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VILLA JOVIS (Capri)

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RICOSTRUZIONE DI VILLA JOVIS

Tiberio nacque a Roma nel 42 a.c. da Tiberio Claudio Nerone, cesariano, e da Livia Drusilla, di trent'anni più giovane di lui. Ambedue i genitori appartenevano alla gens Claudia, un'antica famiglia patrizia romana.

TIBERIO
Nel 39 a.c. Ottaviano divorziò da sua moglie Scribonia, per prendere in sposa la madre del piccolo Tiberio, Livia Drusilla, che sposò l 17 gennaio del 38 a.c., dunque, Ottaviano sposò Livia, la quale dopo tre mesi partorì un figlio a cui fu imposto il nome di Druso.

Mentre Druso fu allevato dalla madre nella casa di Ottaviano, Tiberio rimase presso l'anziano padre fino all'età di nove anni, cioè fino alla morte del padre nel 33 a.c..
Tiberio si trasferì nella casa di Ottaviano assieme alla madre e al fratello, e nel 29 a.c.

Ebbe indubbie capacità di comandante e stratega rimanendo imbattuto in tutte le sue lunghe e frequenti campagne, tanto da divenire, nel corso degli anni, uno dei migliori luogotenenti di Augusto.

Data la mancanza di vere e proprie scuole militari che permettessero di fare esperienza, nel 25 a.c. Augusto decise di inviare in Spagna i sedicenni Tiberio e Marcello, in qualità di tribuni militari.

Suo fratello Druso, mentre si trovava sulle rive dell'Elba a combattere contro le popolazioni germaniche, era caduto da cavallo fratturandosi il femore.
L'incidente sembrò di poco conto e fu dunque trascurato.

RICOSTRUZIONE ESTERNI DELLA VILLA

Le condizioni di Druso, tuttavia, peggiorarono e Tiberio lo raggiunse a Mogontiacum percorrendo, in un giorno solo, oltre duecento miglia.
Druso, alla notizia dell'arrivo del fratello, ordinò che le legioni lo accogliessero degnamente, e spirò più tardi le sue braccia.

Tiberio nel 12 a.c. era stato costretto da Augusto a divorziare dalla prima moglie, Vipsania Agrippina, figlia di Marco Vipsanio Agrippa, da cui aveva avuto un figlio, Druso minore.

L'anno successivo sposò dunque Giulia maggiore, figlia dello stesso Augusto e quindi sua sorellastra, vedova di Agrippa.

Tiberio era sinceramente innamorato della prima moglie Vipsania e se ne allontanò con rammarico, tanto più poi che il matrimonio con Giulia si guastò ben presto dopo la morte del figlio nato loro ad Aquileia.

Lucio e Gaio Cesare morirono, rispettivamente nel 2 e nel 4, non senza che si sospettasse che Livia Drusilla avesse avuto qualche ruolo nella loro morte.

Il primo si era misteriosamente ammalato, mentre il secondo era stato colpito a tradimento in Armenia, mentre discuteva con i nemici una proposta di pace.

Tiberio, che al suo ritorno aveva lasciato la sua vecchia casa per trasferirsi nei giardini di Mecenate, fu adottato da Augusto.

Questi non aveva ormai altri eredi, costringendolo però però ad adottare a sua volta il nipote Germanico, figlio del fratello Druso Maggiore, sebbene Tiberio avesse già un figlio, concepito dalla prima moglie, Vipsania, di nome Druso minore e più giovane di un anno soltanto.

RICOSTRUZIONE DEGLI INTERNI DELLA VILLA
Nel 14, Augusto, ormai prossimo alla morte, chiamò con sé Tiberio sull'isola di Capri: l'erede, che non ci era mai stato, ne rimase profondamente affascinato.

Tiberio annunciò dunque la morte di Augusto, mentre sopraggiungeva anche la notizia del misterioso assassinio di Agrippa Postumo da parte del centurione addetto alla sua custodia. Temendo inoltre eventuali attentati alla sua persona.

Tiberio si attribuì una scorta militare, e convocò il senato per le onoranze funebri ad Augusto e il testamento che lasciava come eredi del suo patrimonio Tiberio e Livia, con numerosi donativi anche al popolo di Roma e ai legionari che militavano negli eserciti.

I senatori chiesero a Tiberio di assumere il ruolo e il titolo che era stato di suo padre, a guida dello stato romano.

Alla fine Tiberio accettò l'offerta dei senatori, e divenne il successore di Augusto.

RICOSTRUZIONE DI C. WUEICHARDT


L'UNICO EREDE

La gelosia di Tiberio verso il figlio di suo fratello, Druso maggiore, che egli stesso aveva adottato per ordine di Augusto, cresceva alla pari col il plauso dei romani che lo adoravano.

Così Tiberio affidò al figlio adottivo uno speciale compito in Oriente, in modo da allontanarlo da Roma affiancandogli un uomo di sua fiducia: Gneo Calpurnio Pisone.

I RESTI DELLA VILLA
Germanico, tornato in Siria dall'Egitto, entrò in conflitto con Pisone, che aveva annullato tutti i provvedimenti che egli aveva preso.

Pisone irritato decise allora di lasciare la provincia per fare ritorno a Roma.

Però, poco dopo la partenza di Pisone, Germanico cadde malato ad Antiochia e morì dopo lunghe sofferenze; prima di spirare, lo stesso Germanico confessando alla moglie Agrippina il sospetto di essere stato avvelenato da Pisone.

A Roma grandissimo era il compianto di tutto il popolo per il defunto, ma Tiberio non partecipò neppure alla cerimonia funebre.
Pisone venne accusato di veneficio e si suicidò, ma il popolo sospettò che il mandante fosse Tiberio.

Tacito scrisse così di Germanico:
« ...giovane, aveva sentimenti liberali ed una straordinaria affabilità, che contrastava con il linguaggio e l'atteggiamento di Tiberio, sempre arroganti e misteriosi... » (Tacito, Annales, I, 33)

La morte di Germanico aprì la strada per la successione all'unico figlio naturale di Tiberio, Druso.
Intanto, Lucio Elio Seiano, nominato prefetto del Pretorio nel 16, riuscì presto a conquistarsi la fiducia di Tiberio.

Accanto a Druso, dunque, favorito per la successione, comparve Seiano, che ambiva lui stesso a divenire il successore di Tiberio. 
Tra Druso e Seiano si venne quindi a creare una situazione di aperta rivalità; il prefetto, allora, pensò di assassinare Druso e gli altri possibili successori di Tiberio, e sedusse la moglie dello stesso Druso, Claudia Livilla. 

Nel 23, lo stesso Druso morì avvelenato; l'opinione pubblica arrivò a sospettare, pur senza alcun fondamento, che potesse essere stato Tiberio.

Tiberio, dunque, si trovò ancora una volta, all'età di 64 anni, privo di un erede, perché i gemelli di Druso, nati nel 19, erano troppo giovani, ed uno di loro era morto poco dopo il padre.

Scelse allora di proporre come suoi successori i giovani figli di Germanico, che erano stati adottati da Druso e che Tiberio pose sotto la tutela dei senatori.

Seiano ebbe, allora, un potere sempre maggiore, tanto da poter sperare di divenire imperatore egli stesso dopo la morte di Tiberio, e iniziò una serie di persecuzioni prima contro i figli e la moglie di Germanico, Agrippina, poi verso gli amici dello stesso Germanico.

Molti di loro furono infatti costretti all'esilio, o scelsero di darsi la morte per evitare una condanna.
Tiberio, addolorato per la morte del figlio ed esasperato per l'ostilità del popolo di Roma, nel 26 decise di ritirarsi prima in Campania e l'anno successivo a Capri su consiglio dello stesso Seiano, per non fare mai più ritorno nell'Urbe.

Non poteva più sopportare di vedere intorno a sé gente che gli ricordava Druso, senza dimenticare che la vicinanza della madre Livia era divenuta per lui insopportabile.

Una malattia che gli sfigurava il viso ne aveva, infine, aumentato la suscettibilità e l'ombrosità del carattere.

Ma il suo ritiro fu un errore molto grave, sebbene Tiberio non avesse diminuito la cura con cui affrontava i problemi dell'Impero dalla villa di Capri.

Seiano era riuscito, inoltre, a convincere il princeps a concentrare tutte le nove coorti pretorie, in precedenza distribuite tra Roma ed altre città italiche, nell'Urbe (presso il Castro Pretorio) a sua totale disposizione, ora che Tiberio aveva lasciato Roma.


L'allontanamento di Tiberio da Roma portò, comunque, a una progressiva esautorazione del senato, a tutto vantaggio dell'imperatore stesso e di Seiano.
Il prefetto del pretorio, infatti, iniziò a perseguitare i propri oppositori accusandoli di lesa maestà ed eliminandoli, dunque, dalla scena politica; grande credito acquisirono i delatori, ovvero coloro che fungevano da accusatori, e permettevano la condanna dell'imputato.

Nel 29, quando Livia Drusilla, madre di Tiberio, che con il suo carattere autoritario aveva sempre influenzato il governo, morì all'età di ottantasei anni, il figlio si rifiutò di far ritorno a Roma per le esequie e proibì la sua divinizzazione.

Seiano, allora, poté procedere contro Agrippina maggiore e suo figlio Nerone: contro il giovane furono riversate numerose accuse infamanti, tra cui quella di tentata sovversione, ed egli fu dunque condannato al confino sull'isola di Ponza, dove morì nel 30 patendo la fame. Agrippina, invece, accusata di adulterio, fu deportata nell'isola Pandataria dove morì nel 33.

Tuttavia la vedova di Druso maggiore, Antonia minore, facendosi portavoce dei sentimenti di gran parte della classe senatoriale, comunicò in una lettera a Tiberio tutti gli intrighi e i fatti di sangue di cui Seiano, che stava ordendo una cospirazione ai danni dello stesso imperatore, era responsabile.

Tiberio capì ma per non destare sospetti, l'imperatore nominò Seiano pontefice, promettendo di conferirgli al più presto la tribunicia potestas.

Quando Seiano giunse in Senato, venne informato da Macrone dell'arrivo di una lettera di Tiberio annunciante il conferimento della potestà tribunizia.

Così, mentre questi prendeva giubilante il proprio posto tra i senatori, Macrone, rimasto fuori dal tempio, allontanò i pretoriani di guardia facendoli sostiuire dai vigili di Lacone.

Poi, consegnata la lettera di Tiberio al console perché la leggesse al Senato, raggiunse i castra praetoria per annunciare la propria nomina a prefetto del pretorio.

Nella lettera, Tiberio accusava il prefetto di tradimento, ordinandone la destituzione e l'arresto.
Seiano, venne condannato a morte e alla damnatio memoriae.

Il Senato dichiarò il 18 ottobre festa pubblica, ordinando l'innalzamento di una statua alla Libertà con la seguente dedica:


« Alla salute del perpetuo Augusto e alla Libertà del popolo romano, per la Provvidenza di Tiberio Cesare, figlio di Augusto, per l'eternità della gloria di Roma, eliminato il pericolosissimo nemico. »

(Dedica del Senato a Tiberio.)

Tiberio trascorse l'ultima parte del suo regno sull'isola di Capri, circondato da uomini di studio, giuristi, letterati ed anche astrologi.
Lì fece costruire dodici ville, per poi risiedere in quella che preferiva, la Villa Jovis.

Tacito e Svetonio raccontano che a Capri Tiberio poté lasciare libero sfogo ai suoi inenarrabili vizi, abbandonandosi alla gola e alla sfrenata libidine; sembra tuttavia più verosimile che Tiberio abbia mantenuto la sua consueta riservatezza, evitando gli eccessi come aveva sempre fatto, non trascurando i propri doveri nei confronti dello Stato e continuando a lavorare nel suo interesse.

Dopo la caduta del crudele Seiano, che doveva succedere a Tiberio. si riaprì la questione della successione, e nel 33 anche Druso Cesare, il maggiore dei figli di Germanico rimasti in vita, morì di inedia dopo essere stato condannato al confino nel 30 con l'accusa di aver cospirato contro Tiberio.

Quando Tiberio, nel 35, depositò il suo testamento, potendo scegliere tra tre possibili eredi, incluse nel testamento il nipote Tiberio Gemello, figlio di Druso minore, e il nipote collaterale Gaio, figlio di Germanico.

Il favorito nella successione doveva essere il giovane Gaio di venticinque anni, cioè Caligola, poiché Tiberio Gemello, peraltro sospettato di essere in realtà figlio di Seiano, aveva dieci anni di meno.

Restò dunque escluso dal testamento il fratello dello stesso Germanico, Claudio, inadatto al ruolo di princeps, debole di corpo e di dubbia sanità mentale.

Nel 37, Tiberio lasciò Capri, come aveva già fatto in precedenza, forse con l'idea di rientrare finalmente in Roma per trascorrervi i suoi ultimi giorni; intimorito però dalle reazioni del popolo romano, abituato a dire la sua pure agli imperatori, si fermò a sette miglia dall'Urbe, e tornò indietro verso la Campania.

Qui fu colto da malore, e trasportato nella villa di Lucullo a Miseno.
Dopo un iniziale miglioramento, il 16 marzo cadde in uno stato di delirio e fu creduto morto.

Mentre molti già si apprestavano a festeggiare l'ascesa di Caligola, Tiberio si riprese ancora una volta, suscitando scompiglio tra coloro che avevano già acclamato il nuovo imperatore.
Il prefetto Macrone, che simpatizzava per Caligola, ordinò che Tiberio fosse soffocato tra le coperte. Il vecchio imperatore, debole e incapace di reagire, spirò all'età di settantasette anni.

Il popolo romano reagì con grande gioia alla notizia della morte di Tiberio, festeggiandone la scomparsa.
Molti monumenti che celebravano le imprese dell'imperatore furono distrutti, così come numerose statue che lo raffiguravano.

In molti tentarono di far cremare il corpo di Tiberio a Miseno, ma fu comunque possibile trasportarlo a Roma, dove fu cremato nel Campo Marzio e sepolto, tra le ingiurie, nel Mausoleo di Augusto il 4 aprile, presidiato dai pretoriani.

Mentre l'imperatore defunto riceveva queste modeste onoranze funebri il 29 marzo, Caligola era già stato acclamato princeps dal senato.


RICOSTRUZIONE


VILLA JOVIS

Villa Jovis, o Villa di Giove, è collocata sulla vetta del monte Tiberio, nella parte orientale dell'isola di Capri. Da qui l'imperatore Tiberio Claudio Nerone governò l'impero per oltre undici anni.

Durante il suo soggiorno sull'isola di Capri, nonostante il suo precario stato di salute, Tiberio ordinò la costruzione di altri undici palazzi intorno ad essa.

Nella stagione estiva si trasferiva sulla costa, tra le costruzioni oggi note come "bagni di Tiberio" o "palazzo a mare", dove l'imperatore amava fare il bagno. Gli architetti che progettarono la sua villa per rendere il soggiorno dell'imperatore confortevole, si trovarono di fronte al problema dell'approvvigionamento idrico.

L'acqua, se abbondava nei bassi rilievi dell'isola, scarseggiava nei livelli superiori. 

COME DOVEVA APPARIRE I EPOCA IMPERIALE

Così con un ardito e geniale ingegneria vennero costruite due o più cisterne di enorme portata disposte nelle fondamenta della Villa stessa. 

Con la raccolta di acqua piovana nelle cisterne della villa, fu resa possibile l'erogazione di acqua pura e potabile anche nei secoli successivi fino all'attuale centro storico.

Questa reggia fu un po' a metà tra una ricca domus e una fortezza romana. 
Al centro si trovavano le cisterne per la raccolta delle acque piovane, risorsa fondamentale su un'isola priva di sorgenti, usate sia come acqua potabile che come riserva destinata alle terme.

Sul versante ovest della villa trovava posto il quartiere servile e a nord l'alloggio dell'imperatore e dei suoi collaboratori più fidati, come l'astrologo Trasillo. 
Il versante est, invece, era occupato dalla sala del trono.

L'antico faro utilizzato per le segnalazioni con la terraferma e le osservazioni astronomiche è crollato a causa di un terremoto pochi giorni dopo la morte di Tiberio.

LA CHIESETTA CHE SI ERGE SULLE ROVINE
DELLA VILLA
Scoperta nel XVIII secolo durante il dominio di Carlo di Borbone, Villa Jovis è ben conservata anche se numerosi reperti sono andati persi. 

Altri, invece, sono conservati nelle sale del Museo Archeologico di Napoli e nella Chiesa di Santo Stefano a Capri. 

Alcuni elementi delle paste vitree di colore rosso ed azzurro sono state utilizzate per la mitria e la collana di San Costanzo, il patrono dell'Isola di Capri.

Solo nel 1932 fu messo in atto un lavoro di recupero capace di valorizzare realmente le rovine di Villa Jovis. 

L'opera di restauro fu diretta dall'archeologo Amadeo Maiuri, all'epoca Soprintendente alle Antichità della Campania e Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e permisero di liberare il sito dalle macerie che si erano accumulate nel corso degli anni. 

Oggi l'ultimo tratto di strada che permette di raggiungere Villa Jovis è dedicato proprio all'archeologo napoletano che ha permesso di riportare alla luce una delle principali dimore di Tiberio a Capri.

Tuttavia si è creduto bene di appiccicarvi sopra una chiesa cattolica e una statua della Madonna, nonchè un convento, per quel brutto vizio dei cattolici di cancellare ogni traccia della storia antecedente al Cristo.


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