PONTE SUBLICIO IN EPOCA IMPERIALE |
INTERPRETAZIONI DEL RITO
- Secondo Ovidio (Fasti) deriverebbe da una leggenda di Giove Fatidico che avrebbe ordinato ai primi abitanti del luogo, al tempo in cui quella terra era detta Saturnia, di offrirgli tanti corpi consacrati di vecchi quante erano le loro gentes, finché Ercole avrebbe fatto gettare dei giunchi al posto dei vecchi dando origine al rito degli Argei.
Giove fatidico è un soprannome di Giove che, avendo ingoiato la Dea della Giustizia Meti, oracolava mediante lei predicendo il Fato. Non risulta che esistessero Templi dedicati a Roma a Giove fatidico che è citato invece da Omero nell'Iliade (VIII - 22):
"Un'aquila spedì che negli unghioni
Tolto all'ovil della veloce madre
Un cerbiatto stringendo accanto all'ara
Ove l'ostie svenar Solean gli Achivi
Al fatidico Giove dall'rtiglio cader
lasciò la palpitante preda."
Questo rituale sarebbe stato pertanto il retaggio di remoti sacrifici umani che avevano come vittime prigionieri greci, considerati nemici dai romani, in nome della loro leggendaria discendenza dai troiani. Pertanto i fantocci degli Argei sarebbero stati sacrifici umani.
IL PONTE SUBLICIO OGGI |
Questo rituale sarebbe stato pertanto il retaggio di remoti sacrifici umani che avevano come vittime prigionieri greci, considerati nemici dai romani, in nome della loro leggendaria discendenza dai troiani. Pertanto i fantocci degli Argei sarebbero stati sacrifici umani.
Poco credibile, perchè se così fosse stato, i Romani, che ritenevano i sacrifici umani usanze barbare (anche se in tempi remoti e in casi eccezionalissimi vi erano ricorsi), non avrebbero di certo mantenuto il culto, ma piuttosto avrebbero cercato di occultarne l'esistenza.
- In un'altra interpretazione, i fantocci portati in processione, e poi o annegati, o almeno aspersi d'acqua, o uccisi, rappresentano lo spirito morto o morente della vegetazione dell'anno passato, che viene o ucciso per far posto al successore o ravvivato con l'acqua. Perciò questi fantocci sono in genere rappresentati come dei vecchi, e il nome di Argei si collegherebbe con la radice arg "bianco", e si riferiva quindi a questo rito il detto "sexagenarios de ponte", cioè: si gettino i vecchi dal ponte. Ma perchè 27 fantocci e perchè 27 sacrari? Ne sarebbe bastato uno solo.
- Altra interpretazione è quella che Ercole giunto coi suoi compagni nel Lazio ospite del re Evandro, sconfisse ed uccise il gigante Caco dedito alla rapina ed al saccheggio di quei luoghi. Rimasti i compagni di Ercole a vivere nel Lazio, quando questi giunsero a vecchiaia chiesero ai loro discendenti che i propri corpi dopo la morte fossero gettati nel Tevere per essere trasportati dalle sue onde nel mare e da qui giungere in Grecia ad Argo, loro città natale.
Ma i loro discendenti non ritennero naturale la cosa per cui seppellirono in terra laziale i propri cari e gettarono nel Tevere, in loro vece, dei fantocci di giunchi affinchè raggiungessero via mare la patria greca.
Non c'era ragione di supporre che i cadaveri, una volta giunti a mare attraverso il fiume, scorressero in direzione greca. Non esisteva alcuna particolare corrente nel mediterraneo che potesse produrre questo fenomeno.
- Nessuna di queste leggende convince, e non convince Dionigi quando racconta che i Romani gettavano gli uomini dal ponte come poi si fece coi fantocci. Per giunta Festo, nel Sexagenarius, nega il sacrificio umano dei sessuagenari, la vecchiaia all'epoca era sinonimo di saggezza, tanto più che il Senato si chiamò tale proprio perchè costituito da Seniores, cioè da anziani. Erano i padri che semmai ammazzavano i figli esponendoli, cioè abbandonandoli al freddo, alla fame e alla sete, perchè la legge lo consentiva, ma non era consentito il patricidio peraltro condannato a pene severissime e letali.
- Secondo Varrone gli Argei erano principi al seguito di Ercole stabilitisi nel Campidoglio, il che fa pensare a una conquista. Il che spiegherebbe il rito, che per molti viene stranamente interpretato, ma che ha un significato semplice e assai evidente; li hanno buttati a fiume.
Evidentemente non erano stati graditi, anche perchè i riti erculei sono stati in genere contrari agli antichi riti della Grande Madre, come Cibele, Bona Dea, Cerere e Tellus, non a caso Ercole strangolò i due pitoni simbolo della Grande Madre, le cui sacerdotesse si chiamavano appunto le pitonesse.
I romani dovettero insorgere e cacciare i nobili seguaci di Ercole, probabilmente un uomo-eroe divinizzato (un po' come Romolo-Quirino) che avevano spadroneggiato un po' troppo su Roma, e il popolo romano, fin dai tempi remoti, non sopportava ingiuste imposizioni. Ne fa testo la cacciata dei re tarquinii.
- In un'altra interpretazione, i fantocci portati in processione, e poi o annegati, o almeno aspersi d'acqua, o uccisi, rappresentano lo spirito morto o morente della vegetazione dell'anno passato, che viene o ucciso per far posto al successore o ravvivato con l'acqua. Perciò questi fantocci sono in genere rappresentati come dei vecchi, e il nome di Argei si collegherebbe con la radice arg "bianco", e si riferiva quindi a questo rito il detto "sexagenarios de ponte", cioè: si gettino i vecchi dal ponte. Ma perchè 27 fantocci e perchè 27 sacrari? Ne sarebbe bastato uno solo.
PONTE SUBLICIO |
Ma i loro discendenti non ritennero naturale la cosa per cui seppellirono in terra laziale i propri cari e gettarono nel Tevere, in loro vece, dei fantocci di giunchi affinchè raggiungessero via mare la patria greca.
Non c'era ragione di supporre che i cadaveri, una volta giunti a mare attraverso il fiume, scorressero in direzione greca. Non esisteva alcuna particolare corrente nel mediterraneo che potesse produrre questo fenomeno.
- Nessuna di queste leggende convince, e non convince Dionigi quando racconta che i Romani gettavano gli uomini dal ponte come poi si fece coi fantocci. Per giunta Festo, nel Sexagenarius, nega il sacrificio umano dei sessuagenari, la vecchiaia all'epoca era sinonimo di saggezza, tanto più che il Senato si chiamò tale proprio perchè costituito da Seniores, cioè da anziani. Erano i padri che semmai ammazzavano i figli esponendoli, cioè abbandonandoli al freddo, alla fame e alla sete, perchè la legge lo consentiva, ma non era consentito il patricidio peraltro condannato a pene severissime e letali.
- Secondo Varrone gli Argei erano principi al seguito di Ercole stabilitisi nel Campidoglio, il che fa pensare a una conquista. Il che spiegherebbe il rito, che per molti viene stranamente interpretato, ma che ha un significato semplice e assai evidente; li hanno buttati a fiume.
Evidentemente non erano stati graditi, anche perchè i riti erculei sono stati in genere contrari agli antichi riti della Grande Madre, come Cibele, Bona Dea, Cerere e Tellus, non a caso Ercole strangolò i due pitoni simbolo della Grande Madre, le cui sacerdotesse si chiamavano appunto le pitonesse.
I romani dovettero insorgere e cacciare i nobili seguaci di Ercole, probabilmente un uomo-eroe divinizzato (un po' come Romolo-Quirino) che avevano spadroneggiato un po' troppo su Roma, e il popolo romano, fin dai tempi remoti, non sopportava ingiuste imposizioni. Ne fa testo la cacciata dei re tarquinii.
GLI ARGEI
Gli Argei sono figure legate storia delle origini di Roma, che secondo Varrone erano i principi giunti nella penisola italiana al seguito di Ercole e si erano stabiliti nel villaggio fondato dal Dio Saturno sul Campidoglio.
"Gli Argivi da quando abitano nella loro città sono in guerra con i confinanti, come gli Spartani, ma con la differenza che questi combattono contro avversari più deboli, quelli con avversari più potenti, e questo, come è noto, è il peggiore dei mali"
Robert Graves li vede come un gruppo di mercanti che viaggiano tra le varie coste per scambiare i prodotti, e questo confermerebbe la loro natura avventurosa e combattente. All'epoca i mercanti erano avventurieri che dovevano combattere con i pirati. Del resto il tempio di Ercole Olivario (già Tempio di Vesta), cioè protettore dei mercanti (e magari produttori) di olive e soprattutto di olio, conferma il ruolo del semidio di protettore dei commerci.
Viene però da pensare che se si chiamavano Argei venivano da Argo o almeno dalla regione greca dell'Argolide. Oppure che provenissero dalla nave Argo e fossero parte degli Argonauti partiti con Giasone per la conquista del Vello d'Oro. Il che spiegherebbe il ruolo di condottiero di Eracle che prosegue il suo viaggio lasciando lì parte dei suoi compagni di viaggio. E' possibile che i 27 o 30 Argei passassero per favolosi eroi semidei, e che in seguito avessero governato con poca giustizia fino a inimicarsi i romani.
"Gli Argivi da quando abitano nella loro città sono in guerra con i confinanti, come gli Spartani, ma con la differenza che questi combattono contro avversari più deboli, quelli con avversari più potenti, e questo, come è noto, è il peggiore dei mali"
Robert Graves li vede come un gruppo di mercanti che viaggiano tra le varie coste per scambiare i prodotti, e questo confermerebbe la loro natura avventurosa e combattente. All'epoca i mercanti erano avventurieri che dovevano combattere con i pirati. Del resto il tempio di Ercole Olivario (già Tempio di Vesta), cioè protettore dei mercanti (e magari produttori) di olive e soprattutto di olio, conferma il ruolo del semidio di protettore dei commerci.
Viene però da pensare che se si chiamavano Argei venivano da Argo o almeno dalla regione greca dell'Argolide. Oppure che provenissero dalla nave Argo e fossero parte degli Argonauti partiti con Giasone per la conquista del Vello d'Oro. Il che spiegherebbe il ruolo di condottiero di Eracle che prosegue il suo viaggio lasciando lì parte dei suoi compagni di viaggio. E' possibile che i 27 o 30 Argei passassero per favolosi eroi semidei, e che in seguito avessero governato con poca giustizia fino a inimicarsi i romani.
Da un ruolo di eroi divinizzati con tanto di sacrari sarebbero passati a un ruolo di tiranni invasori, per cui la gente si sarebbe ribellata e l'avrebbe gettati nel fiume. Forse la paura della ritorsione divina avrebbe spinto i romani a creare un rito di scongiuro. Ciò sarebbe confermato dal fatto che la cerimonia fosse effettivamente di scongiuro, nata dalla colpa di Romolo che doveva tacitare il fratello assassinato.
LE INTERPRETAZIONI DEL SACRARIO ARGEO
- Da escludere l’ipotesi di una piscina menzionata dalle fonti storiche in rapporto ai vicini horti di Mecenate. Non lo giustificano nè le dimensioni, nè il contesto limitrofo nè l'epoca arcaica della costruzione.
- Un’altra ipotesi lo interpreta come un grande sepolcro oggetto di un culto eroico (heroon), in cui sarebbe stata locata la tomba del re Servio Tullio.
Che il popolo conservasse per lui questa grande venerazione non sembra probabile, dato che Servio Tullio, o Mastarna che dir si voglia, era un etrusco come i due Tarquini che l'hanno preceduto e seguito, e i Romani non avevano una grande opinione dei monarchi etruschi.
SACRARIO DEGLI ARGEI (Roma) |
LE INTERPRETAZIONI DEL SACRARIO ARGEO
- Da escludere l’ipotesi di una piscina menzionata dalle fonti storiche in rapporto ai vicini horti di Mecenate. Non lo giustificano nè le dimensioni, nè il contesto limitrofo nè l'epoca arcaica della costruzione.
- Un’altra ipotesi lo interpreta come un grande sepolcro oggetto di un culto eroico (heroon), in cui sarebbe stata locata la tomba del re Servio Tullio.
Che il popolo conservasse per lui questa grande venerazione non sembra probabile, dato che Servio Tullio, o Mastarna che dir si voglia, era un etrusco come i due Tarquini che l'hanno preceduto e seguito, e i Romani non avevano una grande opinione dei monarchi etruschi.
IL SACRARIO DEGLI ARGEI
Nel 1987 a Roma, in un'area sul Colle Oppio, tra viale del Monte Oppio e via delle Terme di Traiano, si effettuarono importantissime scoperte archeologiche in cui si rinvennero:
- A) Una grande struttura circolare, in uso dal tardo periodo repubblicano fino ad età tardo-antica (o alto-medioevale), rappresentata in un frammento della Forma Urbis;
- B) Il deposito votivo interno alla struttura circolare
- C) Un'area sacra, di età tardo-repubblicana, con più fasi di vita, ma definitivamente abbandonata nel II sec. d.c.
- D) Un altare
- E) Un altro deposito votivo presso l'altare.
LA STRUTTURA CIRCOLARE
- A) Nell'area di cui sopra, già appartenente ai giardini Brancaccio, sovrapposto alla recinzione circolare del diametro di m 16, c'era una fila di blocchi di tufo litoide giallo, alti 55 - 58 cm, con successivi rifacimenti in travertino e tufo grigio, e in opus spicatum.
Una recinzione importante e soprattutto molto arcaica, di molto antecedente alle terme traianee, che di certo doveva contenere qualcosa di molto importante e sacro.
L’edificio è datato dal III e il I secolo a.c., ma per altri va dal IV al VI sec. a.c., il che ci trova concordi. La costruzione in blocchi di cappellaccio e in opera quadrata di tufo granulare, in epoca di molto posteriore, in seguito ad un innalzamento del terreno, venne sostituita da una struttura in blocchi di travertino e di tufo litoide, nella metà del I sec. d.c.
DEPOSITO VOTIVO
- B) Il primo deposito votivo interno alla struttura circolare, di fine VII-VI sec. a.c., contenente sette rocchetti da telaio.
AREA SACRA
- C) Era costituita da un altare e un deposito votivo a 1,5 m dal recinto, a est della grande struttura circolare, tra questa e una strada che correva sull’asse dell’ingresso secondario dei giardini Brancaccio.
Qui è stata rinvenuta una piccola area sacra, con altare in tufo litoide, già danneggiato e semidistrutto in epoca antica, al quale era stato sovrapposto un pavimento di lastre dello stesso materiale.
Dallo scavo, risultò che la struttura circolare fosse stata in rapporto con l'area sacra, tanto più che il deposito votivo era stato trovato all'interno della zona dove sarebbe stata costruita la struttura circolare (il deposito del IV-III sec. a.c. fu rinvenuto, invece, poco al di fuori).
DEPOSITO VOTIVO
- D) Accanto all'altare vi era un secondo deposito votivo. A sud ovest dell'edificio è stato reperito un un pavimento di tufo con un deposito votivo del IV sec. a.c., contenente una statuina bronzea di Kouros, tre tazze di bucchero in miniatura, tre focacce in miniatura e vari frammenti di bucchero.
L'USO DELL'EDIFICIO
Le fonti antiche ci informano che sul colle Oppio vi erano quattro sacelli, uno dei quali (il quarto) situato in una zona denominata «in figlinis», cioè in un sito caratterizzato dalle botteghe dei vasai. Consistenti rinvenimenti di materiale ceramico di scarto sono stati rinvenuti nella vicina via Merulana.
Relativi senz’altro a fornaci attive nelle vicinanze, consentono di identificare il sacrario di viale del Monte Oppio con quello indicato dalle fonti. Sembra dunque che questo sacello sia uno dei quattro sacrari degli Argei che le fonti menzionano giusto sul Colle Oppio.
LE TRE FESTIVITA'
Nel 1987 a Roma, in un'area sul Colle Oppio, tra viale del Monte Oppio e via delle Terme di Traiano, si effettuarono importantissime scoperte archeologiche in cui si rinvennero:
- A) Una grande struttura circolare, in uso dal tardo periodo repubblicano fino ad età tardo-antica (o alto-medioevale), rappresentata in un frammento della Forma Urbis;
- B) Il deposito votivo interno alla struttura circolare
- C) Un'area sacra, di età tardo-repubblicana, con più fasi di vita, ma definitivamente abbandonata nel II sec. d.c.
- D) Un altare
- E) Un altro deposito votivo presso l'altare.
LA STRUTTURA CIRCOLARE
- A) Nell'area di cui sopra, già appartenente ai giardini Brancaccio, sovrapposto alla recinzione circolare del diametro di m 16, c'era una fila di blocchi di tufo litoide giallo, alti 55 - 58 cm, con successivi rifacimenti in travertino e tufo grigio, e in opus spicatum.
Una recinzione importante e soprattutto molto arcaica, di molto antecedente alle terme traianee, che di certo doveva contenere qualcosa di molto importante e sacro.
L’edificio è datato dal III e il I secolo a.c., ma per altri va dal IV al VI sec. a.c., il che ci trova concordi. La costruzione in blocchi di cappellaccio e in opera quadrata di tufo granulare, in epoca di molto posteriore, in seguito ad un innalzamento del terreno, venne sostituita da una struttura in blocchi di travertino e di tufo litoide, nella metà del I sec. d.c.
DEPOSITO VOTIVO
- B) Il primo deposito votivo interno alla struttura circolare, di fine VII-VI sec. a.c., contenente sette rocchetti da telaio.
AREA SACRA
ROCCHETTI DA TELAIO |
Qui è stata rinvenuta una piccola area sacra, con altare in tufo litoide, già danneggiato e semidistrutto in epoca antica, al quale era stato sovrapposto un pavimento di lastre dello stesso materiale.
Dallo scavo, risultò che la struttura circolare fosse stata in rapporto con l'area sacra, tanto più che il deposito votivo era stato trovato all'interno della zona dove sarebbe stata costruita la struttura circolare (il deposito del IV-III sec. a.c. fu rinvenuto, invece, poco al di fuori).
DEPOSITO VOTIVO
- D) Accanto all'altare vi era un secondo deposito votivo. A sud ovest dell'edificio è stato reperito un un pavimento di tufo con un deposito votivo del IV sec. a.c., contenente una statuina bronzea di Kouros, tre tazze di bucchero in miniatura, tre focacce in miniatura e vari frammenti di bucchero.
L'USO DELL'EDIFICIO
Le fonti antiche ci informano che sul colle Oppio vi erano quattro sacelli, uno dei quali (il quarto) situato in una zona denominata «in figlinis», cioè in un sito caratterizzato dalle botteghe dei vasai. Consistenti rinvenimenti di materiale ceramico di scarto sono stati rinvenuti nella vicina via Merulana.
Relativi senz’altro a fornaci attive nelle vicinanze, consentono di identificare il sacrario di viale del Monte Oppio con quello indicato dalle fonti. Sembra dunque che questo sacello sia uno dei quattro sacrari degli Argei che le fonti menzionano giusto sul Colle Oppio.
LA PROCESSIONE |
Agli Argei erano collegate tre feste religiose: quella del 14, quella del 16 e quella del 17 marzo, quando una processione percorreva i 27 santuari, detti Argeorum sacraria (dalla regio suburana a quella Esquilina, Collina e Palatina). E' possibile che la Via Crucis abbia attinto da questo antico rituale. La seconda festa, detta dei Lemuria, del 14 maggio era ugualmente una processione, che si concludeva però, presso il ponte Sublicio, con il lancio nel Tevere da parte delle Vestali, di fantocci in giunco (scirpea), rappresentanti gli Argei. A queste cerimonie partecipava anche la Flaminica Dialis in abbigliamento di lutto. Il che conferma il rito mortuario.
Le Lemuria o Lemuralia erano delle feste dell'antica Roma, che venivano celebrate il 9, l'11 e il 15 maggio, quindi molto vicini alle feste degli Argei, per esorcizzare gli spiriti dei morti, i lemuri. La tradizione voleva che ad istituire queste festività fosse stato Romolo per placare lo spirito del fratello Remo, da lui ucciso. Ma mentre i Lemuria erano feste religiose, la festa degli Argei non era religiosa, il che lo conferma come un rito di punizione ma pure di espiazione per uomini-eroi prima divinizzati e poi giustiziati.
Il rituale prevedeva che il pater familias gettasse alle sue spalle alcune fave nere per il numero simbolico di nove volte, recitando formule propiziatorie. Anche questo appare un rito di scongiuro. Solo che per gli Argei non si buttavano le fave ma i fantocci, e non in terra ma nel fiume.
L'usanza di gettare corpi vivi nel Tevere era riservata dai romani ai tiranni dell'Urbe, tanto è vero che in epoca monarchica, non potendo gettare a Tevere Taquinio, ci gettarono dei covoni di grano dei suoi campi. I romani erano tosti, facili alla ribellione, facili ad aggregarsi e organizzarsi tra loro per cacciare qualsiasi tiranno. Prova ne sia che gli Argei se ne andarono (almeno quelli che sopravvissero) e non tornarono più.
Ancora un elemento di prova: I Lemuri (in latino "lemures", cioè "spiriti della notte) erano gli spiriti dei morti diventati vampiri, ossia anime che non riescono a trovare riposo a causa della loro morte violenta. Secondo il mito tornavano sulla terra a tormentare i vivi, perseguitando le persone fino a portarle alla pazzia.
Il che dimostra che gli Argei, prima venerati, erano poi deceduti per morte violenta, in quanto i romani li avevano legati come salami e gettati nel Tevere. Da qui le Lemuria per impedire che potessero tornare dai vivi e vendicarsi.