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CULTO DI SABAZIO - SABATIUS

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SABAZIO

«Ascolta, padre, figlio di Crono, Sabazio, demone glorioso,
che Bacco Dioniso, dal suono rimbombante, Eirafiote,
hai cucito nella coscia, affinché portato a termine andasse
al sacro Tmolo presso Ipta dalle belle guance.
Ma, beato, protettore della Frigia, re supremo di tutto,
benevolo vieni soccorritore a coloro che celebrano i misteri
»

(Inni orfici)

Sabazio, in greco antico: Σαβάζιος, in latino: Sabazĭus. fu un Dio di probabile origine tracio-frigia, venerato nel V sec. a.c., il cui culto orgiastico e liberatorio che molto attecchiva tra le classi inferiori, attirò non poca ostilità dagli ambienti colti greci. Ciononostante il culto continuò a diffondersi e nel II sec. a.c. giunse a Roma, da cui si tentò di bandirlo nel 139.

Sabazio era ritenuto comunemente figlio di Rea, anche se altre versioni lo riconoscono come discendente di Zeus e Persefone; il mito ritiene che i Titani lo assassinarono, spezzandolo in sette parti secondo alcuni antichi miti greci ed egizi (vedi il Dio Osiride) ma anche attuale nella religione Cattolica, in cui il Figlio-Vegetazione della Grande Madre viene ucciso e risorge.

II culto aveva una parte misterica ed esoterica riservata ai soli iniziati, i cui riti d'iniziazione si
celebravano nelle none, che nel calendario romano, originariamente basato sulle fasi lunari, erano il giorno del primo quarto (mezza luna). Esse cadevano il giorno 5 (Nonae quintanae) nei mesi di 29 giorni e il 7 (Nonae septimanae) nei mesi di 31 giorni.

I riti di iniziazione prevedevano un rito privato con una mistica morte e resurrezione e una simbolica unione sessuale con il Dio, rappresentato da un serpente e poi di giorno prevedevano il culto pubblico di una processione rituale.

Nella Frigia la figura di Sabazio si fuse con quella di Attis, in Grecia si identificò con Dioniso, Zeus ed Elio. Per i seguaci era quasi un Dio unico che assorbiva gli altri Dei, un po' come un tempo lo era la Grande Madre. Era anche chiamato il  «salvatore», con appunto un valore salvifico dalle sofferenze della vita.

Tra i suoi riti era molto nota una celebrazione orgiastica o kòmos (in greco κῶμος) che indicava, nell'antica Grecia, un corteo rituale, a piedi o talvolta su carri, durante il quale i partecipanti si abbandonavano a un'atmosfera di ebbrezza, dove il vino correva a fiumi, come nei cortei di Dioniso.

Il corteo si abbandonava alla sfrenatezza e alla baldoria, con canti accompagnati dalla musica
dell'aulos, della lira e della cetra, dove non mancavano gesti o motti osceni, per lo più giocosi, allusivi alla sfera sessuale.
MANO DEL CULTO DI SABAZIO II - III SEC.


LE MANI PANTEE

Altre sette mani Pantee erano state scoperte negli scavi di Ercolano e Pompei. Le mani Pantee, legate al culto di Sabazio, erano un vero oggetto liturgico fissato su aste portate nelle processioni, oppure ospitato nei santuari o nelle case per il culto domestico, e riproducevano la mano destra, con il gesto detto di “benedizione latina” e associata a diversi simboli variamente disposti. 

Vi si notano un serpente, una pigna, un piccolo busto di Hermes (Mercurio), una testa di ariete, un vaso, una focaccia, un minuscolo insetto, una bilancia, una tartaruga, una rana, il caduceo alato di Mercurio,
una lucertola. 

SUONATORE DI AULO
Si ritiene che la presenza di Hermes, per il busto il caduceo e la tartaruga, sottolinei il ruolo di divinità
“psicopompa” (conduttrice delle anime) di Sabazio, figlio di Persefone unitasi a Zeus sotto forma di serpente. 

La bilancia potrebbe ricollegarsi al giudizio divino delle anime che dovevano essere “pesate” (psicostasia) prima di raggiungere la beatitudine dell’aldilà, mentre la pigna (sacra anche a Dioniso) alluderebbe a rinascita e fertilità, la rana alla metamorfosi e la lucertola alla rigenerazione.


Ecco cosa scrissero sulla mano bronzea reperita intorno al 1824 sul catalogo dei reperti del Museo Archeologico di Napoli, nel volume dal titolo Real Museo borbonico:

 "Avvi una classe di monumenti pe' quali gli eruditi scrittori sono talvolta costretti a dare nelle stranezze, trovandosi nella necessità di render conto del capriccio degli artefici di cose che hanno spesso ragioni tutte particolari ed arbitrarie.

A questa classe appartiene certamente la mano votiva che abbiamo sottocchio, simile ad altre sette che se ne conoscono, e che meritarono le denominazioni di mani di bronzo dalla materia in cui son fatte, mani Pantee da diversi simboli attribuiti ad altrettante deitå, e mani votive dal fine per cui 
"si lavoraceux qui ont offert cette main si chargée diénigmes, Wont pas cru, qu'on oscit les expliquer dans des siécles aussi recu lés que le notres"

II testo del Real Museo prosegue ancora illustrandoci il reperto:
"Simile a tutte le altre presenta questo bronzo una destra mano con piccola parte di braccio che la sostiene di sotto, e come le altre ha piegate o chiuse le dita annulare ed auricolare, e le rimanenti erette: l'indice ed il medio sostengono trasversalmente un fulmine, su cui posava probabilmente un'aquila della quale si veggono i soli artigli, essendo il resto del regale uccello andato perduto"

MANI PANTEE

La Mano Pantea più importante è questa rinvenuta in Ercolano, e pubblicata con dotte osservazioni nella edizione del V volume delle antichità Ercolanesi.

Nei giorni della scoperta della mano accadde un fatto strano. Le tre dita alzate e due flesse suggerirono a uno degli operai che si trattasse della mano di San Gennaro. Era benedicente in fondo, la mano mozza del Santo, riprodotta in bronzo ritrovata negli scavi di Ercolano. 

Sembrava essere quasi il titolo di testata nella prima pagina di un giornale. Si sparse presto la voce tra gli operai e presto un po' tutti ci cedettero. Fu solo grazie all'intervento del soprintendente dello scavo che si ebbe presto chiarezza.

Nel testo del Real Museo si legge ancora:

"Sulla estremitå del pollice vedesi forse un uovo; o queste tre dita formano col leggero concavo della palma della mano una specie di sedile con spalliera, in cui ondeggia assiso un barbato veglio, coperto il capo di pileo ricurvo al davanti, vestito di tunica succinta o di lunghe brache, poggiando i piedi sulla testa di un ariete, e stringendo nelle mani alquanto elevate due simboli che ben poco si distinguono. 

Sotto il basamento di questa specie di dossello è molto interessante la volta rilevata al davanti, nella quale è scolpita a bassorilievo una donna giacente che stringe al seno un bambino poppante. Sono osservabili in fine sull'arco di questa volta la mensa su cui sono imbanditi due utensili circolari, con una frutta di figura conica nel mezzo, ed a sinistra della volta stessa un' idria a due manichi, dalla quale vien fuori la testa di un rettile. "

II vecchio barbuto con cappello frigio, seduto proprio nel palmo della mano sembra anch'egli benedire e col gesto della destra sembra voler sottolineare quasi un rito di benedizione e di augurio. Poggiava
i piedi su una testa di ariete adagiata su una foglia d'acanto. 

Ai suoi piedi un uovo poggiato su una mensola e più a destra una ghianda. In basso, racchiusa all'interno di un arcosolio la scena della donna che nutre un neonato. 

Difficile dare un senso a questi elementi figurativi che in apparenza sembrano disgiunti l'uno dall'altro e forse invece nelle intenzioni dell'artista e del committente, volevano chiarire un concetto, forse più ampio e che travalicava il senso stesso della raffigurazione plastica.

Più oltre nel testo del Real Museo si legge:
"I diversi rami dell'arboscello che sorge a sinistra della base, ossia della porzione del braccio, una face accesa, una testuggine ed altri svariati simboli riempiono il dorso di questo monumento votivo, il cui soggetto a noi sembra la madre che teneramente abbraccia il figlio che forse era pericolante; e ci mantiene in questo divisameuto il confronto con altri monumenti, ed in particolare pompeiani, ne'quali
verso il basso spesso al coperto di una volta trovasi il soggetto pel quale veniva offerto il voto, e specialmente per un figlio ottenuto o preservato dalla morte."

La curiosità di voler reperire una chiave di lettura della rappresentazione che in fondo, si svolge nel palmo e sul dorso di una mano destra, penso non risparmi nessuno. E la stessa gestualità della mano
con le prime tre dita erette e le due ultime flesse, riportandoci in maniera molto forte ai protocolli religiosi della cristianità, non ci deve impedire di procedere con un'analisi più approfondita.

La Mano Pantea di Ercolano può, con tutte le riserve del Caso e senza voler affrettare conclusioni poco convincenti, essere assimilata a una cristiana mano benedicente, simile nel solo gesto a tutte le rappresentazioni iconografiche che i grandi autori non solo del Rinascimento ci hanno mostrato nelle proprie opere.

GREGORIO IX - RAFFAELLO
Ma la mano benedicente, come dicevamo comune a tutta la gestualità cristiana e l' esempio (immagine sottostante) nel dipinto di Raffaello Sanzio, altro non è che uno dei tantissimi esempi che possiamo reperire nell'iconografia sia dipinta che scultorea di tipo sacro. 

Si tratta di un gesto di comunicazione, di accoglienza, di liberazione e di benedizione, con il quale si sintetizzano i concetti della Trinità che attraverso la destra, si calano sull'umanità orante e in attesa di colloquio spirituale.

Ma la mano pantea di Ercolano non è tutto ciò. E' tuttavia espressione anch'essa di mistero, di esoterismo e di religiosità.

La mano pantea sembra legata in maniera forte alla figura di un dio estraneo all'Olimpo greco-romano. Si tratta del Dio Sabazio. Proveniva dall'altra sponda del Mediterraneo e "prometteva" benedizioni
e felicità, destinate a riti dove la spiritualità era completamente inserita in riti di iniziazione, dove l'adepto era protagonista e attore allo stesso tempo.

A Roma il nostro misterioso dio frigio diviene Dionisio-Sabazio-Bacco e unisce le proprie forze primordiali a quelle della magia e della propiziazione. Una sorta di sinergia volta al bene e dove ogni cosa gravita attorno alla ricerca della felicità non solo terrena. Sabazio era legato molto probabilmente all'ambiente agreste. Un busto bronzeo di questo dio rinvenuto proprio a Roma ce lo mostra nei caratteri stilistici del volto, molto vicino all'arte egizio-ellenistica del II a.c..

Intorno al I secolo a.c. giunse a Pompei il culto di questo Dio con la sua mano pantea la mano pantea, sintesi scultorea del Dio Sabazio, e dei suoi contenuti misterici e salvifici.


BIBLIO

- O. Brendel - Dionysiaca - in Röm. Mitt. - XLVIII - 1933 -
- Il calendario - di Furio Dionisio Filocalo - Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro -
- Walter Burkert - Antichi culti misterici - Roma-Bari - Laterza - 1987 -
- Marion Giebel - I culti misterici nel mondo antico - Genova - ECIG - 1993 -
- R. Breviglieri - La mano di Giove Sabazio - Ed. privata - Centro Studi Anton Giulio Barrilli - Carcare - 2011 -
- Aa.Vv. - Il rito segreto: misteri in Grecia e a Roma - a cura di Angelo Bottini - Milano - Electa - 2005 -

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