Durante gli scavi sono stati rimessi in luce i resti del santuario di Fortuna e Mater Matuta fondato da Servio Tullio.
Per volontà di Servio Tullio sorse dunque l'importante santuario emporico dedicato alle dee Fortuna e Mater Matuta, divinità di antichissima origine protettrice delle nascite e della luce.
Della dea Fortuna Servio Tullio fece la propria divinità tutelare ponendo sotto i suoi auspici il proprio operato, tanto che le fonti attribuiscono alla sua figura la fondazione di numerosi santuari sui colli di Roma dedicati alla Dea.
Ma Roma è ancora ricca di sorprese archeologiche e solo ieri è stato scoperto, in pieno centro storico, un altro importante pezzo di storia antica della città: un tempio del VI secolo a.c. a via Petroselli
Il basamento del tempio che risale niente meno che all'età regia di Servio, durante la ripulitura degli scavi nell'Area Sacra, in via Petroselli, riaffiorano con i resti del muro in pietra del tempio.
L'assessore capitolino alla Cultura, Flavia Barca:
"Un pezzo importantissimo dell'opera di conservazione e valorizzazione della Roma antica"
Gli archeologi della sovrintendenza capitolina dei Beni Culturali, in cooperazione con i colleghi delle università del Michigan e del dipartimento Studi umanistici dell'ateneo della Calabria, durante un'operazione di ripulitura degli scavi hanno riportato alla luce i resti del muro in pietra di un tempio arcaico del VI secolo a.c., dell'età regia di Servio Tullio.
Si tratta, spiega l'archeologo Paolo Brocato, insieme al tempio di Giove capitolino, i cui resti si trovano sotto il Campidoglio:
"del più antico tempio in pietra trovato a Roma, realizzato con blocchi squadrati in stile etrusco-italico. Sono stati recuperati anche frammenti delle decorazioni. Il nuovo tempio è stato individuato dopo 4 anni di lavoro, nel centro dell'area sacra, vicino ai templi di Mater Matuta e della Fortuna".
La scoperta è stata mostrata alla stampa alla presenza dell'assessore capitolino alla Cultura, Flavia Barca.
"Si tratta di un ritrovamento bellissimo - sono state le sue parole - che mostra il patrimonio eccezionale della città ma anche il valore del lavoro prezioso degli archeologi che spesso, purtroppo, non viene valorizzato.
Invece sono un pezzo importantissimo dell'opera di conservazione e valorizzazione della Roma antica".
Il team italo-americano ha portato in luce, nel sito archeologico, i resti imponenti del muro del tempio di stile etrusco italico, recuperando ingenti quantità di reperti riferibili agli ex voto donati dai fedeli, fra cui ceramiche di importazione greca, pendenti in ambra, terrecotte architettoniche e ossa lavorate.
«Sono testimonianze eccezionali del rapporto fra Roma e la Grecia durante il regno di Servio Tullio, quando il livello della produzione artistica crebbe notevolmente per il contributo di artisti greci» spiega Claudio Parisi Presicce, sovrintendente ad interim.
Che aggiunge: «Sapevamo che il tempio era lì, ma lo scavo era complicato perché nel sottosuolo c'è una falda acquifera e abbiamo dovuto utilizzare tecnologie speciali».
La storia della scoperta del santuario di Fortuna e Mater Matuta risale agli anni Trenta: da allora le indagini e i sondaggi eseguiti hanno permesso di ricostruire il quadro delle sequenze edilizie avvicendatesi in questa zona prima dell'età Repubblicana.
In un primo tempo doveva sorgervi un tempio etrusco di tipo "tuscanico", inteso secondo la definizione di Varrone, provvisto sul lato posteriore di tre celle o di una cella inquadrata da due spazi laterali definiti da muri (alae).
Tale edificio conobbe almeno due fasi edilizie e fu decorato con un programma architettonico di lastre fittili.
La prima costruzione del tempio sarebbe da porsi intorno al 580 a.c., come peraltro indicano anche le fonti storiche.
Uno solo è infatti l'edificio sinora documentato e si ritiene che esso fosse quello titolato a Mater Matuta.
La continuità del doppio culto appare confermata anche in età Repubblicana con la presenza di due edifici affiancati intervallati da uno spazio lasciato vuoto.
Circa un cinquantennio dopo la costruzione dell'edificio si provvide a rinnovare la decorazione architettonica, nell'ambito della quale trovò posto uno splendido gruppo scultoreo in terracotta che rappresentava Ercole e Minerva, con l'eroe effigiato nel momento in cui viene introdotto dalla dea nell'Olimpo.
Il gruppo statuario di Eracle e Athena, è oggi esposto ai Musei Capitolini.
Alcuni studiosi ritengono invece trattarsi non di un gruppo acroteriale, da porsi cioè sul culmine del tetto, bensì di un donario, con chiari riferimenti al mondo greco-orientale.
La costruzione del secondo santuario, che le fonti porrebbero in concomitanza con la caduta di Veio, avvenne forse su un grande riporto di terreno che obliterò la distruzione del primo tempio.
Diversamente è stato anche ipotizzato che unica fu la fase di costruzione, intorno al 530 a.c.Certo è che l'area sacra ebbe a subire, a partire dalla metà del VII secolo sino alla metà del V, una serie di pavimentazioni e ripavimentazioni, mentre la costruzione del tempio munito di scalinata che consentiva l'ascesa del podio sul quale l'edificio, secondo il modello tuscanico era impostato, sarebbe da porsi nella seconda metà del VI secolo a.c.
In generale non è forse un caso che Roma proprio nel VI secolo a.c. presenti questi forti tratti etruschi sul piano politico e culturale ed è a tal proposito molto significativa la coincidenza fra la data convenzionalmente assegnata all'inizio dell'arte arcaica in Etruria (580 a.c. circa) e l'esordio della regalità di Servio Tullio.
DESCRIZIONE
Collocato in posizione dominante sul porto fluviale del Foro Boario, e in connessione con il guado sul Tevere, il tempio accoglieva mercanti e visitatori della città di epoca regia.
Il santuario era costituito da un podio in pietra su cui si ergeva un edificio ornato da rilievi policromi con la caratteristica forma tuscanica.
Come tutti i templi tuscanici aveva una pianta di larghezza poco inferiore alla lunghezza, con la metà anteriore occupata dal portico colonnato e la metà posteriore costituita da una cella fiancheggiata da due alae o ambulacri aperti”. Il tempio era accessibile solo attraverso una scalinata frontale.