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EPULUM IOVIS (13 settembre - 1 novembre)

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L'Epulum Iovis era una festa religiosa che si celebrava il 13 settembre e il I novembre in onore di Giove, attraverso un lectisternio. Secondo alcuni le due festività cadevano il 13 settembre e il 15 novembre, ma a nostro avviso c'è una confusione con la dedica del Tempio di Giove Ottimo Massimo Capitolino (Iuppiter Optimus Maximus Capitolinus).

Il tempio, la cui costruzione era già stata avviata dal re Tarquinio Prisco e terminata dopo la cacciata dei re etruschi, venne dedicato infatti dal console Marco Orazio Pulvillo (sorteggiato per l’occasione) il 15 novembre del 509 a.c.. Per l'occasione vi fu una festa che veniva ripetuta ogni anno come ogni dedica ad ogni tempio, però non si faceva mai un lectisternio per la dedica dei templi. Pertanto la seconda data è a nostro avviso il I novembre.

Secondo l'antica tradizione romana, lo Jovis Epulum, però non riguardava solo Giove ma la Triade Capitolina, quindi Giove, re degli Dei, ma pure Giunone, protettrice dello stato romano e Minerva,  la Dea della guerra, della saggezza e delle arti. In questo giorno infatti venivano festeggiate anche le battaglie estive. 

Alcuni studiosi pensano nello Iovis Epulum si festeggiasse magari anche la dedica al tempio, perchè non ci sarebbe stato motivo di includervi, come la tradizione riporta, tutta la triade capitolina, però non tutti sono d'accordo su questa inclusione.

PULVINAR

IL LECTISTERNIO

Il Lectisternio era un convito sacro a cui venivano invitate le divinità sotto forma di statue che venivano fatte poggiare su dei "pulvinar" (praticamente divani), con il braccio sinistro appoggiato su un cuscino (pulvinus), una sorta di triclini, anche se il pulvinar era in realtà una tribuna d'onore, come quella che usavano gli imperatori nel presenziare gli spettacoli. 

Le statue del lettisternio ovviamente non erano in marmo ma in materiale molto più leggero, secondo la maggior parte degli autori era in legno, secondo altri in giunco rivestito di fango, secondo altri ancora fatti di paglia con forma vagamente umana.

Non si può onestamente pensare che i romani, che pitturavano il prezioso marmo per rendere verosimili gli Dei, e che li vestivano con vesti preziose, in una ricorrenza così importante e vitale usassero dei meri fantocci.

GIOVE
Le statue erano sicuramente di legno leggero, ricoperte a calce e dipinte con maestria si che sembrassero vivi. Completavano l'opera le vesti di ogni divinità, in questo caso non seminude ma vestite con stoffe pregiate e intessute d'oro e d'argento, con tanto di nastri, ghirlande e soprattutto gioielli, il tutto accuratamente profumato coi vari incensi.

Questi letti erano posti nella zona più onorevole della tavolata e gli Dei erano serviti di ricchi piatti, il cui consumo era poi effettuato dagli epulones. Ci si è chiesto se, dato che si trattava di una tribuna, se le statue non fossero poste sedute come appare nelle statue della trinità capitolina, ma oggi molti autori pensano che si usassero nell'epulum un triclinio vero e proprio però con 4 colonne e un tetto che avrebbe protetto le statue in caso di pioggia.

Poichè la posizione era allungata e coricata su un fianco, e si poggiavano tutti sul fianco sinistro, viene da chiedersi se le statue fossero state scolpite proprio in quella posizione, o fossero fornite di braccia e mani, e magari anche di gambe snodabili. Sicuramente anche le statue delle processioni dovevano essere di legno, ma sarebbe stato difficile usare le stesse immagini che avrebbero potuto reggere male durante le scosse del carro o delle spalle delle persone da cui venivano portate.

I romani, ovvero lo stato romano, non badava a spese e sicuramente le statue erano diverse. Non sappiamo però se le icone del lettisternio fossero snodabili o meno, ma supponiamo che per una maggiore resistenza delle statue non lo fossero e che quindi dette immagini, tenute nelle celle dei templi, fossero riservate solo ai lectisternii.

Stava ai sacerdoti e ai loro assistenti prendersi cura delle immagini e tutto ciò che le concerneva per conservarle totalmente integre. Spesso le statue venivano ornate con le elargizioni preziose dei cittadini che volevano cooperare alla buona riuscita del lettisternio.

La postura della divinità era indicata dal verbo "accubare" (coricare): dinnanzi alla divinità "accubans" si poneva una tavola con sopra delle vivande precedentemente consacrate dai sacerdoti mediante formule cerimoniali e aspersioni (tipo quelle che usano oggi i preti nella benedizione delle case a Pasqua). 

L' Epulum era dunque un convito sacro a una divinità, e per questo il simulacro della stessa è posto nei pressi della tavola imbandita. La consuetudine del pasto sacro è antichissima, rinverdita da re Numa, come ci riferisce Plinio (N.H. 32, 10). Secondo Festo (Pollucere) nell'Epulum si offrivano diversi cibi che potevano essere: farro, polenta, vino, pane, fichi secchi, carne porcina e di bue, di agnello e di pecora, formaggio, farina di spelta, sesamo e olio, pesci con le scaglie, eccetto lo scaro.

Gellio ricorda un famoso Epulum Iovis, durante il quale Publio Cornelio Africano e Tiberio Gracco, essendo seduti vicini e ispirati divinamente, diventarono amici da nemici acerrimi quali erano stati in precedenza.

TRIADE CAPITOLINA

GLI EPULONI

Il collegio degli epulones venne istituito nel 196 a.c., ed era costituito da sacerdoti in numero di tre, poi di sette, poi di 10, con l'incarico di curare la preparazione e la celebrazione dell'epulum Iovis. Si occupavano pertanto delle statue e dei banchetti celebrati in occasione dell'Epulum ma pure dei trionfi. 

Venivano nominati i nuovi dal collegio stesso, tra magistrati almeno pretori (ma a volte anche di grado inferiore). Potevano essere sia patrizi che plebei, purché di ordine senatorio. Avevano il quarto posto nella gerarchia dei collegi sacerdotali maggiori, dopo i pontefici, gli auguri ed i XV viri sacris faciundis.

Il termine epulone passò poi come a dispregiativo presso i cristiani come indicativo di persone che amano tavole abbondanti e raffinate, per il principio della mortificazione del corpo. In realtà gli epuloni a Roma non avevano questa fama perchè anche se partecipavano al banchetto avevano un compito prettamente organizzativo.


Memoria del dott. GIUSEPPE MARCHETTI LONGHI
Ludi e Circhi nell'antica Roma. 

Ma nell'Epulum Iovis si svolgevano i Ludi Romani.

"Premio ai vincitori: la corona di quercia, sacra a Giove, in cui onore furono sempre i ludi Romani, e, solo in seguito agli influssi Greci, la palma. Ma il carattere principale di quei giuochi, carattere religioso e trionfale, si rivelava nell'Epulum Jovis, ο banchetto divino apprestato alle tre divinità maggiori, e nella pompa triumphalis, che scendendo dal Campidoglio, attraverso il Foro, entrava nel circo passando per la porta triumphalis, e ne percorreva l'intero giro, processionalmente, fino alle are degli Dei, ove consumavansi i sacrifici di rito.

Dionigi di Alicarnasso ci ha lasciato la descrizione minuta di questo meraviglioso corteo, descrizione, che tralascio per brevità, solo ricordandone, per dare un'idea della sua magnificenza, i vari elementi: i giovinetti, figli di cavalieri, montati su focosi cavalli od a piedi, ordinati secondo i ranghi militari; gli aurighi, i nudi atleti, i Salii con vesti color di fiamma, e cinture di bronzo, i tibicines e i suonatori di trombe, poi le mensae con i simulacri degli dei, ed infine la lunga teoria dei Magistrati e dei Sacerdoti."


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