RICOSTRUZIONE |
VILLA DI MECENATE
"Qua si ammirano le rovine di una superba Villa, i vasti edifizi della quale erano situati a destra, e a sinistra della via Consolare. Pirro Ligorio, celebre architetto avendone fatto un'ampia descrizione, mi restringerò a indicarne soltanto le parti principali.
Questa Villa consisteva in due grandi pianure, di un quadrato perfetto, situate una sopra l'altra in forma di anfiteatro; dalla parte verso Roma, erano aperte, ma sopra gli altri tre lati erano contornate da edifizj, che si veggono anche in oggi; consistenti in piccole camere, in mezzo delle quali s'inalzava un portico d'ordine Jonico, la di cui parte interna corrispondeva sulla pianura, e l'altra sopra la Villa e la campagna.
I RESTI IN UN QUADRO DEL XIX SEC. |
"Se si creda agli autori i più accreditati questo è il primo Tempio, che è stato aperto in Tivoli alla venerazione del publico; io sono di questo sentimento. La remota antichità di tal tempio, ed il desiderio di sodisfare alla curiosità del viaggiatore sono stati i motivi, che mi hanno determinato a far menzione di questo rudere."
I RESTI |
Secondo Ilaria Morini x Associazione Culturale Ercole Vincitore, la cosiddetta villa di Mecenate altro non sarebbe che il tempio di Ercole Vincitore:
"Il tempio dominava il centro dell’area sacra, era di dimensioni straordinarie, giacché innalzato su un alto basamento (65x40 metri) e raggiungeva l’altezza complessiva di 25 metri: una sorta di faro per i mercanti provenienti dalla pianura romana in carovana diretti verso il Sannio. Sulla fronte, una scalinata doppia con due fontane decorate da piccole statue di Ercole, permetteva l’accesso sull’alto podio del tempio arricchito da colonne solo su tre lati (otto sulla fronte e dieci sui fianchi).
La cella maestosa con colonne addossate alle pareti aveva una nicchia sul fondo per la statua di culto (rappresentata seduta) ed ambienti laterali per arredi sacri.
Da una scaletta, si poteva scendere in un ambiente sotterraneo, rispetto alla cella, dove probabilmente si collocava l’oracolo di cui parlano le fonti." inoltre conteneva un teatro per "Tremila e seicento spettatori, comidamente seduti sulle gradinate della cavea, potevano assistere alle rappresentazioni collegate all’epopea di Ercole, nel teatro del santuario. Riportato alla luce negli anni Ottanta, si conservano la cavea che misura 65 metri di diametro con gradinate suddivise in settori, i due accessi laterali e il proscenio. In età augustea fu ingrandito e dotato di nuove decorazioni."
(Andrea Manazzale - 1817)
RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO DI ERCOLE VINCITORE |
TEMPIO DI ERCOLE VINCITORE
I muraglioni di Villa d'Este a Tivoli, verso la valle dell'Aniene e la Campagna Romana, confinano con un vasto terreno agricolo, dette vigne di "Pizzutello", che accolgono diversi e importanti nonchè imponenti resti romani. Qui si riteneva sorgesse l'antica Villa di Mecenate, qui fra antichi portici e sostruzioni, impronte di una scalinata e di un teatro, sono sorti degli edifici industriali in cemento, insieme a un canale ottocentesco sopraelevato con una torretta-pinnacolo.
Solo dal 1849 la "Villa di Mecenate" venne identificata come Tempio di Ercole e dal 1861 come Santuario di Ercole Vincitore. La maggiore superficie è occupata da terreno di riporto accanto ai resti antichi. L'equivoco è comprensibile: Tivoli, con la sua altura che assicurava aria salubre e con le abbondanti dell'acqua dell'Aniene, accoglieva dimore fastose di ricchi personaggi di Roma e Lazio che venivano qua per abbandonarsi ai famosi "otii". Ne contava circa trecento fra ville lussuose e rustiche, compresa quella di Augusto. D'altronde l'enorme dimensione era inusuale per un tempio ma usuale per una villa d'ozio.
Il tempio non offre pavimenti dai marmi policromi nè mosaici, né statue importanti, un po' come il tempio della Fortuna Primigenia, anch'esso famosissimo e visitatissimo ma privo di opere d'arte pavimentali o pittoriche o statuarie. Del resto anche quello di Ercole Vincitore più che un Tempio è un Santuario, che sorge su un sito arditissimo e unico. Le sue sostruzioni infatti si erigono fino a 50 metri, creando un vastissimo pianoro di tre ettari nonostante lo strapiombo della forra dell'Aniene.
LA STORIA
Il tempio fu fiorente fino al IV sec. d.c., ma iniziò il suo declino quando i Goti di Totila conquistarono Tivoli. Dal 978 troviamo citata la Via Tecta come Porta Oscura, usata per l'impianto di diversi mulini.
Nel medioevo il tempio fu suddiviso tra diversi ordini religiosi e il comune di Tivoli. Nel 1227 vi furono edificati le chiese di S. Maria del Passo dei Frati Minori e la chiesa di S. Giovanni Molano delle Clarisse con annesso Monastero di cui restarono proprietarie fino al XIV sec.
Il Santuario molto tempo prima era già stato usato come cava per materiali dall'insediamento del Cristianesimo in poi, anzi il massimo della depredazione avvenne nella prima metà del VI sec. d.c..Davanti alla base del tempio sono state scoperte infatti due profonde e vaste buche, le caldare medievali usate per sciogliere i marmi e farne calce, di un tipo raro perché con due camere di combustione. Vi si fusero non solo marmi lavorati, ma pure colonne, marmi pregiati e statue.
PLASTICO DEL COMPLESSO (www.fluidodesign.it) |
Nel 1846 sul santuario vine impiantato un edificio per la lavorazione del ferro da parte della Società Romana delle Miniere. Nel 1884 fu acquistato dalla Società delle Forze Idrauliche che usò i canali di raccolta degli antichi acquedotti per alimentare una centrale idroelettrica alla base di Tivoli, grazie alla quale, nell'agosto 1886, Tivoli è la prima città italiana ad essere illuminata dall'energia elettrica che arriva anche a Roma.
Segue poi la cartiera che dura fino al 1960 costruendo padiglioni e tettoie che coprono i portici dell'area sacra. La metà meridionale del complesso subisce poderosi interri e venne adibita ad uso agricolo, mentre nella parte settentrionale le fabbriche industriali proseguirono con la Cartiera Mecenate di Giuseppe Segré, della quale ancora restano i padiglioni in cemento e le tettoie che coprono i portici dell’area sacra.
Poi l'Enel rinuncia ad utilizzare il "salto Mecenate" per la produzione di energia elettrica, come testimonia una lapide, per consentire il "completamento del recupero" del Santuario. naturalmente per un lunghissimo tempo non se ne fece nulla. La produzione è cessata solo negli anni Cinquanta con l’acquisizione dei resti del santuario da parte del demanio.
LA VISITAIl Santuario di Tivoli è il più grande e imponente dei santuari laziali a terrazze con teatro in asse col tempio (Gabii lungo la via Prenestina, Palestrina, Lanuvio, Nemi, Terracina), cioè di quei santuari che si svilupparono dopo la distruzione di Cartagine.
Ci si immette oggi nel santuario mediante una galleria in muratura che è un pezzo della via Tiburtina Valeria, detta "Via tecta", "via coperta", poichè il Santuario è stato costruito nell'unico punto in cui l'Aniene poteva essere attraversato, diventando il "principale raccordo" fra l'Abruzzo (e l'Adriatico) e il Lazio.
Un modo ingegnoso per convogliare a sè tutto il traffico, di commerci e passaggi fra Roma e il Sannio, attirando un numero enorme di fedeli. Il sito fu edificato dalla fine del II sec. a.c. per essere terminato all'inizio dell'età di Augusto.
Il passaggio riguarda un ampio "clivus" sotterraneo in leggera discesa, lungo oggi una ottantina di m mentre quello originale era di 150 m, a causa del crollo della volta.
A sinistravi erano le "tabernae", con depositi di merci e per il bestiame.
A destra i grandi archi delle sostruzioni hanno superato la cascata dell'Aniene che si intravede sullo sfondo.
Filippo Coarelli, è il supervisore scientifico del programma di recupero.
ERCOLE VINCITORE
L'Ercole Vincitore di Tivoli era protettore dei commerci, del mercato dei buoi, del sale e della transumanza, ma per Tivoli anche il Dio a cui si doveva l'antica vittoria dei tiburtini sui volsci. Il Santuario di Tivoli era una potenza religiosa, economica e finanziaria, usufruendo infatti di pedaggi, delle offerte di mercanti e generali.
Infatti il santuario disponeva di un "thesaurus Herculis et Augusti", a cui si aggiungevano le offerte quotidiane di chi transitava per la "Via tecta" dove si ristorava e riposava e si assicurava la protezione di Ercole. In tutto il santuario erano distribuiti i "Thesaurus", dei piloncini in calcare che funzionavano da "cassette per le offerte" di cui ne è stato rinvenuto uno davanti al basamento del tempio.
Il santuario era di dimensioni imponenti, m 186 per 140, con l'area sacra circondata su tre lati da portici a due ordini, adornati da statue e sculture onorarie di personaggi romani e del Lazio, nonchè di iscrizioni da parte di evergetisti, cioè chi aveva fatto eseguire lavori a proprie spese, a beneficio del santuario. Ad esempio la lastra dei "Quattruoviri", ora nei musei Vaticani, che avevano curato la copertura della "Via tecta" .
LA GALLERIA INTERNA |
Le Statue
"L'Antiquarium" si trova alla fine della "Via tecta" nella antica cartiera, costruita su parte delle antiche sostruzioni evidenziate dal pavimento trasparente, con affaccio sulla "Via tecta".
- Nel 1925 fu scavato nel Santuario il cosiddetto "Generale di Tivoli", statua in marmo greco in "nudità eroica", alta 188 cm, frammentaria, considerata fra le più importanti della fase finale repubblicana e ora a Roma, nel Museo nazionale romano di Palazzo Massimo. Nell'antiquarium se ne conserva il calco.
- Diverse basi di statue e di donari sono invece conservati nel Museo nazionale romano alle terme di Diocleziano.
- Una statua maschile nuda celebrativa, di dimensioni colossali (acefala, frammentaria) in marmo greco, di un "artista ellenistico di grande rilievo", di inizio del I sec. a.c.
- La statua di una figura femminile, tipo "Venere Genetrix", dalla tunica aderente al corpo come fosse bagnata.
- Un pluteo in marmo (parte di una balaustra) decorato sui due lati con un "ricamo" leggerissimo e un motivo vegetale dalle larghe foglie.
- Un minuscolo frammento di clava in marmo, di pochi cm, scavato nel 2009.
- I depositi sono colmi dal pavimento al soffitto di migliaia di cassette con catalogate decine di migliaia di frammenti di statue, decorazioni, colonne e parti architettoniche, tutto da identificare e ricomporre.
IL TEATRO
Oltre la "Via tecta" si prende a sinistra e si incontra il teatro, dal quale si sale in asse alla scalinata del tempio e al fondale dipinto con l'ipotesi di ricostruzione della facciata del tempio con otto colonne.
Il teatro aveva in origine 3.600 posti, un numero che dà l'idea dell'importanza delle cerimonie collegate al culto di Ercole.
Sono state ricomposte le gradinate della cavea per 1.200 posti utilizzando un materiale a base di graniglia con una intonazione rosata onde distinguerla dai pezzi originali. Per il pavimento della scena è stato usato un legno di colore marrone. Davanti la scena è stata reperita una vasca che, pulita dalle incrostazioni calcaree ha mostrato un intenso intonaco azzurro delle pareti. Le incrostazioni derivano dall'acqua che accoglieva, forse con piante e pesci.
Alle spalle della cavea i gradoni del podio del tempio, probabilmente fra i primi elementi ad essere saccheggiati dai cacciatori di materiali per il travertino ottimamente sagomato, e di cui è rimasta solo l'impronta.
Alla destra della gradinata è la struttura di una delle due fontane monumentali con cascata e varie vasche circolari.
I RESTI |
Lì davanti, per terra, una base d'altare e uno dei "Thesaurus" per ricevere le offerte, una specie di cassaforte, infatti aveva una copertura metallica, dove i fedeli infilavano le monete senza poterci infilare le braccia per prelevarle.
Il "Thesaurus" era provvisto ai lati da robusti maniglioni metallici (di cui è rimasta l'impronta), per metterlo nella posizione giusta per permettere agli addetti del tempio di svuotare le offerte. Sempre qui sono state individuate le due "bocche" della "caldara". La passerella metallica permette di superare i massi e la parte crollata del portico settentrionale dell'area sacra.
Del portico sopravvivono circa 120 metri con la lunghissima teoria delle arcate sulla sinistra, e un ambiente che evoca altre atmosfere. In mezzo a statue onorarie e iscrizioni, qui erano concentrate le attività civili del Santuario e Svetonio ci ricorda che fra questa arcate Augusto (ed anche Claudio) presiedevano i processi.
Questo significa che il Santuario, per un tempo ora indefinibile, vivrà della contemporanea situazione di sito aperto al pubblico (con limitazioni) e di cantiere (con limitazioni di sicurezza). E man mano che il cantiere si estende si aggiungeranno parti al tragitto del sito.
Si intende aprire al pubblico l'ala settentrionale dell'area sacra, le architetture del triportico e la traccia del tempio in una zona profondamente modificata dall'industria. Ed anche un "orto botanico" denominato obbligatoriamente "Giardino delle esperidi" (piante e arbusti collegati al mito di Ercole). Per anni l'impresa del Santuario è andata avanti stancamente e faticosamente quanto ai finanziamenti, poi negli ultimi tre anni la direzione regionale ha potuto disporre di 15 milioni e mezzo di euro.
Il teatro non è un semplice recupero del monumento, ma avrà attrezzature e impianti "leggeri" e mobili, per tornare funzionante, nell'estate 2012, per spettacoli (teatro, danza, musica). In contemporanea col rinomato festival internazionale di Villa Adriana.