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CULTO DEI LARI

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I Lari erano divinità minori rispetto ai grandi Dei venerati nel culto ufficiale, ma in realtà veneratissimi nell'ambito delle case romane. Essi sono le divinità protettrici della "familia", di ogni specifica famiglia.

I Lares familiares erano raffigurati con una statuetta, di terracotta, legno o cera, chiamata sigillum (da signum, "segno", "effigie", "immagine"). All'interno della domus, queste statuette venivano collocate insieme ai Penati e a qualche statuetta divina, nella nicchia di un'apposita edicola detta larario e, in particolari occasioni o ricorrenze, oppure quotidianamente, a seconda della pietas del padrone di casa, onorate con l'accensione di una fiammella e di incensi vari.

LARI
Nella Roma arcaica i Lari, a detta di molti studiosi, non sembrano possedere "nomi e personalità individualizzate", ma appaiono divinità senza caratteristiche precise derivate da una religione animistica antecedente alla politeistica, con la caratteristica struttura gemellare, riadattata, corrispondente alla concezione dualistica romana, come distinzione e pure sintesi tra bene e male, principio e fine, nascita e morte.

In effetti la tradizione religiosa romana risale a un precedente matriarcato e a un ancor più originaria religione animistica che hanno però molti punti in comune. L'arcaica Dea Vesta era alle origini una Grande Madre, che come tutte le Dee primigenie veniva raffigurata tra due belve che si fronteggiano facendo riferimento a lei. Le belve poi si umanizzarono divenendo spiriti o divinità minori, collegati però sempre al triplice aspetto della Dea, colei che dà la vita, che nutre e che dà la morte. 

I Lari diventano perciò l'inizio e la fine, la nascita e la morte, e i Penati, in qualità di antenati che vegliano sui pronipoti sono la continuità del tempo e dello spirito che si trasmette dal passato al presente e poi al futuro.

Servio scrisse che il culto dei Lari era stato indotto dall'antica tradizione di seppellire in casa i morti, dandogli perciò il significato di antenati, quando però c'erano già i Penati ad assolvere tale funzione.

Per Plauto i Lari venivano rappresentati come cani e le loro immagini venivano conservate nei pressi della porta di casa, il che li configura maggiormente come spiriti, e più particolarmente come spiriti guardiani, che sono caratteristici di molte culture sia orientali che occidentali.

Una fra le più diffuse iconografie però  li illustra come giovinetti che indossano una corta tunica ed alti calzari, mentre versano del vino dal rhyton nelle coppe.

LARARIO CON LARI


DIZIONARIO DI MITOLOGIE E ANTICHITA'

"I Lari erano i Dei domestici, i geni di ogni casa come i custodi di ogni famiglia. Apulejo dice che i Lari altro non erano che le anime di coloro i quali avevano menato una vita buona e bene adempiuto ai proprii doveri. Per lo coloro che avevano mal vissuto, erravano vagabondi e spaventavano uomini.

Secondo Servio "il culto dei Lari è derivato dall'antico uso di seppellire i morti nelle case la qual cosa diede motivo ai creduli d'immaginarsi che vi soggiornassero eziandio le loro anime come genii soccorrevoli e propizii e di onorarli come tali. Si può aggiungere che essendosi poscia introdotto l'uso di sotterrarli nelle strade maestre ciò poteva aver dato occasione di considerarli eziandio come gli Dei delle strade.

Tale era il sentimento dei Platonici i quali delle anime dei buoni facevano i Lari e di quelle del malvagi i Lemuri o notturne Larve. Plauto dice che i Lari erano anticamente rappresentati sotto la figura di un cane e ciò senza dubbio perchè i Lari fanno la medesima funzione dei cani cioè quella di custodire la casa ed erano persuasi che cotesti Dei avessero il potere di allontanare tutto ciò che poteva nuocere.

Il più ordinario loro luogo nelle case era dietro la porta o intorno ai focolari. Le statue degli Dei erano in piccolo e custodivansi in un particolare oratorio ove si aveva un'estrema cura di tenerli colla maggiore proprietà,

Eravi anche almeno nelle grandi case un domestico unicamente occupato al servigio di questi Dei e presso gli Imperatori era questa la carica d'un liberto. Cionondimeno talvolta accadeva che venisse mancato loro il dovuto rispetto in certe occasioni come nella morte di alcune predilette persone mentre allora accusavansi elli di non aver bastantemente vegliato alla loro conservazione e di essersi lasciati sorprendere dai malefici genii. Un giorno Caligola fece gittare dalla finestra i suoi Lari per essere diceva egli malcontento del loro servigio.

Quando i giovani erano pervenuti all'età di lasciare le bolle che portavano soltanto nella prima giovinezza le appendevano al collo dei Lari. Tre giovani vestiti di bianche tuniche entrarono - dice Petronio - due dei quali posero sulla tavola i Lari ornati di l'altro girando con una tazza di vino gridava siano questi Dei propizii.

Gli schiavi vi appendevano essi pure le loro catene allorquando ottenevano la libertà. Distinguevansi più sorta di Lari oltre quelli delle case che chiamavansi anche famigliari, v'erano i Lari Pubblici i quali alle pubbliche fabbriche, i lari di città urbani, quelli delle crocevie compitales, i Lari delle strade viales, quelli della campagna rurales, i Lari nemici hostiles, cioè quelli che avevano cura di allontanare i nemici e chiamavansi familiares, quelli che presiedevano alle case e alle famiglie parvi quelli delle campagne le cui statue avevano tutto di semplice sia per la materia come per la forma, pubblici: re e principi che innalzati al cielo la loro morte imploravano il degli Dei a favore dello stato ad essi sacrificato un porco nelle crocevie.

I Lari marini erano stabiliti per custodia dei vascelli. Alcuni autori dicono che fossero Nettuno Tetide e Glauco. Sembra che non debbano confusi con quelli che ponevansi sulla prora dei vascelli. I dodici grandi Dei erano posti nel numero dei Lari. Asconio, spiegando il Diis Magnis di Virgilio, pretende che i grandi Dei siano i Lari della città di Roma."

LARARIO (ERCOLANO)

Giano, da quanto riferisce Macrobio, era uno degli Lari perché presiedeva alle strade. Arpocrate era pure del numero di Dei: Apollo Diana e Mercurio anch'essi riguardati come Lari, le statue loro si trovavano negli delle strade oppure sulle maestre.

In generale tutti gli Dei erano scelti per protettori e tutelari luoghi e dei particolari tutti gli de quali sperimentavasi la protezione qualunque genere erano appellati Lari. Properzio dice che i Lari scacciarono Annibale da Roma perchè fu egli da alcuni fantasmi notturni spaventato.

Quando sacrificavasi in pubblico ai Lari la vittima che veniva ad essi offerta era un porco ma in particolare si offriva loro ogni giorno del vino dell'incenso una corona di lana e un poco di tutto che era posto sulle mense, erano coronati di fiori e specialmente di viola di mirto e di ramerino. Venivano a loro fatte delle frequenti libazioni e talvolta si portava la venerazione sino ai sacrifizii. Ovidio ne suoi Fasti l 5 dà il cane per attributo agli Dei Lari e Plutarco dice che venivano coperti della pelle di cotesti animali.

Una patera etrusca pubblicata da Lachaussee rappresenta due Lari pubblici assisi appoggiati ai loro scudi e che tengono le loro picche come in atto di allontanare l inimico. l Lari avevano un tempio a Roma nel campo di Marte (vedi GRUNDILI Mem. dell'Accad. dell'Iscriz t 1 3 9). Varrone e Macrobio dicono che i Lari erano figliuoli di Mania, Ovidio ne suoi Fasti li fa nascere da Mercurio e dalla ninfa Lara che da Lattanzio e da Ausonio viene chiamata Larunda.

Supposero eglino che questi Dei domestici si degnassero di rientrare nelle loro case per procurare alla famiglia tutti i beni possibili ed allontanare i mali da cui era minacciata, simili dice Plutarco a quelli atleti che avendo ottenuto il permesso di ritirarsi a motivo della molto avanzata loro età si compiacciono nel vedere i loro allievi esercitarsi nella carriera medesima e nel sostenerli coi loro consigli.

In questa guisa il Dio Lare al quale Plauto fa fare il prologo di una delle sue commedie dell'Aulularia vi manifesta l'affetto che egli nutre per la figliuola di casa assicurando che in vista della devozione di lei egli pensa a procurarle un vantaggioso maritaggio colla scoperta di un tesoro a lui affidato del quale non ha giammai voluto dare indizio alcuno nè al padre della donzella nè all'avo di lei perchè si erano mal condotti a suo riguardo.


Una legge delle dodici tavole a tutti gli abitanti di celebrare sacrifizi dei loro Dei Penati o Lari di conservarli senza interruzione in famiglia a norma di quanto era prescritto dal capo della medesima. Non vi ha chi ignori che allorquando un individuo per mezzo dell'adozione passava dall'una in un altra famiglia, il magistrato aveva cura di provvedere al culto degli Dei che erano dall'adottata persona abbandonati.

Quindi Roma divenne l'asilo di tutti gli Dei dell'universo ogni particolare era padrone di prendere per suoi Penati o Lari quelli che a lui piacevano "Quum singuli" dice Plinio "ex senetipsis totidem Deos faciant Junones". Non solo i particolari e le famiglie ma i popoli le provincie e le città ebbero i loro Dei Lari o Penati Per questa ragione i Romani prima di assediare una città ne evocavano gli Dei tutelari e li pregavano di passare fra loro promettendo ad essi e templi e sacrifizi acciò non si opponessero alle loro intraprese.

Le persone dabbene attribuivano tutte le felicità e i mali che succedevano nelle famiglie ai Lari e facevano loro dei sacrifizi per ringraziarli o per placarli ma altre avendo carattere di difficile contentatura sempre si lagnavano come la Filide d'Orazio dell'ingiustizia dei loro domestici "Dei Et penales Maeret iniquos" Od 4l2 .
I religiosi viaggiatori portavano sempre seco nelle loro bagaglie qualche piccola statua dei Lari ma Cicerone temendo di troppo affaticare la sua Minerva nel viaggio che egli fece prima di portarsi in esiglio per rispetto la depose nel Campidoglio.

A romana adulazione pose Augusto nel rango degli Dei Lari volendo con tal atto dichiarare che ciascuno dovesse riconoscerlo pel difensore e conservatore della propria famiglia. Ma cotesta deificazione comparve in un tempo poco favorevole, niuno prestava più credenza ai Lari e molto meno alle virtù d Augusto il quale era soltanto risguardato come un felice usurpatore del governo.

Ai molti nomi con cui venivano chiamati e distinti i Lari già riferiti dal francese compilatore si aggiunga pur anco quello di praestites dato ai Lari siccome custodi delle porte "Quod oculis omnia tuta suis" dice Ovidio ne suoi Fasti. -

(Dizionario d'ogni mitologia e antichità - Milano 1822)



TEMPIO DEI LARI A ROMA

Il tempio dei Lari di Roma era nell'ottava regione di questa città e Tito Tazio re dei Sabini fu il che edificò loro questo tempio. Oltre le offerte che facevano ai Lari già riferite da Noèl erano poste dinanzi alle loro statue anche lampade accese. La prova di fatto poco noto è tratto da una lampada di rame ritrovata sotto terra nel 1505 i manichi della quale circondavano un piccolo piedestallo su cui leggevasi la seguente iscrizione:
Laribus sacrum PF Rom. vale a dire: publicae felicitati Romanorum.



AEDES LARI PERMARINI

Nel 190 a.c. i romani, chiamati in aiuto dai Greci, dovettero affrontare la battaglia di Mionneso, una vittoriosa battaglia navale che privò il re Antioco, che si trovava sulla costa asiatica dell’Egeo, di tutta la sua flotta. Antioco voleva riprendere il controllo dell’Egeo per impedire il passaggio dei Romani nell’Asia minore. La flotta romana, comandata da Lucio Emilio Regillo, era entrata nel porto di Teo, a sud-ovest di Smirne, per rifornirsi di vino per i suoi soldati. 

D'improvviso la flotta siriaca si avvicinò per tentare di sorprendere i romani nel porto. Regillo però fece immediatamente uscire la sua flotta in mare aperto schierando le sue 80 navi da guerra, contro le 89 unità nemiche, di cui presto scompaginò la formazione catturandone quasi la metà, mentre le altre presero la fuga. 

Avendo vinto per mare Regillo fece sbarcare i suoi legionari sconfiggendo Antioco anche via terra, e tornato a Roma il Senato gli decretò l’onore del trionfo navale. Per onorare il suo voto, Lucio Emilio fece poi erigere nell’Urbe il tempio dei Lari Permarini. Sul portale del tempio venne apposta la seguente iscrizione, di cui una copia fu anche affissa sulla porta del tempio di Giove Ottimo Massimo in Campidoglio:

"Volendo concludere una grande guerra, sottometterne i re e pervenire alla pace, Lucio Emilio, figlio di Marco, venne inviato a combattere quella battaglia navale. Sotto i suoi auspici, sotto il suo comando e sotto la sua condotta fortunata, tra Efeso, Samo e Chio, la flotta - fino allora invitta - del re Antioco, davanti agli occhi dello stesso Antioco, di tutto il suo esercito, della cavalleria e degli elefanti, venne sbaragliata, schiacciata e messa in fuga; in quel solo giorno le furono catturate quarantadue navi con tutti gli equipaggi. Dopo quella battaglia il re Antioco ed il suo regno...  In seguito a questo grande successo fece voto di un tempio ai Lari Permarini". (Liv., XL, 52, 5-6).


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