ENTRATA IN CITTA' |
Il fiume, che si chiamava Macaras, poi Bagradas in epoca romana e che ora si chiama Mejerda, passava nei pressi della città, ai piedi del promontorio che formava un golfo dove il fiume sboccava nel mare, ma già verso il IV secolo a.c. aveva con le sue frequenti alluvioni iniziato a formare una pianura allontanando la costa.
Il benefico fiume, che forniva acqua per i campi e portava barche piene di grano ai mercati più lontani, forniva anche un flusso costante di limo nel porto. Nel corso del tempo, il porto di Utica divenne meno profondo e più difficile da navigare e nel V secolo d.c., la prospera città portuale fu tagliata fuori dal mare.
ECCO COME DOVEVA APPARIRE UTICA (INGRANDIBILE) |
Cartagine fu sua alleata e rivale a seconda delle circostanze. Intorno al 300 a.c. Agatocle, tiranno di Siracusa, conquistò Utica per opporsi ai cartaginesi. In seguito Utica parteggiò per i Romani con Massinissa, re della Numidia, allo scoppio della III guerra punica (149 -146 a.c.) e per questo le vennero accordati molti territori e divenne capitale della provincia d'Africa.
A seguito della dichiarazione di guerra, nel 149 a.c. un esercito romano, comandato dai consoli Manio Manilio Nepote e Lucio Marcio Censorino, sbarcò e pose il suo campo nei pressi di Utica che subito si arrese salvando la vita ai suoi abitanti. Poi i romani la conquistarono e ne fecero una base militare romana, punto di partenza per Scipione per il suo attacco definitivo a Cartagine nel 146 a.c.. Utica ottenne infine la cittadinanza romana.
PAVIMENTO IN OPUS SECTILE |
Catone, fermo e convinto seguace della dottrina stoica, strenuo sostenitore della libertà Repubblicana, ma anche dei privilegi degli aristocratici, non appena seppe che Cesare era alle porte della città, non esitò a suicidarsi per evitare l'umiliazione che tra l'altro Cesare gli avrebbe risparmiata. Utica, divenuta celebre proprio per il suicidio di si grande uomo, strenuo difensore dei "mos maiora", rese sontuosi onori funebri a questo suo grande figlio.
Nel I secolo d.c. Utica divenne di tale importanza che ebbe anche una propria Zecca dove nel 25 d.c., venne coniata una moneta che recava su una faccia la testa dell'imperatore Tiberio insieme ai nomi del Proconsole e del Questore della Provincia di Siria.
"Dopo che Cartagine fu smantellata da Romani ad Utica fu concesso tutto il paese che giacea fra Cartagine e Ippona e fu per un considerabile tratto di tempo Metropoli dell Africa."
Ma Utica era già divenuta Municipio sotto Augusto e sotto Adriano divenne Colonia, per decadere poi a causa della rinascita di Cartagine e dell'insabbiamento del porto.
IL DECUMANO |
IL PARCO ARCHEOLOGICO
Il parco archeologico dista alcune centinaia di metri dal museo e al di sotto dello strato romano si sono trovati i resti della abitato punico ed in particolare di una necropoli ove le tombe ci appaiono come grandi sarcofagi rettangolari a conca monolitica in pietra senza decorazione. Uno solo, costruito in mattoni crudi, conserva uno scheletro quasi intatto.
Le tombe sono di diverse tipologie appunto, monolitiche in pietra, in blocchi di argilla cruda o cotta. Alcune, piccole, sono costituite da urne cinerarie poste in nicchie scavate nel terreno. Le più antiche risalgono al VII secolo a.c. Il corredo funerario è costituito da ceramiche puniche, lucerne e qualche oggetto in bronzo o ferro.
La pianta della città abitata è divisa in isole, all'uso romano, di cui si individuano il decumano massimo, il cardo massimo e le loro parallele, mentre attorno stanno i grandi edifici pubblici. Oltre ad alcuni edifici con mosaici di età repubblicana romana, si sono identificate tracce di un tempio, di terme e di due teatri e due anfiteatri che si spera divengano oggetto di seri scavi archeologici.
GLI EDIFICI PRIVATI
Le case già scavate sono una ventina e gli archeologi le stanno classificando secondo certe caratteristiche costruttive che permettono di attribuirle ai diversi periodi. Di solito presentano piccole stanze ubicate intorno a una corte scoperta, raggiungibile dalla strada mediante uno stretto corridoio, spesso dotate di un secondo piano. Le pavimentazioni sono in cementizio o in mattoni crudi. e il portico in genere è posto alle spalle dell'ingresso principale.
IL TRIONFO DI NETTUNO ED ANFITRITE |
LA CASA DELLA CASCATA
Il nome di “Casa della cascata” le deriva proprio da una fontana che imita una cascata d’acqua. E' la prima casa che si incontra nel tragitto del sito archeologico, ed ha un bel mosaico in un bacino a lunetta con una scena marina con barca e pesci ed amorino dedito alla pesca. I proprietari erano benestanti che si permettevano bei mosaici, un bel peristilio con pavimento a mosaico in cubetti bianchi e frammenti di marmo , un “viridarium”, una sala da pranzo “triclinium” e altri locali piuttosto lussuosi. L’inizio di una scala fa supporre l’esistenza di un altro piano.
CASA DEI CAPITELLI ISTORIATI
La “Casa dei capitelli istoriati” è la più nota e deve il suo nome a due colonne con capitelli scolpiti finemente, recuperati da precedenti costruzioni che risalgono al I° secolo a.c. mentre la casa è del I° secolo d.c.. Nei capitelli sono rappresentati Ercole, una Minerva armata ed Apollo citaredo. Attorno al peristilio di dodici colonne si aprono le stanze, una grande sala ed altre minori.
CASA DELLA CACCIA
Più avanti, la” Casa della Caccia” per le scene di caccia dei mosaici del pavimento del peristilio. Anche qui le tracce di una scala fanno pensare ad un piano superiore.
CASA DEL TESORO
La” Casa de Tesoro” così chiamata perché l’archeologo che eseguiva gli scavi (P. A. Fevrier) nel 1957 trovò un piccolo tesoro in monete. Sull’ala settentrionale si apriva una serie di negozi che davano sul Cardo massimo.
IL FORO
Il Foro è poco visibile, ma la maggior parte delle statue in marmo di gran dimensione e dei monumenti epigrafici sono stati trovati in questa area; comunque gli si è dato il nome di “ Forum novum”.
Delle terme, alimentate da un grande acquedotto, rimangono pochi muri e tracce di volte, del II secolo d.c in epoca adrianea. Al periodo repubblicano invece risale ciò che rimane di un teatro che Cesare ricorda nel suo” De Bello Civili”.
Il poeta Nevo, in chiara opposizione ad un certo potere dominante e soprattutto alla gens Metella, In base alla legge delle XII tavole che puniva i mala carmina, nel 206 a.c. fu imprigionato in Roma, dove, dal carcere, scrisse due commedie con le quali faceva ammenda delle offese recate. Venne liberato grazie all'intervento dei tribuni della plebe, e la sua pena fu commutata in una condanna all'esilio: Nevio morì in Africa, e precisamente a Utica durante la seconda guerra punica attorno al 201 a.c.