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IL GATTO PER I ROMANI

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Della cultura Badari, dell'Egitto dinastico vennero rinvenuti circa 40 insediamenti e 600 tombe e qui si ritrovarono delle ossa di gatto del 5000 a.c. quindi già era molto vicino all'uomo, ma si crede che il gatto selvatico sia stato reso domestico dal 3000 a.c.. quando in Egitto venne adorata Bastet, la Dea gatta, e il gatto domestico divenne sacro alla Dea. Invece sono del 2000 a.c. le immagine funerarie e i primi gatti mummificati e le iscrizioni con gatti nelle piramidi.

La testimonianza artistica più antica è la pittura Beni Hasan, del 1200 a.c. Il gatto divenne l'animale più diffuso fin dall'antichità, come animale sacro e poi come divinità, la Dea Bastet, sorella della dea Sekhmet, il cui culto nacque nel 3000 a.c. e si estese oltre l'Egitto. Il gatto venne ritenuto sacro al sole e ad Osiride, la gatta invece consacrata alla luna e ad Iside.



IL NOME

Nel V secolo a.c., Erodoto ebbe modo di conoscere questo felino e gli diede il nome di Ailouros (“dalla coda mobile”), termine che presto venne sostituito da Gale, vocabolo greco utilizzato originariamente per la donnola, in età tarda si utilizzò invece kàttos da cui gatto.

Una possibile origine semitica del vocabolo potrebbe essere attestata da un’opera armena del V sec., in cui si trova catu, a cui fa riscontro il siriano gatô. Cattus sarà all’origine del nome del gatto nella maggior parte delle lingue europee (cat inglese, katz tedesco, kat olandese, gato spagnolo e portoghese, chat francese, kochka russo).

Nell’antica Roma il gatto selvatico veniva invece detto Felis, da cui derivano i nostri felino, felide, ecc. Solo dal IV sec. d.c., compare il termine Cattus, forse di derivazione africana (nubiano kadis) o celto-germanica (nei cui idiomi viene variamente riprodotta, ad esempio: irlandese cat, antico tedesco chazza, antico scandinavo kötr).




IL GATTO EGIZIO

Tutte le famiglie egiziane avevano un gatto in casa ed Erodoto informa che quando il loro gatto moriva, gli Egiziani si radevano le sopracciglia e lo facevano: “… perché la bellezza se n’era andata con lui.”.

Ogni casa, ricca o povera, aveva il suo gatto, generalmente tenuto anche come gatto da guardia. I felini egizi infatti, sterminati dalla follia cristiana che ne dovevano far cessare il culto

La gran parte delle statuette aveva le orecchie forate con orecchini d'oro o d'argento e occhi intarsiati di pietre semi preziose. Da scavi archeologici nelle rovine di Bubastisè stato ritrovato un grandissimo cimitero di gatti mummificati, bendati con gli arti distesi e seppelliti con vicino ciotole per il latte e oggetti per la sopravvivenza nell'aldilà.

Il gatto di colore nero era il prediletto perché associato alla notte misteriosa. Gli antichi egizi chiamavano il gatto con il termine onomatopeico che ricorda il suo miagolio, Miou o Myeou.
In Egitto si usava consacrare i bambini a Bastet, facendo un piccolo taglio sul braccio e mescolando il sangue che gocciolava a quello di un felino. Un uomo che uccidesse un gatto, anche per caso fortuito, era giustiziato a morte e quando un gatto moriva i proprietari usavano rasarsi le sopracciglia e il capo in segno di lutto.

Nell'Antico Egitto i gatti domestici erano adorati e raffigurati in dipinti, sculture e incisioni e considerati animali sacri. "E quando scoppia un incendio ai gatti succede qualcosa di veramente strano. Gli egiziani io circondano tutt'intorno, pensando più ai gatti che a loro: ma gli animali scivolano sotto o saltano sugli uomini e si gettano tra le fiamme. Quando questo succede, in 
Egitto è lutto nazionale. 
Gli abitanti di una casa dove un gatto è morto di mote naturale si radono le sopracciglia; ma se vi è 
morto anche un cane, si radono pure la testa e il resto del corpo I gatti morti vengono portati in edfici sacri dove vengono imbalsamati e seppelliti netta città di Bubasti
(Erodoto 485 - 425 a.c.) 

I gatti venivano seppelliti imbalsamati e dentro sarcofagi nel cimitero del tempio di Bastet a Bubastis, provvisti di una ciotole per il latte e di oggetti che ne assicurassero la sopravvivenza nell'aldilà.

Aristotele (384-322 a.c.) scrive dei gatti: "Essi non copulano stando di fronte uno all'altra, ma il maschio eretto e la femmina ponendoglisi al di sotto. Le gatte sono per natura lussuriose e allettano i maschi durante il rapporto sessuale durante il quale non fanno che miagolare." e aggiunge che vivono per circa sei anni.

POMPEI

IL GATTO ROMANO

Il gatto arrivò a Roma più tardi rispetto alla Grecia anche se nei reperti archeologici degli etruschi sono state ritrovate piccole statue in pietra raffiguranti un gatto. I Romani, come i Greci, erano soliti usare altri carnivori, come la donnola, la faina e la martora, per il controllo dei topi, ma presto si accorsero che i gatti si addomesticavano più facilmente affezionandosi alla casa e ai proprietari, o almeno ad uno di essi.

Durante le campagne di conquiste i romani li conobbero, li apprezzarono e li portarono con sé contribuendo alla sua diffusione in tutta Europa. Tracce della presenza del gatto sono state rinvenute in tutte le regioni conquistate dai romani.

Sia gli Etruschi che i Romani conoscevano il gatto, del quale apprezzavano i servigi sia come animale da lavoro (per debellare i topi) che da compagnia. I Greci invece li ignorarono e per cacciare i topi dalle loro case, si servivano delle donnole e dei colubri.

Nel 10 a.c. l'imperatore Ottaviano Augusto in una rara manifestazione di ammirazione scrisse per la sua gatta:

"La mia gatta dal pelo lungo e dagli occhi gialli, la più intima amica della mia vecchiaia, 
il cui amore per me sgombro da pensieri possessivi, che non accetta obblighi più del dovuto............ mia pari così come pari agli Dei, non mi teme e non se la prende con me, 
non mi chiede più di quello che sono felice di dare......  
Com'è delicata e raffinata la sua bellezza, com'è nobile e indipendente il suo spirito; 
come straordinaria la sua abilità di combinare la libertà con una dipendenza restrittiva".

POMPEI
Il gatto, la cui pupilla subisce delle variazioni che ricordavano le fasi della luna, veniva paragonato alla sfinge per la sua natura segreta e misteriosa e per la sensibilità alle manifestazioni magnetiche ed elettriche.

"Un particolare è interessante: pur essendo tra gli animali favoriti dalle ricche matrone, che ne possedevano spesso più d'uno, non sono stati ritrovati gatti negli scavi di Pompei. Tutti ricordiamo il calco in gesso di un povero cane sorpreso dall 'eruzione del Vesuvio, ma di gatti nemmeno l'ombra! Eppure vi sono mosaici che ne confermano la presenza presso le case dei patrizi in villeggiatura sulla costa campana. Ciò fa supporre che tutti i gatti di Pompei e di Ercolano, fiutato il pericolo con un buon anticipo, si siano messi prudentemente in salvo... e chi ha un minimo di conoscenza diretta delle loro eccezionali capacità di captare i segnali d'allarme, sa che questa ipotesi è del tutto realistica."

Gli antichi Romani apprezzavano lo spirito indomito e curioso del gatto, tanto che la Dea Libertas, era spesso raffigurata in compagnia di un gatto. Nel I sec. d.c. anche a Roma, come precedentemente in Egitto, furono introdotte leggi severe volte a tutelare i gatti e la loro utilità contro i roditori.

Nell'antica Roma i gatti erano sacri a Diana, si credeva che avessero poteri magici, concessi loro dalla Dea. La Dea latina Diana, associata alla luna, alla femminilità e alla magia, proteggeva la gravidanza e intratteneva un rapporto privilegiato con la natura, i boschi, gli animali e le piante. Ella, per sedurre il fratello Apollo e concepire da lui un figlio, prese forma di gatto.

I GATTI DI LARGO ARGENTINA (ROMA)

ISIDE LA DEA DEI GATTI
L’introduzione nell’Impero Romano del culto di Bastet, poi identificata con la Dea Iside, rafforzò nei romani il culto del gatto sacro. In ogni città infatti vi era un tempio dedicato alla Dea, detto Serapeum. Nei templi di Iside i gatti giravano tranquillamente, sia al loro interno che nei suoi giardini, e la gente portava loro offerte di cibo. Ne esistevano pure diverse statue, praticamente tutte distrutte dall'intransigenza cristiana.

LA GATTA EGIZIA IN VIA DELLA GATTA (ROMA)
A Roma venne istituito un tempio che sorgeva dove oggi si trova la chiesa di Santo Stefano del Cacco, nel rione Pigna, qui venne rinvenuta la piccola statua della gatta che ancora oggi si può ammirare su un cornicione di Palazzo Grazioli, all'angolo di Via della Gatta, rinvenuta nel Tempio di Iside in Campo Marzio. Del resto Piazza Grazioli, era denominata un tempo Piazza della Gatta.

A Roma l'amore per i gatti si manifestò dal sorgere di diversi i nomi propri o addirittura cognomi con etimologia derivante dalla parola “gatto”: Felicula, Felicla (gattina o micina), Cattus, Cattulus (gatto, gattino). Alcuni reparti dell’esercito romano, in particolare i centurioni, sugli scudi recavano come simbolo gatti di colori differenti.

Presso i romani, dunque, il gatto godette di un notevole favore, anche se non venne divinizzato come in Egitto, ma Augusto scrisse addirittura un'ode in suo onore. Ora se Augusto amava i gatti e soprattutto la sua gatta, si può arguire che tutta la corte adorasse i gatti, per compiacenza, per scoperta, per imitazione o se non altro per moda.

Le matrone si circondarono di gatti di ogni provenienza e colore, e i commercianti dei mari si organizzarono in tal senso, importandone da ogni paese e facendoli incrociare tra loro per ottenere razze più belle e più rare per cui più costose.

Le matrone mettevano collarini preziosi ai loro mici, come nastri di seta decorati di pasta vitrea e pure di pietre preziose, o, a imitazione degli egizi, gli ponevano degli anelli d'oro tipo piercing sul naso e sulle orecchie. I collarini si intonavano al colore del pelo o più spesso dal colore degli occhi, ritenuto molto importante per la preziosità dell'animale.

Oppure, sempre sulla moda egizia che era seguitissima in epoca iulia, gli ponevano una pettorina ricamata e decorata.
GATTI APOTROPAICI
Naturalmente ne ebbero di diverse provenienze, a pelo lungo medio o corto, e di diversi colori, ma il gatto che predominò fu sempre il soriano, perchè più forte e resistente di qualsiasi altra razza.

Con il I secolo d.c. il gatto completò la colonizzazione dell'Europa e continuò la sua collaborazione con l'uomo ricoprendo soprattutto ruoli di utilità come disinfestatore dei granai e delle abitazioni. Il gatto (o micio, che è in fondo il suo nome più antico) non teneva solo lontani i topi, ma pure le blatte, i ragni e perfino gli insetti, perché cacciava qualsiasi essere si muovesse nel suo territorio.

Plinio ne fa una breve descrizione nelle sue "Storie Naturali" ammirato dalla loro agilità:
"Anche i gatti in quale silenzioso modo e con che passi furtivi piombano sugli uccelli! Come sanno spiare di nascosto i topi per poi lanciarsi sopra di loro! "

Scrive invece Erodoto (circa 490-425 a.c.):
"- I gatti morti vengono trasportati in tombe sacre, dove vengono sepolti dopo essere stati imbalsamati, nella città di Bubasti". (II, 67). 
- A Bubasti veniva venerata in particolare la dea Bastet, raffigurata con corpo di donna e testa di gatta. 
- Di infanticidio parla nel capitolo precedente (II,66): "Dopo che hanno partorito, le femmine non s'accostano più ai maschi e questi, pur desiderando di accoppiarsi con esse, non possono farlo. Allora ricorrono a questo espediente: rapiti alle femmine i piccoli e strappatili loro li uccidono, senza però divorarli. Quelle allora, private dei figli e desiderandone altri, finalmente s'accostano ai maschi, poiché l'animale ama la sua prole". 

In apparenza efferato, spiegano oggi gli etologi, in realtà il comportamento induce le femmine sollevate dall'allattamento a entrare in estro e ad accettare il nuovo maschio dominante che in questo modo assicura una discendenza al suo patrimonio genetico.
Questo fu detto anche dei leoni, in realtà accade in casi remotissimi, in genere gatti e felini non toccano i cuccioli. Nelle colonie di gatti in genere il capobranco è femmina e i maschi si allontanano per la maggior parte cercando nuovi lidi e nuove femmine.



IL CRISTIANESIMO STERMINATORE

L'avvento del cristianesimo invece fu per i gatti una vera calamità. Nella follia cristiana di peccato ed espiazione anche gli animali, senza alcun motivo, vennero divisi in benefici e malefici, i gatti rientrarono tra questi ultimi, colpevoli forse di non essere manipolabili come i cani e gli umani, ma soprattutto di essere creature notturne e quindi demoniache. I prelati videro da sempre questo felino come fonte di peccato, accusandolo di portare con sé tutti i malefici possibili. 

Per di più, il gatto fu molto presto associato alla stregoneria: le streghe amavano trasformarsi in animali, in particolare in gatte; una donna che vivesse con i gatti, ritenuti inviati dal diavolo per aiutarla nei suoi incantesimi, diventava automaticamente una strega.

Durante quest’era di oscurantismo, furono presi di mira soprattutto i gatti neri. Papa Gregorio IX (1170 - 1241) dichiarò i gatti neri stirpe di Satana nella sua bolla papale del 1233, con la quale prese avvio un vero e proprio sterminio di queste creature, torturate e arse vive al fine di scacciare il demonio. Ma il vero demonio era dentro di loro.

Seguono secoli bui e atroci per tutti i gatti che, assimilati a manifestazioni demoniache, subiscono ogni sorta di persecuzione e tortura, finendo spesso sui roghi della Santa Inquisizione insieme alle loro compagne di sventura, le donne, simbolo di tentazione e di peccato. La caccia alle streghe e ai gatti continua per tutto il Medioevo. Solo nelle comunità rurali più lontane da Roma e dagli agglomerati urbani in genere, il gatto si salva e continua a essere insostituibile per la caccia ai topi

Lo sterminio dei gatti, però, come una sorta di Nemesi, porta ben presto drammatiche conseguenze: non essendoci più il cacciatore storico dei topi, questi proliferano a dismisura e portano con sé le pestilenze che per lungo tempo falceranno milioni di individui, anche questo però considerato come punizione divina per i peccati degli uomini.

Oggi il gatto è il più frequente animale da compagnia dell'essere umano che lo ama e lo stima proprio come Augusto, per la sua delicatezza, sensibilità e autonomia. Per giunta molti esperimenti scientifici hanno dimostrato che il gatto ha straordinarie capacità extra-sensoriali, come percepire l’imminente morte del padrone o se questi si trova in pericolo, di esercitare la telepatia, la predizione di terremoti, temporali e altri eventi catastrofici prima che abbiano luogo.


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