Già nel VI a.c. i Pisitratidi, come narra Vitruvio (De Arch. 7, 15), ordinarono l'edificio a quattro architetti: Antistates, Callaschros, Antimachides e Porinos. Il tempio era in ordine dorico con otto colonne sui lati brevi e venti sui lati lunghi, ma la sua edificazione fu interrotto per la caduta dei tiranni.
Antioco IV Epifane di Siria nel II a.c. commissionò a Cossutius, un architetto romano, di riprendere in mano la costruzione del tempio che subì delle variazioni: fu realizzato come ottastilo e a cielo aperto, il che implica che il progetto non fu ultimato neppure questa volta.
Successivamente ci fu un nuovo intervento, anche questo incompleto, da parte di re clienti amici di Augusto, stando a Svetonio sovrani di regni con presenti città di nome Cesarea, vale a dire: Erode il Grande di Giudea, Archelao di Cappadocia, Polemone re del Ponto, Tarcondimoto II di Cilicia e Giuba II di Mauretania.
Solo con Adriano il tempio fu ultimato, ma non sappiamo nulla con certezza se non quello che ci dice Pausania: l’imperatore dedicò il tempio e la statua di culto crisoelefantina ed l’edificio divenne il centro principale del programma panellenico dove Adriano cercò di convogliare tutti i Greci ed i popoli di origine greca.
ARCO DI ADRIANO
L’arco assume il ruolo di “cerniera” tra la vecchia e la nuova Atene, ma solo a livello simbolico.
ARCO DI ADRIANO |
Gli elementi più importanti ed interessanti sono senza dubbio le iscrizioni greche incise sulle due facciate del monumento: la prima riporta “Questa è Atene L’originaria città di Teseo”, la seconda “Questa è la città di Adriano non di Teseo”.
Dal punto di vista topografico l’arco sorge proprio al limite tra l’Acropoli e l’ Olympeion, per sottolineare come Adriano sia un nuovo fondatore di una nuova Atene rispetto all’antica e mitologica città di Teseo.
L'arco di Adriano ricorda l'arco trionfale romano. Si trova su un'antica via che collega il centro di Atene alle strutture del lato orientale della città, tra cui il Tempio di Zeus Olimpio.
È stato ipotizzato che l'arco fu costruito per celebrare l'adventus (arrivo) dell'imperatore romano Adriano, e per rendergli onore per quello che aveva fatto per la città, in occasione dell'inaugurazione del vicino tempio nel 131 o nel 132.
Non è certo chi commissionò la costruzione dell'arco, anche se furono probabilmente i cittadini di Atene o un altro gruppo greco. Sull'arco si trovano due iscrizioni, poste in direzioni opposte, che citano Teseo e Adriano come fondatori di Atene. Mentre è chiaro che l'iscrizione renda onore ad Adriano, non si sa se il riferimento alla città sia da intendere nella sua interezza o ad una sola parte, quella nuova.