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CULTO DELLA MALA FORTUNA

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Seneca:
"Ecce spectaculum dignum, ad quod respiciat intentus operi suo Deus. Ecce par Deo dignum, vir fortis cum mala fortuna compositus"
(Ecco uno spettacolo degno, che rispecchia l'opera del suo Dio. Ecco una cosa degna di un Dio, un uomo coraggioso con mala fortuna)

DEA FEBRUIS
Si attribuisce l'introduzione del culto della Dea Fortuna ad Anco Marzio e più specialmente a Servio Tullio che, salito al trono grazie a lei, avrebbe consacrato ad essa in Roma una ventina tra templi e sacelli, con nomi e forme diverse, ma tutte derivanti dalla Fortuna Primigenia, quella da cui scaturiva ogni cosa divina e umana, determinando a ciascuno il suo destino fin dalla nascita. Insomma una Ananche o Fatum.

Non di rado la Dea venne assimilata alla Dea Februis, quella che dette il nome al mese di febbraio, in quanto Dea della Febbre poteva scacciare la febbre come la Dea della Mala Fortuna poteva scacciare la sfortuna.

Il Tempio della Mala Fortuna fu eretto sull'Esquilino,
"non perchè ella giovasse, ma perchè ella non nuocesse, alla statua della quale si poneva in una mano il corno della dovitia, e nell'altra un timone doppio. 
Alcuni la dipingevano a guisa di femina simigliante a una infuriata, e matta, e cieca, sopra uno sasso volubile, perciocchè senza elettione alcuna concede la prosperità, le ricchezze a tristi, a coloro che non le meritano.
Altri la dipingevano senza piedi, solamente con le mani, e con l'ale.
Dimandato Apelle perchè egli a sedere avesse dipinta la Fortuna rispose: ella non ha ancora imparato a stare in piedi.


MOGGIO ROMANO
Esistente nell'attuale recinto di Villa Massimo all'Esquilino. Si sa che quando Sisto V vi edificò la sua villa, esisteva in loco un tempio e delle antiche terme di cui un nicchione venne incorporato nella villa, mentre il resto, e quindi il tempio, venne distrutto, forse prelevandone marmi e colonne quant'altro.

Cicerone testimonia che il tempio della Mala Fortuna Stesse sull'Esquilino in "De Natura Deos".
"Aram Malae Fortunae in Exquilie videmus" e pure " Ara vetus stat in Palatio et altera Exquilie Malae Fortuna deiteitetaeque (?).

CHIESA DI SANTA MARIA MAGGIORE - in questo sito li antiquari posero il Tempio della Mala Fortuna verso quella parte dell'Esquilie che confina col Viminale.

Qualcuno la chiama anche Fortuna Averrunca, ovvero colei che allontana le sciagure, ma altri le considerano due diverse divinità.

Gli attributi di Fortuna furono: il timone, il globo terrestre (molti pensavano all'epoca che la terra fosse tonda in base alle scoperte greche), la ruota, la cornucopia, il modius (cioè il moggio romano per misurare il grano), la prua di nave e talvolta anche il caduceo.

Il che la riferisce alla Dea Natura, alla Dea del mare, delle messi (il moggio) e alla salute (il caduceo).

FORTUNA
Sembra che la Mala Fortuna, la Dea che doveva essere scongiurata, avesse più spesso la cornucopia (ma vuota il che la ricollega alla Luna Nera), il timone, perchè è lei che guida il destino di ognuno (il che non conferma il destino segnato alla nascita, anche perchè sarebbe stato inutile scongiurarla), e talvolta anche una lancia, il che la riporta a Dea della Guerra e della Morte.

Il fatto che fosse un'antica Dea italica poi assorbita in varie forme, denuncia una primitiva triplice Dea, colei che dà la Nascita, la Crescita e la Morte.

Mentre è evidente che la Dea della Natura corrisponde a queste c'è pure una Dea Fatale che rispecchia le tre in qualità di Dea Fortuna, non dimenticando che esisteva una Fors Fortuna, venerata in un sacello sulla riva destra del Tevere, simbolo di Forza verginale.

Non per nulla di una donna forte si dice Virago, derivante dalla parola Vir, forza, ma Virgo deriva dalla stessa parola. La virgo non era una debole femminuccia, ai tempi in cui le donne erano forti e libere.


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