DOMUS FAUSTAE |
Tra via Amba Aradam e via dei Laterani durante la costruzione della nuova sede dell'INPS sono venuti alla luce, nel 1959, a una decina di metri di profondità, un gruppo di edifici su terrazzamenti digradanti verso sud e verso ovest, di età giulio-claudia, con muri in opera reticolata, e con restauri del II sec. d.c., oltre a un completo rifacimento del IV sec.. Era una vasta villa costeggiata dalle mura aureliane, quindi ai limiti di Roma antica. Aveva naturalmente un grande cortile interno con grandi ali laterali, e vasti giardini ricolmi di piante e statue.
Nel corso dei secoli, per ragioni di livellamento edilizio, tutte le strutture superiori furono rase al suolo mentre si conservarono quasi interamente quelle più in basso.
Gli edifici sono tre e il più interessante conserva un ampio corridoio largo 5 m di cui è stato possibile scavare finora un tratto di 27 metri di lunghezza, che si estende in direzione est-ovest.
Sul lato sud presenta grandi finestre, su quello nord, all'interno, una serie di grandi affreschi di età costantiniana che rappresentano personaggi di dimensioni maggiori del vero, purtroppo mal conservati e difficili da decifrare, databili al IV sec. Il corridoio si allarga all’estremità orientale in un'esedra, anch’essa finestrata, con un basamento al centro.
Oggi si tende a riconoscere in questo edificio la Domus Faustae, la moglie di Costantino e sorella di Massenzio, la sfortunata donna che venne fatta giustiziare da suo marito facendola soffocare in un bagno bollente. (Costantino venne considerato santo e "simile agli apostoli" dalla Chiesa ortodossa, da alcune Chiese orientali antiche e dalla Chiesa cattolica in Sardegna). La domus sorgeva nei pressi della Basilica, probabilmente verso l’attuale Via Amba Aradam, e i terreni coprivano tutta la zona che comprende anche l’attuale area basilicale.
SANTAMARIA SCRINARI
Gli studi condotti dalla professoressa Valnea Santamaria Scrinari (Commendatore della Repubblica Italiana e Cavaliere della Regina di Danimarca per i meriti di archeologa) vennero pubblicati dal Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana di Roma, insieme all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.
Il ricco volume si intitola “Dalle aedes Laterani alla Domus Faustae”, incluso nell’opera “Il Laterano imperiale” (Città del Vaticano, 1991).
La Scrinari collegò il più antico nucleo del sito con il testo di Giovenale, che nella satira decima (X, 17) nomina le Egregiae Lateranorum Aedes, cioè, la sontuosa dimora dei Laterani, in relazione ai funesti tempi di Nerone e ai giardini di Seneca.
L’archeologa ipotizzò quindi che questa fosse la lussuosa casa di Plauzio Laterano, console nel 65 d.c., che partecipò alla congiura contro l’imperatore Nerone, ordita proprio in quell’anno da Gaio Calpurnio Pisone e vari complici.
Attigua alla dimora dei Laterani, doveva essere proprio quella dei Pisoni, noti anche per la loro villa di Baia, nell’area dei Campi Flegrei: gli affreschi qui ritrovati richiamano proprio lo stile di quelle ricche ville vesuviane.
Le dimore erano decorate e arredate riccamente, come dimostrano i reperti (statua femminile, erma fallica, colonna, pavimento, affreschi…). Inoltre l'attuale Battistero della Basilica sfruttò le sottostanti Terme di Fausta.
La congiura dei Pisoni è narrata da Tacito, negli Annali, in cui si racconta della scoperta del complotto da parte di Nerone, che si vendicò giustiziando i colpevoli.
Molti di costoro abitavano ai piedi del colle Celio, dove risiedeva probabilmente anche Seneca, che era stato il precettore di Nerone e venne da questo indotto al suicidio, in seguito alla sua presunta partecipazione alla congiura.
Seguì poi la confisca delle proprietà dei congiurati e l'annessione al demanio imperiale. Sembra che la proprietà dei laterani sia per un breve periodo tornata privata, quando, al principio del III sec. d.c., Settimio Severo ne fece dono a Sestio Laterano, console nel 197, condottiero vittorioso nelle spedizioni d'Oriente.
La cortina laterizia di mattoni rossi è una tipica struttura muraria severiana e potrebbe suffragare le ipotesi della Scrinari, tanto più che negli scavi sono emerse condutture di piombo con inciso il nome dei Laterani.
Si ritiene infatti che i due nuclei più antichi fossero la casa di Pisone e quella dei Laterani, espropriate durante il regno di Nerone e inglobate nel IV sec. nel palazzo imperiale di Fausta, di cui farebbe parte il terzo nucleo, quello con il corridoio affrescato. L''interpretazione dei personaggi raffigurati sull'affresco del corridoio come membri della famiglia costantiniana testimonierebbe l'ipotesi.
Ma non sono tutti d'accordo, e l’attribuzione degli edifici a residenza della moglie dell’imperatore Costantino, non convince, sia perchè le figure degli affreschi sono danneggiate e mancanti delle teste, potrebbero essere personaggi della famiglia imperiale ο divinità in consesso. Inoltre la loro datazione oscilla tra i primi anni e il II quarto del IV sec.
OPTANUS MILEVITANUS
D'altronde Optatus Milevitanus (vescovo numida), narrando del sinodo indetto da papa Milziade nel 313 sulla questione dello scisma donatista, ci informa che i partecipanti: “convenerunt in domum Faustae in Luterano”.
Fausta venne allora interpretata come l'imperatrice Flavia Maxima Fausta, moglie di Costantino. In quanto alla domus l'imperatore l'avrebbe donata, in tutto ο in parte, al papa, in occasione del sinodo e comunque in connessione con l'erezione della basilica e del battistero.
ERNEST NASH
Una decina d'anni fa un articolo di Nash, criticando tale teoria, fa presente che nulla attesti che questa Fausta, citata da Optatus, sia proprio l’imperatrice, ma che anzi è assai difficile che la moglie di Costantino abbia mai posseduto un palazzo a Roma in quanto sembra non sia mai tornata in questa città dopo la sua nascita.
FLAVIA MAXIMA FAUSTA |
Il Nash anzi osserva che la leggenda del palazzo lateranense di Costantino e della sua donazione al pontefice non comparirebbe prima del Constitutum Constantini, il famoso falso del VIII sec.
Ritiene, inoltre, che quest'ultima sia divenuta proprietà di Fausta, la moglie di Costantino e che sia quindi quella domus Faustae in Laterano nella quale si svolse il concilio del 313 e che Costantino avrebbe donato al papa per farne la sua sede: il primo nucleo del palazzo papale.
MARGHERITA GUARDUCCI
La studiosa Guarducci, ha fatto inoltre notare che l'imperatrice visse i primi cinque anni della sua fanciullezza a Roma e che quindi la casa che l'aveva ospitata da bambina potrebbe essere rimasta di sua proprietà e a suo nome anche in sua assenza e inoltre analizza l'opportunità politica perchè il sinodo si svolgesse in un campo sottoposto all'imperatore, ma in maniera indiretta, per esempio nel caso dell'abitazione della moglie.
In conclusione, l’unica cosa certa è che ci troviamo di fronte a parte di una casa tardo antica di alto livello, con una decorazione decisamente lussuosa per cui è anche proponibile - ma finora non è dimostrato con certezza - l'appartenenza alla famiglia imperiale.
La studiosa riconosce in quella Fausta la moglie di Costantino, sorella di Massenzio. E riconosce nelle strutture con lungo loggiato il palazzo imperiale, che Massenzio aveva ristrutturato e aveva probabilmente intitolato alla sorella prima che andasse sposa a Costantino: la Domus Faustae.
La Scrinari ricorda che Massenzio risiedette, come imperatore associato, a Roma, dove realizzò una serie di interventi edilizi con l’intento di restituire all’impero l’antico prestigio.
Per questo l’archeologa ipotizza che Massenzio abbia voluto, sul podio, al centro dell’esedra, la “lupa capitolina”, simbolo della più antica romanità, le cui misure sarebbero coerenti con il podio stesso. E in un documento medievale questa zona è indicata come “porticus ad lupam”.
I BENI CULTURALI VENDUTI AI PRIVATI, SOLO IN ITALIA.....
Qui Inps, uffici e archeologia ai privati la domus di Costantino
Nel 1959 durante gli scavi per la costruzione della sede provinciale dell' Inps in via Amba Aradam fu fatta una scoperta di eccezionale valore storico artistico: venne individuata infatti la "Domus Faustae" cioè la dimora privata della famiglia di Costantino e di sua moglie Fausta che le fonti antiche ricordano nell' area un tempo proprietà dei Laterani.
MARGHERITA GUARDUCCI
La studiosa Guarducci, ha fatto inoltre notare che l'imperatrice visse i primi cinque anni della sua fanciullezza a Roma e che quindi la casa che l'aveva ospitata da bambina potrebbe essere rimasta di sua proprietà e a suo nome anche in sua assenza e inoltre analizza l'opportunità politica perchè il sinodo si svolgesse in un campo sottoposto all'imperatore, ma in maniera indiretta, per esempio nel caso dell'abitazione della moglie.
In conclusione, l’unica cosa certa è che ci troviamo di fronte a parte di una casa tardo antica di alto livello, con una decorazione decisamente lussuosa per cui è anche proponibile - ma finora non è dimostrato con certezza - l'appartenenza alla famiglia imperiale.
La studiosa riconosce in quella Fausta la moglie di Costantino, sorella di Massenzio. E riconosce nelle strutture con lungo loggiato il palazzo imperiale, che Massenzio aveva ristrutturato e aveva probabilmente intitolato alla sorella prima che andasse sposa a Costantino: la Domus Faustae.
La Scrinari ricorda che Massenzio risiedette, come imperatore associato, a Roma, dove realizzò una serie di interventi edilizi con l’intento di restituire all’impero l’antico prestigio.
Per questo l’archeologa ipotizza che Massenzio abbia voluto, sul podio, al centro dell’esedra, la “lupa capitolina”, simbolo della più antica romanità, le cui misure sarebbero coerenti con il podio stesso. E in un documento medievale questa zona è indicata come “porticus ad lupam”.
I BENI CULTURALI VENDUTI AI PRIVATI, SOLO IN ITALIA.....
Qui Inps, uffici e archeologia ai privati la domus di Costantino
Nel 1959 durante gli scavi per la costruzione della sede provinciale dell' Inps in via Amba Aradam fu fatta una scoperta di eccezionale valore storico artistico: venne individuata infatti la "Domus Faustae" cioè la dimora privata della famiglia di Costantino e di sua moglie Fausta che le fonti antiche ricordano nell' area un tempo proprietà dei Laterani.
Oggi questo sito, non aperto al pubblico, visitato di tanto in tanto da qualche scolaresca al seguito di un docente di storia dell' arte particolarmente informato, è molto amata dagli studiosi stranieri. Stanno lì sotto ore e ore francesi e canadesi, tedeschi e americani.
AFFRESCHI DOMUS FAUSTAE |
Proprio prima che passasse la legge delle cessioni la sovrintendenza ai Beni archeologici stava concertando con l' Inps un piano per la messa in sicurezza e la valorizzazione di questo ritrovamento, già vincolato visto che fa parte dei beni del demanio. Il vincolo vuol dire però che il palazzo si porta dietro una sorta di inalienabilità, ma nessun vincolo contiene la clausola dell' esposizione al pubblico di un bene sotto tutela. Eppure la vista di questa dimora romana è un' esperienza indimenticabile.
Lo scavo ha rivelato una serie di strutture edilizie interpretate come la domus di Fausta, (fine III inizio IV sec.), seconda moglie di Costantino e sorella di Massenzio, un' attribuzione in seguito contestata da altri studiosi che vedevano due nuclei edilizi del I secolo d.c., la sede della domus di Calpurnio Pisone e quella della domus dei Laterani.
In ogni caso la dimora, schiacciata dai piloni di cemento dell' edificio dell' Inps, appare magnifica: c'è ancora un lungo tratto murario, un corridoio e delle stanze.
Le pitture, tardo antiche, sono state portate al Museo nazionale romano, sono megalografie molto rovinate, che raffigurano una serie di personaggi della casa imperiale, una processione divina.
All' area archeologica conservata nel sottosuolo "si accede" dall' angolo tra via dei Laterani e via Amba Aradam attraverso un elegante giardino ed una scala a lenta gradonata.
Si passa accanto ad un resto di muro in grossa opera reticolata di tufo d' epoca neroniana, si raggiunge un cortile lastricato un tempo di marmi policromi ad intarsio di cui un frammento si conserva nell' angolo vicino alla scala d' accesso.
La vicinanza della campagna è richiamata anche dalla presenza nel cortile di un pozzo. E una volta laggiù ci si immagina naturalmente com'era fatto il loggiato con il possente muro di fondo in tufelli e grossa malta grigia, quasi si vede l' impostazione della loggia con l' ampia esedra centrale. E c'è di più. Alcuni studiosi sostengono che il basamento ritrovato quasi intatto accanto al portico fosse quello che sosteneva la Lupa capitolina. Come dire che il più pregnante simbolo della romanità non è più di Roma, anzi presto sarà venduto al miglior offerente.
(anna maria liguori)
(anna maria liguori)