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VENTOTENE - PANDARIA (Lazio)

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Ventotene è un'isola del Mar Tirreno, posta al confine tra Lazio e Campania. L'isola ha origini vulcaniche, e fa geograficamente parte dell'arcipelago pontino, mentre geologicamente è parte delle isole flegree, insieme a Ischia, Procida e Vivara. L'isola, con forma allungata, misura 3 km x 800 m circa.

L'arcipelago pontino comprende sei isole maggiori, divise in due gruppi principali:
- gruppo di nord-ovest (del comune di Ponza)
Isola di Ponza
Isola Palmarola
Isola di Zannone
Isola di Gavi
- gruppo di sud-est (del comune di Ventotene)
Isola di Ventotene
Isola di Santo Stefano

Denominata dai Greci Pandataria e poi Pandaria dai Romani, l'isola divenne appunto colonia romana, dove villeggiava la famiglia imperiale, e dove poi vennero confinati i membri sgraditi della famiglia imperiale.

ORMEGGI ROMANI
Famosa esiliata fu appunto la figlia unica di Augusto, Giulia (39 a.c.-14 d.c.), per condotta non condivisa dal padre.

Vi sono infatti dei resti di villa Giulia a Punta Eolo. poi l'imperatore Tiberio esiliò la nipote Agrippina nel 29 d.c. e più tardi l'imperatore Nerone esiliò sua moglie Ottavia, dopo averla ripudiata. Aveva appena divorziato da lei con il pretesto che non gli aveva fatto avere figli. Agrippina maggiore morì sull'isola di fame (probabilmente per ordine dell'imperatore Tiberio stesso) nel 33 d.c.

Del periodo romano a Ventotene sono rimaste diverse rovine di ville e acquedotti, il porto antico e le peschiere modellate nelle rocce vulcaniche di tufo. A Ventotene vennero anche confinate: Agrippina Maggiore, Giulia Livilla, Claudia Ottavia e Flavia Domitilla, quest'ultima la santa cristiana .che i giudei dichiarano convertita al giudaismo, ma i cristiani al cristianesimo e pure martirizzata.

Ventotene fin dal tempo dei fenici usufruì di un suo porto, ristrutturato dai romani che fecero dell'isola una loro colonia e in uso a tutt'oggi.



VILLA GIULIA

Nata per essere residenza estiva dell'imperatore Augusto, si estendeva per oltre 300 m di lunghezza e circa 100 di larghezza sul promontorio di Punta Eolo. In effetti fu una delle ville estive di Ottaviano e della sua famiglia, ma poi cambiò destinazione. 

La villa prende il nome da Iulia, l'unica figlia dell'imperatore Augusto esiliata dal padre per malcostume, e forse anche per complotto, onde dare un severo monito a tutti i romani.

Iulia Caesaris filia o Iulia Augusti filia; ottobre 39 a.c. – 14) era la figlia di Augusto, l'unica naturale, e della sua seconda moglie Scribonia. Ottaviano divorziò dalla moglie e ottenne la piena potestà sulla bambina, che tolse alla madre naturale; poi inviata dalla matrigna Livia per ricevere l'educazione di una ragazza romana aristocratica, che Ottaviano volle fosse esemplare.

« Augusto allevò la figlia e le nipoti con tale severità che vennero abituate al lavoro della lana e vietò loro di dire o fare qualcosa se non pubblicamente, perché ogni cosa potesse essere annotata nel diario quotidiano.»
(Svetonio, Augustus, 64.)



La bella e sfortunata Iulia, prende il nome, come tutte le donne romane, dalla "familia" del padre, e cioè la "familia Iulia" e cioè la famiglia del padre adottante di Ottaviano, vale a dire Giulio Cesare.

Ella era figlia di secondo letto di Ottaviano, e in questa isola visse per diversi anni come prigioniera..

Per alcuni a causa della troppa severità e magari maschilismo del padre, a cui ella si ribellò sentitamente, sembra però che addirittura avesse complottato contro il padre, ma secondo alcuni, per i macchinosi intrighi di Livia, la seconda moglie di Augusto, onde assicurare la successione ai propri figli anzichè a quelli di Iulia.

Anche se ambedue i figli di Iulia morirono prematuramente, resta difficile vedere Livia come un'intrigante donna di potere. Livia adorava l'Augusto, o almeno si comportava come se lo adorasse. Per lui tesseva e cuciva le sue vesti e gli cucinava personalmente e diciamocelo, a vedere i suoi ritratti, ha la faccia paciosa di una pia popolana più che di un'audace intrigante.

Anche perchè con Augusto avrebbe rischiato parecchio. Ottaviano, seppure molto incline ad accontentare i desideri di Livia, l'aveva scelta proprio perchè donna molto schiva, remissiva e di castigati costumi, e così ella fu vita-natural-durante. 



Se Ottaviano avesse solo sospettato l'assassinio di un suo nipote, Livia avrebbe rischiato la morte.

Nella villa si possono ancora riconoscere i cortili, le stanze, i corridoi, i giardini, le cisterne e le terme. 

Soprattutto l'area delle terme è ben conservata, dove si possono ammirare le strutture del calidarium, tepidarium, e frigidarium che godono oltre che della splendida vista del mare, della verdeggiante e vicina isola di Ponza.

Come si vede tutto è realizzato in opus reticulatum, con alcune strutture in laterizio fatte di sole tegole: particolare che lo data alla prima età augustea. Tracce di rifacimenti con mattoni, con rozza muratura o addirittura con strutture di recupero si vedranno un pò ovunque, soprattutto in quelle parti più esposte al vento e dei marosi.

RICOSTRUZIONE DELLE CISTERNE

LE CISTERNE

Non potendo contare su sorgenti locali, a Ventotene vennero installati di due enormi serbatoi, capaci di raccogliere direttamente le acque piovane e indirettamente quelle di filtrazione. 

Si crearono così due grandi contenitori nel lato meridionale dell’isola, in modo da accogliere e incanalare le acque di filtrazione dei displuvi a monte e l'acqua delle piogge periodiche. 

Le due cisterne, chiamate oggi la Cisterna di Villa Stefania e quella dei Detenuti si trovano poco distanti da Piazza Castello e si estendono per circa 700 mq la prima e oltre i 1200 mq l’altra. 

Entrambe sono ancora intatte grazie al loro rivestimento in cocciopesto, e furono riutilizzate nei secoli, come si evince anche dalla ricchezza dei segni dell'uomo: dipinti, edicole votive, firme e graffiti.

LA PESCHIERA

LA PESCHIERA

Nella parte centrale del banco roccioso che si protende in mare ai piedi dell’attuale faro, emergono, genialmente attrezzati, i resti di una peschiera  scavata nella roccia, dove i raffinati romani, giusto nel I sec. a.c., iniziano ad apprezzare il pesce marino più pregiato, e le ville marittime imperiali vengono dotate di peschiere sofisticate, mentre il pesce d’acqua dolce continua a essere apprezzato solo dalle classi povere.

Le peschiere avevano canali sul fondo per il ricambio delle acque, congegnati con una sorta di chiusura a saracinesca, per impedire la dispersione in mare dei pesci; con canali di collegamento tra le vasche per passare i pesci da una parte all’altra. In questo modo l'acqua non stagnava, ma si riproduceva un ambiente marino con piccoli scogli coperti da alghe, grotticelle e anfratti ombrosi per proteggerli dal sole estivo.

Il complesso ittico è diviso in tre parti. Sulla costa due vasche coperte ricevevano i condotti di acqua dolce per la miscelazione con quella marina, in cui i pesci erano al riparo dal sole e dal moto ondoso, ideale per la deposizione delle uova. Una banchina ricavata nello scavo del banco tufaceo, oggi a pelo d’acqua ma allora agibile, larga circa 1 m. consentiva i movimenti al personale addetto. 

Questi ambienti erano decorati con intonaci e stucchi colorati. Il settore centrale, scoperto, aveva una grande vasca con banchina, oggi sommersa, larga circa 1,50 m. La vasca era divisa in due da una parete con due saracinesche.

Nel vano meridionale alcune murature circolari che delineavano i percorsi dove i pesci potevano circolare, guidati e obbligati da grate e paratie manovrabili dall’alto, con fori calibrati per consentire il passaggio dell’acqua e impedire la fuga dei pesci.

Il settore più avanzato era un banco tufaceo, che fungeva da frangiflutti per le mareggiate. Dei canali di comunicazione con il mare permettevano il ricambio delle acque e attraverso la miscelazione dell’acqua marina e quella dolce, attiravano i pesci dal mare immettendoli nella peschiera.

PORTO ROMANO

IL PORTO ROMANO

Il Porto Romano di Ventotene è un'opera colossale, in quanto ottenuto da un enorme scavo praticato sul banco tufaceo che degradava a mare, e da cui furono asportati ben 60.000 mc di roccia. Venne così formato un bacino profondo tre m completamente circondato dalla roccia. La trasformazione dell’isola avvenne grosso modo nel passaggio tra Repubblica e Impero, quando Ventotene divenne proprietà imperiale.


L’imboccatura del porto, rivolta a Est, consente l’accesso anche in condizioni di cattivo tempo con venti di Maestrale e Libeccio, e il bacino protegge praticamente da tutti i venti. Era la meta soprattutto di navi onerarie di piccola e media stazza, assicurando i rifornimenti e il collegamento con la terraferma. Ma in casi eccezionali poteva ricoverare anche imbarcazioni fino a 30-35 m di lunghezza.

Dato che le navi da carico utilizzavano esclusivamente la vela quadra e non i remi, è probabile che le grandi bitte, ancor oggi visibili all’imboccatura del porto, servissero oltre che a sbarrare l’accesso con l’aiuto di catene, alloggiate in una retrostante piccola grotta scavata nel tufo, anche a facilitare l’ingresso in caso di necessità, attraverso cime da traino tirate da terra.



LE SALINE

Le saline furono molto importanti per i romani, basti ricordare che la via Salaria fu così chiamata perchè metteva in comunicazione con le saline, dal Campus salinarum a Fiumicino e Maccarese. 

Il sale era indispensabile non solo per gli umani ma anche per gli animali da allevamento.

Tutti gli animali cercano sale, soprattutto nella stagione calda, ma soprattutto gli animali usati per il traino, che sudando perdono tanto sale che non basta l'erba per rimpiazzarlo.

Le saline di Ventotene producevano abbastanza da rifornire tutta l'isola, ma in parte, per quel famoso senso del business romano, veniva esportato anche oltremare, tenendo conto che il salgemma non era facile da reperire.

Infatti Plinio il Vecchio cita come una particolarità la miniera di salgemma di Lungro, in Calabria, che ha rappresentato per millenni la più grande ricchezza di quasi tutta la piana di Sibari. Il sale veniva esportato in tutta la Calabria, in territorio italico e pure europeo.


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