PAN GRECO
Pan era lo spirito di tutte le creature e i luoghi naturali, con evocazioni di foresta, Grande Madre Natura, istinto e quindi abisso, il profondo interiore che fa paura.
Dal suo nome deriva il termine panico, infatti il si divertiva ad emettere suoni improvvisi spaventando i pastori, tutto sommato era un mattacchione.
Secondo l'Inno omerico, i suoi genitori erano Ermes e Driope, la ninfa della quercia, e secondo il mito descritto da Plutarco un grido di terrore annunciò ai marinai egei, il declino degli Dei antichi e la fine dell'Olimpo:
"Il grande Pan è morto!!!"
Dio potente e selvaggio, con zampe irsute e zoccoli, con coda e corna caprine, busto umano e volto è barbuto, agile e rapido, vaga per i boschi, spesso per inseguire le ninfe con cui brama accoppiarsi, ma non disdegnava neppure i maschi, e spesso si abbandonava a pratiche oscene, ma si dava anche alla musica con lo zufolo e alla danza.
Mezzo uomo e mezzo caprone non alberga nell'Olimpo ma nei campi e nelle selve, soprattutto nell'ora meridiana, a proteggere greggi ed armenti, spesso gli vengono consacrate le cime dei monti, ponendovi sul cocuzzolo alti pali a forma di tau o di croce.
Pan vagava per i monti d'Arcadia, dove pascolava greggi e allevava api. Era allegro, venerato e pure temuto, carnale e primitivo, spesso rappresentato come Priapo con un grande fallo, ma quando non riusciva ad accoppiarsi si masturbava. Era legato alla terra, alla fertilità dei campi e alla Luna, probabilmente un tempo figlio della Grande Madre Pandroso, o Pandora, o Pandoro, una divinità ellenica poi declassata a donna, da cui Pan trasse il nome.
I Romani lo identificarono con il loro dio Fauno.
FAUNO ITALICO
La festa dedicata a Roma al Dio Fauno si celebrava il 15 febbraio, quando anticamente si approssimava l'anno nuovo che all'epoca iniziava a marzo, quando le giornate si allungano e la vegetazione risorge.
Per celebrare questo passaggio delicato, al mattino del 15 febbraio, la confraternita dei Luperci, vestiti però di pelli di capre (il februum) appena immolate, occupava il Palatino in nome del Dio Fauno.
I Luperci, una specie di giovani sacerdoti, tramite i riti e i sacrifici, avrebbero allontanato i lupi dalla comunità e protetto le greggi in nome di Fauno. Nella corsa che seguiva, narrata da Plutarco, i luperci colpivano soprattutto le donne con fruste di pelle caprina che avevano il potere di fertilizzarle. Poi a due giovani nobili veniva toccata la fronte con la lana sacrificale ancora sanguinante, successivamente asciugata con un fiocco di lana bagnato nel latte.
Sembra ci fosse una commistione tra il Dio Luperco e il Dio Fauno, perchè la capra è lagata al Dio Fauno e pure al Dio Silvano e alla fecondità, e spesso l'animale sacro era quello immolato, ma il contatto col sangue e col latte sembra rimandare al contatto con la madre e col figlio, dove sacrificare la madre è nutrirsi delle creature della madre, dei prodotti della terra, di cui però siamo anche noi figli. A questo cerimoniale seguiva la risata rituale dei due, che fa pensare a una presa di coscienza che pone fine al dramma della vita e della morte.
L'aspetto del Dio Fauno, che successivamente nella mitologia romana diventa una stirpe numerosa e semidivina che scorrazza per monti e valli a caccia di ninfe, è stato trasformato dalla chiesa cattolica nell'immagine del diavolo, identica in ogni particolare, dalle gambe irsute da capro, le corna, la coda, gli zoccoli. I fauni rappresentano il lato selvaggio, istintuale e sessuale della natura e dell'uomo, ma nell'uomo diventa demoniaco perchè l'istinto è peccato.
SILVANO ITALICO E ROMANO
Silvano era un Dio antichissimo, non dimentichiamo che uno degli appellativi di Diana era Silvana, e che era una dea Vergine e che come tutte le Dee vergini era stata una Grande Madre che partoriva senza avere avuto un marito (questo era il significato di virgo), e il figlio-vegetazione poi moriva nel solstizio di inverno per risorgere all'equinozio di primavera, appunto come la vegetazione.
Silvano fu spesso assimilato a Fauno che per lungo tempo lo soppiantò. Tuttavia il suo aspetto era molto diverso da quello di Fauno. Silvano non è metà capro e metà umano, è solo umano anche se di aspetto primitivo, quasi sempre raffigurato nudo, barbuto, con capelli lunghi, con una corona di pino sul capo, una pelle caprina sulle spalle che scendeva sorretta da un braccio a fare da cesto ad uva, pomi e pigne. Oppure portava con ambedue le braccia un cesto di frutta, in qualità di custode degli orti, oltre che protettore degli armenti e dei campi. Aveva calzari da contadino e lo accompagnava un cane.
Con la mano sinistra teneva il ramo di pino, con l'altra un coltello ricurvo, un pennato (la falx arboraria dei latini), lo strumento dei boscaioli, con breve impugnatura, con lama larga, lunga 30/40 cm, e la punta ricurva in avanti.
A Pesaro è stata rinvenuta un'ara dedicata a Silvano Augusto, dove sopra era la statua del Dio,con raffigurazioni sulla base di: un gallo sul lato destro, un lituus (il pastorale) sul lato sinistro e una fistula (zampogna), mentre sul retro aveva una coppa e una brocca, evidentemente gli attributi del Dio. La dedica riporta:
"A Silvano Augusto consacrato. Ligo e Anencleto, schiavi di Quinto Alfio, sciolsero il voto lieti per il beneficio ricevuto."
nomi
lar agrestus
arvorum pecorunsque deus
luporum exactor
marte silvano
sanctus silvanus pantheus
I contadini del Lazio sacrificavano a Silvano giochi e statue, in autunno edificavano altari al Dio e immolavano vittime. Allora il padre così diceva ai figli:
In un bassorilievo oggi a Berlino Silvano è rappresentato tra due pini che demarcano i confini tra due terreni, i cui proprietari unitamente offrono al Dio il sacrificio.
Dunque Silvano protegge animali e piante ma anche gli uomini dalle malattie, ma occorre guardarsi da lui, perchè è pericoloso per i neonati, e quando una donna ha partorito si pongono tre guardiani che di notte girano attorno al perimetro della casa, che colpiscono con la scure, poi col pestello, e infine spazzano con la scopa.
I tre rappresentano tre divinità già invocate in soccorso del neonato e della madre, e cioè Intercidona con la scure, Pilunno col pestello e Deverra con la scopa, tre divinità occupate a salvare il neonato e pure sua madre dalle furie di Silvano.
Pan era lo spirito di tutte le creature e i luoghi naturali, con evocazioni di foresta, Grande Madre Natura, istinto e quindi abisso, il profondo interiore che fa paura.
Dal suo nome deriva il termine panico, infatti il si divertiva ad emettere suoni improvvisi spaventando i pastori, tutto sommato era un mattacchione.
PAN |
"Il grande Pan è morto!!!"
Dio potente e selvaggio, con zampe irsute e zoccoli, con coda e corna caprine, busto umano e volto è barbuto, agile e rapido, vaga per i boschi, spesso per inseguire le ninfe con cui brama accoppiarsi, ma non disdegnava neppure i maschi, e spesso si abbandonava a pratiche oscene, ma si dava anche alla musica con lo zufolo e alla danza.
Mezzo uomo e mezzo caprone non alberga nell'Olimpo ma nei campi e nelle selve, soprattutto nell'ora meridiana, a proteggere greggi ed armenti, spesso gli vengono consacrate le cime dei monti, ponendovi sul cocuzzolo alti pali a forma di tau o di croce.
Pan vagava per i monti d'Arcadia, dove pascolava greggi e allevava api. Era allegro, venerato e pure temuto, carnale e primitivo, spesso rappresentato come Priapo con un grande fallo, ma quando non riusciva ad accoppiarsi si masturbava. Era legato alla terra, alla fertilità dei campi e alla Luna, probabilmente un tempo figlio della Grande Madre Pandroso, o Pandora, o Pandoro, una divinità ellenica poi declassata a donna, da cui Pan trasse il nome.
I Romani lo identificarono con il loro dio Fauno.
FAUNO ITALICO
La festa dedicata a Roma al Dio Fauno si celebrava il 15 febbraio, quando anticamente si approssimava l'anno nuovo che all'epoca iniziava a marzo, quando le giornate si allungano e la vegetazione risorge.
Per celebrare questo passaggio delicato, al mattino del 15 febbraio, la confraternita dei Luperci, vestiti però di pelli di capre (il februum) appena immolate, occupava il Palatino in nome del Dio Fauno.
FAUNO |
Sembra ci fosse una commistione tra il Dio Luperco e il Dio Fauno, perchè la capra è lagata al Dio Fauno e pure al Dio Silvano e alla fecondità, e spesso l'animale sacro era quello immolato, ma il contatto col sangue e col latte sembra rimandare al contatto con la madre e col figlio, dove sacrificare la madre è nutrirsi delle creature della madre, dei prodotti della terra, di cui però siamo anche noi figli. A questo cerimoniale seguiva la risata rituale dei due, che fa pensare a una presa di coscienza che pone fine al dramma della vita e della morte.
L'aspetto del Dio Fauno, che successivamente nella mitologia romana diventa una stirpe numerosa e semidivina che scorrazza per monti e valli a caccia di ninfe, è stato trasformato dalla chiesa cattolica nell'immagine del diavolo, identica in ogni particolare, dalle gambe irsute da capro, le corna, la coda, gli zoccoli. I fauni rappresentano il lato selvaggio, istintuale e sessuale della natura e dell'uomo, ma nell'uomo diventa demoniaco perchè l'istinto è peccato.
SILVANO ITALICO E ROMANO
Silvano era un Dio antichissimo, non dimentichiamo che uno degli appellativi di Diana era Silvana, e che era una dea Vergine e che come tutte le Dee vergini era stata una Grande Madre che partoriva senza avere avuto un marito (questo era il significato di virgo), e il figlio-vegetazione poi moriva nel solstizio di inverno per risorgere all'equinozio di primavera, appunto come la vegetazione.
SILVANO CON IL FALCETTO ED IL CANE |
Con la mano sinistra teneva il ramo di pino, con l'altra un coltello ricurvo, un pennato (la falx arboraria dei latini), lo strumento dei boscaioli, con breve impugnatura, con lama larga, lunga 30/40 cm, e la punta ricurva in avanti.
A Pesaro è stata rinvenuta un'ara dedicata a Silvano Augusto, dove sopra era la statua del Dio,con raffigurazioni sulla base di: un gallo sul lato destro, un lituus (il pastorale) sul lato sinistro e una fistula (zampogna), mentre sul retro aveva una coppa e una brocca, evidentemente gli attributi del Dio. La dedica riporta:
"A Silvano Augusto consacrato. Ligo e Anencleto, schiavi di Quinto Alfio, sciolsero il voto lieti per il beneficio ricevuto."
nomi
lar agrestus
arvorum pecorunsque deus
luporum exactor
marte silvano
sanctus silvanus pantheus
SILVANO |
"Ornate gli altari, ornate di rami di pini il simulacro del Dio!"
Silvano infatti ama i rami di pino. Poi così implorava il Dio:
"O Silvano, proteggi i campi e i boschi, scaccia le malattie, custodisci e conserva le ville e le famiglie." Alla fine il contadino tornava al villaggio.
In un bassorilievo oggi a Berlino Silvano è rappresentato tra due pini che demarcano i confini tra due terreni, i cui proprietari unitamente offrono al Dio il sacrificio.
Un'antichissima statua di legno di Silvano era posta a Roma sotto un fico presso il tempio di Saturno e a Silvano e ad Ercole Domiziano consacrò un tempio sulla via Appia all''VIII miglio, anche se il culto del Dio fu riportato in auge da Traiano.
ARA DEDICATA A SILVANO |
I tre rappresentano tre divinità già invocate in soccorso del neonato e della madre, e cioè Intercidona con la scure, Pilunno col pestello e Deverra con la scopa, tre divinità occupate a salvare il neonato e pure sua madre dalle furie di Silvano.
Nel museo del Marmo di Carrara si conserva una stele votiva trovata a Luni, dove in bassorilievo c'è un uomo barbuto con un pennato nella destra e un ramo d’albero nella sinistra, un’immagine del Dio Silvano venerato nel territorio di Luni. Nel 1924 fu scoperta presso la cava di Gioia (Carrara) un bassorilievo con un’altra immagine del Dio Silvano, che ha nella mano destra un pennato e nella mano sinistra un ramo d’albero, esattamente come a Luni.
Alcuni studiosi ritengono Silvano un Dio italo-etrusco di provenienza toscana, pertanto protettore anche del sottosuolo, ciò di cave e miniere di cui il territorio abbondava.