LE ARE ROMANE
Facevano parte dei monumenti dedicatorie, ed erano rivolte agli Dei oppure erano funerarie, nel qual caso erano dedicate agli Dei Mani e/o ai defunti. Le are, o altari, quando erano dedicate agli Dei, si trovavano alla base dei templi, oppure all'interno di un recinto sacro. Sull'altare o presso di esso i sacerdoti immolavano le vittime degli animali o santificavano attraverso rituali oggetti sacri
Vitruvio prescrive che l'altare di un tempio deve essere rivolto a oriente e più in basso della statua di culto, così che pregando si guardi verso la divinità in alto. L'altezza dell'altare varia a seconda della divinità, più alto Giove, Giunone, Marte Minerva, più bassi tutti gli altri. Nelle case di solito per pregare si usava il larario, ma a volte c'è un vero altare, come si è notato a Pompei, tra cui particolare un'ara cilindrica con un serpente che la avvolge.
La parte superiore dell’ara aveva uno spazio piano o cavo, che raffigurava il luogo in cui ardeva la fiamma per lo svolgimento del rito, inserito fra due pulvini cilindrici legati da un nastro e chiusi da un fiore con petali e bottone centrale. In alcune il focus era a tetto. Oppure aveva i fori di deflusso per versare le libazioni rituali come quelli delle mensae sepulcrales. Le facce laterali recavano in rilievo i simboli del rito ossia la patera, scodella bassa e larga, con cui si versava sull’ara e l’urceus, una brocca, che conteneva il liquido da versare. Sul davanti si aveva l'epigrafe o le immagini.
Sulle are funerarie ci sono da precisare un paio di cose:
In genere queste are derivano da un culto molto antico, addirittura preromano che si riallacciava alla cultura della Luna e del Toro. Il toro simboleggiava con le sue corna un culto lunare, per cui spesso nelle Are dedicate agli Dei comparivano agli angoli teste di tori uniti fa ghirlande.
Nei Rig-Veda, la prima manifestazione in forma animale del Dio indiano Soma è il toro, per cui
“Il Dio indiano Soma è al tempo stesso toro e luna…nei rilievi ritraici romani il toro è trasportato sulla luna e accanto a lui, sulla barca lunare, è sovente raffigurato il miracolo della pioggia, che Mitra opera scagliando una freccia contro il “cielo” di roccia: sotto la barca lunare è inginocchiato un pastore , che tende la mano per raccogliere l’acqua piovana…..il toro è bianco, è la luna, e da esso e dalla luna provengono la pioggia e il seme di tutte le cose.”
E, ancora, Porfirio, ne "L'antro delle ninfe"
"Gli antichi erano soliti chiamare api anche le sacerdotesse di Demetra, preposte come Dee terrene alle iniziazioni, e la stessa Kore, Mellita. E ape chiamavano la Luna, quale protettrice della generazione, anche perché per altro aspetto la Luna è Toro, e l’esaltazione della Luna avviene (nel) Toro"
"Gli antichi erano soliti chiamare api anche le sacerdotesse di Demetra, preposte come Dee terrene alle iniziazioni, e la stessa Kore, Mellita. E ape chiamavano la Luna, quale protettrice della generazione, anche perché per altro aspetto la Luna è Toro, e l’esaltazione della Luna avviene (nel) Toro"
Talvolta, ma in genere in fasi molto arcaiche al toro subentra l'ariete, come simbolo di fertilità, di inizio dell'anno e della primavera, perchè nei tempi più antichi l'anno iniziava in primavera. Quando però l'Ara è funeraria al posto delle teste di toro subentrano i "bucrani" cioè teschi di teste di toro. E' la "Luna nera" la fase della morte cui seguirà una rinascita.
Pertanto le are potevano avere bucrani o bucefali. Alessandro chiamò Bucefalo il suo cavallo per fargli una connotazione sacra. Infatti i bucefali erano le teste di bue, con carne e occhi, cioè i buoi vivi, ovvero la sacralità del toro luna sulla terra, mentre il bucranio è la sacralità del toro negli Inferi.
PATER IV SEC. A.C. |
Un'altra osservazione è da fare sui lati delle are sacre, dove da un lato è raffigurata una brocca e dall'altro una patera. Ora le più antiche patere erano raggiate, perchè avevano il compito di raffigurare il sole, erano cioè simboli solari. La brocca invece raffigurava l'acqua.
Sembra strano che venissero raffigurate ai lati delle are due simboli che avessero uguale funzione. In realtà in tempi arcaici essi simboleggiavano appunto l'acqua, collegata alla vita, e il sole, cioè il fuoco, collegato alla distruzione, ma insieme basi della vita sulla terra, con le fasi di morte e rinascita.
In sostanza le ARE si suddividono così:
1) - Are dei templi, posti alla base di questi, spesso interrompendo la scala che portava sull'alto podio.
2) - Are dei castri, ne esisteva una in ogni accampamento, di pietra o di legno.
3) - Are dei recinti sacri, o aedes sacri, sia dentro che fuori città.
4) - Are votive, come dire "per grazia ricevuta".
5) - Are funerarie civili, con sola dedica, o con dedica e immagini.
6) - Are funerarie militari per i legionari defunti.
7) - Are dei teatri, degli anfiteatri, delle terme o di mercati, o di importanti luoghi pubblici.
8) - Are poste accanto alle fonti, o presso un fiume, o un lago, o in una grotta.
9) - Are celebrative, per dare lustro e fama a un benefattore della città.
10 - Are palatine, poste di fronte al palazzo dell'imperatore o di alcune ville nobiliari.
11) - Are delle gentes, in genere per celebrare una gens, a cui si apparteneva, ricca e gloriosa.
ARA VOTIVA - (ara votiva)
Corrisponde un po' a un exvoto, magari un po' più caro.
Gli antichi romani spesso usavano chiedere grazie agli Dei promettendo in cambio epigrafi, stele (come questa), o addirittura templi, a seconda dell'importanza della richiesta e naturalmente delle possibilità economiche del richiedente.
In genere le are votive le facevano i generali che chiedevano vittorie in battaglia, ma pure importanti uomini politici che volevano ottenere un'alta carica, o ricchi commercianti per ottenere importanti transazioni di commercio o affinchè le navi da carico giungano in porto sane e salve.
L'ara è la copia in gesso di un originale di età imperiale, conservata piuttosto bene a parte qualche piccolo particolare..
Di squisita fattura, presenta agli angoli le teste d'ariete con i festoni e i nastri, in basso uccelli e sfingi alate.
GIACOMO BONI
Giacomo Boni, grande studioso e archeologo, basti dire che ideò lui lo scavo archeologico stratigrafico, ebbe un grande interesse per la religione romana che auspicava venisse adottata dallo Stato, cercando di convincere Francesco Crispi e Sidney Sonnino, e soprattutto Benito Mussolini col quale simpatizzò per il comune interesse per l'antica Roma.
Eseguì veri e propri riti pagani tra cui:
ESEMPI DI ARE
ARA DI SILVANO - (ara votiva)
Venne trovata nella Vigna Boccapaduli sull'Aventino. Sicuramente un'Ara votiva, infatti era dedicata da Marziale Reburro al Dio Silvano, nel II sec. d.c. di cui evidentemente era fervido fedele.
Il Dio Silano aveva ottemperato alla richiesta del suo seguace per cui questi gli erigeva l'ara di riconoscenza e ringraziamento. Da notare che i romani reputavano i loro Dei non di buon carattere nè di giustizia, però non concedevano nulla se la grazia non era giunta. Non pregavano mai a vuoto, non si inginocchiavano e non si umiliavano davanti agli Dei.
Silvano era un Dio antichissimo, non dimentichiamo che uno degli appellativi di Diana era Silvana, e che come tutte le Dee vergini era stata una Grande Madre che partoriva senza avere avuto un marito.
Poi il figlio-vegetazione poi moriva nel solstizio di inverno per risorgere all'equinozio di primavera, appunto come la vegetazione.
Silvano ha un aspetto primitivo, quasi sempre nudo, barbuto, con capelli lunghi, con una corona di pino sul capo, una pelle caprina sulle spalle che scendeva sorretta da un braccio a fare da cesto ad uva, pomi e pigne.
Oppure portava con ambedue le braccia un cesto di frutta, in qualità di custode degli orti, oltre che protettore degli armenti e dei campi. Aveva calzari da contadino e lo accompagnava un cane.
Con la mano sinistra teneva il ramo di pino, con l'altra un coltello ricurvo, un pennato (la falx arboraria dei latini), lo strumento dei boscaioli, con breve impugnatura, con lama larga, lunga 30/40 cm, e la punta ricurva in avanti.
ARA DELL'ANFITEATRO FLAVIO - (ara da anfitatro)
Retro: PONTIF MAX TR P III COS P P; l'anfiteatro Flavio, è mostrato frontalmente con quattro livelli. All'esterno, a sinistra Severo Alessandro è in piedi e sacrifica su un basso altare; dietro a lui la Meta Sudans e una grande statua del Sole. A destra un edificio a due piani con due timpani e una statua maschile (Jupiter?) accanto.
Non sappiamo a chi l'ara fosse dedicata, spesso negli anfiteatri si dedicavano a Marte o a Giove, mentre nei teatri si dedicavano spesso ad Apollo, alle muse e a Flora. In era imperiale sovente l'ara era dedicata al culto dello stesso imperatore, e sull'ara si scarificava prima dei giochi o dei combattimenti.
ARA DI CAUTES E CAUTOPATES
Ara dedicata da Aurelius Sabinus, durante il regno di Commodo (161 - 192). Cautes e Cautopates sono quasi sempre rappresentati ai lati del Dio Mitra, vestiti con abiti persiani e un berretto frigio. Cautes regge una torcia accesa, Cautopates la punta verso il suolo.
Cautes e Cautopates sembrano avere somiglianze con i Dioscuri, i gemelli della mitologia greco-romana, anch'essi rappresentati con il berretto frigio.
L'Ara suddetta si trova oggi a Roma presso la Chiesa di Santo Stefano Rotondo. Vi è riportato:
"Deo Cautae Aur. Sabinus Pater huius loci Tiberius Quintianus ex voto posuerunt."
"Al Dio Cautes. Aurelio Sabino, Padre di questo posto e Tiberio Quintiano, posero per ex voto."
Il dedicante Aurelius Sabinus, era infatti padre (autore) del Mitreo del Castra Peregrina dove alloggiavano i cavalieri (equites singulares).
ARA MAXIMA HERCULIS INVICTI - (ara da aedes sacro)
Fu il primo centro di culto di Ercole a Roma, nel Foro Boario, eretto, secondo Livio a altri, quando Ercole aveva ucciso Caco, e la sua divinità era stato riconosciuto da Evandro. La dedica di questo altare è stato attribuito da una forma di tradizione più antica a Evandro (Dionys - Macrob - Tac Ann - Strabone ), a Ercole (Liv lc .; Ov veloce I.581,.... Prop IV.9.67;. Solin I.10,.. Verg Aen VIII.271). , e ai compagni che Ercole aveva lasciato in Italia (Macrob. III.6.17).
Nel Foro Boario, il suo sito è anche descritto come "post ianuas Circi Maximi", o "Circum iuxta", e sta entro la linea del pomerio Palatino. Si trovava, quindi, nella parte orientale del Foro Boario, vicino ai carceres del circo, e, probabilmente, molto vicino al tempio di Ercole Vincitore, oggi presso Santa Maria in Cosmedin, verso il Circus Maximus, dove nel XV sec. furono rinvenute le iscrizioni dei pretori per l'annuale sacrificio “qui, presso l'Ara Maxima”. Da identificarsi nel grande basamento in opera quadrata di tufo visibile nella cripta della chiesa.
Questo altare danneggiato da un incendio intorno al 213 a.c.,o nell'incendio di Nerone del 64 d.c, venne restaurato, e vi si trovava ancora nel IV sec. (Fest. Serv. Locc. Citt.). Infatti per il II, III, e IV sec. vi sono diverse iscrizioni, dedicati da pretori a Hercules Invictus (Ercole vincitore), che sono stati trovate vicino alle rovine del tempio, identificato con quello di Ercole Vincitore.
Purtroppo per fanatismo religioso le epigrafi vennero distrutte durante il pontificato di Sisto IV, e non si sa se queste iscrizioni appartenessero al tempio o all'ara, o entrambi. Qualcuno presume che si trovi sotto S. Maria in Cosmedin, Mel. 1909, 107-117).
L'altare deve aver avuto un recinto sacro, che può essere indicato come le Aedes Herculis invicti (Strabone V.3.3:. Τέμενος; Solin I.10:. Consaeptum sacello; Plut q). Una statua di Ercole Triumphalis attribuito dalla tradizione a Evandro (Plinio Macrobio e Servio), si dice fosse posta in questa antica zona della ara, piuttosto che nel tempio.
Un'iscrizione recentemente acquisita dal Museo Lateranense cita un Aedes dedicati ad Ercole Invictus Esychianus. La sua origine è sconosciuta, ma Hülsen ipotizza fosse presso il Foro Boario, per una pittura pompeiana che rappresenta Ercole all'Ara Maxima. Come la prima delle due iscrizioni citate, si è dedicato ad Ercole da Hierus e Asylus, schiavi di Tiberio Claudio Livianus, praefectus praetorio sotto Traiano. Il nome Esychianus si spiega con il fatto che la seconda iscrizione è una dedica (anche a Ercole) da una M. Claudio Hesychus, probabilmente un liberto di Livianus.
ARA PALATINA - (ara del palazzo reale)
Copia Ara Romana del II sec. d.c. in granito elbano Comune di Portoferraio 1990. Il manufatto si trova all'interno del Comune di Portoferraio, e il suo originale dell'Ara romana è esposta nel Museo Archeologico di Portoferraio.
In sostanza le ARE si suddividono così:
1) - Are dei templi, posti alla base di questi, spesso interrompendo la scala che portava sull'alto podio.
2) - Are dei castri, ne esisteva una in ogni accampamento, di pietra o di legno.
3) - Are dei recinti sacri, o aedes sacri, sia dentro che fuori città.
4) - Are votive, come dire "per grazia ricevuta".
5) - Are funerarie civili, con sola dedica, o con dedica e immagini.
6) - Are funerarie militari per i legionari defunti.
7) - Are dei teatri, degli anfiteatri, delle terme o di mercati, o di importanti luoghi pubblici.
8) - Are poste accanto alle fonti, o presso un fiume, o un lago, o in una grotta.
9) - Are celebrative, per dare lustro e fama a un benefattore della città.
10 - Are palatine, poste di fronte al palazzo dell'imperatore o di alcune ville nobiliari.
11) - Are delle gentes, in genere per celebrare una gens, a cui si apparteneva, ricca e gloriosa.
ARA VOTIVA - (ara votiva)
Corrisponde un po' a un exvoto, magari un po' più caro.
Gli antichi romani spesso usavano chiedere grazie agli Dei promettendo in cambio epigrafi, stele (come questa), o addirittura templi, a seconda dell'importanza della richiesta e naturalmente delle possibilità economiche del richiedente.
In genere le are votive le facevano i generali che chiedevano vittorie in battaglia, ma pure importanti uomini politici che volevano ottenere un'alta carica, o ricchi commercianti per ottenere importanti transazioni di commercio o affinchè le navi da carico giungano in porto sane e salve.
L'ara è la copia in gesso di un originale di età imperiale, conservata piuttosto bene a parte qualche piccolo particolare..
Di squisita fattura, presenta agli angoli le teste d'ariete con i festoni e i nastri, in basso uccelli e sfingi alate.
GIACOMO BONI
Giacomo Boni, grande studioso e archeologo, basti dire che ideò lui lo scavo archeologico stratigrafico, ebbe un grande interesse per la religione romana che auspicava venisse adottata dallo Stato, cercando di convincere Francesco Crispi e Sidney Sonnino, e soprattutto Benito Mussolini col quale simpatizzò per il comune interesse per l'antica Roma.
Eseguì veri e propri riti pagani tra cui:
- la purificazione del tempio di Giove Vincitore nel 1916,
- la costruzione dell'ara graminea (costruita con sei strati di "mattoni" di terra erbosa e addobbata con quattro festoni di alloro, nastri rossi, corone e fronde sacre di olivo) sul Palatino nel 1917.
- Cereris Mundus (eseguita nella fossa posta nel santuario di Cerere e consacrata agli Dei Mani),
- Ludus Troiae ( esibizione di giovani patrizi a cavallo che simulano un combattimento).
- Opus Coronarium (realizzazione di festoni e ghirlande, composti da fiori e frutta tra cui uva e melagrane da appendere su templi, statue o luoghi significativi per la storia di Roma),
- Ludi Palatini ( corse e gare ginniche tra cui lotta, lancio del giavellotto, lancio del disco, ecc. ed esecuzione di commedie di Plauto e Terenzio).
- Lupercalia (celebrata da giovani sacerdoti detti Luperci, seminudi con una maschera di fango sulla faccia; con intorno alle anche una pelle ricavata dalle capre sacrificate)..
Fu influenzato dai suoi rapporti con l'ambiente esoterico del tempo e da esperienze personali paranormali, ad esempio un sogno gli rivelò la scoperta del Lapis Niger la notte precedente.
SIMBOLO DEL PAGANESIMO |
Boni riprese per i riti eseguiti sulle are una prescrizione riferita da Macrobio.
Riproponendo la moderna "Via romana agli Dei" in cui autori moderni e contemporanei tentano di reintrodurre il culto della religione pagana dell'Antica Roma, si fece attento studio e uso delle formule rituali tratte dai documenti storici.
Basandosi su questi il Boni stabilisce che, se si afferra l'ara con le mani, anche la semplice parola costituisce sacrificio, purché si sia osservato un regime di purità nei tre giorni precedenti al rito.
ESEMPI DI ARE
ARA DI SILVANO - (ara votiva)
Venne trovata nella Vigna Boccapaduli sull'Aventino. Sicuramente un'Ara votiva, infatti era dedicata da Marziale Reburro al Dio Silvano, nel II sec. d.c. di cui evidentemente era fervido fedele.
Il Dio Silano aveva ottemperato alla richiesta del suo seguace per cui questi gli erigeva l'ara di riconoscenza e ringraziamento. Da notare che i romani reputavano i loro Dei non di buon carattere nè di giustizia, però non concedevano nulla se la grazia non era giunta. Non pregavano mai a vuoto, non si inginocchiavano e non si umiliavano davanti agli Dei.
Silvano era un Dio antichissimo, non dimentichiamo che uno degli appellativi di Diana era Silvana, e che come tutte le Dee vergini era stata una Grande Madre che partoriva senza avere avuto un marito.
Poi il figlio-vegetazione poi moriva nel solstizio di inverno per risorgere all'equinozio di primavera, appunto come la vegetazione.
Silvano ha un aspetto primitivo, quasi sempre nudo, barbuto, con capelli lunghi, con una corona di pino sul capo, una pelle caprina sulle spalle che scendeva sorretta da un braccio a fare da cesto ad uva, pomi e pigne.
Oppure portava con ambedue le braccia un cesto di frutta, in qualità di custode degli orti, oltre che protettore degli armenti e dei campi. Aveva calzari da contadino e lo accompagnava un cane.
Con la mano sinistra teneva il ramo di pino, con l'altra un coltello ricurvo, un pennato (la falx arboraria dei latini), lo strumento dei boscaioli, con breve impugnatura, con lama larga, lunga 30/40 cm, e la punta ricurva in avanti.
ARA DELL'ANFITEATRO FLAVIO |
ARA DELL'ANFITEATRO FLAVIO - (ara da anfitatro)
Retro: PONTIF MAX TR P III COS P P; l'anfiteatro Flavio, è mostrato frontalmente con quattro livelli. All'esterno, a sinistra Severo Alessandro è in piedi e sacrifica su un basso altare; dietro a lui la Meta Sudans e una grande statua del Sole. A destra un edificio a due piani con due timpani e una statua maschile (Jupiter?) accanto.
Non sappiamo a chi l'ara fosse dedicata, spesso negli anfiteatri si dedicavano a Marte o a Giove, mentre nei teatri si dedicavano spesso ad Apollo, alle muse e a Flora. In era imperiale sovente l'ara era dedicata al culto dello stesso imperatore, e sull'ara si scarificava prima dei giochi o dei combattimenti.
ARA DI CAUTES E CAUTOPATES
Ara dedicata da Aurelius Sabinus, durante il regno di Commodo (161 - 192). Cautes e Cautopates sono quasi sempre rappresentati ai lati del Dio Mitra, vestiti con abiti persiani e un berretto frigio. Cautes regge una torcia accesa, Cautopates la punta verso il suolo.
ARA CAUTES CAUTOPATES |
In effetti ambedue le coppie alludono alla morte e alla rinascita, nell'eterno ciclo della vita, La torcia alzata sarebbe la vita e quella abbassata la morte. Polluce dal suo canto è immortale mentre Castore è mortale, anche se riescono a mediare stando entrambi sei mesi sulla terra e sei mesi negli inferi.
"Deo Cautae Aur. Sabinus Pater huius loci Tiberius Quintianus ex voto posuerunt."
"Al Dio Cautes. Aurelio Sabino, Padre di questo posto e Tiberio Quintiano, posero per ex voto."
Il dedicante Aurelius Sabinus, era infatti padre (autore) del Mitreo del Castra Peregrina dove alloggiavano i cavalieri (equites singulares).
ARA MAXIMA HERCULIS INVICTI - (ara da aedes sacro)
Fu il primo centro di culto di Ercole a Roma, nel Foro Boario, eretto, secondo Livio a altri, quando Ercole aveva ucciso Caco, e la sua divinità era stato riconosciuto da Evandro. La dedica di questo altare è stato attribuito da una forma di tradizione più antica a Evandro (Dionys - Macrob - Tac Ann - Strabone ), a Ercole (Liv lc .; Ov veloce I.581,.... Prop IV.9.67;. Solin I.10,.. Verg Aen VIII.271). , e ai compagni che Ercole aveva lasciato in Italia (Macrob. III.6.17).
Nel Foro Boario, il suo sito è anche descritto come "post ianuas Circi Maximi", o "Circum iuxta", e sta entro la linea del pomerio Palatino. Si trovava, quindi, nella parte orientale del Foro Boario, vicino ai carceres del circo, e, probabilmente, molto vicino al tempio di Ercole Vincitore, oggi presso Santa Maria in Cosmedin, verso il Circus Maximus, dove nel XV sec. furono rinvenute le iscrizioni dei pretori per l'annuale sacrificio “qui, presso l'Ara Maxima”. Da identificarsi nel grande basamento in opera quadrata di tufo visibile nella cripta della chiesa.
Questo altare danneggiato da un incendio intorno al 213 a.c.,o nell'incendio di Nerone del 64 d.c, venne restaurato, e vi si trovava ancora nel IV sec. (Fest. Serv. Locc. Citt.). Infatti per il II, III, e IV sec. vi sono diverse iscrizioni, dedicati da pretori a Hercules Invictus (Ercole vincitore), che sono stati trovate vicino alle rovine del tempio, identificato con quello di Ercole Vincitore.
Purtroppo per fanatismo religioso le epigrafi vennero distrutte durante il pontificato di Sisto IV, e non si sa se queste iscrizioni appartenessero al tempio o all'ara, o entrambi. Qualcuno presume che si trovi sotto S. Maria in Cosmedin, Mel. 1909, 107-117).
L'altare deve aver avuto un recinto sacro, che può essere indicato come le Aedes Herculis invicti (Strabone V.3.3:. Τέμενος; Solin I.10:. Consaeptum sacello; Plut q). Una statua di Ercole Triumphalis attribuito dalla tradizione a Evandro (Plinio Macrobio e Servio), si dice fosse posta in questa antica zona della ara, piuttosto che nel tempio.
Un'iscrizione recentemente acquisita dal Museo Lateranense cita un Aedes dedicati ad Ercole Invictus Esychianus. La sua origine è sconosciuta, ma Hülsen ipotizza fosse presso il Foro Boario, per una pittura pompeiana che rappresenta Ercole all'Ara Maxima. Come la prima delle due iscrizioni citate, si è dedicato ad Ercole da Hierus e Asylus, schiavi di Tiberio Claudio Livianus, praefectus praetorio sotto Traiano. Il nome Esychianus si spiega con il fatto che la seconda iscrizione è una dedica (anche a Ercole) da una M. Claudio Hesychus, probabilmente un liberto di Livianus.
ARA PALATINA - (ara del palazzo reale)
Copia Ara Romana del II sec. d.c. in granito elbano Comune di Portoferraio 1990. Il manufatto si trova all'interno del Comune di Portoferraio, e il suo originale dell'Ara romana è esposta nel Museo Archeologico di Portoferraio.
La riproduzione in granito elbano, che dal 1990 ha preso il posto dell'originale, è stata fatta dallo scultore dell'Isola d'Elba, Masia Salvatore, che volge la sua attività multiennale di scultore a Vellebuia a Seccheto nel Comune di Marina di Campo.
Si denominava in genere Ara Palatina un'ara posta davanti al palazzo reale, dove l'imperatore sacrificava alla sua divinità preferita per ingraziarsi la suddetta in vista di guerre o momenti critici, o semplicemente per ingraziare gli Dei della loro protezione sulle armate e sulla città di Roma.
Spesso però veniva posta un'ara anche fuori della villa aristocratica, dove il padrone della tenuta, in genere un generale o un ricco commerciante, ringraziava gli Dei per la benevolenza passata o ne chiedeva per il futuro.
ARA GENTIS IULIAE - (ara delle gentes)
Si tramanda un altare sul campidoglio, presumibilmente in Area Capitolina (lo spazio aperto di fronte e intorno al Tempio di Giove Ottimo Massimo nella parte meridionale della sommità capitolina) Doveva essere collocata presso i templi di Fides e di Giove Capitolino. Forse è da correlare all’ara numinis Augusti eretta da Tiberio tra il 6 ed il 9
. Le copie di un certo numero di Diplomi di soldati congedati con onore, appartenenti agli anni dopo il 71 d.c, affermano che gli originali sono stati fissati a questo altare (CIL III pp847-851, Suppl pp1958 1959, 2034;. DE I.604; Jord . I.2.56), ed è senza dubbio questo altare che viene definito in un frammento di Acta Fratrum Arvalium di data incerta (CIL VI.2035, l. 4).
Si sa che l'altare era dedicato alla Gens Iulia, ritenuta di stirpe divina, una ennesima pubblicità per il Divo Cesare e soprattutto il Divo Augusto, di cui usufruirono però anche gli altri imperatori della stessa gens. Anche altre gens costruirono are dedicate alla propria gens, e in genere si poneva nel peristilio al posto del Larario, e qui si facevano offerte e preghiere.
ARA ROMANA DI S. GALLA - (ara funeraria)
L'ara funeraria romana venne trasformata in altare da Gregorio VII nella parrocchia di Santa Galla, della quale è impossibile ormai ricostruire l'ubicazione antica, è dell'età flavia. La parte retrostante dell'ara è coeva alle altre tre facciate, per il rinvenimento di altri due esemplari similari ( Villa Doria Pamphili e Villa Chigi a Castelporziano).
ARA DELLA VIA EMILIA - (ara funeraria)
Un’ara funeraria romana, del I sec. d.c., è stata ritrovata integra presso l’antica via Emilia, a Modena, durante degli scavi occasionali.
ARA DI AIO LOCUZIO - (ara dell'aedes sacro)
Nel 1820 si scoprì un'antichissima iscrizione su un'ara del Colle Palatino, con su scritto:
SEI•DEO•SEI•DEIVAE•SAC
G•SEXTIVS•C•F•CALVINVS PR
DE•SENATI•SENTENTIA
RESTITVIT
Si trattava della cosiddetta Ara Calvini, o ARA DEI IGNOTI, l'altare al Dio sconosciuto, un piccolo altare di forma arcaica in travertino, trovato in un angolo ovest del Palatino, vicino alla chiesa di Santa Anastasia, costruzione o restauro del pretore Caius Sextius Calvinus, votata dal senato. La forma delle lettere la fa risalire al 92 a.c. circa, di epoca repubblicana.
Ma il nome della divinità non era espresso, anzi anche il sesso della divinità a cui i dedicanti si rivolgevano era a loro sconosciuto. Il pretore Caio Sesto Calvino, console nel 124 a.c., potrebbe non aver fatto costruire ma bensì solo restaurare l'antico altare, che sembra del resto molto antecedente, magari un altare cui era andata cancellata la dedica, e di cui i romani si erano dimenticati.
L'area di culto di Aius Locutius è riconosciuta essere nei di fronte al lucus Vestae che scende dai piedi del Palatino raggiungendo la Nova Via.
Potrebbe trattarsi secondo alcuni del Dio Aio Locuzio. Lo nomina e rammenta Camillo quando vuole incitare i romani a non abbandonare Roma. Quindi posta nel 390 a.c., e dedicata in seguito alla cacciata dei Galli da Roma.
Nulla poté essere difeso tranne il colle Campidoglio; e dopo averlo a lungo assediato, mentre ormai i Romani soffrivano la fame, in cambio di oro i Galli levarono l'assedio e si ritrassero. Ma Camillo, che viveva da esiliato in una città vicina, portò il suo aiuto e sconfisse duramente i Galli. "Dal Senato fu inviato in qualità di dittatore contro i Veienti, che dopo vent'anni si erano ribellati, Furio Camillo. Egli li vinse prima in battaglia, quindi conquistò anche la loro città. Presa Veio, vinse anche i Falisci popolo non meno nobile. Ma contro Camillo sorse un'aspra invidia, con il pretesto di un' ingiusta divisione del bottino, e per tale motivo fu condannato ed espulso dalla città. Subito i Galli Senoni calarono su Roma e, sconfitto l’esercito romano a dieci miglia dall'Urbe, presso il fiume Allia, lo inseguirono e occuparono anche la città.
Ma non solo: Camillo inseguendoli ne fece tale strage che recuperò sia l'oro ch'era stato loro consegnato, sia tutte le insegne militari da essi conquistate. Così riportando il trionfo per la terza volta entrò in Roma e venne chiamato "secondo Romolo" come fosse egli stesso fondatore della patria."
Si denominava in genere Ara Palatina un'ara posta davanti al palazzo reale, dove l'imperatore sacrificava alla sua divinità preferita per ingraziarsi la suddetta in vista di guerre o momenti critici, o semplicemente per ingraziare gli Dei della loro protezione sulle armate e sulla città di Roma.
Spesso però veniva posta un'ara anche fuori della villa aristocratica, dove il padrone della tenuta, in genere un generale o un ricco commerciante, ringraziava gli Dei per la benevolenza passata o ne chiedeva per il futuro.
ARA GENTIS IULIAE - (ara delle gentes)
Si tramanda un altare sul campidoglio, presumibilmente in Area Capitolina (lo spazio aperto di fronte e intorno al Tempio di Giove Ottimo Massimo nella parte meridionale della sommità capitolina) Doveva essere collocata presso i templi di Fides e di Giove Capitolino. Forse è da correlare all’ara numinis Augusti eretta da Tiberio tra il 6 ed il 9
. Le copie di un certo numero di Diplomi di soldati congedati con onore, appartenenti agli anni dopo il 71 d.c, affermano che gli originali sono stati fissati a questo altare (CIL III pp847-851, Suppl pp1958 1959, 2034;. DE I.604; Jord . I.2.56), ed è senza dubbio questo altare che viene definito in un frammento di Acta Fratrum Arvalium di data incerta (CIL VI.2035, l. 4).
Si sa che l'altare era dedicato alla Gens Iulia, ritenuta di stirpe divina, una ennesima pubblicità per il Divo Cesare e soprattutto il Divo Augusto, di cui usufruirono però anche gli altri imperatori della stessa gens. Anche altre gens costruirono are dedicate alla propria gens, e in genere si poneva nel peristilio al posto del Larario, e qui si facevano offerte e preghiere.
ARA ROMANA DI S. GALLA - (ara funeraria)
L'ara funeraria romana venne trasformata in altare da Gregorio VII nella parrocchia di Santa Galla, della quale è impossibile ormai ricostruire l'ubicazione antica, è dell'età flavia. La parte retrostante dell'ara è coeva alle altre tre facciate, per il rinvenimento di altri due esemplari similari ( Villa Doria Pamphili e Villa Chigi a Castelporziano).
Tutti i simboli vegetali e zoomorfi rimandano al culto apollineo (l'albero del lauro scolpito sul retro, sempreverde ed utilizzato per la vittoria, i girali di acanto sugli altri tre lati utilizzati per la prima volta nell'Ara pacis di Augusto, gli uccelli simboli di vita terrena ed ultraterrena, la lepre che nella sua tana, sotto il lauro, mangia l'uva, la lucertola che si rivolge al sole presente anche nei racconti dell'infanzia di Apollo).
La natura viene utilizzata ad esprimere l'anelito umano. Il primitivo cristianesimo erediterà questo atteggiamento ed esprimerà con l'immagine degli uccelli, talvolta con le ali a forma di croce, le persone destinate a vita eterna, con l'alloro l'immortalità, con la lepre il refrigerium a cui l'uomo salvato perviene, con il sole il Cristo stesso. Fu Gregorio VII, come denuncia l'iscrizione, nel 1073, a decidere la trasformazione dell'ara in altare cristiano per la Chiesa di Santa Maria in Portico, poi distrutta.
ARA DI SANTA MARIA MAGGIORE - (ara funeraria)
ARA DI SANTA MARIA MAGGIORE - (ara funeraria)
Trasformata dalla Chiesa di Santa Maria Maggiore di Spello in acquasantiera, scavandone le sommità ed inserendovi una conca di rame.
L'ara funeraria doveva appartenere a un esponente degli equites, cioè era un cavalier, visto che si fece raffigurare a cavallo.
L'ara, presumibilmente di età imperiale, era molto decorata e riportava su un lato l'immagine di un albero di ulivo, albero sacro a Minerva, Dea molto seguita dai generali e capi dell'esercito.
Evidentemente ne era buon seguace anche il cavaliere.
A volte la scelta degli Dei più seguiti dipendeva anche dal rapporto dei genitori e progenitori con questi Dei, particolarmente in linea maschile, in quanto il padre insegnava ai figli il culto particolare di un Dio che magari l'aveva particolarmente aiutato o protetto.
ARA DELLA VIA EMILIA - (ara funeraria)
Un’ara funeraria romana, del I sec. d.c., è stata ritrovata integra presso l’antica via Emilia, a Modena, durante degli scavi occasionali.
Collocata su un basamento a gradoni, era stato eretto, ancora in vita, da una liberta di origine greca, Vetilia Caia Egloge, per sé, per il suo patrono Lucio Valerio Costante, decurione di Mutina, e per suo figlio, un liberto che ricopriva la carica di Apollinare e Augustale.
Ce lo illustra la lunga iscrizione sulla facciata. Non deve stupire che l'ara sia stata edificata in vita, poichè la donna oltre ad assicurare la sua memoria, immortalava quella del suo patrono a cui era legata da profonda gratitudine, tanto più che aveva presumibilmente aiutato il figlio a raggiungere una notevole e ben remunerata mansione lavorativa.
L’epigrafe è incorniciata da un elegante motivo vegetale ed è coronata da due pulvini decorati, uno a righe trasversali, l'altro, minore, a mo' di cuscino con ai lati l'immagine delle due spirali ioniche.
L’epigrafe è incorniciata da un elegante motivo vegetale ed è coronata da due pulvini decorati, uno a righe trasversali, l'altro, minore, a mo' di cuscino con ai lati l'immagine delle due spirali ioniche.
Sui lati minori compaiono come usuale in bassorilievo l'umbone e la brocca, antichissimi simboli del fuoco e dell'acqua.
La proprietà dell’immobile ha già richiesto di poter esporre nell’area del rinvenimento una riproduzione dal vero dell’ara funeraria, come fu fatto per il monumento del centurione Clodio, ubicato a poca distanza. Cosa che troviamo molto apprezzabile.
ARA DI MERCURIO
ARA DI MERCURIO |
A Milano esistevano diversi culti importati dai territori conquistati dai romani.
Ad esempio quello di Mitra, con i suoi mitrei, difficilmente collocabili, tranne quello rinvenuto per gli scavi di piazza Diaz.
Ad esempio quello di Mitra, con i suoi mitrei, difficilmente collocabili, tranne quello rinvenuto per gli scavi di piazza Diaz.
Ne attesta il culto M. Valerio Massimo, sacerdote di Mitra e studioso di astrologia, la cui stele sepolcrale, rinvenuta sotto i portici di S.
Simpliciano, risale alla fine del I - inizi del II secolo d.c., un periodo molto precoce per la diffusione del culto.
Simpliciano, risale alla fine del I - inizi del II secolo d.c., un periodo molto precoce per la diffusione del culto.
Ma Mercurio, che a detta di Cesare era la principale divinità celtica, ha il culto più ricco e documentato; pur esistendo anche il culto di Silvano e il culto locale alla Fons Perennis di S. Calogero.
Di Mercurio si è rinvenuta una splendida ara, riccamente ornata e riportante il famoso caduceo mercuriale.
ARA DI AIO LOCUZIO - (ara dell'aedes sacro)
Nel 1820 si scoprì un'antichissima iscrizione su un'ara del Colle Palatino, con su scritto:
SEI•DEO•SEI•DEIVAE•SAC
G•SEXTIVS•C•F•CALVINVS PR
DE•SENATI•SENTENTIA
RESTITVIT
Si trattava della cosiddetta Ara Calvini, o ARA DEI IGNOTI, l'altare al Dio sconosciuto, un piccolo altare di forma arcaica in travertino, trovato in un angolo ovest del Palatino, vicino alla chiesa di Santa Anastasia, costruzione o restauro del pretore Caius Sextius Calvinus, votata dal senato. La forma delle lettere la fa risalire al 92 a.c. circa, di epoca repubblicana.
Ma il nome della divinità non era espresso, anzi anche il sesso della divinità a cui i dedicanti si rivolgevano era a loro sconosciuto. Il pretore Caio Sesto Calvino, console nel 124 a.c., potrebbe non aver fatto costruire ma bensì solo restaurare l'antico altare, che sembra del resto molto antecedente, magari un altare cui era andata cancellata la dedica, e di cui i romani si erano dimenticati.
L'area di culto di Aius Locutius è riconosciuta essere nei di fronte al lucus Vestae che scende dai piedi del Palatino raggiungendo la Nova Via.
Potrebbe trattarsi secondo alcuni del Dio Aio Locuzio. Lo nomina e rammenta Camillo quando vuole incitare i romani a non abbandonare Roma. Quindi posta nel 390 a.c., e dedicata in seguito alla cacciata dei Galli da Roma.
Nulla poté essere difeso tranne il colle Campidoglio; e dopo averlo a lungo assediato, mentre ormai i Romani soffrivano la fame, in cambio di oro i Galli levarono l'assedio e si ritrassero. Ma Camillo, che viveva da esiliato in una città vicina, portò il suo aiuto e sconfisse duramente i Galli. "Dal Senato fu inviato in qualità di dittatore contro i Veienti, che dopo vent'anni si erano ribellati, Furio Camillo. Egli li vinse prima in battaglia, quindi conquistò anche la loro città. Presa Veio, vinse anche i Falisci popolo non meno nobile. Ma contro Camillo sorse un'aspra invidia, con il pretesto di un' ingiusta divisione del bottino, e per tale motivo fu condannato ed espulso dalla città. Subito i Galli Senoni calarono su Roma e, sconfitto l’esercito romano a dieci miglia dall'Urbe, presso il fiume Allia, lo inseguirono e occuparono anche la città.
Ma non solo: Camillo inseguendoli ne fece tale strage che recuperò sia l'oro ch'era stato loro consegnato, sia tutte le insegne militari da essi conquistate. Così riportando il trionfo per la terza volta entrò in Roma e venne chiamato "secondo Romolo" come fosse egli stesso fondatore della patria."
ARA DI MARCO CELIO CENTURIONE (funeraria)
Raffiguravano il defunto coi figli, o col liberto, o in momenti della battaglia.
TOMBA DI MARCO CELIO CENTURIONE |
Poteva essere raffigurato intero o a mezzo busto, a piedi o a cavallo, da solo o con altri.
Di solito l'ara aveva la forma di una piccola edicola con in mostra il defunto con la corazza, l'arma in pugno e le varie onorificenze.
Le più frequenti erano:
Le Armillae - bracciali in oro argento o bronzo, senza chiusura.
Le Phalerae - dischi in oro, argento, bronzo, spesso scolpiti indossate sul pettorale durante parate. Una sorta di medaglioni o borchie metalliche “conferite” per atti di valore in battaglia o speciali meriti militari conseguiti da legionari, orgogliosamente indossate sulle corazze dai militari insigniti o appese sulle insegne del reparto decorato.
Ara di marmo funeraria, con unica parte integrala fronte, su cui rimangono l'immagine del militare e l'iscrizione, mancante della parte destra e di quella retrostante, Risale al II sec. d.c..
ARA METELLIO |
Vi è scolpita in bassorilievo l'immagine di un soldato stante con tunica e paenula, che tiene con la mano destra il pilum ed appoggia la sinistra sullo scudo posto a terra:
Il giovane militare, certo Caius Metellius Florinus, ha il volto barbato, mentre la capigliatura è a ciocche che scendono parallele sulla fronte.
Sul fianco destro riporta un'epigrafe moderna sulla sua scoperta e riuso.
Invece sull'epigrafe antica è scritto:
D(is) M(anibus)
C(aio) METELLIO C(ai) f(ilio)
CONSTANTI VETER(ano) AUG(usti)
ET AEBUTIAE M(arci) F(iliae) PRISCILLAE MATRI
ET C(aio) METELLIO C(ai) F(ilio) FLORINO FRATRI
MIL(iti) COH(ortis) XII URB(anae)
QUI VIXIT ANN(is) XXII
DIEBUS XIII ET
VIBIO EUPHEMO /
METELLI(us) FLORUS /
et FLORENTINUS /
PARENTIBUS /
B(ene) M(erentibus).
"Agli Dei Mani, A Caio Metellio Costante, figlio di Caio, veterano di Augusto, e alla madre Ebuzia Priscilla, figlia di Marco e al fratello Caio Metellio Florino, milite della dodicesima coorte urbana, che visse ventidue anni, tredici giorni e a Vibio Eufemo. Metellio Floro e Florentino (dedicarono) ai genitori, che bene hanno meritato".
ARA DISCIPLINAE
Altare marmoreo romano dedicato alla Disciplina Augusta.
In pratica una qualità dell'imperatore deificata.
ARA DISCIPLINAE |
ARA DISCIPLINAE
Altare marmoreo romano dedicato alla Disciplina Augusta.
In pratica una qualità dell'imperatore deificata.
Ha un fregio finemente elaborato alla sommità, con due colonne e un arco che inquadrano un tempio.
Sull'ara c'è il rilievo di un'ascia e di un coltello sacrificali posto sul lato destro.
Una patera e una testa d'ariete sono scolpiti sulla sinistra.
Di fronte c'è la dedica.
E' stata rinvenuta a Birrens.
ARA DI CIBELE
Cibele è la Dea dei luoghi selvatici,
E' Dea antichissima venerata un tempo sotto forma di una pietra nera, probabilmente un grosso meteorite.meteorite.
ARA CIBELIS |
Viene raffigurata mentre tiene le redini del suo carro trainato da due leoni.
Il culto di Cibele, la Magna Mater dei Romani, fu introdotto a Roma il 4 aprile 204 a.c.,
Incombendo la guerra con Cartagine si consultarono i Libri Sibillini che fece trasferire la pietra nera, simbolo della Dea, da Pessinunte a Roma, collocata in un tempio sul Palatino.
Per celebrare tale evento, durante la Repubblica venivano organizzati dei giochi in suo onore, i Megalesia, o Ludi Megalensi.
Il culto di Cibele fu legato a quello di Attis, l'amante divinizzato della dea e mantenne il carattere orientale accompagnato da riti orgiastici.
In un'aula disseppellita della Villa Sciarra a Roma si rinvenne una statua in marmo raffigurante Giove seduto in trono.
ARA DI GIOVE HADAD |
Si rinvenne anche un'ara per i sacrifici dedicata appunto a Giove Hadad, divinità principale siriana, ribattezzata Iovis (Giove) dai romani che miravano sempre all'integrazione delle popolazioni conquistate e quindi dei loro Dei.
In quest’ambito della Regio XIV c'era dunque un tempio con un tèmenos e una vasca o piscina sacra.
Una distruzione, o forse un incendio, mise fine al primo santuario che venne ricostruito dalla base nel IV secolo.
Non a caso il tempio era orientato verso il sole, visto che ospitava la triade heliopolitana: Giove Heliopolitano (Hadad o Giove Serapide), Atargatis (la Dea Syria dei romani) e il figlio Simios (romanizzato come Mercurio e associato anche a Dioniso).
Quando l'intransigenza cristiana distrusse statue e templi pagani, la pietas di alcuni fedeli seppellì in stanze murate sotterranee le statue e le are, lasciandole così ai posteri.
ARA VICTORIA COLONIAE CLAUDIAE AGREPPINENSIS
Victoria era la Dea Romana della vittoria in battaglia ed era associata a Bellona romana e a Nike greca. Raffigurata come una giovane donna alata, a Roma aveva un tempio sul Palatino.
Venne posta nella Curia Iulia, probabilmente (almeno nel 235-238) al centro dell'edificio. Posta in relazione con la statua tarentina della Vittoria eretta da Augusto nella stessa sede del Senato, il 28 agosto del 29 a.c.
ARA VICTORIA COLONIAE CLAUDIAE AGREPPINENSIS
Victoria era la Dea Romana della vittoria in battaglia ed era associata a Bellona romana e a Nike greca. Raffigurata come una giovane donna alata, a Roma aveva un tempio sul Palatino.
ARA VICTORIA COLONIAE CLAUDIAE AGREPPINESIS |
Il suo culto si diffuse verso la fine della Repubblica, e la Victoria Augusti fu sotto l'impero la costante divinità titolare degli imperatori.
Silla, vinta la Battaglia di Porta Collina, istituì giochi speciali in suo onore, ed altrettanto fece poi Giulio Cesare.
Silla, vinta la Battaglia di Porta Collina, istituì giochi speciali in suo onore, ed altrettanto fece poi Giulio Cesare.
Nella curia del Senato romano, a partire dal 29 a.c. in onore della vittoria su Marco Antonio, c'era un altare con la statua d'oro della Vittoria strappata ai Tarantini.
La statua ritraeva una donna alata che portava una palma ed una corona di lauro con cui incoronava i vincitori.
La statua ritraeva una donna alata che portava una palma ed una corona di lauro con cui incoronava i vincitori.
Nel 382, l'imperatore cristiano Graziano fece togliere l'altare dal Senato e fece fondere la bellissima statua.. Per questo vi fu aspra polemica il senatore Quinto Aurelio Simmaco e il vescovo Ambrogio di Milano. Le vittorie alate furono poi replicate nell'iconografia cristiana degli angeli.
ARA SATURNI
L'ara Saturni è situata a fianco del pilone meridionale dell'Arco di Settimio Severo, a fianco dell'Umbilicus Urbis.
Riparata sotto una tettoia moderna appare un'area per il culto intagliata in par- te nella roccia viva e completata con blocchi di tufo romano.
Questo luogo è stato identificato con l'Ara di Saturno, databile intorno al VI secolo a.c., costruzione che ha anticipato lo stesso tempio dedicato alla divinità.
Venne restaurato in età augustea, davanti al tempio omonimo, Forse è la struttura (3,95x2,80 m) riconosciuta da Lanciani come Volcanal, piccolo monumento ricavato nel tufo naturale del Campidoglio, in parte in blocchi di cappellaccio. Costruzione attribuita a moti: a Ianus, ai Pelasgi, ad Ercole, o a Tullo Ostilio.
L'ara Saturni è situata a fianco del pilone meridionale dell'Arco di Settimio Severo, a fianco dell'Umbilicus Urbis.
ARA SATURNI |
Questo luogo è stato identificato con l'Ara di Saturno, databile intorno al VI secolo a.c., costruzione che ha anticipato lo stesso tempio dedicato alla divinità.
Venne restaurato in età augustea, davanti al tempio omonimo, Forse è la struttura (3,95x2,80 m) riconosciuta da Lanciani come Volcanal, piccolo monumento ricavato nel tufo naturale del Campidoglio, in parte in blocchi di cappellaccio. Costruzione attribuita a moti: a Ianus, ai Pelasgi, ad Ercole, o a Tullo Ostilio.
ARA PIETATIS AUGUSTAE |
ARA PIETATIS AUGUSTAE
La sua collocazione varia dalla sommità alle pendici del Campidoglio (in pomerio), all'inizio di Via Lata, ai pressi di Montecitorio.
Citata solo in una iscrizione ricordata dall'Anonimo di Einsiedeln. prima connessa con il voto del 22 d.c. per una grave malattia di Livia, voto sciolto nel 43 d.c. da Claudio in seguito alla consecratio di Livia.
Poi invece riferito al ritorno di Claudio dopo le imprese in Britannia, nel 44 d.c., o a una serie monetale tiberiana con il busto di Pietas, emessa a nome di Druso (22-23 d.c.); o a un'altra serie monetale, per la consecratio di Sabina e Faustina Maggiore (età adrianea e antonina).
ARA LARES AUGUSTI ET GENII CESARUM
I Lari, dapprima geni protettori dei campi, divennero poi protettori della familia, intesi come famiglia e servi compresi.
Formavano pertanto un culto privato che sotto Augusto divenne pubblico.
Nell'anno 7 a.c., con la nuova suddivisione della città in regioni e vici, riorganizzò completamente i collegi compitalicii e il culto dei Lari.
Ogni vico ebbe il suo compitum Larum, al culto del quale attendevano quattro magistri vici (o vicomagistri), eletti dagli abitanti del vico: ma ai due Lari di ogni compitum Augusto aggiunse il Genio dell'imperatore (Genius Caesaris), la cui religione fu così congiunta con quella dei Lari (Lares Augusti et Genius Caesaris).
Anche nei Lari del culto privato comparvero i due Lari del culto compitalicio, aggiungendovi spesso il Genio dell'imperatore. Così il larario, con le immagini dei Penati, del Genio di Augusto e dei due Lari, divenne e rimase, fino al declinare del paganesimo, la sede principale del culto quotidiano, nell'interno della casa.
Questo altare è dedicato da ignoto, ora conservato presso il Museo Pio-Clementino. Un'iscrizione sull'ara, menziona 4 magistri vici primi, databile all'età imperiale, ma non prima del regno di Vespasiano.
ARA LARES AUGUSTI ET GENII CESARUM
I Lari, dapprima geni protettori dei campi, divennero poi protettori della familia, intesi come famiglia e servi compresi.
Formavano pertanto un culto privato che sotto Augusto divenne pubblico.
ARA LARI AUGUSTII ET GENI CESARUM |
Ogni vico ebbe il suo compitum Larum, al culto del quale attendevano quattro magistri vici (o vicomagistri), eletti dagli abitanti del vico: ma ai due Lari di ogni compitum Augusto aggiunse il Genio dell'imperatore (Genius Caesaris), la cui religione fu così congiunta con quella dei Lari (Lares Augusti et Genius Caesaris).
Anche nei Lari del culto privato comparvero i due Lari del culto compitalicio, aggiungendovi spesso il Genio dell'imperatore. Così il larario, con le immagini dei Penati, del Genio di Augusto e dei due Lari, divenne e rimase, fino al declinare del paganesimo, la sede principale del culto quotidiano, nell'interno della casa.
Questo altare è dedicato da ignoto, ora conservato presso il Museo Pio-Clementino. Un'iscrizione sull'ara, menziona 4 magistri vici primi, databile all'età imperiale, ma non prima del regno di Vespasiano.
ALTRE ARE
- Ara Aesculapii Augusti -
Probabilmente connessa al tempio di Esculapio sull'Isola Tiberina. Un'iscrizione riporta che fu dedicata da un certo Probo, forse "minister vici del vicus Censori" sull'Isola Tiberina, in età imperiale.
Eretta forse nel 28 d.c., in onore di Tiberio e Seiano, votata dal Senato insieme all'ara Clementiae. Comunque anche se venne costruita non sopravvisse alla morte e alla "damnatio memoriae" di Seiano.
- Ara Clementiae -
Non si sa se venne eretta o meno; nel caso in cui lo fosse stata, non sarebbe sopravvissuta a Seiano
Edificata semmai nel 28 d.c., in onore di Tiberio e Seiano, votata dal Senato insieme all'Ara Amicitiae
- Ara Clementiae -
Non si sa se venne eretta o meno; nel caso in cui lo fosse stata, non sarebbe sopravvissuta a Seiano
Edificata semmai nel 28 d.c., in onore di Tiberio e Seiano, votata dal Senato insieme all'Ara Amicitiae
- Ara Lares Augusti di Vicusa Statae Matris -
Roma, Palazzo dei Conservatori, già sul Celio, edificata il 2 o l'1 a.c.
Roma, Palazzo dei Conservatori, già sul Celio, edificata il 2 o l'1 a.c.
- Ara Augusta di Lucretius Zethus -
Reperita sulla riva del Tevere, a nord-ovest del Campo Marzio, in prossimità del Tarentum. Edificata nell'1 d.c.
- Ara Martis -
Posta nel Campo Marzio settentrionale, presso i Saepta, attribuita a Numa Pompilio, già esistente nel 443 a.c.
Ricordata in un'iscrizione, vista in villa Giustiniani, dalla quale è probabile che provenisse, di età giulio-claudia.
- Ara del Vicus Sandalarius -
Nella Regio IV, presso il tempio di Tellus nel 2.a.c.
Prima ritenuti riferibili al Tempio di Nettuno in Circo, ora al tempio di Marte in Circo. Imputabile ad un Domizio console nel 192 a.c., o a un rifacimento di un Domizio censore nel 115 a.c.
- Ara Divae Matidiae -
Nota da una sola iscrizione, in relazione con il Tempio di Matidia, alle spalle del Tempio di Adriano, del 120 -121.
- Ara Concordiae Augustae -
Rinvenuta in piazza Bocca della Verità, con statua, probabilmente in correlazione al vicino compitum.Ignota, la teoria espressa da A. M. Colini sembra sia da rigettare.
- Arae Incendii Neroniani -
Sotto Palazzo di Sant'Andrea (Via del Quirinale, 30), ma reperite anche presso San Pietro e alle pendici dell'Aventino. Altari eretti da Domiziano a ricordare i limiti del grande incendio di Roma sotto Nerone, nel 64.
Sotterranea, localizzato nell'arena del Circus Maximus, a SE, nei pressi delle metae Murciae. Culto antichissimo, fatto risalire addirittura agli Arcadi; la scoperta sarebbe opera di Romolo, divenendo uno dei quattro angoli della Roma Quadrata.
Subito fuori Porta Capena, Votata per il ritorno di Augusto dalla Siria nel 19 a.c.
- Arae Consecrationis -
Monumenti dedicati a personaggi di rango, imperatori o della famiglia imperiale, su dove si era innalzata la pira funebre. Il più importante nella parte norf della IX Regio, seguendo l'asse della Via Lata, in relazione con il centro monumentale degli Antonini.
Situata nel Tarentum, in Campo Martio extremo, attuale Piazza Paola, di fronte a Ponte Vittorio Emanuele II. Dedicata da Valesius, sabino di Eretum, o da P. Valerius Publicola inizio Repubblica. Rappresentata su monete di Domiziano dei ludi Saeculares dell'88.
- Ara Salutis -
forse presso il Tempio della Salute, Dea Salus. Citata per eventi prodigiosi avvenuti nel 133 a.c.
- Ara Minucii -
Presso la Porta Minucia, forse antica denominazione della Porta Trigemina, prima del 439 a.c. Nel 439 a.c. il patrizio Lucio Minucio Augurino passò tra le file dei plebei e venne eletto tribuno della plebe. si riferisce alla presenza, vicino alla porta, del monumento innalzato al prefetto dell'annona Lucio Minucio Augurino, in carica nel 439-438 a.c. La porta sorgeva presso l'antica Scalae Cassi.
Presso la Porta Minucia, forse antica denominazione della Porta Trigemina, prima del 439 a.c. Nel 439 a.c. il patrizio Lucio Minucio Augurino passò tra le file dei plebei e venne eletto tribuno della plebe. si riferisce alla presenza, vicino alla porta, del monumento innalzato al prefetto dell'annona Lucio Minucio Augurino, in carica nel 439-438 a.c. La porta sorgeva presso l'antica Scalae Cassi.
Nel Compitum Acilii, incrocio tra Via del Colosseo e Via della Polveriera. del 3-4 d.c.
Doveva sorgere sulla Via Lata presso l’Ara Pacis. Votata con la consecratio di Augusto.
- Sex Arae -
Località con sei altari, da collocarsi, in base ai mestieri menzionati nelle iscrizioni, in area forense, presso i mercati o presso gli scali portuali di Roma. Delle iscrizioni citano le attività di un sarcinatrix, un argentarius un nummularius, I sec. a.c. / I sec. d.c.