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LA PIETAS ROMANA

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SACRIFICIO AGLI DEI

LA SALVAGUARDIA DELLA RES PUBLICA

Il senso religioso romano o "pietas romana" ha come base non il sentimento verso gli Dei ma la volontà e la possibilità di garantire il successo alla respublica mediante la scrupolosa osservanza della religio, dei suoi culti, dei suoi riti, della sua tradizione, osservanza che consente di ottenere il favore degli Dei e garantire la pax deum (pax deorum).

Gli esecutori e garanti di questa possibilità sono i sacerdoti che eseguono scrupolosamente quanto è necessario in riti e  cerimonie per l'ottenimento della salvaguardia e della vittoria di Roma.
La benevolentia degli Dei viene dunque determinata dalla scrupolosa osservanza della religio e dei suoi riti, ed è testimoniata infatti dal successo di Roma nei confronti delle altre città e nel Mondo.

Dunque i romani non hanno alcun obbligo di amare gli Dei, obbligo precipuo del cristianesimo, nessun romano pensa che si possa amare un Dio che domina con premi e punizioni, nè pensa che gli Dei possano amarlo, ma crede ad un "do ut des" tra uomo e Dei. Donando agli Dei onori, preghiere e templi essi riconoscenti accorderanno la loro protezione.

« ... ma è nel sentimento religioso e nell'osservanza del culto e pure in questa saggezza eccezionale che ci ha fatto intendere appieno che tutto è retto e governato dalla volontà divina, che noi abbiamo superato tutti i popoli e tutte le nazioni.»
(Cicerone, De haruspicum responso)

La possibilità di ingraziarsi gli Dei sia come stato che individualmente si rafforza sotto i Tarquinii, che sostituiscono una triade esclusivamente maschile con una triade mista.
« Sotto la dominazione etrusca perde di attualità la vecchia triade costituita da Giove, Marte e Quirino, che viene sostituita dalla triade formata da Giove, Giunone e Minerva, istituita all'epoca dei Tarquini. È evidente l'influenza etrusco-latina, che del resto apporta alcuni elementi greci. Le divinità hanno ora delle statue: Juppiter Optimus Maximus, come d'ora innanzi sarà chiamato, è presentato ai Romani sotto l'immagine etruschizzata dello Zeus greco.»
(Mircea Eliade, Storia delle idee e delle credenze religiose)

PROCESSIONE DELL'ARA PACIS
La presenza di due Dee sicuramente ingentiliva l'aspetto esclusivamente guerriero del popolo romano, tanto è vero che Marte, Dio della guerra, viene sostituito con Minerva, Dea della guerra che è però contemporaneamente Dea dell'intelligenza operosa.

La benevolenza degli Dei si poteva ottenere con vari sistemi:

- la Supplicatio
- l'Obsecratio
- il Piaculum
- la Propitiatio
- la Precatio
- il Votum
- l'Exvotum
- il Lectisternio
- il Sacrificium
- la Libatio
- i Ludi Votivi

La Supplicatio, l'Obsecratio, il Piaculum, la Propitiatio e la Precatio potevano essere usate in parte unitamente o divise, ma includevano sempre un sacrificio animale e una libatio (libagione di vino), e spesso una processione.


La Processione

Nelle processioni in genere sfilavano i sacerdoti coi loro "camilli" (addetti subalterni) che portavano a spalla una statua di legno della divinità, pitturata, vestita e ingioiellata. Seguivano  i suonatori con i loro strumenti musicali che a volte erano gli stessi sacerdoti, oppure i sacerdoti scandivano i tempi con dei sonagli o tamburelli

Le donne usavano velarsi il capo con un lembo del mantello o della veste, come alcuni sacerdoti e il sommo pontefice. Sembra che in talune processioni eseguite per togliere l'ira degli Dei o supposte maledizioni nemiche, fosse proibito indossare cinture sulle vesti.

PROCESSIONE ISIACA

SUPPLICATIO

La supplicatio, come rito greco, si affermò nel III secolo. Prescritta per lo più dal collegio dei "decemviri sacris faciundis", essa si formalizzava attraverso invocazioni  rivolte agli Dei dall’intera popolazione che, riunita in processione, faceva il giro dei santuari, aperti per l’occasione al pubblico.
Si supplicavano gli Dei per concedere un beneficio o allontanare un pericolo.

Nell'occasione venivano adagiate nei templi le statue recumbenti degli Dei su dei divani muniti di cuscini (come nei lettisternia). e i fedeli vi si soffermavano per recitare le giaculatorie (frasi ripetute sempre uguali).

La Supplicatio ha come caratteristica principale la partecipazione di tutto il popolo, anche con vecchi e bambini. E' la massa che determina l'importanza della richiesta. Inoltre i fedeli per l'occasione gettano fiori alle statue, ma pure nastri e ghirlande, o vesti preziose o addirittura gioielli.



OBSECRATIO

L'obsecratio (pronuncia obsecrazio) aveva un carattere di austerità e di penitenza in espiazione di colpe sconosciute ma da emendare, per allontanare gli effetti dell'ira divina sul popolo. Ovviamente non prevedeva festeggiamenti ed era eseguita da tutto il popolo con a capo i magistrati. 

Ad esempio se cadeva un fulmine su un tempio o sul capitolium di sicuro una divinità era in collera per qualche ragione. I romani non cercavano mai i colpevoli di tali 'incidenti divini' nè se li inventava, ma si preoccupavano invece di ovviare ai danni. Nell'occasione le romane usavano
indossare abiti severi ed evitavano i gioielli.

L'obsecratio intesa come solenne supplica e umiliazione della città intera, quasi una preghiera o la richiesta di una grazia, fu talvolta decretata in occasione di pubblico pericolo o calamità e in seguito a prodigi (omina) che facevano scorgere l'ira degli Dei.



PIACULUM

Riguardavano atti colpevoli avvenuti senza volontà di offendere gli Dei, o atti necessari che non potevano essere ovviati ma che offendevano gli Dei.

SACERDOTE CHE SACRIFICA A CIBELE
Tanto l'atto da espiare, quanto l'espiazione, ossia l'atto con il quale si espiava, si diceva piaculum. La più lieve infrazione alle norme precise che regolavano le cerimonie religiose, e quelle di carattere sacro, costituiva un piaculum.

Erano piacula:
  • - ricominciare da capo la cerimonia o l'atto. Plutarco (Coriol., 25) afferma che ai suoi tempi si ricominciò un sacrificio fino a trenta volte. Secondo Livio (XXXII, 1; XXXVII, 3) le ferie latine, negli anni 190 e 189 a. c., furono rinnovate. Il più comune degli atti espiatori consisteva in un sacrificio, in genere d'un maiale o d'una troia. 
    • - Alcuni sacrifici espiatori avevano un carattere desecratorio: così il sacrificio d'una troia che ogni anno si offriva a Cerere prima di mettere mano alle primizie, aveva lo scopo di espiare e riscattare la proprietà sacra della messe adibendola all'uso profano. 
      La competenza del giudizio della procedura dei piacula riferentesi alla religione nazionale era del collegio dei pontefici, quella concernente i culti non latini spettava ai XV viri sacris faciundis.



      PROPITIATIO

      Era una ritualità propiziatoria, non riparatoria ma preventiva; s'indicevano dal senato o dai pontefici le pubbliche preghiere di espiazione per ottenere dalla divinità che si dileguasse la minaccia di un imminente disastro.

      Per esempio una minaccia di guerra che si riteneva pericolosa, o un prodigio (omen) negativo, come un vitello che nasce con due teste, o un'inondazione temuta, o una prolungata siccità che poteva provocare disastri, o la malattia di un imperatore amato e così via.



      GRATULATIO

      La ritualità  gratulatoria, con cui si ringraziavano gli Dei per la riuscita di un'impresa, si compiva con feste e sacrifici rituali in occasione di trionfi celebrati da condottieri romani reduci da fortunate imprese belliche, oppure per essere riusciti a far rientrare una sollevazione popolare attraverso un accordo, o per la stipula vantaggiosa di un trattato di alleanza, o per altri vantaggi ottenuti, sperati o insperati.

      Come ringraziamento in occasione di un'importante vittoria bellica: era in genere decretata nel momento in cui il Senato riceveva da un generale (imperator) il rapporto ufficiale sull'esito vittorioso del combattimento, e la durata della supplicatio-gratulatio era proporzionata all'importanza della vittoria. Talvolta era decretata per un solo giorno, ma più comunemente per tre o cinque giorni.

      - Una supplicatio-gratulatio di dieci giorni fu decretata per la prima volta in onore di Pompeo alla conclusione della guerra contro Mitridate, re del Ponto
      - una di quindici giorni dopo la vittoria contro i Belgi da parte di Giulio Cesare, un onore che, come sottolineò lo stesso Cesare nel De bello Gallico, non era stato mai tributato prima ad alcuno. 
      - In seguito una di venti giorni fu decretata dopo la vittoria cesariana su Vercingetorige. 

      Dopo di allora sembra che il Senato abbia progressivamente aumentato la durata delle supplicationes per ingraziarsi i generali. Si trova menzione di supplicationes di quaranta, cinquanta, perfino sessanta giorni. Una supplicatio era in genere considerata il preludio di un trionfo, ma non sempre era seguita da esso. 

      UN SIMIL-LECTISTERNIO

      PRECATIO

      La precatio (preghiera) veniva formulata in casi importanti, in genere in previsione di una guerra, ma poteva essere usata anche per un altro pericolo temuto, come  per evitare la tempesta sulle navi che portassero il grano a Roma o sulle navi romane da guerra che andavano a combattere.

      Nella precatio a volte si fa menzione della guerra che si stava per combattere, ma non dell’avversario contro il quale ci si voleva cautelare, per il carattere predefinito attinto dagli archivi religiosi; identiche espressioni, proprie del linguaggio sacerdotale formale, si usano in casi molto diversi, come quella dell'"ordinatio comitiorum bene ac feliciter eveniret rei publicae"

      Mentre però nel 200 furono i consoli ad indicare ai sacerdoti gli Dei (del lettisternio) a cui rivolgere la preghiera, nel 191 è il senato ad indicare direttamente ai consoli gli Dei a cui rivolgere l’invocazione. Il responso degli aruspici, come in parte quello della precatio, sembra essere sempre uguale, a prescindere dalla situazione contingente.
      Sono però riscontrabili talune differenze nei rituali delle due date, dato che qui come beneficiario dell’invocazione figura il solo senatus populusque, non anche, oltre al populus, i socii ed il nomen Latinum.

      L'onore di una Precatio venne conferito a Cicerone, in seguito alla repressione della congiura di Catilina; naturalmente senza trionfo, in quanto non aveva vinto una guerra nè si poteva gioire in occasione di una guerra civile. Comunque in seguito pagò caro la repressione a seguito della quale venne invece esiliato.


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