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CASA DELL'EFEBO (Pompei)

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L'ESEDRA
La casa fu scavata nel 1925, nella Regio I, insula VII, numero civico 11, collocata nei pressi della casa del Sacerdos Amandus a una profondità di tre m. dal suolo dell'epoca. Gli scheletri rinvenuti testimoniano che era occupata al momento dell'eruzione.

Chiamata anche Casa dell'Efebo, o Villa di Publio Cornelio Tegeste, dal nome del proprietario, un ricco mercante del ceto medio pompeiano, e deve la sua denominazione al ritrovamento di una meravigliosa statua raffigurante un efebo.

La statua dell'Efebo era completamente sommersa da uno strato di cenere e lapilli, nella stessa posizione nella quale era stata provvisoriamente collocata prima dell'eruzione, poggiata all'anta ovest del cubicolo adiacente all'atrio della casa, avvolta in un tessuto (lino o canapa) conservatosi in tracce nei detriti compattati, nei frammenti mineralizzati e in quelli carbonizzati sparsi sul pavimento.

PLANIMETRIA DELLA VILLA EVIDENZIATA IN GRIGIO
Ai piedi della statua giacevano due bracci di candelabro ad intreccio vegetale, che l'Efebo un tempo stringeva in mano in quanto lychnophoros (portatore di lampada).

La casa, al momento dell'eruzione, era in fase di ristrutturazione, forse a seguito dell'acquisto da parte di Publius Cornelius Tages, un liberto citato negli archivi del banchiere L. Caecilius Iucundus come personaggio di recente ascesa (commerciante di vino e speculatore edile) che comprò e unì cinque modeste case confinanti per crearne una di maggiori dimensioni. 

Oppure i proprietari, dopo il terremoto del 62, erano partiti lasciando la casa alla gestione degli schiavi.

Infatti la villa, di una superficie complessiva di 650 mq, come testimoniano i calcinacci nel giardino, era in fase di restauro e pertanto non utilizzata dai proprietari, lo testimoniano la mancanza di utensili da cucina, un letto posto in un ambiente non adatto e le decorazioni in quarto stile. Ebbe i primi scavi nel 1912 e poi tra marzo e settembre del 1925, lavori protratti fino al 1927.

L'edificio si trovava ad una profondità di tre metri dal suolo di calpestio e le indagini iniziarono praticando un tunnel dalla casa del Sacerdote Amando: tuttavia dei varchi nelle mura evidenziarono che questa già era stata esplorata precedentemente. Nel 2010 l'abitazione vide l'inizio del suo restauro, riaprendo al pubblico nel dicembre 2015.

Si accede alla costruzione da una traversa di via dell'Abbondanza, nel cosiddetto vicolo dell'Efebo: al momento dello scavo, lungo la strada sono stati ritrovati diversi oggetti, probabilmente prelevati dalla casa dai fuggiaschi durante l'eruzione.



DESCRIZIONE

La villa è costituita dall’aggregato di diverse case comunicanti, forse cinque, con tre porte di accesso.
- L'ingresso della parte alta doveva essere utilizzato dalla famiglia,
- quello mediano era per gli ospiti,
- mentre quello in basso era l'accesso al giardino.



L'INGRESSO DELLA PARTE ALTA

L'ingresso della parte alta era decorato con semicolonne sormontate da capitelli cubici; qui è stato ricavato il calco del portone a due battenti, internamente sbarrato, o perchè non era più in uso o perchè era stato chiuso durante l'eruzione per evitare l'ingresso di materiali vulcanici o di malintenzionati.

Il corridoio d'ingresso ha pareti affrescate in bianco con motivi di candelabri e bordi ornamentali, tipici del IV stile, il pavimento invece è in lavapesta, una malta mista a frammenti minuscoli di lava, usata anche per impermeabilizzare i pavimenti.

L'ingresso conduce all'atrio privo di impluvium; le pareti nord e sud hanno pareti bianche con disegni di piante nella zoccolatura e nature morte con bordi ornamenti nella parte mediana, mentre la parete est ha lo zoccolo e la parte mediana in nero. Il pavimento è in cocciopesto, come in quasi tutto il resto della casa.

Una scala conduceva al piano superiore e nel sottoscala in essa ricavato c'era un armadio contenente vasi in vetro e bronzo e un braccio appartenente alla statua dell'Efebo ritrovata in giardino. 

Poco discosta era una nicchia che fungeva da larario decorata con un Genio che offriva libagioni, una flautista, un inserviente, lari che danzano, e sotto due serpenti, di cui uno con barba e cresta rossa, contornati da piante.

Nell'atrio, posti ai lati dell'ingresso, due cubicoli affrescati in giallo, con zoccolo decorato con Menadi, amorini, ghirlande, sfingi e colombe e zona mediana con nature morte e elementi architettonici.

Il giardino era circondato da muri su ogni lato, e nella parte meridionale ospitava una fontana ninfeo. Al centro della sala vi erano i letti triclinari in muratura, sui quali prendevano posto gli ospiti al momento del banchetto. I letti erano dipinti con un fregio di stile impressionistico a soggetto idillico-sacrale e paesaggistico-nilotico. 

Davanti al triclinio, spostato su un lato, era il basamento circolare in muratura che avrebbe dovuto ospitare l'Efebo, destinato ad illuminare col suo candelabro acceso i lunghi banchetti serali che si tenevano soprattutto nei periodi caldi.
LA STATUA DELL'EFEBO

L'EFEBO

L'Efebo è modellato sull'originale greco del V secolo a.c., anch'esso in bronzo, uscito dalle botteghe di uno degli artisti che solitamente gravitavano attorno ad un maestro. L'archeologo tedesco Paul Zanker, invece, pensa che la statua sia opera di uno scultore eclettico:
 "che ha usato per il corpo un tipo classico di efebo del periodo intorno al 430 a.c. e lo ha unito a un tipo di testa femminile stilisticamente più antico di una generazione". 
Opinione che ci sembra del tutto legittima. Basti vedere l'Athena Lemnia, appunto del V sec. a.c.

La statua è alta 1,50 metri, come l'Apollo Citaredo e l'Anadumenos, il che lascerebbe pensare che ci fosse un canone fisso tradizionale nel raffigurare un efebo del V secolo a.c.. La gamba sinistra era spezzata quasi all'altezza del ginocchio. Gli occhi erano bronzei e solo le pupille dovevano essere in pasta vitrea e smalto, ma non se ne è trovata traccia.

CONFRONTO CON L'ATHENA DI LEMNO

L'ESEDRA

Nell'esedra adibita a tablino la pavimentazione è in cocciopesto con l'inserto di tessere bianche, mentre le pareti sono tinteggiate in bianco con l'aggiunta di elementi vegetali nella parte inferiore e medaglioni ed elementi architettonici in quella superiore. Le camere e il divano in muratura a tre lati, nel giardino erano completamente decorate in IV stile e in buono stato di conservazione, coperto da un pergolato che si sorreggeva su quattro colonne stuccate

Il divano è decorato con affreschi di scene nilotiche con pigmei: il fiume viene raffigurato nel momento della piena, con l'acqua che circonda i recinti sacri e particolare è una scena erotica sulla parte frontale che si svolge alla presenza di terzi intenti a suonare il flauto o gridare. 

Un tavolo in marmo era posto nel centro del divano e diverse basi in muratura su cui erano posate delle statue. Il pavimento è in cocciopesto con l'inserto di tessere bianche, le quali formano delle croci, e al centro un mosaico policromo raffigurante uccelli e fiori.

Lungo la parete sud è una fontana a forma di tempio con ninfeo come decorazione era posta una statua in bronzo di una figura femminile, Pomona, ritrovata al momento dello scavo su un mucchio di piastrelle, da cui fuorusciva l'acqua che defluiva attraverso una fistula per scomparire nel muro perimetrale e ricomparire nel peristilio della casa confinante, evidentemente dello stesso proprietario. 

Nella parte est del giardino c'è una grande vasca dove sono state ritrovate anfore e vasi in ceramica; al centro un tavolo, una sedia a semicerchio e un altare in terracotta, mentre nel muro perimetrale si trova un ingresso con scala per la casa vicina.

PAVIMENTAZIONE ISTORIATA

IL BAGNO

Sullo stesso lato dell'esedra è un bagno, fornito di un lavabo in bronzo, un foro nella parete a circa un metro e mezzo di altezza che ospitava uno specchio e, nel pavimento, c'era un foro collegato al forno del cortile, segno che in casa era presente l'acqua calda. 

Il bagno ha una zoccolatura nera con scomparti bordati in rosso e parte mediana bianca con disegni di candelabri, ghirlande e uccelli. 



TRICLINIO

Dall'esedra di accede a un piccolo cortile con la zoccolatura in rosso scuro, un locale per la raccolta e il riscaldamento dell'acqua. Si passa poi al triclinio rustico con resti di un focolare e pareti rosse nella parte inferiore e bianche nella superiore. 

Il triclinio presenta un prezioso emblema in intarsio marmoreo (opus sectile) al centro del pavimento, e nel giardino si trova un gran dipinto di Marte e Venere, con un larario addossato al castellum aquæ.

Una scaletta conduceva ad una piccola abitazione connessa, avente un altro ingresso sulla strada di sotto.



L'INGRESSO MEDIANO

L'ingresso mediano era dotato di sedili, mentre il corridoio appare dipinto con zoccolo nero e parte mediana in giallo e rosso con riquadri bianchi. Qui, contenuti in un armadio di cui restano le cerniere, c'erano oggetti da gioco, un martello, vasi in ceramica e bronzo e una moneta.
Di qui si accedeva al secondo atrio, di tipo tuscanico con impluvium, scala al piano superiore e comunicante al primo atrio: le pareti sono intonacate con incastonato un pezzo di vetro decorativo.
Accanto all'impluvium sono stati rinvenuti due gambe di un tavolo in marmo e due recipienti metallici.

Ai lati del corridoio d'ingresso una stanzetta, intonacata in bianco, forse una cucina, visto il ritrovamento di vasi e casseruole e una latrina accanto, e un cubicolo con pitture parietali effetto marmo, con zona inferiore in rosso e giallo e superiore in bianco, entrambi con quadretto centrale in bianco e bordi ornamentali.



OECUS

Accanto al cubicolo c'è un oecus, la stanza da pranzo invernale con pareti decorate in II stile, con zoccolo nero con cornice esterna gialla e interna rossa. Con ingresso sia dall'atrio che dall'oecus c'è un ulteriore ambiente con pareti a zoccolo bianco, arricchito con disegni di piante e elementi architettonici, e zona superiore bianca con quadretto centrale di uccelli, pesci, animali selvatici e ghirlande.

Qui si è rinvenuta una cassa con oggetti in vetro e ceramica decorati, una pentola in bronzo, un coltello e un pettine per la cardatura.

Sul lato dell'atrio di fronte all'ingresso si aprono tre ambienti: 

- quello centrale è un tablino dove si sono rinvenuti vasi di ceramica e vetro, tazze, attrezzatura per il cucito e strumenti in ferro per il giardinaggio, una cassa carbonizzata con quattro statuette in bronzo dorato, ognuna delle quali reca in mano un vassoio, sul quale venivano poggiati dolci, conservate al Museo archeologico nazionale di Napoli.

- Gli ambienti laterali invece sono un cubicolo con soffitto a volta e pareti affrescate con quadretti a scene mitologiche come Eco e Narciso, Apollo e Dafne e l'Afrodite pescatrice, e un ripostiglio, con pareti intonacate in bianco e scaffali contenenti vasi, lampade, resti di gioielli in vetro e una maschera in terracotta.

Queste due camere danno accesso al triclinio, con zoccolatura bianca, figure volanti e piante; nella parete est Elena e Menelao. Il soffitto era decorato a cassettoni con figure e medaglioni, mentre il pavimento è in cocciopesto con al centro e il lato sud in opus sectile, a quadrati e triangoli in marmo colorato e vetro millefiori (ampiamente usato fin dal I sec., molto simile al vetro murrino).

Nel triclinio si sono rinvenuti resti di divani lungo le pareti,  resti di statuette, probabilmente provenienti dal giardino, come: una statua di Pan, di un Capra con un capretto e un bassorilievo con un amorino. 

Esternamente al triclinio, una nicchia per un larario, decorato con l'affresco di due serpenti, quello a sinistra più grande con cresta rossa e barba, mentre l'altro piccolo, e al centro, sotto la nicchia, la raffigurazione di un braciere con sopra delle uova. 

Tra il triclinio e il larario è l'accesso a una dispensa o ripostiglio, nel quale sono stati ritrovati un braciere e un'anfora.



L'INGRESSO INFERIORE

Il terzo ingresso è quello, come abbiamo già premesso, che immette nel giardino. Ha la parete nord intonacata in bianco e quella sud con zoccolo rosa e parte mediana in bianco. 
Intorno all'ingresso si aprono i tre ambienti di servizio: 

- uno con una scala in legno che portava al piano superiore, 
- una cucina con latrina, 
- e uno con pareti bianche e ghirlande, candelabri, piante e animali, dalla funzione sconosciuta.
Dall'ingresso si passa all'ambulacro che divide la zona residenziale della casa dal giardino: le pareti sono bianche con piante nella parte inferiore e candelabri, ghirlande, uccelli e delfini in quella superiore.
Sul fondo, accanto un larario fatto a tempio, si trova un castellum aquae con capacità di tre metri cubi di acqua, collegato alla fontana del giardino, decorato con l'affresco di Marte e Venere.
Il giardino è diviso in due parti da lastre di marmo: la decorazione delle pareti è in una parte in zoccolo rosso con piante e zona mediana con scene di caccia, mentre nelle altre parti è intonacato in bianco.

La casa aveva anche stanze al piano superiore, crollate.




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