LA PORTA COME APPARIVA IN EPOCA IMPERIALE |
LA PORTA ROMANA IN ORIGINE |
La Porta era un enorme arco a due fornici, con i pilastri che presentano delle aperture inquadrate da edicole con timpano e semicolonne in stile corinzio. L’intera costruzione è stata realizzata in travertino e segue il modello del caratteristico bugnato rustico dell’epoca in cui regnava Claudio.
Successivamente, quando si dovette annettere la porta all’interno delle mura aureliane, proprio per volere dello stesso Aureliano nel 272 d.c., come era stato deciso anche per la Piramide Cestia e i Castra Pretoria, altri due storici monumenti, divenne ovvio usarla come porta di accesso, e fu denominata Porta Prenestina o Labicana.
Fu poi fortificata dall'imperatore Onorio, nel 402, avanzando le due aperture verso l'esterno e fecendo costruire un bastione davanti alla porta, suddividendola in due porte distinte, la Praenestina a destra e la Labicana a sinistra, rinforzate a scopo difensivo, da torri quadrate poste ai lati e da un bastione cilindrico al centro, ed erano sormontate da finestrelle ad arco, quattro sulla Praenestina e cinque sulla Labicana.
La nuova struttura era però asimmetrica e inelegante, a causa dei diversi livelli delle due strade (la Labicana era più in basso), per cui le torri erano disallineate e le finestre, con le relative camere di manovra, fuori piano.
DESCRIZIONE
La porta è realizzata interamente in opera quadrata di travertino con blocchi in bugnato rustico, secondo gli studiosi per seguire lo stile dell'epoca, ma in realtà utilizzando materiale di risulta anche se di pregio.
FORTIFICAZIONI NEL XVIII SECOLO RICOPRONO LA PORTA |
L’attico è diviso da tre marcapiani in tre fasce: quelle di sopra equivalgono ai canali dell’acquedotto Ania Novus (in posizione elevata) e Claudio (in posizione inferiore), cioè la parte al centro. Sono presenti sull’attico due scritte su entrambe le facciate, fatte da Claudio nella zona superiore, cioè sul canale dell’acquedotto Ania Novus, e fatte da Vespasiano per la ristrutturazione del 71 d.c. sull’acquedotto dell’aqua claudia, e sotto, la scritta di Tito alla base dell’attico, per la ristrutturazione dell’anno 82 d.c.
L'appalto della Porta
Dal V secolo e almeno fino al XV, è attestato come prassi normale l'istituto della concessione in appalto o della vendita a privati delle porte cittadine e della riscossione del pedaggio per il relativo transito. Il libero impero romano non esisteva più e tutto era diventato occasione di guadagni o di sfruttamento.
SUCCESSIVA TRASFORMAZIONE CON DEMOLIZIONE IN PARTE DELLE STRUTTURE ANTISTANTI |
Esistevano precise tabelle per la tariffa di ogni tipo di merce, ma con grandi variazioni per abusi, a giudicare dalla quantità di gride, editti e minacce che venivano emessi.
Nel 537-538, in occasione dell’assedio dei Goti di Vitige, la porta fu chiusa, come anche altre, per limitare il numero delle aperture da difendere; ma era chiusa anche nel 966, limitatamente al fornice Labicano, che comunque sembra essere stato quasi sempre chiuso, forse già da poco dopo i lavori di Onorio.
STAMPA OTTOCENTESCA DOPO IL RESTAURO DI PAPA GREGORIO XVI |
Ma gli archi erano così grandi, 6 m di larghezza per 14 di altezza, che l'eventuale difesa di esse diventava difficile, per cui si fece restringere le aperture con la costruzione di altrettante quinte merlate, il cui effetto estetico era paragonabile alla bruttura onoriana che si era voluta eliminare.
IL SEPOLCRO DEL FORNAIO EURISACE
Nel corso dell’intervento del 1838 venne in luce, rimasto inglobato nella torre cilindrica tra i due archi ed ora visibile subito fuori della porta, il sepolcro di Marco Virgilio Eurisace, fornaio e probabilmente liberto arricchito, e di sua moglie Atistia, databile intorno al 30 a.c.
LA TOMBA DEL FORNAIO |
“EST HOC MONUMENTUM MARCEI VERGILEI EURYSACIS PISTORIS
REDEMPTORES APPARET “, cioè:
“Questo sepolcro appartiene a Marco Virgilio Eurisace, fornaio, appaltatore, apparitore”.
Ciò vuol dire che egli distribuiva la sua produzione allo stato e che aveva la carica di ufficiale secondario, detto apparitore, di un uomo della magistratura o di un sacerdote.
Il suo lavoro risulta ancora più evidente se si osserva l’urna contenente i resti della sua consorte di nome Atistia, che si trovano attualmente al museo delle terme. Essa infatti aveva la forma di una madia da pane, detta anche panarium nell’iscrizione posta sopra. Poi un fregio che si trova in tutto il sepolcro rappresenta tutti i diversi momenti della panificazione: si comincia con la pesatura e la molitura del frumento, poi si passa al setaccio della farina e alla realizzazione dell’impasto, infine si procede con la pezzatura e mettendo nel forno le forme di pane. Il sepolcro risale al periodo conclusivo repubblicano e l’inizio dell’età imperiale, circa 30 a.c. La parte centrale di esso è formata nella parte inferiore da blocchi di tufo, e nella parte superiore di cemento.
Informazioni aggiuntive: LA TOMBA DEL FORNAIO
LE BONIFICHE PETRIGNANI
LA PORTA OGGI RESTITUITA ALLE ORIGINI |
Sulle lastre di basalto del basolato, ancora esistenti sotto la porta, sono tuttora visibili i grandi solchi lasciati dal passaggio dei carri per la Porta Prenestina sulla sinistra e per quella Labicana sulla destra. Probabilmente sempre in questo periodo fu costruita la controporta le cui tracce furono ritrovate durante alcuni lavori sul piazzale svolti poco tempo fa.
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