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QASR BASHIR (Giordania)

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Mobene, come veniva chiamata nell'antichità, è la fortezza romana sopravvissuta nel cuore del deserto della Giordania,  il meglio conservato forte romano in Medio Oriente. Il forte è locato a 100 chilometri a sud di Amman tra l' autostrada del Mar Morto e la strada del deserto. A differenza di molti resti romani, Qasr Bashir è eccezionalmente ben conservata, essendo stata riusata ma mai ricostruita da civiltà posteriori.

Essa appartiene alla catena di fortezze e torri di guardia eretta dagli antichi romani con il nome di Limes Arabicus, che aveva lo scopo di proteggere la provincia di Arabia contro le escursioni e le razzie dei nomadi del deserto.

Il Limes Arabicus era il deserto di frontiera dell'Impero romano, nella provincia dell'Arabia Petraea. Si estendeva per circa 1,500 km, dalla Siria del nord alla Palestina meridionale, e l'Arabia del nord.

Lo scopo del "Limes" era di proteggere la provincia araba dagli attacchi delle tribù arabe che transitavano nel deserto. Presso il limes arabicus Traiano fece costruire una grande strada, la Via Nova Traiana, che andava da Bostra ad Aila sul mar Rosso, per una lunghezza di 267 miglia.

La via, costruita tra il 111 e il 114 d.c., doveva fornire mezzi di trasporto efficiente per i movimenti delle truppe e funzionari governativi. Essa venne completata sotto Adriano che quindi ne riconobbe l'importanza. Durante la dinastia dei Severi (193-235 d.c.), i Romani rafforzarono le difese sulla frontiera araba, costruendo numerosi forti a nord ovest di Wadi Sirhan, riparando le strade migliori.



I predoni del deserto non erano estremamente pericolosi nè particolarmente violenti, non miravano a uccidere ma a saccheggiare, e i loro veloci dromedari, guidati come solo i nomadi sapevano fare, li rendevano imprendibili per i romani. Pertanto, onde evitare le razzie sui territori occupati, i romani dovettero circondare di mura e torri  armate i vari territori.

Il Limes Arabicus doveva pertanto contrastare questa minaccia, e Mobene era una delle fortificazioni messe in atto. La fortezza domina una vasta pianura sassosa, tagliata da diversi torrentelli che si svuotano nel canale di Mujib, che a sua volta si svuota nel Mar Morto. Anche se la terra è arida, l'agricoltura è possibile lungo il canalone, che irriga una certa vastità di campi in una valle poco profonda.

La fortezza si eleva al disopra di questa depressione, e le sue torri dominano la pianura. Se i romani volevano osservare e controllare i nomadi locali, questo posto era quasi perfetto, e infatti non furono i primi ad occupare questo luogo collinare. Vi si notano infatti due torri risalenti addirittura all'età del ferro, chiamate Qasr el-Al Qasr e Abu el-Kharaq, che vennero poi riutilizzati da soldati Nabatei.



Il forte romano pertanto sostituì, all'incirca nel 300 d.c., la precedente roccaforte riadattata dai Nabatei. Si presuppone che un tempo vi fosse una strada antica che portava alla vicina base legionaria a Lejjun, ma come prova abbiamo solo una pietra miliare non iscritta.

Anche se solo i romani usavano le pietre miliari, quindi romana lo era con sicurezza, non si capisce come mai non fosse iscritta e comunque la strada stessa non è stata ancora identificata. Teniamo anche conto che scavare in loco, cioè togliere metri e metri di sabbia e pietre nel deserto, onde far ricomparire la strada di roccia, non è semplice, perchè presto il vento ricopre tutto.

La fortezza occupa una superficie di circa 57 x 54 m, quindi quasi un quadrato. Le mura continue, che sopravvivono in una condizione quasi perfetta, hanno uno spessore di circa m 1 ½  e sono alte ben 6 m, senza contare il bastione merlato che lo alza di un altro metro circa.



Si collegano attraverso i vari camminamenti quattro pesanti torri quadrate che sorgono ai quattro angoli, e che misurano da 11 a 12 m di altezza, mentre sporgono di circa tre metri oltre le mura.

Queste torri erano elevate a tre piani e accanto alla torre occidentale c'era una piccola postierla, o posterula, ampia meno di un metro di larghezza per uscite di emergenza. Quando infatti doveva uscire per esempio un messaggero non occorreva aprire tutta la porta d'entrata che non era facile da maneggiare, La porta centrale invece, che si affaccia sulla valle poco profonda a sud-ovest, è fiancheggiata da due torri che sono circa la metà di grandezza dell 4 torri angolari.

L'iscrizione scolpita nel forte, una rarità in questa parte dei limes, è tuttora leggibile e menziona gli imperatori della prima tetrarchia:

Optimis maximisque Principibus nostris
Caio Aurelio Valerio Diocletiano
Pio Felici Invicto Augusto et
Marco Aurelio Valerio Maximiano
Pio Felici Invicto Augusto et
Flavio Valerio Constantio et
Galerio Valerio Maximiano
nobilissimis Caesaribus
Castra Praetorii Mobeni fossamentis
Aurelio Asclepiade praeses provinciae
Arabiae perfici curavit

In onore dei nostri governanti migliori e più grandi,
Caio Aurelio Valerio Diocleziano,
il nostro pio imperatore, fortunato, e invitto,
e Marco Aurelio Valerio Massimiano,
il nostro pio imperatore, fortunato, e invitto,
e di Flavio Valerio Costanzo
e Galerio Valerio Massimiano,
i nostri più nobili Cesari,
Aurelio Asclepiade, preconsole della provincia di Arabia,
ha ordinato di costruire
Castra Pretorio Mobene dalle fondamenta.



Questa iscrizione permette di datare la costruzione della fortezza di 293-305, quando i Romani edificarono più forti in questo settore della frontiera. Qasr Bshir fu in uso per tutto il IV sec. e potrebbe essere stato abbandonato all'inizio del V sec.

E' stato certamente riutilizzato in età Omayyadi, due dinastie califfali arabe, del VII sec., perché ci sono tracce di una caditoia sopra l'ingresso, un'invenzione posteriore alle conquiste arabe.

Il forte è costruito in pietra locale, rivenuta nel deserto e lavorata in loco, cioè squadrata come fossero mattoni ma molto più grandi. Ai lati di ogni torre posero pietre angolari più massicce, e all'interno del forte scavarono due cisterne per la provvista d'acqua.

CADITOIA
Infatti, per quanto il deserto fosse arido a causa della scarsità di pioggia, quando finalmente iniziava a scendere l'acqua dalle nubi, si formavano torrenti impetuosi che, se ben convogliati, potevano essere usati per l'accampamento, per i forti e pure per le coltivazioni.

Il cortile, che ha due cisterne, è su tutti e quattro i lati, circondato da camere, esattamente ventitrè, individuate come stalle. Secondo alcuni queste camere sarebbero state usate come dormitori (almeno in parte).

Il tetto di queste caserme raggiungeva la stessa altezza del cammino di ronda, creando una piattaforma di combattimento molto ampia.

Una sala, di fronte al cancello principale, può essere stato la sede del quartier generale, ma anche una specie di santuario, sicuramente ospitava entrambi.

Probabilmente Qasr Bshir non fu la base di una unità in piena forza. Forse disponeva solo di un contingente ridotto, anche se la mole della fortezza farebbe supporre il contrario.

Lo scopo del Castra Pretorio Mobene però non è del tutto chiaro. Infatti ciascuna delle ventitré scuderie venne utilizzata da tre cavalli, ma ogni unità di cavalleria di soldati di frontiera annoverava da i 120 e 150 uomini. Dove stavano gli altri cavalli?

Inoltre Mobene non è menzionato nella Notitia Dignitatum (Notizia di tutte le dignità ed amministrazioni sia civili sia militari) un documento redatto da anonimo e attribuito ad un periodo tra la fine del IV sec. e l'inizio del regno dell'Imperatore Valentiniano III (425-455).
Peraltro l'iscrizione sull'entrata non riferisce nè il nome del gruppo nè quello del suo comandante.

Forse non era un normale forte, ma un luogo in cui il governatore della provincia risiedeva quando aveva bisogno di discutere le questioni con i nomadi. (Ci sono diversi graffiti tribali vicino all'ingresso.)

E' possibile però che la fortezza sia stata utilizzata da cavalieri che solitamente pattugliavano questo settore della frontiera romana, cavalieri appartenenti a un'unità che era, secondo la Notitia dignitatum, di istanza nella vicina Naarsafari (moderno Wadi Afaris), l'Ala Secunda Miliarensis.
Questi uomini potevano usare Mobene durante le loro pattuglie, seppure vivevano da qualche altra parte.

Però la mole del forte, e tanto meno la mole di lavoro impiegato per costruirla, non giustifica lo scopo così limitato dell'edificio. Consideriamo allora un'altra ipotesi.

Le fortezze romane nel deserto egiziano sarebbero state più dei deterrenti per tribù beduine, Secondo Salima Ikram le loro pareti erano raramente spesse più di uno o due mattoni. La loro funzione principale era per la raccolta delle imposte e dovevamo essere impressionanti per altro gestite da piccoli contingenti romani.

All'epoca molte carovane traversavano il deserto recando con sè preziosi carichi di varie spezie, ma soprattutto di incensi e mirra e pure sete variegate. Questo giustificherebbe le annotazioni sul muro esterno. Codesti carichi erano talmente preziosi che i commercianti in viaggio sostavano spesso in luoghi rifugio temendo di venire attaccati di notte, ma anche di giorno, dai briganti.

Un sistema per salvare il loro prezioso carico era di farsi proteggere, dietro pagamento, da alcuni soldati romani. Questi agivano per volontà dei loro comandanti, visto che queste merci erano dirette soprattutto a Roma. Dall'Urbe stessa venivano le richieste di salvaguardare le merci dirette ai suoi magazzini.



Così i soldati seguivano le carovane fino al forte più vicino, dove i commercianti poi sostavano per rifornirsi di acqua e cibo pagando per la protezione ottenuta.

Qui i soldati romani riposavano al forte mentre un'altra pattuglia partiva poi ad accompagnare la stessa carovana fino al forte successivo.

Insomma si trattava di un forte di transito, dove al massimo risiedevano dai cinquanta ai sessanta cavalieri, meno della metà di uno stanziamento normale, una specie di base operativa.

Questo perchè almeno metà della guarnigione, ma anche di più, doveva rimanere al forte di residenza.

La presenza militare romana in Arabia cominciò a declinare verso la metà del 400 d.c., quando le forze militari vennero convogliate verso altre frontiere più importanti minacciate dai nemici.

Nei primi 500, Giustiniano tornò a difendere la frontiera sud-orientale con gli alleati Ghassanidi, una tribù araba cristiana, contro attacchi persiani. Intorno al 530 d.c, le truppe sono state ritirate e il limes Arabicus cessato di esistere.















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