TEMPIO DI GIUNONE SOSPITA |
LE ORIGINI
I primi dati certi la inseriscono fra i trenta populi della Lega Latina, populi che si riunivano nel lucus di Diana Nemorense. Lanuvium insorse, insieme ad altre città latine, contro Roma, nella battaglia presso Aricia (504 a.c.), in quella del lago Regillo (496 a.c.), nel 383 a.c., e nel 341 a.c., con esiti quasi sempre catastrofici.
In seguito all'ultima e definitiva sconfitta avvenuta nel 338 a.c., perse, insieme alle altre cittadine del Latium vetus, l'indipendenza, ma già nel 332 a.c. ottenne un trattamento di privilegio e la Civitas cum suffragio da parte di Roma, in cambio di ammettere il popolo romano ad amministrare la metà dei proventi del santuario di Giunone Sospita.
I primi dati certi la inseriscono fra i trenta populi della Lega Latina, populi che si riunivano nel lucus di Diana Nemorense. Lanuvium insorse, insieme ad altre città latine, contro Roma, nella battaglia presso Aricia (504 a.c.), in quella del lago Regillo (496 a.c.), nel 383 a.c., e nel 341 a.c., con esiti quasi sempre catastrofici.
In seguito all'ultima e definitiva sconfitta avvenuta nel 338 a.c., perse, insieme alle altre cittadine del Latium vetus, l'indipendenza, ma già nel 332 a.c. ottenne un trattamento di privilegio e la Civitas cum suffragio da parte di Roma, in cambio di ammettere il popolo romano ad amministrare la metà dei proventi del santuario di Giunone Sospita.
DIOMEDE |
La seconda storia, che si rifà al filone troiano, è emersa grazie al ritrovamento di frammenti di intonaco rinvenuti nel 1969 a Taormina e appartenenti al ginnasio dell'antica Tauromenion.
Qui si parla di Fabio Pittore (260 - 190 a.c.), primo annalista romano, che narra dell'arrivo in Italia, in seguito alla guerra di Troia, di un certo Lanoios, fondatore nel Lazio di una cittadina, che avrebbe preso da lui il nome. Da Lanoios a Lanuvio effettivamente il passo è breve.
Il museo civico Lanuvino ospita i reperti archeologici rivenuti all'interno della Stipe Votiva dei Pantanacci, i resti del Teatro romano dell’antica Lanuvium e il Santuario di Giunone Sospita (cioè la Salvatrice ) nell’area di Villa sforza Cesarini.
STIPE VOTIVA DEI PANTANACCI
DA - Archeologia Viva n. 159 – maggio/giugno 2013 (Fonte) :
"Estate 2012 in Lazio. L’intervento del Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico della Guardia di Finanza interrompe uno scavo clandestino in località Pantanacci e recupera una grande quantità di antico materiale votivo destinato al mercato antiquario internazionale.
Data la situazione di emergenza, si avvia subito una prima campagna di scavo sotto la direzione scientifica di Luca Attenni, direttore del Museo Civico Lanuvino, di Fausto Zevi, ordinario di Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana all’Università di Roma “La Sapienza” e, quale responsabile unico dell’intervento, di Giuseppina Ghini, funzionario della Soprintendenza per i Beni archeologici del Lazio.
L’eccezionalità del sito di Pantanacci, in mezzo ai rigogliosi boschi dell’antico Ager Lanuvinus, non lontano dal celebre santuario di Giunone Sospita consiste in una stipe votiva all’interno di un antro naturale, in parte già modificato in antico e adattato alle necessità di culto.Nel costone roccioso si aprono diverse cavità una accanto all’altra, probabilmente comunicanti, dalle cui pareti di fondo tutt’oggi sgorgano acque sorgive. Acque certamente ritenute terapeutiche e salutari, che quindi favorirono lo sviluppo di un culto di divinità ad esse correlato."
Gli oggetti donati vano dal IV al III secolo a.c.., con ceramiche a impasto e ceramica a vernice nera; riguardo i votivi anatomici, raffigurano mani, piedi, gambe, braccia, figurine intere (maschili, femminili e di infanti fasciati), busti con intestino, vesciche, mammelle, uteri, falli, vulve, orecchie, mascherine con occhi, teste maschili e femminili e, soprattutto, l’inedita tipologia dei cavi orali.
TEATRO ROMANO
L’angolo N-W del Castello medioevale di Lanuvio poggia sui resti dell’Antico Teatro romano.Essi vennero alla luce nel 1831, in occasione dei lavori effettuati dai proprietari. Si scoprì che quelle rovine appartenevano al Teatro dell’antica Lanuvium.
In Via A. De Gasperi è visibile per circa 8, 5 m il muro di fondo della scaena che risulta in perfetto allineamento con il muro della fortificazione medioevale. Nel suo sviluppo a semicerchio, con la scaena, il postscaenium e la cavea, il Teatro, di età augustea ma di dimensioni modeste, riguarda tutto l’angolo della fortificazione.
Il tratto esterno del muro della scaena è conservato per 5 filari, mentre ne restano ben 9 interrati; il tutto per un’altezza di quasi 10 m.
Sono stati rinvenuti numerosi frammenti in marmo di trabeazioni e di cornici frontonali e parte terminale di una transenna in marmo con un grifo alato.
Nel 1865 furono rinvenuti due frammenti epigrafici di cui quello più completo, sebbene mutilo, attesta molto bene l’attaccamento degli antichi lanuvini a questo monumento, che avevano voluto restaurare a proprie spese.
LA FONDAZIONE SECONDO FABIO PITTORE
Si riporta di Fabio Pittore (260 - 190 a.c.), autore degli Annales (fine III secolo a.c.) dove narrò la storia di Roma dal tempo di Enea fino al 217, anno precedente la battaglia di Canne. Egli raccontò dell'arrivo in Italia, in seguito alla guerra di Troia, di un certo Lanoios, fondatore nel Lazio di una cittadina, che avrebbe preso da lui il nome. Da Lanois a Lanuvio il passo è breve.
Le antiche fonti riferiscono effettivamente la fondazione di Lanuvio a pochi anni dalla guerra di Troia (1180-1170 a.c.), fondazione avvenuta d'estate, esattamente due anni dopo la distruzione di Troia. Il nome della città però, secondo la tradizione deriverebbe da Lavinia, figlia di Latino re dei Latini che divenne sposa di Enea. Ma in tal caso la città avrebbe dovuto chiamarsi Lavinio (che è un'altra città del Lazio) e non Lanuvio.
In realtà abbiamo notizie di Lanuvio verso la fine del VI sec. a.c., come partecipe dei trenta populi della lega latina, che si riunivano nel lucus di Diana Nemorense.
Le origini della cittadina furono senz'altro greche, tanto più che c'era il culto non solo delle divinità greche ma pure del fiume Achelao, strettamente collegato a Ercole.
ACHELAO
Achelao o Acheloo, figlio del titano Oceano e della titanide Teti, si presentava spesso in forma di toro. Nelle fatiche di Eracle: egli desiderava Deianira, però chiesta in moglie da Eracle; durante la lotta fra i due, Acheloo si trasformò in toro, poi in un drago iridescente ed infine in un uomo dalla testa di bue, a cui Eracle strappò un corno.
Acheloo sconfitto gli concesse Deianira, ma gli richiese il corno, dandogli in cambio un corno della capra Amaltea, cioè la cornucopia. E' chiaro che il corno della Grande Madre, simbolo del corno lunare, venne passato in èra patriarcale ai vari Dei e Dee.
LE BATTAGLIE
- VI sec. a.c. - Verso la fine del VI secolo a.c., Lanuvio faceva parte dei trenta populi della lega latina, che si riunivano nel lucus di Diana Nemorense.
- 504 a.c. - Mosse guerra a Roma, insieme ad altre città latine, e fu sconfitta nella battaglia di Aricia - - 496 a.c. - Perse ancora con Roma nella battaglia del lago Regillo.
Con l'editto di Teodosio del 391 d.c., che sanciva il cristianesimo come unica religione dell'impero romano, iniziò la decadenza e l'inesorabile abbandono dell'antica Lanuvio. L'editto comportò obbligò l'immediata chiusura di tutti i templi pagani tra cui quello di Giunone Sospita, funzionante fin dal VI secolo a.c., e che era stato l'elemento propulsore della cittadina per dieci secoli.
Città natale degli imperatori Antonino Pio e Commodo, dopo la crisi dell’età barbarica, la cittadina rinacque nel secolo XII con il nome di Civita o Civita Lavinia, nome attribuitagli erroneamente dai frati benedettini che la scambiarono per Lavinio, e così si chiamò fino al 1914, quando, per rimediare all'errore, venne cambiato in quello attuale di Lanuvio
IL MUSEO
Tra i reperti esposti nel museo locale si segnalano uno splendido affresco di età augustea che raffigura delle tematiche dionisiache, alcuni frammenti marmorei pertinenti al gruppo di Licinio Murena (I sec. a.c.), un parapetto marmoreo raffigurante un grifone alato di età antonina proveniente dal teatro, ed una serie di lastre architettoniche e votivi di età arcaica ed ellenistica che provengono dall'area del Santuario di Giunone Sospita.
Vanno ricordati un altro tempio arcaico con le pareti a blocchi ben squadrati di tufo, subito fuori della città, a fianco della via di Astura, detto Tempio delle XIII Are.
Inoltre notevoli resti delle mura cittadine, di un vasto teatro, di terme, presso il cimitero, di numerose ville e di ponte Loreto. .
TEMPIO GIUNONE SOSPITA
Il tempio di Giunone Sospita Regina, che sorgeva sull'acropoli, custodiva infatti grandi tesori, tra cui l'ex-voto di 40 libbre d'oro offerto dai Romani durante la II guerra punica.
Il santuario risalente alla metà del I sec. a.c. fu probabilmente edificato da L. Licinius Murena, personaggio lanuviano, console nel 62 a.c., ed era famosissimo non solo nel Lazio, ma nell'intera area mediterranea. Esso fu testimone di grandissimi prodigi (miracoli, tra cui la statua di Giunone che trasuda sangue ecc.), narrati da Livio, Cicerone, Giulio Ossequiente ed altri autori classici.
Nella sua edificazione si distinguono tre fasi edilizie.
- Nella I fase il tempio era tetrastilo.
- Nella II fase, del periodo Medio-Repubblicano (IV-III a.c.) con la sconfitta della lega latina (quindi di Lanuvio) del 338 a.c., ebbe inizio la cogestione romana del culto.
- La datazione della terza fase ancora è incerta: si ritiene che essa vada fatto risalire alla metà del I sec. a.c.. e messa in relazione alla famiglia Murena di Lanuvio.
Un particolare: la testa di Murena in marmo pentelico, eseguita a Civita Lavinia, venne conservata fino al 1914 presso il Museo Civico Lanuvino, poi dispersa nella distruzione del Museo per i bombardamenti anglo-americani del 1944.
Nel 1998 una porzione della testa è stata rinvenuta all’interno di una tamponatura di un arco ottocentesco utilizzata, insieme ad altri oggetti scultorei, come materiale di riempimento. Ecco come l'Italia distrugge i suoi beni.
GIUNONE CAPROTINA
Nei Musei Capitolini di Roma, tra le varie opere scultoree romane trovate a Lanuvio, è conservata una statua di Giunone Sospita (la salvatrice), detta pure Giunone caprotina per la pelle di capra che l'ammanta. Filippo Titi nel volume del 1763 Descrizione delle Pitture, Sculture e Architetture esposte in Roma così la descrive:
«Vi sono ancora due nicchie laterali, in una delle quelli sta collocata la celebre statua di Giunone Sospita, che si venerava nell’antico temple di Lanuvio, ora Civita Lavinia, essendovi nella base l’antica iscrizione IVNO LANVVINA. Ha questa la testa ornata di una pelle caprina, e i calcei lunati, essendo appunto, come viene da Cicerone descritta: “Cum pelle caprina, cum hasta, cum scutulo, cum calceolis repandis, raccontando Livio: Lanuvio simulacrum Junonis Sospita lacrymasse.”».
Una statua di Giunone con gli stivaletti con la punta all’insù (calceolis repandis), secondo l'uso etrusco, e coperta di una pelle di capra, fa pensare a un'antichissima Dea italica: una Grande Madre. La capra o caprone era un potente simbolo di lussuria che contrasterebbe con la continenza e fedeltà di Giunone, se però non tenessimo conto che le divinità italiche vennero quasi sempre assimilate a quelle romane, a loro volta assimilate alle greche o alle etrusche.
Nel libro VIII della Storia di Roma di Tito Livio, quando i Lanuvini furono sconfitti presso Astura insieme ad altre città latine che si erano sollevate contro Roma nel 341 a.c., il senato romano decise tuttavia di accogliere la città di Lanuvium nella civitas romana, lasciandole i culti religiosi di appartenenza. Si richiese tuttavia che il tempio e il bosco sacro a Giunone Sospita divenissero patrimonio comune anche ai romani.
LE FESTE
I Caprotinia erano festeggiati il 7 luglio di ogni anno in onore delle schiave; durante le celebrazioni esse correvano colpendosi con pugni e verghe, e solo alle donne era concesso prendere parte ai sacrifici.
Le origini delle festività dei Caprotinia e dei Poplifugia risalgono secondo Plutarco a due tradizioni; la prima sostiene che quando Romolo scomparve, durante un'assemblea alle Palus Caprae ("palude della capra"), giunse un'improvvisa tempesta con tuoni e fulmini. La gente fuggì, ma alla fine del temporale il re Romolo non fu più trovato e si disse che fosse stato assunto in cielo.
L'assunzione in cielo senza trasformazione in stelle varie fu piuttosto rara. Originò in Grecia con la donna-Dea Semele assunta in cielo con anima e corpo, (per alcuni anche Ercole fu assunto ma il suo corpo bruciò), a Roma ebbe seguito unicamente con Romolo e più tardi con il culto cristiano della Madonna, però assunta da vecchia.
La seconda narra che durante l'assedio gallico di Roma (390 a.c.), una giovane prigioniera romana di nome Tutela accese, come convenuto in un piano precedente, una torcia sopra un fico selvatico (caprificus) dando il segnale ai Romani di precipitarsi sull'accampamento nemico. L'attacco ebbe successo e consentì ad una grande vittoria.
In realtà a Giunone vennero assimilate molte antiche Dee italiche, tra cui la Dea Capra, Dea Madre simbolo della proliferazione e del calore sessuale. I suoi attributi vennero poi devoluti a Pan ed ai satiri, immagini della natura eternamente prolifera (nella religione cristiana al diavolo, portatore di ogni male).
DESCRIZIONE
Il terrazzamento del Santuario di Giunone Sospita è composto da:
- un grandioso portico che seguiva le linee naturali del colle,
- una porzione di muro a nicchie in opera reticolata con porta che dava accesso a una serie di cunicoli (metà I sec. a.c.),
- una struttura in opus quadratum,
- forse il pilone di un arco monumentale (II sec. a.c.),
- una struttura in opus incertum (fine II- inizi I sec. a.c.),
- un Ninfeo in opus reticulatum e con rivestimento in pietra pomice
- una cisterna annessa al Ninfeo (metà I sec. a.c.).
Il portico partiva dal pilone in opera quadrata con direzione ovest e, dopo una piccola deviazione verso sud, seguiva per 120 m il lato della collina arrestandosi di fronte al muro a nicchie.
Il portico in opus reticulatum è costituito da una serie di semicolonne doriche che presentano, alla stessa altezza, dei ricorsi in mattoni.
Era originariamente a due piani come dimostrato dagli scavi condotti sul finire dell’800, per il rinvenimento della parte superiore delle volte crollate con tracce di mosaico. Probabilmente anche il secondo piano del portico aveva semicolonne di ordine dorico.
In fondo al portico c’è una porticina da dove si diparte una serie di cunicoli che alcuni identificano con la grotta in cui era custodito il serpente sacro a Giunone Sospita.
Infatti sappiamo sia da Properzio che da Eliano sappiamo che, nel Santuario, ogni anno all’approssimarsi della primavera, si svolgeva una cerimonia in cui si dava una focaccia a un serpente e al suo logico rifiuto veniva sacrificata una fanciulla vergine.
Nella parte opposta, rispetto al Portico, si trovano i resti di una struttura in opera quadrata di peperino, secondo alcuni pertinente probabilmente a un arco di ingresso che immetteva nell’Acropoli, ma poteva anche immettere agli altari collocati esternamente al Tempio.
Accanto al santuario si rinvennero i resti di un gruppo marmoreo di statue equestri con lorica, oggi conservate al British Museum di Londra e al museo di Leeds, ad eccezione di un torso e di una testa con altri frammenti che si trovano invece al Museo Civico Lanuvino.
Tali sculture sono state interpretate da Filippo Coarelli come una trasposizione marmorea di un gruppo bronzeo realizzato dallo scultore greco Lisippo, rappresentante Alessandro e i cavalieri caduti nella battaglia del Granico (334 a.c.)
.
Dopo la battaglia del Granico vinta da Alessandro Magno e per suo incarico, Lisippo eresse le statue equestri dei venticinque archi macedoni caduti nella battaglia (Arriano - Anabasi). Quinto Cecilio Metello nel 146 a.c. portò a Roma questo famosissimo gruppo (Velleio Patercolo) celebrando il trionfo che gli conferì il titolo di Macedonico.
Per commemorare l'avvenimento fece costruire nella zona del Circo Flaminio un tempio dedicato a Giove Statore che sorgeva accanto al tempio di Giunone Regina; i due templi vennero circondati dal Porticus Metelli, (ricostruito da Ottaviano come Portico di Ottavia) ornato con le statue bronzee dei generali di Alessandro Magno (turma Alexandri), opera dello scultore Lisippo, portate a Roma dopo le guerre in Grecia.
L’opera si trovava, fino alla metà del II sec. a.c., nel Santuario di Dion in Macedonia, da dove Cecilio Metello la trasferì a Roma, dopo la conquista della Macedonia. Secondo lo studioso, la copia in marmo e la ricostruzione di tutto il santuario siano da attribuire a quel L. Licinius Murena console nel 62 a.c. e vittorioso, insieme a Lucullo, in Oriente contro Mitridate, in prossimità del Granico.
L’opera dovrebbe quindi raffigurare Licinio Murena o Lucullo in qualità di “novelli” Alessandro Magno e, al posto dei generali macedoni, gli ufficiali romani, per essere letta, quindi, come una imitatio Alexandri.
Le strutture del II sec. a.c.
Attorno al 90 a.c. venne edificata, ad Ovest del Tempio, una struttura in opus incertum collocata alle spalle delle sei arcate del portico tardo-repubblicano ricostruite agli inizi del ‘900.
Le strutture del I sec a.c.
Le strutture murarie situate nel Parco della Rimembranza, pertinenti a tre fasi edilizie di epoca romana, risalgono alla metà del I sec. a.c.
La I fase è costituita da un muro di contenimento in opera quasi reticolata di cui rimangono poche tracce, coperto un altro muro in opera quasi reticolare (II fase) e con speroni di rinforzo, con la stessa funzione di contenimento.
La terza fase è costituita da un allungamento degli speroni del muro di contenimento. II fase con muri in opera reticolata e copertura a volta del soffitto. Si viene così a formare una serie di ambienti simili, probabilmente adibiti alla vendita degli ex voto.
TEMPIO DI MINERVA
Ormai si è certi dell’esistenza di un tempio dedicato a Minerva a poca distanza dal museo di Pratica di Mare Lanuvio).
Molti reperti lo testimoniano, ma in particolare, la copia di un originale in legno, alta circa un metro, (96 cm equivalenti a tre piedi romani, altezza standard per le sculture più arcaiche).
La figura è priva di braccia ma s'indovina che sostenessero lancia e scudo, mentre la veste è ornata di serpenti, che non è il richiamo ai Lari, ma è il simbolo della Grande Madre, cioè della Madre Terra.
Enea, fuggendo da Troia in fiamme, si porta dietro il Palladio, perchè nessuna terra è legittima senza la Madre Terra.
Dopo la fondazione della città di Albalonga le immagini dei Penati insieme al Palladio vennero portate nella nuova città; dato che queste venivano sempre ritrovate misteriosamente a Lavinium, il sacerdote Egeste, seguito da seicento padri di famiglia, andò da Alba a Lanuvio per assicurare il culto della Dea nel luogo in cui ella stessa voleva restare, cioè a Lanuvio.
Nel VI sec. d.c.. invece Procopio narra che il Palladio l'aveva portato via Diomede e non Enea, e se lo teneva a casa sua nel Gargano; però si era ammalato e un oracolo gli dice che guarirà solo se restituisce il Palladio ad Enea.
Così restituisce la statua che i romani custodiranno gelosamente finchè non venne bruciata dall'ultima sacerdotessa per non farla cadere in mani cristiane che l'avrebbero deturpata, mutilata e irrisa.
TEMPIO DI ERCOLE
Del tempio d'Ercole, collocato sul primo terrazzamento dell’antica Lanuvium, rimane allo stato attuale soltanto la sostruzione, di mt. 33 di lunghezza x 9,35 di altezza. La precisione e la tecnica dei blocchi che la compongono sono testimonianza inequivocabile dell’importanza del complesso religioso che come importanza era secondo soltanto al Santuario di Giunone Sospita.
I dati attuali non ci permettono di stabilire l’esatta localizzazione del tempio vero e proprio e per la sua ubicazione approssimativa dobbiamo utilizzare alcuni elementi preziosi dati dai ritrovamenti archeologici della zona.
Dal 1903 al 1907, durante dei lavori di sbancamento, all’interno della proprietà Seratrice, venne asportata la parte superiore di una cisterna in disuso e piena di macerie.
La cisterna, a 25 mt. dai resti del tempio restituì frammenti architettonici, capitelli, la vera di un pozzo in marmo, cippi sacri, dediche votive in relazione ad Ercole, che permisero l’attribuzione del Tempio.
Ma il ritrovamento più importante fu un altorilievo in frammenti che venne ricostituito e collocato nel 1968 al Museo Civico di Albano. Esso è m 0,66 di larghezza x mt. 0,54 di altezza ed è datato al 330 a.c..
Il tiaso bacchico è frequente sui templi etruschi e latini già dall'età tardo-arcaica, ma si pone solo sulle antefisse. Oppure allude all'impresa per cui Ercole avrebbe salvato Ino-Leucotea, perseguitata dalle menadi aizzate da Giunone. Nel rilievo lanuvino, quindi, vi sarebbe rappresentato lo scontro tra Ino-Leucotea e le menadi selvagge avvenuto nel foro Boario, dove Ercole era venerato come garante dell'incolumità dello straniero.
Pertanto l'altorilievo di Lanuvio, datato a poco dopo l'annessione di Lanuvium alla civitas romana (338 a.c.), è da mettere in relazione al tempio d'Ercole, eroe romano, dopo l'annessione di Lanuvio a Roma, per bilanciare un po' il culto di Giunone Sospita, prettamente lanuvino.
I Santuari d’Ercole avevano anche un forte carattere emporico; Eracle era considerato Dio dei mercanti, e di solito i suoi templi venivano edificati lungo vie transitate da mercanti, così come accade a Lanuvio dove l’impianto religioso è collocato lungo la via Astura che metteva in contatto, soprattutto per i commerci, Antium e Satricum alla latina Lanuvium.
GLI SCAVI
Molto si dedicò afli scavi di Lanuvio Ligorio (1513 – 1583), architetto, pittore e antiquario italiano. Oltre che come "insigne studioso", è noto però anche come "abile falsario" di iscrizioni latine.
Nella parte centrale della città si è individuata la piazza del foro, già intuita dal Lanciani. Sul lato ovest si trova un tempio in opera incerta, a tre celle, o ad ali, e podio con cornici di peperino rivestite di intonaco e stucco; scarsissime le tracce dell'alzato.
I dati di scavo non consentono ancora di precisare la data di costruzione; è ascrivibile forse a età augustea la realizzazione di due avancorpi ai lati della scalinata, mentre a un edificio di culto precedente potrebbero essere pertinenti le strutture in opera quadrata inglobate nelle fondazioni in cementizio.
Lungo il lato sud della piazza sono emersi degli ambienti aperti su un portico, di cui un vano, identificabile con l'Augusteo, ha restituito statue frammentarie di marmo maschili, una femminile e le teste di Augusto, Tiberio e Claudio.
Reperite anche le lastre Campana, decorative del portico, di diversi tipi (nìkai tauroctone, ciclo dionisiaco, motivi vegetali), il tutto in frammenti facenti parte di strati di riempimento.
Alle spalle delle strutture di età imperiale, vi sono due complessi di età arcaica, di cui uno pubblico, dotato di portico, costruito nel VI sec. e ampliato nel V, fu distrutto intorno alla fine del IV o inizi del III sec. a.c. e non più ricostruito.
Le strutture, dal VI al III sec. a.c., sono realizzate con zoccolo di blocchi o scheggioni di tufo giallo o cappellaccio, alzato a intelaiatura lignea e tamponature di bozze di cappellaccio o tufo.
Negli zoccoli e negli alzati si faceva largo impiego di tegole, un impasto di terracotta, utilizzate anche per i pavimenti; questi, nel IV sec. a.c., con schegge di tufo giallo accostate e livellate.
Vicino al Foro si estendeva un vasto complesso termale di età imperiale su due piani, che dopo l'abbandono, prima dei crolli delle coperture e delle volte, ha subito una totale opera di spoglio.
Fuori del perimetro urbano, due fornaci e un portico, di epoca incerta, a nord del complesso delle Tredici Are. A sud-ovest delle Tredici Are invece una grande villa con impianto termale, di età imperiale.
l tempio orientale dedicato a Minerva, scavato nel 1977, ha portato alla luce il deposito votivo che testimonia, con le sue due fasi, continuità di culto dall'Orientalizzante Recente ai primi decenni del III sec. a.c., quando il santuario venne distrutto.
Nella fase più antica del deposito, fine VII-prima metà VI sec. a.c., abbondante ceramica d'imitazione corinzia. L'imponente scarico di materiale votivo, ceramiche e terrecotte, seconda fase del deposito, copre l'arco cronologico compreso tra la seconda metà del VI sec. e i primi decenni del III a.c. con numerose statuette di bambini in fasce, statuine di madri allattanti, ex voto anatomici quali uteri e mammelle, mentre è irrilevante la presenza di arti.
Le oltre cento statue di offerenti di ambo i sessi, ma in prevalenza femminili, molte a grandezza naturale che offrono melegrane, conigli, colombe, danno l'idea della fama miracolistica della Dea.
Particolare interessante, tra le offerte votive c'erano i giocattoli (trottole, astragali, palle), evidentemente secondo l'usanza romana per cui le fanciulle prima delle nozze offrivano i loro giocattoli di ragazzine al tempio della Dea, a indicare la fase di passaggio tra ragazza e adulta in vista delle nozze.
L'abbandono dei giochi spensierati per diventare moglie, madre e domina della casa di cui si assumevano tutte le responsabilità.
Moltissima anche la ceramica votiva, soprattutto in vernice nera sovradipinta, ma pure ceramica attica attica a figure nere e rosse, oltre che ceramica d'impasto (olle, coperchi, bacili), pochi i bronzetti di fabbricazione laziale (kouroi e korai) e di tipo umbro-sabellico.
Tra le statue della Dea notevole quella alta quasi due metri tutta armata, affiancata da un Tritone che sorregge lo scudo, che ricorda il mito beotico della nascita di Atena presso il fiume Tritone, non lontano da Alalcomene in Beozia, sede di un antichissimo e famoso santuario della Dea..
Per altri studiosi la statua sarebbe l’Athena Iliàs ricordata da Strabone, e il santuario quello di Atena ricordato da Licofrone; i due passi potrebbero tuttavia alludere piuttosto al Palladio, conservato nel Tempio dei Penati a Lanuvio.
Notevole anche il cosiddetto "Cristo docente" rinvenuto a Lanuvio, eseguito su marmo greco, che mostra un giovane fanciullo seduto su su una sedia curule che tiene in mano un rotolo, simbolo all'epoca di cultura e soprattutto di saggezza filosofica.
La statua è datata al IV sec. d.c. ma noi abbiamo forti dubbi sulla datazione e sulla attribuzione. Il giovane ha i capelli lunghi e inanellati alla foggia greca, e porta traccia di colorazione, soprattutto nei capelli decisamente biondi. assolutamente lontana dalle immagini romane e lanuvine, se non di ispirazione greca (probabilmente una copia) e riservata alle divinità.
I capelli assolutamente biondi erano per i greci appannaggio degli Dei, forse perchè sembravano più luminosi oltre che inusuali rispetto ai greci e pure rispetto ai romani.
Prova ne sia che le romane si tingevano spesso i capelli con polvere dorata per avere sembianze più avvenenti.
Ci colpisce inoltre la mutilazione della statua, vandalismo riservato solo alle divinità pagane e non certo al giovane Gesù che avrebbe dovuto essere ospitato in una chiesa cristiana.
Sicuramente la statua è relativa a una divinità greca antecedente, prima mutilata e poi, con ripensamento, spacciata per cristiana. Accadde spesso che certe statue greche o romane venissero identificate come figure di culto del cristianesimo.
Da segnalare ancora una rappresentazione a grandezza quasi naturale della Dea armata di spada con a fianco un'oca sorreggente lo scudo. L'esistenza, agli inizi del V sec. a.c., dell'edificio di culto è al momento provata solo da antefisse a testa di Sileno e di Iuno Sospita.
Consente, infine, di localizzare la necropoli di età arcaica la scoperta (1993), fuori della porta sud-est, all'incrocio della via per Ardea con quella mare-Colli Albani, di una tomba a tumulo, con quattro sarcofagi, di cui due violati.
Il più antico, di cappellaccio, a cassa con zampe leonine e coperchio a doppio spiovente, conteneva i resti di un incinerato.
Il corredo è databile nella prima metà del VI sec. a.c., e si compone di un'anfora tirrenica con amazzonomachia di Eracle, un'anfora di bucchero, una placca di bronzo con pantere monocefale.
Le altre tombe sono della prima metà del V sec. a.c. (attica a figure rosse), all'ultimo quarto del V sec. a.c. (attica a figure rosse) e alla seconda metà del IV sec. a.c.
L'abbandono dei santuari extra-urbani, la disattivazione di alcuni impianti produttivi, la rarefazione dei materiali di superficie indicano che già nella prima metà del III sec. a.c. inizia la decadenza che riduce e spopola progressivamente il centro urbano, ridotto in età imperiale alla sola area centrale e a impianti isolati nella zona urbana e nel suburbio.
Sotto il Regno d’Italia, oltre alla restituzione al paese nel 1914 del suo antico nome di Lanuvio, si ebbero scavi archeologici che scopersero un tempio del VI sec. a.c., poi reinterrato, presso i blocchi del tempio di Giunone Sospita che ancora si possono visitare nell’orto dell’Istituto Salesiano.
Gran parte dei reperti archeologici tuttavia si trovano oggi sparsi in vari musei del mondo: il Museo di Valle Giulia a Roma, il Museo Capitolino, il British Museum di Londra e il Museo di Leeds.
Il museo civico Lanuvino ospita i reperti archeologici rivenuti all'interno della Stipe Votiva dei Pantanacci, i resti del Teatro romano dell’antica Lanuvium e il Santuario di Giunone Sospita (cioè la Salvatrice ) nell’area di Villa sforza Cesarini.
STIPE VOTIVA DEI PANTANACCI
DA - Archeologia Viva n. 159 – maggio/giugno 2013 (Fonte) :
"Estate 2012 in Lazio. L’intervento del Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico della Guardia di Finanza interrompe uno scavo clandestino in località Pantanacci e recupera una grande quantità di antico materiale votivo destinato al mercato antiquario internazionale.
Data la situazione di emergenza, si avvia subito una prima campagna di scavo sotto la direzione scientifica di Luca Attenni, direttore del Museo Civico Lanuvino, di Fausto Zevi, ordinario di Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana all’Università di Roma “La Sapienza” e, quale responsabile unico dell’intervento, di Giuseppina Ghini, funzionario della Soprintendenza per i Beni archeologici del Lazio.
L’eccezionalità del sito di Pantanacci, in mezzo ai rigogliosi boschi dell’antico Ager Lanuvinus, non lontano dal celebre santuario di Giunone Sospita consiste in una stipe votiva all’interno di un antro naturale, in parte già modificato in antico e adattato alle necessità di culto.Nel costone roccioso si aprono diverse cavità una accanto all’altra, probabilmente comunicanti, dalle cui pareti di fondo tutt’oggi sgorgano acque sorgive. Acque certamente ritenute terapeutiche e salutari, che quindi favorirono lo sviluppo di un culto di divinità ad esse correlato."
Gli oggetti donati vano dal IV al III secolo a.c.., con ceramiche a impasto e ceramica a vernice nera; riguardo i votivi anatomici, raffigurano mani, piedi, gambe, braccia, figurine intere (maschili, femminili e di infanti fasciati), busti con intestino, vesciche, mammelle, uteri, falli, vulve, orecchie, mascherine con occhi, teste maschili e femminili e, soprattutto, l’inedita tipologia dei cavi orali.
TEATRO ROMANO
RESTI DEL TEATRO |
In Via A. De Gasperi è visibile per circa 8, 5 m il muro di fondo della scaena che risulta in perfetto allineamento con il muro della fortificazione medioevale. Nel suo sviluppo a semicerchio, con la scaena, il postscaenium e la cavea, il Teatro, di età augustea ma di dimensioni modeste, riguarda tutto l’angolo della fortificazione.
Il tratto esterno del muro della scaena è conservato per 5 filari, mentre ne restano ben 9 interrati; il tutto per un’altezza di quasi 10 m.
Sono stati rinvenuti numerosi frammenti in marmo di trabeazioni e di cornici frontonali e parte terminale di una transenna in marmo con un grifo alato.
Nel 1865 furono rinvenuti due frammenti epigrafici di cui quello più completo, sebbene mutilo, attesta molto bene l’attaccamento degli antichi lanuvini a questo monumento, che avevano voluto restaurare a proprie spese.
ACHELAO TRA DUE DIVINITA' AGRESTI |
LA FONDAZIONE SECONDO FABIO PITTORE
Si riporta di Fabio Pittore (260 - 190 a.c.), autore degli Annales (fine III secolo a.c.) dove narrò la storia di Roma dal tempo di Enea fino al 217, anno precedente la battaglia di Canne. Egli raccontò dell'arrivo in Italia, in seguito alla guerra di Troia, di un certo Lanoios, fondatore nel Lazio di una cittadina, che avrebbe preso da lui il nome. Da Lanois a Lanuvio il passo è breve.
Le antiche fonti riferiscono effettivamente la fondazione di Lanuvio a pochi anni dalla guerra di Troia (1180-1170 a.c.), fondazione avvenuta d'estate, esattamente due anni dopo la distruzione di Troia. Il nome della città però, secondo la tradizione deriverebbe da Lavinia, figlia di Latino re dei Latini che divenne sposa di Enea. Ma in tal caso la città avrebbe dovuto chiamarsi Lavinio (che è un'altra città del Lazio) e non Lanuvio.
In realtà abbiamo notizie di Lanuvio verso la fine del VI sec. a.c., come partecipe dei trenta populi della lega latina, che si riunivano nel lucus di Diana Nemorense.
Le origini della cittadina furono senz'altro greche, tanto più che c'era il culto non solo delle divinità greche ma pure del fiume Achelao, strettamente collegato a Ercole.
RESTI DEL TEATRO (Lanuvio) |
ACHELAO
Achelao o Acheloo, figlio del titano Oceano e della titanide Teti, si presentava spesso in forma di toro. Nelle fatiche di Eracle: egli desiderava Deianira, però chiesta in moglie da Eracle; durante la lotta fra i due, Acheloo si trasformò in toro, poi in un drago iridescente ed infine in un uomo dalla testa di bue, a cui Eracle strappò un corno.
Acheloo sconfitto gli concesse Deianira, ma gli richiese il corno, dandogli in cambio un corno della capra Amaltea, cioè la cornucopia. E' chiaro che il corno della Grande Madre, simbolo del corno lunare, venne passato in èra patriarcale ai vari Dei e Dee.
LE BATTAGLIE
- VI sec. a.c. - Verso la fine del VI secolo a.c., Lanuvio faceva parte dei trenta populi della lega latina, che si riunivano nel lucus di Diana Nemorense.
TETI II SEC. D.C. |
- 383 a.c. - Ancora sconfitta da Roma
- 341 a.c - Ulteriore sconfitta.
- 338 a.c. - Definitiva sconfitta in cui perse, insieme alle altre cittadine del Latium Vetus, l'indipendenza.
- 332 a.c. - ottenne da Roma il privilegio di divenire "Civitas cum suffragio", (municipio con diritto di voto). Il municipio fu governato da un dictator, da due aediles, da un quaestor, da un praetor e da un senatus, esattamente come accadeva a Roma.
Così, al termine della guerra latina, Lavinio rinnovò un foedus di tipo sacro con Roma, e la città divenne municipio.in cambio di ammettere il popolo romano ad amministrare la metà dei ricchi proventi del santuario di Giunone Sospita.
- Dal 332 a.c., fino allo scoppio della prima guerra civile, mantenne un elevato benessere, ma parteggiando per Silia, venne ridotta da Mario a colonia militare. Quando però il partito mariano cadde in rovina, in poco tempo rifiorì.
- Dal 332 a.c., fino allo scoppio della prima guerra civile, mantenne un elevato benessere, ma parteggiando per Silia, venne ridotta da Mario a colonia militare. Quando però il partito mariano cadde in rovina, in poco tempo rifiorì.
A partire dall'età tardo-repubblicana, Lanuvio divenne meta dei personaggi più in vista della politica romana, vi ebbero dimora: M. Emilio Lepido, M. Giunio Bruto, Augusto e Marco Aurelio.
Diede poi i natali al console dell'anno 62 a.c. L. Licinio Murena e agli imperatori Antonino Pio e Commodo.
Con l'editto di Teodosio del 391 d.c., che sanciva il cristianesimo come unica religione dell'impero romano, iniziò la decadenza e l'inesorabile abbandono dell'antica Lanuvio. L'editto comportò obbligò l'immediata chiusura di tutti i templi pagani tra cui quello di Giunone Sospita, funzionante fin dal VI secolo a.c., e che era stato l'elemento propulsore della cittadina per dieci secoli.
Città natale degli imperatori Antonino Pio e Commodo, dopo la crisi dell’età barbarica, la cittadina rinacque nel secolo XII con il nome di Civita o Civita Lavinia, nome attribuitagli erroneamente dai frati benedettini che la scambiarono per Lavinio, e così si chiamò fino al 1914, quando, per rimediare all'errore, venne cambiato in quello attuale di Lanuvio
PORTALE DEL TEMPIO DI GIUNONE |
Tra i reperti esposti nel museo locale si segnalano uno splendido affresco di età augustea che raffigura delle tematiche dionisiache, alcuni frammenti marmorei pertinenti al gruppo di Licinio Murena (I sec. a.c.), un parapetto marmoreo raffigurante un grifone alato di età antonina proveniente dal teatro, ed una serie di lastre architettoniche e votivi di età arcaica ed ellenistica che provengono dall'area del Santuario di Giunone Sospita.
MONUMENTI
Numerosi sono gli avanzi di antichi monumenti che si trovano sparsi nella città e nel territorio: oltre il tempio suddetto di Giunone, che pare debba identificarsi con i notevoli avanzi esistenti nella proprietà Sforza.Vanno ricordati un altro tempio arcaico con le pareti a blocchi ben squadrati di tufo, subito fuori della città, a fianco della via di Astura, detto Tempio delle XIII Are.
Inoltre notevoli resti delle mura cittadine, di un vasto teatro, di terme, presso il cimitero, di numerose ville e di ponte Loreto. .
VILLA DETTA DI ANTONINO (Lanuvio) |
TEMPIO GIUNONE SOSPITA
Il principale centro di culto di Giunone Sospita, che aveva un tempio anche a Roma, era il santuario di Lanuvio. Cicerone (106 - 43 a.c.) narra che Lanuvio avesse molti edifici religiosi, ma che tra questi il più importante fosse quello di Giunone Sospita Lanuvina (così chiamata per la pelle di capra con la quale era rivestita la sua statua), Per altri trattasi di Giunone Caprotina, e vine il sospetto che non si chiamasse Lanuvina per via della lana ma perchè avesse il suo santuario più importante a Lanuvio.
Il culto della Dea risaliva a tempi molto antichi e il suo santuario venne edificato sull'acropoli dell' antica città latino-etrusca, un grande tempio in stile tuscanico, costituito da una serie di strutture monumentali.
Fu quasi completamente distrutto nel V sec. d.c., ma le porzioni ancora esistenti e gli scavi archeologici, hanno permesso di individuare cinque fasi edilizie che si susseguirono dalla fine del VII alla metà del I sec. a.c. Molto probabilmente il portico del tempio era a due piani con volte rivestite di mosaici preziosi. In fondo al portico c'era una porta che conduceva ad una serie di cunicoli sotterranei, che alcuni ritengono fossero la grotta dov'era custodito il serpente sacro a Giunone Sospita.
Properzio narra infatti che nel santuario si svolgesse ogni primavera un particolarissimo rito propiziatorio per l'agricoltura, durante il quale un gruppo di fanciulle vergini doveva offrire focacce ad un grosso serpente, che si trovava dentro un antro. Se il serpente accettava il dono, si prospettavano raccolti fruttuosi; se lo rifiutava, una fanciulla impura, cioè colei che aveva perduto la verginità, veniva sacrificata per scongiurare la carestia.
GIUNONE SOSPITA |
Fu quasi completamente distrutto nel V sec. d.c., ma le porzioni ancora esistenti e gli scavi archeologici, hanno permesso di individuare cinque fasi edilizie che si susseguirono dalla fine del VII alla metà del I sec. a.c. Molto probabilmente il portico del tempio era a due piani con volte rivestite di mosaici preziosi. In fondo al portico c'era una porta che conduceva ad una serie di cunicoli sotterranei, che alcuni ritengono fossero la grotta dov'era custodito il serpente sacro a Giunone Sospita.
Properzio narra infatti che nel santuario si svolgesse ogni primavera un particolarissimo rito propiziatorio per l'agricoltura, durante il quale un gruppo di fanciulle vergini doveva offrire focacce ad un grosso serpente, che si trovava dentro un antro. Se il serpente accettava il dono, si prospettavano raccolti fruttuosi; se lo rifiutava, una fanciulla impura, cioè colei che aveva perduto la verginità, veniva sacrificata per scongiurare la carestia.
Abbiamo qualche obiezione sulla narrazione di Properzio, perchè i serpenti sono creature prettamente carnivore e non mangiano pertanto focacce. Viceversa l'usanza di offrire focacce nei tempi dedicati alla Madre Terra dove veniva allevato il serpente pitone era consuetudine sacra e pure accompagnata dall'offerta del vino.
Le sacerdotesse stesse ne mangiavano e ne offrivano ai fedeli per rinnovare il rito sacro della comunione con i fedeli. Il rito passerà pari pari nella Chiesa Cattolica tanto è vero che a San Nilo nei castelli romani si offre ancora pane e vino. Nelle altre chiese la focaccia invece è stata trasformata in ostia, che è pur sempre acqua e farina come la focaccia..
Il tempio di Giunone Sospita Regina, che sorgeva sull'acropoli, custodiva infatti grandi tesori, tra cui l'ex-voto di 40 libbre d'oro offerto dai Romani durante la II guerra punica.
Il santuario risalente alla metà del I sec. a.c. fu probabilmente edificato da L. Licinius Murena, personaggio lanuviano, console nel 62 a.c., ed era famosissimo non solo nel Lazio, ma nell'intera area mediterranea. Esso fu testimone di grandissimi prodigi (miracoli, tra cui la statua di Giunone che trasuda sangue ecc.), narrati da Livio, Cicerone, Giulio Ossequiente ed altri autori classici.
Nella sua edificazione si distinguono tre fasi edilizie.
- Nella I fase il tempio era tetrastilo.
- Nella II fase, del periodo Medio-Repubblicano (IV-III a.c.) con la sconfitta della lega latina (quindi di Lanuvio) del 338 a.c., ebbe inizio la cogestione romana del culto.
- La datazione della terza fase ancora è incerta: si ritiene che essa vada fatto risalire alla metà del I sec. a.c.. e messa in relazione alla famiglia Murena di Lanuvio.
Un particolare: la testa di Murena in marmo pentelico, eseguita a Civita Lavinia, venne conservata fino al 1914 presso il Museo Civico Lanuvino, poi dispersa nella distruzione del Museo per i bombardamenti anglo-americani del 1944.
Nel 1998 una porzione della testa è stata rinvenuta all’interno di una tamponatura di un arco ottocentesco utilizzata, insieme ad altri oggetti scultorei, come materiale di riempimento. Ecco come l'Italia distrugge i suoi beni.
AMALTEA |
GIUNONE CAPROTINA
Nei Musei Capitolini di Roma, tra le varie opere scultoree romane trovate a Lanuvio, è conservata una statua di Giunone Sospita (la salvatrice), detta pure Giunone caprotina per la pelle di capra che l'ammanta. Filippo Titi nel volume del 1763 Descrizione delle Pitture, Sculture e Architetture esposte in Roma così la descrive:
«Vi sono ancora due nicchie laterali, in una delle quelli sta collocata la celebre statua di Giunone Sospita, che si venerava nell’antico temple di Lanuvio, ora Civita Lavinia, essendovi nella base l’antica iscrizione IVNO LANVVINA. Ha questa la testa ornata di una pelle caprina, e i calcei lunati, essendo appunto, come viene da Cicerone descritta: “Cum pelle caprina, cum hasta, cum scutulo, cum calceolis repandis, raccontando Livio: Lanuvio simulacrum Junonis Sospita lacrymasse.”».
Una statua di Giunone con gli stivaletti con la punta all’insù (calceolis repandis), secondo l'uso etrusco, e coperta di una pelle di capra, fa pensare a un'antichissima Dea italica: una Grande Madre. La capra o caprone era un potente simbolo di lussuria che contrasterebbe con la continenza e fedeltà di Giunone, se però non tenessimo conto che le divinità italiche vennero quasi sempre assimilate a quelle romane, a loro volta assimilate alle greche o alle etrusche.
Nel libro VIII della Storia di Roma di Tito Livio, quando i Lanuvini furono sconfitti presso Astura insieme ad altre città latine che si erano sollevate contro Roma nel 341 a.c., il senato romano decise tuttavia di accogliere la città di Lanuvium nella civitas romana, lasciandole i culti religiosi di appartenenza. Si richiese tuttavia che il tempio e il bosco sacro a Giunone Sospita divenissero patrimonio comune anche ai romani.
PONTE LORETO |
LE FESTE
I Caprotinia erano festeggiati il 7 luglio di ogni anno in onore delle schiave; durante le celebrazioni esse correvano colpendosi con pugni e verghe, e solo alle donne era concesso prendere parte ai sacrifici.
Le origini delle festività dei Caprotinia e dei Poplifugia risalgono secondo Plutarco a due tradizioni; la prima sostiene che quando Romolo scomparve, durante un'assemblea alle Palus Caprae ("palude della capra"), giunse un'improvvisa tempesta con tuoni e fulmini. La gente fuggì, ma alla fine del temporale il re Romolo non fu più trovato e si disse che fosse stato assunto in cielo.
L'assunzione in cielo senza trasformazione in stelle varie fu piuttosto rara. Originò in Grecia con la donna-Dea Semele assunta in cielo con anima e corpo, (per alcuni anche Ercole fu assunto ma il suo corpo bruciò), a Roma ebbe seguito unicamente con Romolo e più tardi con il culto cristiano della Madonna, però assunta da vecchia.
La seconda narra che durante l'assedio gallico di Roma (390 a.c.), una giovane prigioniera romana di nome Tutela accese, come convenuto in un piano precedente, una torcia sopra un fico selvatico (caprificus) dando il segnale ai Romani di precipitarsi sull'accampamento nemico. L'attacco ebbe successo e consentì ad una grande vittoria.
In realtà a Giunone vennero assimilate molte antiche Dee italiche, tra cui la Dea Capra, Dea Madre simbolo della proliferazione e del calore sessuale. I suoi attributi vennero poi devoluti a Pan ed ai satiri, immagini della natura eternamente prolifera (nella religione cristiana al diavolo, portatore di ogni male).
SCUDO DI LANUVIO |
DESCRIZIONE
Il terrazzamento del Santuario di Giunone Sospita è composto da:
- un grandioso portico che seguiva le linee naturali del colle,
- una porzione di muro a nicchie in opera reticolata con porta che dava accesso a una serie di cunicoli (metà I sec. a.c.),
- una struttura in opus quadratum,
- forse il pilone di un arco monumentale (II sec. a.c.),
- una struttura in opus incertum (fine II- inizi I sec. a.c.),
- un Ninfeo in opus reticulatum e con rivestimento in pietra pomice
- una cisterna annessa al Ninfeo (metà I sec. a.c.).
Il portico partiva dal pilone in opera quadrata con direzione ovest e, dopo una piccola deviazione verso sud, seguiva per 120 m il lato della collina arrestandosi di fronte al muro a nicchie.
Il portico in opus reticulatum è costituito da una serie di semicolonne doriche che presentano, alla stessa altezza, dei ricorsi in mattoni.
ANTEFISSA DEL TEMPIO ARCAICO |
In fondo al portico c’è una porticina da dove si diparte una serie di cunicoli che alcuni identificano con la grotta in cui era custodito il serpente sacro a Giunone Sospita.
Infatti sappiamo sia da Properzio che da Eliano sappiamo che, nel Santuario, ogni anno all’approssimarsi della primavera, si svolgeva una cerimonia in cui si dava una focaccia a un serpente e al suo logico rifiuto veniva sacrificata una fanciulla vergine.
Nella parte opposta, rispetto al Portico, si trovano i resti di una struttura in opera quadrata di peperino, secondo alcuni pertinente probabilmente a un arco di ingresso che immetteva nell’Acropoli, ma poteva anche immettere agli altari collocati esternamente al Tempio.
Accanto al santuario si rinvennero i resti di un gruppo marmoreo di statue equestri con lorica, oggi conservate al British Museum di Londra e al museo di Leeds, ad eccezione di un torso e di una testa con altri frammenti che si trovano invece al Museo Civico Lanuvino.
Tali sculture sono state interpretate da Filippo Coarelli come una trasposizione marmorea di un gruppo bronzeo realizzato dallo scultore greco Lisippo, rappresentante Alessandro e i cavalieri caduti nella battaglia del Granico (334 a.c.)
.
Dopo la battaglia del Granico vinta da Alessandro Magno e per suo incarico, Lisippo eresse le statue equestri dei venticinque archi macedoni caduti nella battaglia (Arriano - Anabasi). Quinto Cecilio Metello nel 146 a.c. portò a Roma questo famosissimo gruppo (Velleio Patercolo) celebrando il trionfo che gli conferì il titolo di Macedonico.
Per commemorare l'avvenimento fece costruire nella zona del Circo Flaminio un tempio dedicato a Giove Statore che sorgeva accanto al tempio di Giunone Regina; i due templi vennero circondati dal Porticus Metelli, (ricostruito da Ottaviano come Portico di Ottavia) ornato con le statue bronzee dei generali di Alessandro Magno (turma Alexandri), opera dello scultore Lisippo, portate a Roma dopo le guerre in Grecia.
L’opera si trovava, fino alla metà del II sec. a.c., nel Santuario di Dion in Macedonia, da dove Cecilio Metello la trasferì a Roma, dopo la conquista della Macedonia. Secondo lo studioso, la copia in marmo e la ricostruzione di tutto il santuario siano da attribuire a quel L. Licinius Murena console nel 62 a.c. e vittorioso, insieme a Lucullo, in Oriente contro Mitridate, in prossimità del Granico.
L’opera dovrebbe quindi raffigurare Licinio Murena o Lucullo in qualità di “novelli” Alessandro Magno e, al posto dei generali macedoni, gli ufficiali romani, per essere letta, quindi, come una imitatio Alexandri.
ELMO DI LANUVIO |
Attorno al 90 a.c. venne edificata, ad Ovest del Tempio, una struttura in opus incertum collocata alle spalle delle sei arcate del portico tardo-repubblicano ricostruite agli inizi del ‘900.
Le strutture del I sec a.c.
Le strutture murarie situate nel Parco della Rimembranza, pertinenti a tre fasi edilizie di epoca romana, risalgono alla metà del I sec. a.c.
La I fase è costituita da un muro di contenimento in opera quasi reticolata di cui rimangono poche tracce, coperto un altro muro in opera quasi reticolare (II fase) e con speroni di rinforzo, con la stessa funzione di contenimento.
La terza fase è costituita da un allungamento degli speroni del muro di contenimento. II fase con muri in opera reticolata e copertura a volta del soffitto. Si viene così a formare una serie di ambienti simili, probabilmente adibiti alla vendita degli ex voto.
TEMPIO DI MINERVA
Ormai si è certi dell’esistenza di un tempio dedicato a Minerva a poca distanza dal museo di Pratica di Mare Lanuvio).
TEMPIO DEL PALLADIO |
La figura è priva di braccia ma s'indovina che sostenessero lancia e scudo, mentre la veste è ornata di serpenti, che non è il richiamo ai Lari, ma è il simbolo della Grande Madre, cioè della Madre Terra.
Enea, fuggendo da Troia in fiamme, si porta dietro il Palladio, perchè nessuna terra è legittima senza la Madre Terra.
Dopo la fondazione della città di Albalonga le immagini dei Penati insieme al Palladio vennero portate nella nuova città; dato che queste venivano sempre ritrovate misteriosamente a Lavinium, il sacerdote Egeste, seguito da seicento padri di famiglia, andò da Alba a Lanuvio per assicurare il culto della Dea nel luogo in cui ella stessa voleva restare, cioè a Lanuvio.
Nel VI sec. d.c.. invece Procopio narra che il Palladio l'aveva portato via Diomede e non Enea, e se lo teneva a casa sua nel Gargano; però si era ammalato e un oracolo gli dice che guarirà solo se restituisce il Palladio ad Enea.
Così restituisce la statua che i romani custodiranno gelosamente finchè non venne bruciata dall'ultima sacerdotessa per non farla cadere in mani cristiane che l'avrebbero deturpata, mutilata e irrisa.
RESTI DEL TEMPIO DI ERCOLE CHIANINA |
TEMPIO DI ERCOLE
Del tempio d'Ercole, collocato sul primo terrazzamento dell’antica Lanuvium, rimane allo stato attuale soltanto la sostruzione, di mt. 33 di lunghezza x 9,35 di altezza. La precisione e la tecnica dei blocchi che la compongono sono testimonianza inequivocabile dell’importanza del complesso religioso che come importanza era secondo soltanto al Santuario di Giunone Sospita.
I dati attuali non ci permettono di stabilire l’esatta localizzazione del tempio vero e proprio e per la sua ubicazione approssimativa dobbiamo utilizzare alcuni elementi preziosi dati dai ritrovamenti archeologici della zona.
MENADI E SILENO |
La cisterna, a 25 mt. dai resti del tempio restituì frammenti architettonici, capitelli, la vera di un pozzo in marmo, cippi sacri, dediche votive in relazione ad Ercole, che permisero l’attribuzione del Tempio.
Ma il ritrovamento più importante fu un altorilievo in frammenti che venne ricostituito e collocato nel 1968 al Museo Civico di Albano. Esso è m 0,66 di larghezza x mt. 0,54 di altezza ed è datato al 330 a.c..
Il tiaso bacchico è frequente sui templi etruschi e latini già dall'età tardo-arcaica, ma si pone solo sulle antefisse. Oppure allude all'impresa per cui Ercole avrebbe salvato Ino-Leucotea, perseguitata dalle menadi aizzate da Giunone. Nel rilievo lanuvino, quindi, vi sarebbe rappresentato lo scontro tra Ino-Leucotea e le menadi selvagge avvenuto nel foro Boario, dove Ercole era venerato come garante dell'incolumità dello straniero.
Pertanto l'altorilievo di Lanuvio, datato a poco dopo l'annessione di Lanuvium alla civitas romana (338 a.c.), è da mettere in relazione al tempio d'Ercole, eroe romano, dopo l'annessione di Lanuvio a Roma, per bilanciare un po' il culto di Giunone Sospita, prettamente lanuvino.
I Santuari d’Ercole avevano anche un forte carattere emporico; Eracle era considerato Dio dei mercanti, e di solito i suoi templi venivano edificati lungo vie transitate da mercanti, così come accade a Lanuvio dove l’impianto religioso è collocato lungo la via Astura che metteva in contatto, soprattutto per i commerci, Antium e Satricum alla latina Lanuvium.
GLI SCAVI
Molto si dedicò afli scavi di Lanuvio Ligorio (1513 – 1583), architetto, pittore e antiquario italiano. Oltre che come "insigne studioso", è noto però anche come "abile falsario" di iscrizioni latine.
Nella parte centrale della città si è individuata la piazza del foro, già intuita dal Lanciani. Sul lato ovest si trova un tempio in opera incerta, a tre celle, o ad ali, e podio con cornici di peperino rivestite di intonaco e stucco; scarsissime le tracce dell'alzato.
MINERVA TRITONIA |
Lungo il lato sud della piazza sono emersi degli ambienti aperti su un portico, di cui un vano, identificabile con l'Augusteo, ha restituito statue frammentarie di marmo maschili, una femminile e le teste di Augusto, Tiberio e Claudio.
Reperite anche le lastre Campana, decorative del portico, di diversi tipi (nìkai tauroctone, ciclo dionisiaco, motivi vegetali), il tutto in frammenti facenti parte di strati di riempimento.
Alle spalle delle strutture di età imperiale, vi sono due complessi di età arcaica, di cui uno pubblico, dotato di portico, costruito nel VI sec. e ampliato nel V, fu distrutto intorno alla fine del IV o inizi del III sec. a.c. e non più ricostruito.
Le strutture, dal VI al III sec. a.c., sono realizzate con zoccolo di blocchi o scheggioni di tufo giallo o cappellaccio, alzato a intelaiatura lignea e tamponature di bozze di cappellaccio o tufo.
Negli zoccoli e negli alzati si faceva largo impiego di tegole, un impasto di terracotta, utilizzate anche per i pavimenti; questi, nel IV sec. a.c., con schegge di tufo giallo accostate e livellate.
Vicino al Foro si estendeva un vasto complesso termale di età imperiale su due piani, che dopo l'abbandono, prima dei crolli delle coperture e delle volte, ha subito una totale opera di spoglio.
Fuori del perimetro urbano, due fornaci e un portico, di epoca incerta, a nord del complesso delle Tredici Are. A sud-ovest delle Tredici Are invece una grande villa con impianto termale, di età imperiale.
TEMPIO DI DONNA O DEA V SEC. A.C. |
Nella fase più antica del deposito, fine VII-prima metà VI sec. a.c., abbondante ceramica d'imitazione corinzia. L'imponente scarico di materiale votivo, ceramiche e terrecotte, seconda fase del deposito, copre l'arco cronologico compreso tra la seconda metà del VI sec. e i primi decenni del III a.c. con numerose statuette di bambini in fasce, statuine di madri allattanti, ex voto anatomici quali uteri e mammelle, mentre è irrilevante la presenza di arti.
Le oltre cento statue di offerenti di ambo i sessi, ma in prevalenza femminili, molte a grandezza naturale che offrono melegrane, conigli, colombe, danno l'idea della fama miracolistica della Dea.
Particolare interessante, tra le offerte votive c'erano i giocattoli (trottole, astragali, palle), evidentemente secondo l'usanza romana per cui le fanciulle prima delle nozze offrivano i loro giocattoli di ragazzine al tempio della Dea, a indicare la fase di passaggio tra ragazza e adulta in vista delle nozze.
L'abbandono dei giochi spensierati per diventare moglie, madre e domina della casa di cui si assumevano tutte le responsabilità.
Moltissima anche la ceramica votiva, soprattutto in vernice nera sovradipinta, ma pure ceramica attica attica a figure nere e rosse, oltre che ceramica d'impasto (olle, coperchi, bacili), pochi i bronzetti di fabbricazione laziale (kouroi e korai) e di tipo umbro-sabellico.
CRISTO DOCENTE IV SEC. D.C. - STATUA GRECA |
Per altri studiosi la statua sarebbe l’Athena Iliàs ricordata da Strabone, e il santuario quello di Atena ricordato da Licofrone; i due passi potrebbero tuttavia alludere piuttosto al Palladio, conservato nel Tempio dei Penati a Lanuvio.
Notevole anche il cosiddetto "Cristo docente" rinvenuto a Lanuvio, eseguito su marmo greco, che mostra un giovane fanciullo seduto su su una sedia curule che tiene in mano un rotolo, simbolo all'epoca di cultura e soprattutto di saggezza filosofica.
La statua è datata al IV sec. d.c. ma noi abbiamo forti dubbi sulla datazione e sulla attribuzione. Il giovane ha i capelli lunghi e inanellati alla foggia greca, e porta traccia di colorazione, soprattutto nei capelli decisamente biondi. assolutamente lontana dalle immagini romane e lanuvine, se non di ispirazione greca (probabilmente una copia) e riservata alle divinità.
I capelli assolutamente biondi erano per i greci appannaggio degli Dei, forse perchè sembravano più luminosi oltre che inusuali rispetto ai greci e pure rispetto ai romani.
Prova ne sia che le romane si tingevano spesso i capelli con polvere dorata per avere sembianze più avvenenti.
Ci colpisce inoltre la mutilazione della statua, vandalismo riservato solo alle divinità pagane e non certo al giovane Gesù che avrebbe dovuto essere ospitato in una chiesa cristiana.
Sicuramente la statua è relativa a una divinità greca antecedente, prima mutilata e poi, con ripensamento, spacciata per cristiana. Accadde spesso che certe statue greche o romane venissero identificate come figure di culto del cristianesimo.
Da segnalare ancora una rappresentazione a grandezza quasi naturale della Dea armata di spada con a fianco un'oca sorreggente lo scudo. L'esistenza, agli inizi del V sec. a.c., dell'edificio di culto è al momento provata solo da antefisse a testa di Sileno e di Iuno Sospita.
Consente, infine, di localizzare la necropoli di età arcaica la scoperta (1993), fuori della porta sud-est, all'incrocio della via per Ardea con quella mare-Colli Albani, di una tomba a tumulo, con quattro sarcofagi, di cui due violati.
Il più antico, di cappellaccio, a cassa con zampe leonine e coperchio a doppio spiovente, conteneva i resti di un incinerato.
Il corredo è databile nella prima metà del VI sec. a.c., e si compone di un'anfora tirrenica con amazzonomachia di Eracle, un'anfora di bucchero, una placca di bronzo con pantere monocefale.
Le altre tombe sono della prima metà del V sec. a.c. (attica a figure rosse), all'ultimo quarto del V sec. a.c. (attica a figure rosse) e alla seconda metà del IV sec. a.c.
L'abbandono dei santuari extra-urbani, la disattivazione di alcuni impianti produttivi, la rarefazione dei materiali di superficie indicano che già nella prima metà del III sec. a.c. inizia la decadenza che riduce e spopola progressivamente il centro urbano, ridotto in età imperiale alla sola area centrale e a impianti isolati nella zona urbana e nel suburbio.
Sotto il Regno d’Italia, oltre alla restituzione al paese nel 1914 del suo antico nome di Lanuvio, si ebbero scavi archeologici che scopersero un tempio del VI sec. a.c., poi reinterrato, presso i blocchi del tempio di Giunone Sospita che ancora si possono visitare nell’orto dell’Istituto Salesiano.
Gran parte dei reperti archeologici tuttavia si trovano oggi sparsi in vari musei del mondo: il Museo di Valle Giulia a Roma, il Museo Capitolino, il British Museum di Londra e il Museo di Leeds.